nella filosofia di Socrate è centrale il concetto di eudemonia per eudemonia si intende una dottrina morale secondo cui il fine delle azioni umane è la felicità detta in altre parole l'eudemonia sostiene che l'uomo tende naturalmente a compiere azioni che lo rendono, che dovrebbero renderlo, felice. Nella concezione particolare di Socrate, l'uomo è per natura un animale sociale. Questo vuol dire che è felice quando compie azioni che realizzano la sua natura sociale.
Per raggiungere la felicità, secondo Socrate, sono centrali due concetti, quello di virtù e quello di conoscenza. Virtù, conoscenza e felicità sono dunque strettamente connessi nel pensiero socratico. Per virtù intendiamo la capacità di realizzare azioni giuste, quindi di perseguire il bene morale. Il bene nasce a sua volta dalla conoscenza.
Socrate ritiene infatti che l'uomo compie il bene quando conosce in cosa consiste il bene. Viceversa, le azioni immorali nascono dall'ignoranza. A questo punto possiamo arrivare ad una prima conclusione. Secondo Socrate, la conoscenza porta a compiere azioni virtuose e quindi a realizzare la felicità. A questo punto dobbiamo però chiederci che cosa è il bene, in cosa consiste e effettivamente.
Per Socrate il bene non è definibile una volta per tutte. L'uomo, attraverso l'uso della ragione, deve di volta in volta domandarsi qual è l'azione giusta da compiere. Socrate, da questo punto di vista, sostiene la capacità dell'uomo di arrivare attraverso la ragione ad una giusta comprensione del bene, controllando gli istinti che invece lo conducono verso il vizio, verso il male.
In questo senso, Socrate aderisce a tutta una tradizione valoriale riassunta nel motto «conoscite stesso», questa tradizione che incita l'uomo a perseguire la moderazione e a comprendere dentro di sé i limiti etici da non oltrepassare. Questa posizione è definita di razionalismo morale. Questo significa che l'azione morale è determinata dalla capacità della ragione di controllare gli istinti.
Nel fatto che il bene non sia definibile una volta per tutte e che la sua comprensione nasca dal domandarsi costantemente in cosa il bene consiste, troviamo l'essenza. di cosa Socrate intenda per conoscenza. La vera conoscenza, secondo Socrate, è non dare mai per acquisita una certa verità, ma mettere ogni verità, ogni supposta conoscenza, sempre in discussione. In questa strada per la conoscenza risiede l'essenza stessa della filosofia.
Il sapiente è colui che sa di non sapere, ovvero colui che è consapevole dei limiti della propria conoscenza ed è sempre intenzionato a mettere in dubbio quanto ritiene già acquisito. In questo porsi le domande per arrivare a conoscenze sempre più adeguate è dunque tracciata la strada per la verità e dunque la strada per il bene. Secondo Socrate la verità è presente in ciascuno di noi. Il problema è che per arrivarci occorre un lavoro di scavo che passa da un esame incessante di quanto riteniamo giusto. Per questo motivo Socrate mette a punto un metodo educativo che serve a portare alla luce la verità, la conoscenza più adeguata.
Questo metodo è detto dialogo socratico o dialogo maieutico. Cerchiamo di capire in cosa consiste, facendo però prima due premesse. La prima è che questo metodo, come dice il termine, si fonda sul dialogo. Questo primo elemento è già particolarmente significativo. Socrate non crede nella parola scritta, tanto che non scrive nessuna opera durante la sua vita.
La strada per la conoscenza è invece, dice Socrate, una strada sempre aperta che si sviluppa attraverso il confronto fra più punti di vista. La seconda premessa è che il dialogo socratico si fonda sulla presenza di un interlocutore che, attraverso le sue parole, Le sue domande aiuta l'altro o gli altri interlocutori a far emergere la verità. Anche questo passaggio è significativo. Il vero maestro, il vero sapiente, non è colui che possiede la verità e la trasmette agli altri. Piuttosto, è colui che si pone come supporto per indirizzare l'altro sulla strada della conoscenza.
Fatte queste premesse, possiamo vedere i passaggi del metodo. Il primo momento è detto dell'ironia. In questa fase colui che guida il dialogo pone una serie di domande al suo interlocutore cercando di capire quello che questi ritiene di sapere in merito ad un certo tema. L'atteggiamento del maestro è quello ironico nel senso che il maestro finge di essere d'accordo con l'interlocutore e di essere impressionato dalle sue conoscenze. Questa finzione serve però soltanto a far esprimere appieno all'altro quanto questi ritiene di sapere in merito ad un certo tema.
Il secondo momento è quello dell'esame. Le verità che sono emerse nel primo momento vengono a questo punto sottoposte ad una serrata verifica con lo scopo di analizzare se queste conoscenze sono solide oppure se poggiano su elementi contraddittori, su basi fragili. Scopo di questo esame è condurre l'interlocutore a rimettere in discussione la propria posizione fino a fare una tabula rasa delle sue conoscenze. Infine arriviamo al terzo momento, quello maieutico.
Il termine maieutica si riferisce all'arte di far partorire. In questo passaggio del metodo, il maestro aiuta l'allievo a far emergere le verità che possiede dentro di sé, lo stesso modo in cui si aiuta una donna a partorire il proprio figlio. Anche in questo caso, il sostegno passa sempre dall'esame delle conoscenze che emergono, per analizzare se queste poggiano su basi solide. Questo esame, altro elemento importante da sottolineare, si fonda su un metodo detto brachilogico, ovvero si basa su domande secche, concise, che hanno come scopo quello di produrre risposte sintetiche.
La semplice domanda che cosa è, è la domanda essenziale del dialogo per chi ha lo scopo di produrre nell'interlocutore una risposta concisa che definisca l'oggetto di cui si parla attraverso definizioni quanto più essenziali possibili. Nel 399 a.C. Socrates viene sottoposto ad un processo. Si tratta di un processo politico, in quanto il suo atteggiamento nel corso degli anni gli ha procurato una serie di oppositori. Ad esso gli vengono mosse due accuse pretenziose che nascondono appunto i motivi politici che ci sono dietro a questa persecuzione.
Queste due accuse sono Una di aver introdotto in città nuove divinità e la seconda di aver corrotto i giovani con i suoi insegnamenti immorali. Il processo ci è raccontato dal maggiore allievo di Socrate, Platone, che scrive un'opera, l'Apologia di Socrate, in cui ripercorre quello che Socrate sostiene durante il processo. Nel corso del processo Socrate ricostruisce la sua esperienza filosofica ed esistenziale. Ci racconta infatti che la sua ricerca inizia nel momento in cui arriva una sentenza dell'oracolo di Delphi che sostiene che Socrate è l'uomo più sapiente che ci sia.
Socrate non comprende la natura di questa affermazione e inizia la sua ricerca che lo porta a interrogare tutti gli uomini della città ritenuti dei sapienti. Questi dialoghi finiscono per produrre una delusione in Socrate. I presunti sapienti in realtà si rivelano infatti ignoranti nel senso che hanno la presunzione di sapere e avere delle certezze. Così Socrate comprende la vera essenza di quello che l'oracolo di Delphi voleva dire.
Lui è il più sapiente perché sa di non sapere. È dunque questa consapevolezza a renderlo sapiente perché è la consapevolezza dell'ignoranza. Allo stesso tempo, afferma poi Socrate, questa serie di conoscenza non può essere placata. Dopo essere stato condannato in senso giudicato colpevole, Socrate sa che potrebbe evitare la morte rinunciando alla sua ricerca filosofica o accettando l'esilio, ma sostiene anche che la sua natura non può cambiare.
È qui che il filosofo spiega di possedere una voce interiore, un demone che lo spinge alla ricerca della virtù. Quello che vuol dire Sograde è che la ricerca della virtù non può essere abbandonata da chi vuol vivere una vita degna di essere vissuta. Il suo atteggiamento però sprezzante della giuria finisce per portare la giuria ad emanare una sentenza di morte. Il rapporto di Socrate con la ricerca della verità non si interrompe neanche di fronte alla morte.
Nel dialogo Il Critone, Platone racconta che i suoi allievi predispongono un piano di fuga per mettere in salvo la vita del maestro, ma Socrate, sdegnato, risponde che la fuga equivalrebbe a sottrarsi all'applicazione delle leggi della città. Rinunciare a seguire le leggi, per quanto sbagliate esse siano, vorrebbe dire rinunciare alla propria natura di animale sociale, rinnegare ciò in cui si crede e quindi... vivere una vita indegna.
In questa maniera Socrate va serenamente incontro alla morte, lasciando di sé il ritratto di una figura in cui filosofia e vita si intrecciano fino all'atto estremo. L'ultimo momento dell'esistenza di Socrate viene raccontato da Platone in un altro dialogo, il Fedone. È qui che Socrate sostiene che aver vissuto una vita virtuosa a secondo ragione fondata sul coltivare la filosofia, fa sì che non si abbia nulla da temere davanti alla morte. Proprio questa serenità, questa consapevolezza che alla fine il corpo non è altro che una prigione per l'anima, spinge Socrate a bere il veleno mortale ancora prima dei tempi previsti. Un'ultima questione da affrontare riguarda il confronto di Socrate con i sofisti.
Socrate viene infatti presentato come oppositore dei sofisti che sono suoi contemporanei, ma la questione è più complessa. Con i sofisti, Socrate condivide infatti diversi aspetti. L'attenzione filosofica rivolta alla natura umana, la predisposizione all'arte della discussione.
Il valore dato alla educazione, la messa in crisi dei valori tradizionali e la mancata definizione di una morale assoluta. Rispetto ai sofisti, le differenze sono però allo stesso tempo considerevoli. La discussione è pensata da Socrate come strumento di verità, non di persuasione.
L'educazione è pensata da Socrate come ricerca filosofica. non come un servizio a pagamento. E infine, la critica ai valori tradizionali e al sentimento morale comune non esclude mai la ricerca del bene. Per i sofisti, infatti, il concetto di virtù è legato alle varie abilità che si possono coltivare per avere successo nella vita pubblica e infatti sofisti sostengono che le virtù sono tante mentre per Socrate virtuoso è in generale l'atteggiamento di chi si pone sulla strada filosofica della ricerca della verità per questo secondo Socrate la virtù è una soltanto