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Il Salone di Donatello al Bargello

Siamo nel Salone di Donatello, che è l’ambiente principale del Museo Nazionale del Bargello, dedicato fin dal 1887 al nome del grandissimo maestro, perché qui, in quell’anno, si tennero le celebrazioni del quinto centenario della nascita di lui. Ci fu una mostra costruita soprattutto su copie in gesso e su fotografie, però fu la mostra che diede il via alla raccolta progressiva di tutti i capolavori di Donatello di proprietà statale qui a Firenze. Erano opere di provenienza mediceo-lorenese, cioè venivano dalle collezioni dei Granduchi, i quali non avevano mai perso veramente il filo con Donatello, essendo stati i Medici forse i più grandi committenti privati di lui, un po’ per tutta la sua vita. Dopo, nel 1985, qui si tenne un’importante mostra tutta concentrata sulle opere donatelliane, autentiche, nel senso di essere pezzi del Quattrocento, però, sia autografi di Donatello sia già falsamente attribuiti a Donatello, perché fu una mostra di riflessione storiografica sulla fortuna di Donatello soprattutto nell’Ottocento. E si arriva ad oggi, quando il Salone di Donatello è ricco di quei pezzi principeschi che ho detto prima, ma anche di cose arrivate nel frattempo grazie alla tutela, per esempio: il San Giorgio arrivò verso la fine dell’Ottocento per essere sottratto alla nicchia di Orsanmichele e quindi alle intemperie. Bene, tra tutte queste opere ne sono state scelte tre, di valore specialmente identitario, cioè, in ordine cronologico, il San Giorgio, il Marzocco e il David in bronzo dei Medici; mentre le altre sono a Strozzi, dove si vedono all’interno del percorso diacronico della carriera di Donatello. Andando in ordine cronologico abbiamo il San Giorgio, che fu fatto per una nicchia in Orsanmichele a spese di una corporazione professionale fiorentina del tempo, gli Armaioli. Poi abbiamo il Marzocco, che fu voluto dalla comunità fiorentina per onorare la visita del papa Martino V che veniva ospitato dai fiorentini all’interno di un appartamento speciale nel convento domenicano di Santa Maria Novella. E si arriva infine al David in bronzo, che è un’opera tutta privata dei Medici, i quali, pur essendo normali cittadini, almeno sulla carta, erano naturalmente i signori di fatto della Repubblica e quindi si appropriavano mano a mano un po’ di tutti i simboli della comunità. Donatello aveva fatto trent’anni prima il David in marmo che era stato proprio un elemento di snodo storico cruciale perché soltanto con quell’opera Firenze aveva deciso di eleggere David, il giovinetto vincitore su Golia, come proprio simbolo. È chiara la mossa dei Medici, che fanno tutto ciò a casa loro, non più in marmo, ma in bronzo, cioè una materia ancora più nobile. Bene, la fortuna di queste opere è grossissima e quindi è stato facile riunire in questo salone opere di Desiderio da Settignano, di Verrocchio, di Pollaiolo che in qualche modo ne discendono e si confrontano con esse. Si arriva addirittura al Cinquecento con Raffaello, con Pontormo, con Francesco da Sangallo e questo è molto importante perché ci permette poi di continuare la visita della mostra nelle due salette al pianterreno, quelle conclusive, dove Donatello ci accompagna attraverso i suoi successi e i suoi fasti fino all’epoca di Vasari o addirittura fino all’inizio del Seicento.