L'altra volta abbiamo cominciato ad affrontare, ad avvicinarci al pensiero di Hegel, presentando i tratti fondamentali del suo pensiero, le tesi di fondo le abbiamo chiamate. Oggi completiamo questa prima parte introduttiva sul filosofo tedesco, affrontando quella legge che davvero è il fondamento, la base di tutto il suo percorso filosofico, la legge della dialettica. Andiamo a cominciare.
il caffè c'è Batman c'è e quindi possiamo parlare di filosofia, di Hegel, di tutto quello che ci interessa. Oggi, come vi dicevo, in particolare ci concentreremo su questa legge chiamata appunto dialettica. È una legge che Hegel non presenta in maniera esplicita, cioè non dedica pagine per illustrarci come funziona questa legge, qual è la sua teoria, qual è la sua forma, ma piuttosto la applica.
Quindi, diciamo però... visto che l'applica sempre con costanza, risulta comunque abbastanza facile tentare di trarre alcuni elementi chiave di questa legge. È una legge, intanto bisogna dirlo subito, che ha una doppia valenza, cioè ha valore sia dal punto di vista logico sia dal punto di vista ontologico, il che significa che è una legge che sia spiega...
lo sviluppo della realtà si spiega la moralità attraverso cui noi possiamo comprendere lo sviluppo della realtà stessa. D'altronde dicevamo l'altra volta, se vi ricordate, che la realtà è razionale per Hegel, cioè c'è una corrispondenza tra ciò che è reale e ciò che è razionale. Dunque la realtà risponde alla ragione, la realtà segue le stesse leggi della ragione. Nel termine, la realtà è perfettamente comprensibile alla ragione, anche alla ragione umana. Pertanto la dialettica è una legge che vale per la ragione e vale anche ugualmente per la realtà, quindi vale dal punto di vista logico, vale dal punto di vista ontologico.
Se vi ricordate qualcosa del genere l'avevamo già visto in parte con Fichte perché anche Fichte aveva illustrato la sua dialettica e l'aveva esposta in chiave triadica, cioè sulla base di una triade, io non io, vi ricordate, lì ho finito, lì non lì ho finito, eccetera. E Hegel da lì riparte. parte proprio da Fichte, anche se rimprovererà a Fichte alcuni limiti, alcuni difetti della sua impostazione, però da lì prende ispirazione e arriva a elaborare una sua legge dialettica che si articola in tre momenti o fasi.
Il primo momento viene chiamato da Hegel momento astratto o intellettuale, il secondo momento viene chiamato momento dialettico o negativo-razionale. Il terzo momento viene chiamato momento speculativo o positivo-razionale. Il primo momento, il momento astratto o intellettuale, rappresenta il grado più basso della ragione. Consiste nel guardare la realtà come un insieme di entità statiche, indipendenti l'una dall'altra, separate.
E chiaramente questa visione del mondo, una visione che si basa fortemente sui principi della logica aristotelica ancora, cioè sul principio di divinità, e sul principio di non contraddizione, una cosa uguale a se stessa ed ovviamente diversa dal suo contrario. E'ancora una visione ingenua secondo Hegel, infatti abbiamo detto astratto e intellettuale, già il nome fa capire che è una visione superficiale per certi versi, non ancora concretizzata, che ancora non coglie. la vera realtà delle cose. Noi tutti quando ci guardiamo attorno vediamo inizialmente il mondo così, come un insieme di cose ferme in loro stesse e diverse. La tazza è diversa da Batman.
Sono due realtà separate, distinte e ferme, immobili, che non cambiano, almeno apparentemente. Nel secondo momento, nel momento cioè dialettico o negativo, razionale, bisogna però andare oltre queste prime determinazioni, non ci si può più accontentare del principio di identità e del principio di non contraddizione, ma bisogna in un certo senso mettere in movimento le determinazioni, cioè bisogna confrontare le cose con il loro opposto, con il loro contrario e richiamare i contrari tra loro in un certo senso, per questo è un momento dialettico, di movimento, di scontro, di negazione anche. D'altronde fa notare Hegel dire che una cosa è se stessa significa anche dire, sottintende il dire, che non è tutte le altre.
Ogni affermazione implica una negazione. Quindi in questo momento io non mi dimetterò più a guardare alla tazza come oggetto in sé, al Batman come oggetto in sé, ma proverò a metterla in relazione con il resto, la tazza con tutte le tazze, con le tazze di... diverse, il Batman col resto, tenterò di smuovere dalla loro staticità. Infine, quando arriverò al momento speculativo o positivo-razionale, mi renderò finalmente conto che quello sguardo iniziale, quello del momento intellettuale o astratto, era ancora uno sguardo molto superficiale, che non coglieva l'unità del tutto. Perché Hegel è convinto che in quest'ultimo momento ci si possa rendere conto?
che le determinazioni che sembrano ognuna a sé, ognuna separata dalle altre, ognuna indipendente in realtà sono facce diverse di un tutto che le comprende, no? Dicevamo l'altra volta, la realtà per Hegel è una unità, il vero è l'intero Cosa vuol dire? Che esiste un assoluto che è tutto, ed è infinito che poi si concretizza, si manifesta meglio ancora in forme finite e concrete Allora, la tazza, Batman, io... Non siamo cose che hanno una loro esistenza reale, indipendente dalle altre. Siamo facce di un grande dado, dicevamo, con infinite facce.
Una volta che mi rendo conto che le facce sono solo facce, non sono realtà, ma sono facce di un dado, inizio a cogliere il dado in sé, passo appunto a questo momento positivo, razionale o speculativo. Quindi capite, rimaniamo sull'esempio del dado. Prima vedo le facce e le penso separate, distinte, non colgo ancora l'unità che ci sta dietro. Poi da queste facce provo a passare alle facce vicine, a confrontare le facce tra loro, a vedere i legami, le vicinanze, gli scontri anche tra facce diverse, fino a che non colgo l'idea del tutto.
Faccio notare una prima cosa dal punto di vista terminologico. In primo momento l'abbiamo chiamato astratto intellettuale. Dopo abbiamo parlato di ragione, movimento negativo-razionale, positivo-razionale, cioè come se l'intelletto rappresentasse la fase iniziale, la fase ancora ingenua, diciamo, e la ragione invece rappresentasse la fase matura di questo pensiero.
È chiaro che qui c'è sotto traccia anche una critica a Kant, perché se vi ricordate quando parlava delle facoltà della conoscenza, Kant aveva distinto sensibilità, intelletto e ragione. La sensibilità era il punto di partenza, il percepire. L'intelletto era la fase in cui la facoltà tramite cui noi ragionavamo sulle cose. Ragionavamo chiaramente basandoci sulle categorie, cioè mostrando il limite, i rapporti di causa-effetto, la finitudine delle cose su cui ragionavamo.
Infine c'era la ragione che andava troppo in là in un certo senso. che si prendeva delle prerogative che non le erano concesse e cercava di spiegare globalmente il tutto. Allora, per Kant l'intelletto era una facoltà che si permetteva di conoscere, certo con alcuni limiti, ma ci permetteva di conoscere.
La ragione ci portava fuori strada, ci portava a esprimerci laddove non avremmo potuto esprimerci. Ci portava a parlare di Dio, dell'anima, del mondo, senza che questo nostro parlare avesse un fondamento. Quindi c'era in Kant una parziale esaltazione dell'intelletto. e una critica invece della ragione che veniva fortemente bastonata per le sue pretese.
In Hegel avviene esattamente il contrario. L'intelletto viene sminuito perché l'intelletto è il grado zero, il punto di partenza, è ancora una fase ingenua del pensiero che non riesce a cogliere le determinazioni, è una fase statica potremmo dire. Io guardo le cose come entità statiche ma non riesco a cogliere il movimento. Quindi, Hegel usa proprio la parola intelletto in questo caso per criticare Kant perché dice quando Kant diceva questo, diceva che io penso ragionatamente delle categorie con una certi pensieri, lì era ingenuo Kant, si fermava alla superficie delle cose. Secondo Hegel però c'è una realtà più profonda che è espressa solo dalla ragione, che invece è dinamica, mette le cose in movimento.
Riesce a cogliere qualcosa che sta oltre l'apparenza. Kant riteneva che non si potesse andare oltre l'apparenza, non si potesse andare oltre il fenomeno. Hegel invece è convinto di sì.
Quindi Hegel dice che la ragione Kant l'ha ingiustamente attaccata. La ragione invece è il principale strumento conoscitivo perché ci permette di cogliere il tutto. Riassumendo allora i punti chiave di questa dialettica hegeliana, sono tre ovviamente, che solitamente nella sintesi che si fa alla fine per cercare di verificare i tempi, non si chiameranno più tanto momento stato intellettuale, dialettico, negativo razionale, eccetera, che è molto lungo, ma per far prima si usano termini che Hegel usava poco, ma insomma... Per far prima si parla di tesi, antitesi e sintesi. Allora, prima c'è una tesi, un momento astratto intellettuale, in cui si guarda ancora le cose appunto in maniera ingenua, vi ripeto, cioè non cogliendo i rapporti tra le cose, studiandole come entità separate.
C'è una seconda fase, l'antitesi, momento negativo razionale o dialettico. in cui si confronta quella cosa col suo opposto, si passa alla determinazione opposta e infine c'è una sintesi che in un certo senso comprende tutto, risolve il contrasto, chiude il confronto perché la sintesi fa proprio, tra virgolette, sintesi di quello che è accaduto riprende il punto di partenza, però lo riprende in un certo senso potenziato perché quel punto di partenza per arrivare alla sintesi è passato attraverso le difficoltà, i conflitti e i contrasti dell'antitesi. Questo meccanismo di ripresa, ma contemporaneamente di potenziamento, viene espresso da Hegel con una parola che in tedesco esiste, in italiano è difficile tradurla con lo stesso senso, che è Aufhebung. Cosa vuol dire? Che la sintesi è la ripresa della tesi, però una ripresa più matura, più profonda.
potenziata dal passaggio attraverso la negazione, attraverso l'antitesi. Ora, per chiarire meglio tutto questo meccanismo che per il momento è molto astratto, ma poi vedremo concretizzato, vorrei farvi un esempio tratto proprio da Hegel, anticiparvi un esempio tratto da Hegel, che Hegel fa molto più avanti, ma che è utile per capire adesso il meccanismo, questa dinamica della dialettica. Il meccanismo è quello delle età della vita. Uso questo esempio perché è noto a tutti come funziona la crescita, come funzionano le varie età, le fasi della vita. E effettivamente questo meccanismo risponde piuttosto bene all'idea hegeliana.
Allora, quando Hegel applicherà la sua dialettica alle età della vita di ogni uomo, dirà questo. Nella vita di ogni uomo c'è una prima fase iniziale, l'infanzia, in cui l'uomo è in un rapporto equilibrato, positivo, giusto con il mondo. Il bambino... in particolare ha un rapporto tutto sommato di scoperta, di conoscenza, di buon rapporto con la realtà, col mondo, con gli altri, con tutti, è felice teoricamente se tutto va bene, questa però è solo la fase ingenua, perché il bambino ancora non sa cos'è la vita, il bambino un po'subodore inizia a conoscere qualcosa, ma non comprende ancora i meccanismi profondi della vita, quindi Sì, hai un rapporto di equilibrio, di armonia col mondo, ma è ancora un'armonia che non è passata attraverso i problemi, non ha ancora vissuto i problemi della vita. Quindi questa è la tesi, no?
Un momento astratto intellettuale in cui sì, c'è un rapporto, ma c'è un rapporto anche positivo, con qualche buon fondamento, ma superficiale. Poi arriva l'antitesi, e nella vita dell'uomo l'antitesi è l'adolescenza. Nel momento in cui questi rapporti di equilibrio e di armonia col mondo si spezzano clamorosamente, e si passa al contrasto, al confronto, alla lotta, alla difficoltà. È un momento in cui non c'è più armonia, in cui l'individuo si confronta col diverso, si confronta perché tutto gli è diverso anche in quel momento, l'adolescente. fa fatica a integrarsi, fa fatica a relazionarsi, perché nota le differenze.
Così come l'antitesi è, nella triade egheliana, il momento in cui emergono i conflitti, i contrasti, ci si confronta con l'opposto. Quell'ingenuità iniziale è ormai passata, si scoprono i problemi della vita. Quindi c'è l'infanzia, la tesi, c'è l'adolescenza, l'antitesi, però se tutto va bene, alla fine arriva anche la sintesi, che è l'età adulta.
L'età adulta in cui l'uomo finalmente trova un equilibrio. trova una nuova armonia col mondo cioè ritrova quell'armonia che aveva da bambino però non la stessa armonia ovviamente perché perché non può più essere ingenuo come era da bambino ora sa ora ha conosciuto cosa la vita quindi se tutto va bene trova un armonia ma l'armonia più matura più profonda più consapevole che è passata attraverso I contrasti che con passato attraverso I problemi ok quindi si riprende la fase positiva felice iniziale ma la si riprende potenziata perché si è passati attraverso la lotta. La sintesi è questo, la sintesi è una ripresa dicevo della tesi iniziale però potenziata più matura e l'età adulta fa proprio sintesi di quello che sono state le età precedenti, fa sintesi dell'infanzia e fa sintesi però anche dell'adolescenza, tiene in piedi tutto, tiene presente tutto, è figlio di tutto, ok? E però questa sintesi arriva.
L'idea è che alla fine dopo mille contrasti ci sia una soluzione. e la soluzione sia sempre onnicomprensiva, prende tutto e in fondo di equilibrio perché la maturità è una fase in cui si ritrova l'equilibrio dopo averlo perso quindi avete già capito che questa legge della dialettica è importantissima importantissima anche perché racchiude in sé tutti i punti chiave della filosofia hegeliana in fondo quando vi ho detto l'altra volta che il punto chiave della filosofia hegeliana è il punto di rinforzamento Il rapporto di partenza è il rapporto tra finito e infinito. Nella legge dialettica questo rapporto si vede come, perché si parte da un primo momento, il momento stato intellettuale, in cui si nota il finito.
Vi ho detto, si guarda al mondo notando in particolare gli aspetti di esteticità di cose tra loro separate, cioè di cose tra loro finite e distinte. E però non si rimane fermi lì. Man mano che si prosegue, ci si rende conto che queste cose apparentemente finite sono in realtà parte di una trama di relazioni, di un rapporto che le comprende, la faccia del dado non è in sé ma è la faccia di un dado infinito, capite? Quindi, proprio passando dalla tesi all'antitesi e poi soprattutto alla sintesi, si coglie l'unità del tutto e si coglie che esiste un tutto infinito, che il finito da solo non ha senso.
Infine, c'è un'altra cosa da sottolineare che un po'vi ho già accennato, ma che vorrei ribadire bene. La filosofia di Hegel da questa impostazione emerge come una filosofia tendenzialmente ottimistica. In che senso ottimistica? Nel senso che se davvero questa dialettica è la legge della storia, oltre che dell'uomo e della nostra conoscenza, ma è anche la legge della storia, lo vedremo, questo significa che tutto ciò che accade passa sempre attraverso momenti negativi, momenti di contrasto, momenti di lotta, momenti di difficoltà, ma che questi momenti di contrasto, di lotta e di caduta, le antitesi, sono tappe di un percorso che poi si risolve in una sintesi.
Vi ricordate, ve lo dicevo anche l'altra volta, la realtà è sempre razionale e quando si appare come ingiusta, in realtà anche le ingiustizie hanno un significato nel percorso della storia perché ci permettono di arrivare a una soluzione positiva, a portare avanti il percorso dell'assoluto. La legge dialettica questo lo esprime in maniera molto chiara. Perché?
Perché in momenti negativi le antitesi, le difficoltà, le ingiustizie ci sono. È innegabile e Hegel non lo nega, anzi, le ribadisce fortissimamente. L'adolescenza c'è, è del momento di difficoltà, ok?
Ma, ma, non è la fine, è il passaggio. Perché senza l'adolescenza non potremmo diventare adulti in maniera matura, capite? Se noi non vedessimo la difficoltà dell'adolescenza rimarremmo ingenui e bambini per sempre.
Le difficoltà dell'adolescenza ci costringono a maturare e quindi a passare dalla tesi alla sintesi. Senza l'antitesi in mezzo non potremmo passare da A a C, dal primo punto al terzo dell'attriere. E il terzo punto è un potenziamento sempre del punto di partenza ed è un potenziamento risolutivo.
negativo. Quindi la storia è fatta di momenti negativi, di momenti brutti, di tragedie anche, ma queste tragedie hanno un significato perché ci portano verso una risoluzione dei problemi. Dette in altri termini, le tragedie esistono ma sono momenti, fasi momentanee di una generale commedia. Perché, da virgolette, molto banalità, non va per farvi capire, tutto finisce bene alla fine.
Anche quando le cose vanno male, a un certo punto si risolvono. Perché la legge della storia è questa. La domanda che ormai da porsi è un'altra e se la sono apposta...
oltre a Hegel anche i suoi seguaci successivi. La domanda è questa letteria hegeliana è aperta o è chiusa? Cioè cosa vuol dire?
Io faccio tesi, antitesi, sintesi, ma la sintesi è il punto di partenza di qualcosa cos'altro, quindi di un'altra triade diventa la tesi per qualcos'altro oppure no. Perché io in fondo potrei dividere tutta la storia, le realtà, in varie triadi tra loro legate, anche all'interno dell'infanzia potrei dividere una prima infanzia, un'infanzia un pochino più difficoltosa, appena nato, quando si impara a camminare, a mangiare, che ci sono difficoltà e poi quando si è dei bambini che si sa mangiare, muovere e parlare. Anche lì potrei identificare una carriera. Anche nell'età adulta potrei identificare una in atria, che so, l'amore per la fidanzata, il matrimonio, tutte le difficoltà economiche e poi la maturità, anche dei rapporti d'amore, eccetera. Io potrei dividere e intirare ogni cosa.
E la domanda che ci si pone è, una volta che arrivo alla sintesi, la sintesi è ferma, è il punto d'arrivo finale o è il punto di partenza peraltro? Allora, come vedremo analizzando tutto il percorso di Hegel, in particolare l'Enciclopedia delle Scienze Filosofiche, Hegel è vero che... divide in tante sottotrieri tutte le sue principali trieri, cioè all'interno di ogni trieri individua dei sottopassaggi sempre secondo lo schema triadico, ma in generale è convinto che in realtà la storia L'assoluto si fondi su un'unica tiere fondamentale e che a un certo punto debba arrivare la fine della storia.
Questo sembra indicare Hegel. Cioè la sua tiere è chiusa globalmente. cioè alla fine si arriverà a un punto in cui l'assoluto trionferà, in cui la ragione trionferà, in cui si risolveranno i problemi veramente in maniera decisiva.
Si parla proprio di fine della storia. I suoi commentatori successivi però criticheranno a volte Hegel su questo punto, perché ce ne saranno altri che riprenderanno lo schema dialettico hegeliano, ma diranno non è così tanto vero, non siamo così tanto convinti che la storia sia destinata a finire. Può darsi che la storia sia in costante evoluzione e che l'ultima sintesi individuata da Hegel sia in realtà il punto di partenza di altri percorsi triadici. Si parlerà in questo caso di triadi aperte, di dialettica aperta.
Però in Hegel il discorso è diverso. Hegel è abbastanza convinto che la sua triade sia chiusa e che ci sia un punto finale, un punto d'arrivo. E vedremo alla fine di tutto questo percorso qual è. E vedremo che sarà anche un po'da divertirsi.
Ma di questo parleremo alla fine. L'importante ora è capire questo. La triade può essere divisa in sottotriadi, in sottoparti, ma globalmente ce n'è una che domina. ed è il percorso dell'assoluto e quando questo percorso si completerà la storia sarà finita, che vuol dire non che moriremo tutti, ma che vuol dire che il divenire, il percorso sarà pienamente realizzato, si arriverà alla sintesi di tutte le sintesi.
Ora prima di salutarci volevo sottolineare alcune differenze tra l'impianto di Eichner che abbiamo visto finora, quindi la dialettica e in parte quello che abbiamo detto l'altra volta. e alcune filosofie precedenti con cui lo stesso Hegel si confronta, perché adesso che abbiamo posto tutte le basi fondamentali del pensiero hegeliano conviene rimarcare qualcosa nelle differenze con gli altri filosofi. Per la prossima volta poi vedremo in atto tutti questi meccanismi nella fenomenologia dello spirito prima e nelle circopedie delle scienze filosofiche dopo. Ma vediamo un attimo questi confronti con le filosofie precedenti. Ovviamente il primo bersaglio polemico di Hegel è l'illuminismo, che aveva dominato la scena culturale e filosofica fino a pochi decenni prima e che certo ha ancora un certo peso.
Hegel pensa che l'illuminismo abbia sbagliato più o meno tutto, soprattutto abbia sbagliato nel suo pensare che la realtà si dovesse cambiare, che la realtà, o meglio, dovesse essere cambiata dagli intellettuali, dal... dagli studiosi, dal lume della ragione. La ragione cambia il mondo, di questo Hegel è convinto, ma è una forza suurumana la ragione, non è la ragione del singolo che cambia il mondo, è la ragione con la R maiuscola che cambia il mondo, è la ragione che va oltre l'individuo a cambiare il mondo.
Il mondo si cambia e si evolve secondo sue leggi proprie. L'uomo all'interno di questo panorama è solo un osservatore, è una parte di un meccanismo più grande di lui. Ok?
Non cambia la realtà, d'altronde abbiamo detto che la filosofia arriva solo alla fine, non è più quel motore di cambiamento come lo pensavano Montesquieu, Locke, Prima, Voltaire, Diderot e compagnia bella. La filosofia arriva solo dopo a commentare quello che è già accaduto. E in particolare dagli luministi Hegel se la prende con Kant.
Lo vedremo anche andando avanti, alcune critiche le vedremo. rivolte anche più avanti a Kant, però già qui è abbastanza chiaro che Hegel si pone agli antipoli di Kant. Non è come Fichte che aveva apprezzato moltissimo Kant e da lì era partito Hegel, pensa che Kant abbia sbagliato impostazione, abbia sbagliato molte cose, soprattutto l'impostazione del finito.
Kant è un filosofo del finito, la ragione pura in particolare è un'opera che si occupa di finitudine, di limite, esalta, sottolinea sempre i limiti della conoscenza umana. Hegel Dei limiti non ne vuol sentire parlare, perché esaltare i limiti, l'abbiamo visto adesso con la dialettica, vuol dire esaltare solo il momento astratto, cioè l'ingenua visione del mondo. Il limite viene superato dalla ragione e va superato, non ci si può accontentare di conoscere le cose, le parti.
Bisogna conoscere l'intero, perché solo lì c'è la verità. Quindi da questo punto di vista canta proprio sbagliato impostazione in generale. E poi anche dal punto di vista morale ha sbagliato, e qui c'è una differenza con Fichte, perché Fichte invece la morale di Kant l'apprezza moltissimo, secondo è che la morale di Kant abbassa l'uomo, non gli consente di vivere bene la sua vita, perché la morale di Kant è una morale della sconfitta, cioè una morale che ci mostra che l'uomo è... È e rincorre il dover essere senza mai raggiungerlo.
È la morale di un uomo che si arrabatta per essere perfetto senza riuscire ad essere perfetto mai. Vi ricordate quando abbiamo detto che per Kant la morale è lotta? C'è l'imperativo categorico, c'è lo sforzo dell'individuo di comportarsi in maniera retta, di avere intenzioni rette e però è destinato a non essere mai felice l'uomo che fa questo.
Per cui Kant introduceva i postulati. per cercare una via di fuga a questa situazione. Hegel dice che l'uomo ricante è un frustrato, è un uomo che non coglie il tutto, che non riesce mai a essere felice, perché pensa sempre che ci sia una separazione tra essere e dover essere.
Lui è qui. il dover essere è qui e lui rincorre, rincorre, rincorre e questo dover essere senza raggiungerlo mai e però non capisce che in realtà essere e dover essere coincidono sono parte della stessa cosa perché la realtà è sempre come deve essere questa è una critica che vedremo verrà portato avanti anche nelle opere e ne parleremo, però insomma è molto forte contro Kant. Quindi i rapporti di Hegel con l'illuminismo non sono certo buoni, ma non sono buoni neppure più di tanto quelli con il romanticismo. Abbiamo detto che l'idealismo è una filosofia romantica fortemente legata al romanticismo, e questo vale anche per Hegel, ma ci sono anche delle differenze. O meglio, Hegel propone una sua visione proprio romantica, potremmo anche dire, ma che scotta, che si scontra con la visione di altri romantici e anche di altri filosofi idealisti.
In particolare io direi che ci sono due forti critiche che Hegel fa alla cultura del suo tempo. La prima è quella di pensare che la fede e l'arte siano superiori alla filosofia. In fondo molti poeti romantici e vedremo con Schelling anche molti filosofi idealisti questi, pongono o l'arte o la religione al di sopra della filosofia, perché ritengono che siano più adeguate a comprendere la vera realtà delle cose, il sentimento, d'altronde, per i romantici è superiore alla ragione. Hegel non è affatto d'accordo su questo punto di vista e ne parleremo perché alla fine dell'enciclopedia affronteremo proprio questo tema.
Secondo lui la filosofia è superiore sia all'arte che alla religione, che certo si avvicinano alla conoscenza della sua vera realtà. l'assoluto ma non riescono mai a coglierlo completamente, solo la filosofia può cogliere l'assoluto e quindi c'è un'impostazione anche da questo punto di vista diversa. Il secondo punto, la seconda critica, possiamo dirla così, che Hegel rivolge al romanticismo è quella di un eccessivo ripiegamento sull'individuo, su se stesso, il romantico, il genio in particolare romantico ritiene di avere dentro di sé tutta la realtà e quindi c'è anche una forte carica interiore, individuale.
individualistica, l'uomo deve ripiegarsi su se stesso, deve guardare solo a se stesso, ecco c'è una parte di verità anche in questo per Hegel, ma l'atteggiamento è eccessivo, cioè questo atteggiamento così ripiegato tende a non cogliere i veri legami di unità del tutto, Hegel invece insisterà di più su un'apertura verso l'infinito e verso il tutto, che anche questa è chiaramente romantica, ma è un po'in contrasto con quello che era il clima ruminante nella poesia romantica, nel ciclo romantico, nel ciclo romantico, colori Iena e così via. Da quello che abbiamo visto finora emerge anche la critica che poi Hegel rivolge a Fichte, che è, abbiamo detto, il padre dell'idealismo, ma che Hegel ritiene di superare anche in maniera abbastanza decisa. Qual è il limite della filosofia di Fichte?
Da un lato quello di essersi troppo legato alle mani, potremmo dire così, parlando di io e non io. Cioè Fichte ha costantemente l'impegno di un'idea limitato l'io, vi ricordate quel percorso triadico dal l'io assoluto al non io e poi al l'io individuale diciamo? Il non io, la cosa, la realtà oggettiva, la realtà attorno a noi ha finito con la sua finitudine per limitare anche l'io, quindi la filosofia di Fichte alla fine diventa in qualche modo una filosofia anch'essa in parte del finito, anch'essa in parte del limite, anch'essa contrassegnata da un dualismo tra finito e infinito.
Fichte non risolve questa differenza tra finito e infinito, la mantiene in un certo senso, perché c'è il finito noi e c'è l'infinito che è qualcosa che rimane comunque distante. E questo è un primo aspetto, una prima critica. Hegel invece pensa che finito e infinito vadano fatti combaciare in qualche modo, perché appunto sono una parte dell'altro.
E infine è critico anche nei confronti della morale fichtiana, perché Fichte anche come cante in un certo senso ci presenta... presenta un infinito che esiste, che è là, lo vediamo, è l'io assoluto, verso cui tendiamo, verso cui andiamo, ma che non raggiungiamo mai. È sempre lontano e irraggiungibile, diventa un dover essere, che però ci sfugge e quindi ci rende infelici questa sfuggevolezza, questa lontananza dell'infinito.
Egel è convinto che questo dover essere invece debba essere avvicinato a noi. e noi stiamo... infinito noi siamo dover essere non siamo distanti ok quindi in fondo a fitte di fatto rimproverano una eccessiva vicinanza a kant potremmo anche dire di fatto non a caso chiamerà di Fichte, un cattivo infinito, perché è un infinito che non è accessibile, è là e però non ci dà la felicità, non ci dà la piena realizzazione.
Infine critica anche Schelling, quel filologico che vi avevo detto era stato suo compagno di studi a Tubing, amico e prima di lui importante e famoso, lo critica con parole molto sprezzanti che lasceranno un segno anche nel povero Schelling. In pratica riprova da Schelling il fatto di aver creato un infinito che però è indistinto, è vago, non se ne comprende bene come è fatto, come si relaziona con noi, troppo generico potremmo dire. E'del famoso Schelling.
la frase con cui Hegel liquida la filosofia di Schelling perché dice che la sua filosofia è simile a una notte in cui tutte le vacche sono nere cioè per dire se noi di notte guardiamo le mucche le vacche sono tutte nere non cogliamo le differenze non vogliamo le differenze di colore quella marrone quella più bianca quella eccetera eccetera eccetera di notte tutte sono nere come la filosofia di Schelling che fa un tutt'uno indistinto di tutto senza chiarire bene il suo percorso, quindi una filosofia abbastanza superficiale dal punto di vista di Hegel. Questo era quello che oggi vi volevo sostanzialmente dire, abbiamo visto la dialettica, la legge fondamentale dell'essere e della conoscenza, ontologica e logica, e abbiamo visto anche le critiche che Hegel rivolge a altri grandi pensatori del suo tempo e del tempo immediatamente precedente. Dalla prossima volta inizieremo invece a parlare del primo capolavoro, della prima grande opera di Hegel che è la... fenomenologia dello spirito ma ci sarà tempo per parlarne quando sarà ora per il momento vi saluto vi ricordo che in descrizione trovate i titoli diciamo di tutte le parti di questo video con il relativo minutaggio e link in modo che cliccando lì possiate ritrovare quando parlo di una cosa piuttosto che di un'altra vi ricordo di studiare di guardare il vostro libro di pormi domanda se avete quesiti e dubbi e ci ritroviamo qui prossimamente per andare avanti con il nostro percorso su EGGER.
Ciao e alla prossima!