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Comprensione della Filosofia di Hegel

Negli ultimi tempi ho dedicato alcuni video a una rubrica che ho chiamato Grandi filosofi in un'ora. Ho presentato Marx, ho presentato Nietzsche, ho presentato recentemente Schopenhauer e altri ancora, Kant. Filosofi che vanno spiegati in realtà in 4, 5, 6, 7 ore effettive di video ma che poi è anche bene cercare di condensare per un ripasso in un'ora. Lo faccio soprattutto per quei filosofi che poi vanno portati all'esame di Stato e lì dopo tutto un anno di studio Fare un po'il punto alla fine di tutto può essere interessante. Allora, in questi giorni ho ricevuto molte richieste appunto su Hegel, uno dei pochi grandi filosofi rimasti fuori per ora da questa rubrica e oggi cerchiamo di colmare la lacuna. Tenterò oggi di riassumervi, facendo inevitabilmente dei tagli, perché in un'ora è che ci sarebbe tantissimo da dire, ma facendo qualche taglio, cercando di arrivare più direttamente al punto, di riassumervi il pensiero di Hegel in un'ora. Andiamo a cominciare. Un sorso veloce di caffè nella tazza con la scritta andiamo a cominciare, una veloce presentazione di tutti i miei compagni d'avventura su Attopolino, Tostoi, Batman, Dendré, il mostro per loro sul cuscino e quest'altro mostriciato lo quadeto, io mi chiamo Ermanno Ferretti, sono un insegnante di storia e filosofia, insegno nel liceo scientifico a Paleoca, Padirovigo e da più di due anni realizzo su questo canale delle video spiegazioni di storia e di filosofia, a volte anche di educazione civica, che seguono più o meno il programma che si fa alle superiori. Vado, la faccio un po'breve perché oggi ho letteralmente i minuti contati, ho qui... davanti a me un timer che tiene conto dei minuti e tenterò in un'ora di assumervi i punti fondamentali del pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, grande filogiofo idealista tedesco fondamentale nell'Ottocento e poi non solo nell'Ottocento. E riassumere, come vi dicevo però, facendo attenzione a una cosa, Hegel è complicato, non si capisce con un video di un'ora, quindi scordatevelo di studiare su questo video per far prima. Vi consiglio di guardarvi i video più ampi che vi metto linkati in descrizione se non l'avete mai studiato. Se invece l'avete già studiato e volete semplicemente ripassarlo, questo video può fare effettivamente a caso vostro. Detto questo, partiamo. Partiamo ovviamente dalla vita a due cose molto veloci. Hegel vive tra la fine del Settecento e poi soprattutto la prima metà dell'Ottocento. Nasce nel 1770 a Stoccarda e studia poi però soprattutto a Tubinga da giovane, dove entra in contatto con due... personaggi della più o meno la sua età in realtà anche più giovani che però saranno fondamentali nello sviluppo del pensiero e della letteratura tedesca del tempo cioè Schelling che sarà per un certa fase suo amico altro grande filosofo idealista tedesco e Alderlin poeta all'inizio da giovane è anche appassionato dagli eventi della rivoluzione francese ma ben presto si distacca dagli esiti di quella rivoluzione gli rimarrà questo sì una certa ammirazione per Napoleone di cui descriverà le gesta anche con pagine abbastanza esaltate, diciamo così. Detto questo, dopo la laurea inizia a lavorare come precettore in giro per la Germania, diventa anche a un certo punto preside di liceo, ma soprattutto inizia a interessarsi di filosofia. Un primo lavoro importante è quello in cui mette a confronto il pensiero di Schelling, suo amico che ha successo già prima di lui, e di Fichte, suo predecessore e fondatore dell'idealismo tedesco. Ma poi già nel 1807 quando pubblica la sua prima grande opera e il suo capolavoro forse La Fenomenologia dello Spirito, e di cui parleremo, Hegel dimostra di aver rotto i rapporti sostanzialmente con Schelling anche perché proprio nella Fenomenologia c'è una pesante critica alla filosofia di Schelling. Comunque 1807, La Fenomenologia dello Spirito, prima grande opera, forse quella più famosa e celebre in assoluto. In quegli anni inizia ad avere successo, inizia a insegnare filosofia, diventerà poi professore a Berlino, dove rimarrà fino alla morte, la morte arriva nel 1831, forse per colera, ma prima della morte pubblica anche tante altre opere, ne cito solo una per far prima, oltre alla Fenomenologia, l'altra grande opera è l'Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio, un'opera datata 1817, che forse è meno... famosa, bella, della fenomenologia, però più importante da un certo punto di vista perché lì si trova tutto il sistema hegeliano a suo massimo grado. Prima di però presentare le varie opere, presentiamo alcuni punti fermi della filosofia di Hegel, in particolare ne presenterò quattro, i primi tra subito, l'ultimo levemente staccato. Cioè idee di fondo che è utile capire, se si capiscono queste idee di fondo poi si capisce Tutto il sistema hegeliano perché Hegel a questo punto di vista è piuttosto coerente. Primo elemento cardine del suo pensiero è il rapporto tra finito e infinito. Hegel è convinto che il finito di fatto non esista. Noi siamo esseri finiti, la tazza è finita. Finiti vuol dire che abbiamo dei limiti, no? Che siamo limitati nello spazio, nel tempo, eccetera. Sembra di sì, ma in realtà questa è solo un'apparenza, secondo Hegel, perché in realtà il finito non ha una sua consistenza ontologica, non esiste. a guardarla bene. Il finito, meglio, esiste solo in quanto parte dell'infinito. Noi nel mondo crediamo di essere tante entità separate, che io sia io, che la tazza sia la tazza, che il topolino sia il topolino, perché siamo divisi, staccati, diversi. In realtà questa è un'illusione, perché tutte le cose nel mondo sono tra loro connesse, collegate, meglio ancora, fanno parte di un'unica realtà che è infinita. Esiste solo la realtà, la realtà grande, la realtà tutta. l'intero, il vero è l'intero, dice Hegel, non la parte. Quello che a noi sembra qualcosa di autonomo in realtà è solo una parte del tutto, ma da solo a questa parte non ha senso. Come io dico a volte in un grande dado con infinite facce, una faccia di per sé non ha senso, non esiste, esiste solo in quanto faccia di un grande dado. Ecco, la realtà è così. In realtà è un dado con infinite facce, il dado è infinito, noi siamo una di queste facce. che sembra finita perché la faccia di un dado ha i suoi contorni, no? Ma non è autonoma, non è staccata dal resto. Questa è una cosa importante da capire, una cosa che in realtà non è il primo Hegel a dirla, l'abbiamo già vista con Spinoza una cosa di questo genere, certo. La riferenza con Spinoza è che questo tutto di cui noi facciamo parte, per Spinoza è un tutto tra virgolette statico, cioè è una versione diopanteista di fatto, quando la realtà è un tutto. organico si parla di panteismo cioè la realtà e Dio sono la stessa cosa ma in Spinoza questa realtà questo tutto è fermo in Egil invece è in movimento è in divenire Cambia nel tempo, cambia secondo una legge che vedremo tra poco, che è la legge della dialettica. Però sostanzialmente siamo davanti a un panteismo. Seconda caratteristica fondamentale, l'identità tra ragione e realtà. Hegel la resume in un famoso aforismo, ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale. Cosa significa? Che la realtà, come ho detto, cambia. Il tutto è in movimento. Segue una legge, cambia nel tempo, però questo cambiamento del tutto, della realtà, non è per Egon un cambiamento casuale. La realtà non cambia andando a casaccio, cambia seguendo una legge. Si modifica nel tempo secondo una sua logica interna. Il che vuol dire che la realtà non è mai irrazionale. Nel senso che se la realtà segue questa logica, se il tutto segue la logica, quello che accade nel mondo, detta proprio in soldoni, Non è fuori dal mondo, non è ingiusto, non è sbagliato, i concetti ingiusto e sbagliato sono concetti che possono trarre in inganno, perché in realtà a volte nella storia del mondo accadono cose che possono apparire ingiuste, ma che hanno il loro significato nel procedere del mondo. Il mondo non procede a caso, il mondo non va avanti così alla carlona, ma persegue un suo obiettivo secondo un processo che è sancito da una legge. che a volte a noi sfugge, che a volte noi non cogliamo, ma che c'è. Quindi ciò che è reale, la realtà per com'è, è razionale, perché ogni momento anche quelli che ci sembrano brutti, anche le guerre, per farla breve, sono necessarie per arrivare a un obiettivo. L'assoluto che guida la storia, adesso lo vedremo, questo intero che porta avanti la storia, non procede a caso. Quindi anche i momenti negativi, di crollo, di caduta, di dolore, servono. Hanno una loro logica e quindi sono perfettamente razionali. Non c'è mai, per Hegel, distinzione tra essere e dover essere. La realtà è sempre come dovrebbe essere, perché, appunto, anche questi momenti difficili servono, hanno un loro senso. Terza caratteristica fondamentale, a cosa serve la filosofia in questo panorama? Beh, la filosofia sembra non servire a molto, perché la filosofia, per come la tenevano gli illuministi, doveva cambiare il mondo, doveva criticare la realtà per portare a cambiamenti. Secondo Hegel questo è sbagliato, la filosofia non deve criticare la realtà perché la realtà è sempre razionale. La filosofia piuttosto deve spiegare la realtà, deve mostrare la razionalità del reale. Dovrebbe farci capire che anche se la realtà non ci sembra razionale, in realtà lo è. Quindi farsi andare oltre l'apparenza. Il che vuol dire, usando una celebre metafora, o meglio paragone, di Hegel, la filosofia è come la nottola di Minerva. Minerva è la dea antica della sapienza, la nottola è una civetta. con tu cui spesso viene rappresentata Minerva, spesso se la porta sulla spalla, è un gufo, una civetta, che simboleggia la filosofia. Perché? Tradizionalmente perché ci vede il buio, ma soprattutto, dice Hegel, perché inizia a volare quando si fa sera. La notte la vola, come tutte le civette e i gufi, quando fa notte. Il che vuol dire che la filosofia inizia il suo volo non quando il giorno si deve formare, non quando bisogna cambiare la realtà, ma quando la realtà si è già fatta. inizia a volare di sera, quando ormai il giorno sta avvolgendo la fine, quindi la filosofia arriva dopo, la filosofia non deve cambiare il mondo, deve commentarlo a posteriori. Quarto e ultimo elemento che vi ho detto lo presentiamo separato ma è importante del pensiero base di Hegel è la dialettica, vi ho detto questo infinito, questo tutto, questo intero non è fermo, si muove, cambia nel tempo, diviene, diviene secondo una legge, ecco qual è questa legge? La legge è... la legge della dialettica secondo Hegel. Attenzione, questa dialettica, per come intende Hegel, è proprio una struttura teriadica, adesso ne parliamo, cioè una legge che prevede tre momenti, tre fasi, tre passaggi, ed è una legge che vale a livello ontologico ma anche a livello logico. Mi spiego meglio? Ha una doppia valenza detta in altri termini. Questa legge spiega il modo in cui noi conosciamo la realtà, accediamo alla realtà, Facciamo nostra realtà il modo in cui noi pensiamo e ragioniamo e conosciamo, ma allo stesso tempo spiega anche il modo in cui la realtà si configura, la realtà diviene, si realizza. Cioè è una legge del pensiero, ma è una legge anche del mondo, detta proprio in termini più brutali. La zona abbiamo detto prima che ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale vuol dire che in Hegel c'è una corrispondenza tra pensiero e realtà. Ciò che è reale, la realtà, è razionale. risponde alle regole del pensiero e ciò che è razionale, cioè ciò che avviene nel pensiero è reale, cioè risponde alle regole della realtà, vuol dire che le stesse regole del pensiero e della realtà sono comuni, capite? infatti con le sue regole la dialettica è questa regola quindi legge del pensiero, legge della realtà, cosa prevede questa dialettica? è una legge che si articola in tre momenti, vi mostro anche uno schema per capire, Hegel li chiama così, momento astratto intellettuale il primo momento momento dialettico negativo razionale secondo momento momento speculativo o positivo razionale il terzo momento per far prima spesso si usa questa dicitura che è un po sbrigativa ma aiuta a far sintesi tesi primo momento momento stato intellettuale antitesi secondo momento momento dialettico o negativo razionale sintesi terzo momento momento speculativo o positivo razionale cosa vuol dire Facciamo un esempio di applicazione. Allora, il primo momento, il momento astratto intellettuale della tesi, è il momento in cui io, quando voglio conoscere, guardo la realtà e la vedo come un insieme di elementi tra loro distinti, separati. Ancora non vedo le connessioni. Prima vi ho detto che noi ci crediamo distinti gli uni dagli altri. Ebbene, questo è quello che pensiamo nel momento astratto intellettuale. Ci vediamo come cose distinte. Nel secondo momento, però, capiamo... che non basta vedersi come cose distinte, che bisogna superare i principi della logica aristotelica, i principi di identità e di non contraddizione che ci portano al primo momento a quell'astratto, e bisogna, dice Hegel, mettere in movimento le conoscenze, cioè bisogna, ogni conoscenza, confrontarla con l'opposto, per questo è un momento negativo. Se nel primo momento io avevo detto, guardo la tazza e la studio, è vero che la tazza è diversa da me? Nel secondo momento devo cercare di mettere a confronto la tazza con me. Basta vederle solo come cose separate io e la tazza, ma facciamoci scontrare. Superiamo il principio di non contraddizione di identità, proviamo a mettere un po'in movimento, confrontiamo gli opposti. Non accontentiamoci di distinguere. E quindi neghiamo, d'altronde dire che la tazza è una tazza significa dire che la tazza non è un essere umano, non è una telecamera, non è un computer, non è questo, non è quest'altro. Affermare significa anche negare. Ma allora per capire meglio che cosa vuol dire affermare e negare dobbiamo confrontare una cosa col suo opposto, con la sua negazione. E quindi secondo momento è il momento negativo razionale, il momento di scontro, l'antitesi. Alla fine, terzo momento, arriviamo però alla sintesi, al momento speculativo positivo razionale, in cui ci rendiamo conto che noi e la tazza che all'inizio l'abbiamo vista come distinti, poi l'abbiamo provata a confrontare, adesso ci rendiamo conto di far parte di un'unica realtà che ci comprende entrambi. C'è l'affermazione iniziale, c'è la negazione al secondo momento e alla terza c'è la riaffermazione, ma una riaffermazione più sicura, più ampia, più consapevole, perché ci rendiamo conto che quel primo sguardo iniziale della tesi era ingenuo, adesso ci rendiamo conto che noi e la Tassan siamo di fatto una cosa sola. che abbiamo superato il contrasto arrivando a una pacificazione, a una unificazione, a una riunificazione. Vorrei farvi notare due cose su questa dialettica e poi fare un veloce confronto con gli altri filosofi precedenti. Prima cosa, questa dialettica ci mostra come il finito si risolve nell'infinito, cioè si parte da un primo momento la tesi in cui le cose sono ancora distinte e finite, si arriva ad un ultimo momento la sintesi in cui ci si rende conto che in realtà questa distinzione è fittizia, in realtà l'infinito raccoglie tutti. ed è, seconda cosa, una visione molto ottimistica questa di Hegel, perché ci sta dicendo in pratica che nel corso della storia, ma anche nel corso del pensiero, ci sono sempre i momenti difficili, i momenti di caduta, le antitesi, i momenti negativi, di scontro, di collisione, eccetera, però questi momenti di collisione e di scontro vengono sempre superati in una sintesi che pacifica, che risolve i conflitti, che supera la conflittualità, che unifica, ok? Quindi è una visione anche abbastanza ottimistica. che beh si posa per quella filosofia generale di Hegel l'altra parte è che il rimprovero a Kant e in generale l'illuminismo di aver sempre pensato di dover criticare il mondo di aver sempre pensato di dover criticare la realtà che la realtà non andasse mai bene come vi dicevo prima cioè che ci fosse sempre una netta distinzione tra essere e dover essere la realtà era fatta in un modo, sarebbe dovuta essere fatta in modo diverso noi dovevamo lottare per avvicinare essere e dover essere dicevano Kant, gli illuministi eccetera secondo Hegel non c'era a fare nessuna lotta di questo tipo Perché l'uomo si illude quando pensa di dover cambiare l'essere e combattere. L'essere e il dover essere coincidono, sempre e comunque indipendentemente dal singolo uomo. Quindi l'uomo deve solo capire la legge del cosmo, capire la legge della realtà e capire che già la legge della realtà porta la realtà ad essere come deve essere. Questo poi porta Hegel anche a una visione diversa, non solo rispetto agli illuministi, ma anche ai suoi stessi colleghi idealisti, soprattutto Fichte. ma ancora di più Schelling. Chiaramente questa dialettica hegeliana riprende in parte la dialettica di Fichte, perché lo schema triadico l'avevamo già visto in Fichte, ma in Hegel c'è anche una critica, nel senso che per Fichte il non io, il finito, finiva per limitare l'io infinito, per Hegel no, per Hegel non c'è nessuna limitazione, anzi bisogna comunque capire che finito e infinito sono due facce della stessa medaglia. In Fichte c'era questo senso di lotta, di... percorso che il finito doveva compiere per avvicinarsi sempre all'infinito c'è sempre questo anelito un po'kantiano a spingere il finito verso l'infinito per Hegel non c'è bisogno di nessuna spinta finito e infinito già coincidono ultima critica da fare è quella che fa Schelling, suo amico dell'adolescenza in cui dice che la sistema filosofico di Schelling è simile a una notte in cui tutte le vacche sono nere cioè presenta un infinito troppo indistinto quello di Schelling bisogna arrivare però a distinguere meglio la dialettica hegeliana come vedremo applicata poi alla realtà applica tutta una serie di distinzioni che tra poco vedremo affrontiamo ora la prima grande opera di Hegel che è la fenomenologia dello spirito un'opera in cui Hegel si propone di presentare il cammino in maniera anche romanzata il cammino che ogni coscienza deve compiere per rendersi conto di essere parte del tutto Come vi dicevo, noi non esistiamo in quanto esseri finiti, entità separate, ma esistiamo solo in quanto facce di un tutto più ampio, di un'unità, di un assoluto, di un infinito che ci comprende. Però, apparentemente, non lo sappiamo, perché a prima vista non ci rendiamo conto di appartenere a questo tutto. Allora dobbiamo fare un cammino di consapevolezza. E la fenomenologia ci mostra proprio questo cammino, perché fenomenologiare lo spirito vuol dire proprio questo, il cammino, cioè meglio, la storia di come noi diventiamo fenomeni a noi stessi, in un certo senso, cioè di come lo spirito appare a se stesso. Fenomeno vuol dire apparizione, apparire, mostrarsi, lo dicevamo già con Kant. Allora, storia di come noi ci presentiamo a noi stessi, come lo spirito si presenta a se stesso, come lo spirito si riconosce a parte di un tutto. Ora, è una storia romanzata, come dicevo, nel senso che Hegel, certo, prepara delle triadi anche qua, applicando la sua legge dialettica, ma ogni tanto, anzi spesso, Preferisce usare anche quasi dei racconti, lui le chiama delle figure, che sono delle tra virgolette storie esemplificative che aiutano a comprendere il percorso che si compie. Ne presenteremo velocemente due soprattutto, che sono le più famose, ma ce ne sono anche altre. La fenomenologia si articola in tre momenti, come ogni percorso presentato da Hegel, che sono coscienza, autocoscienza e ragione. Molto brevemente, la coscienza è la fase in cui noi prendiamo coscienza di ciò che c'è fuori di noi, del mondo, in cui cerchiamo di conoscere il mondo. L'autocoscienza invece è il momento in cui noi cerchiamo di prendere coscienza di noi stessi, rendendoci conto che non possiamo conoscere ciò che c'è fuori se... Non conosciamo noi stessi perché ciò che c'è fuori è un riflesso o un'unità percepita da noi, quindi si passa dalla coscienza a ciò che c'è fuori all'autocoscienza a ciò che c'è dentro, per poi giungere alla ragione che è il momento in cui ci rendiamo conto che tra coscienza e autocoscienza, tra mondo esterno e mondo interno non c'è reale distinzione perché sono la stessa cosa. Coscienza, autocoscienza, ragione. Sulla coscienza ho poco tempo, dico molto brevemente due cose. Si parte, lui dice, molto ovviamente dalla certezza sensibile, cioè il fatto di usare i sensi per vedere le cose, la tazza, il topolino. E però, usando i sensi, io mi rendo conto che esiste il topolino solo qui ed ora, ma quando non lo guardo più, chissà se c'è ancora. Tutte critiche le ha fatte anche Hume, no? E magari domani sarà cambiato, è una conoscenza molto friabile questa del qui ed ora. Allora mi rendo conto però, dalla certezza sensibile passando alla percezione, che io capisco cos'è un oggetto esterno, ma è solo se... lo percepisco dentro di me, quindi inizio a spostarmi dall'esterno all'interno di me fino ad arrivare all'intelletto, che è quando io percepisco le cose come dei fenomeni. A quel punto mi rendo conto che le cose, più che percepirle fuori, le percepisco dentro. Più che conoscere le cose in sé, conosco le cose per come io le vedo e quindi devo passare appunto all'autocoscienza. Questa è la parte più importante dell'opera, vediamo cosa dice nell'autocoscienza. In questa sezione è presente alcune figure, come vi dicevo, cioè storie un po'romanzate. Ma due sono particolarmente importanti e vanno sapute. La prima è la dialettica servo padrone, la seconda è la coscienza infelice. Attenzione, la dialettica servo padrone alcuni libri la traducono in modo diverso, signoria servitù, è sempre la stessa cosa. Cosa dice questa storia, questa figura? Secondo Hegel, quando è che noi, che una autocoscienza, la nostra coscienza individuale si rende conto di essere un'autocoscienza, per farla bisogna di confrontarsi con altre autocoscienze. Ognuno di noi per capire chi è deve confrontarsi col diverso, con l'altro, qua siamo nel momento dell'antitesi, cioè dello scontro, del conflitto, del confronto col diverso. Allora ogni autocoscienza ha bisogno di specchiarsi in un'altra autocoscienza. Questo confronto con gli altri sulla base di cosa avviene? Secondo Hegel avviene sulla base della forza, della violenza, della sottomissione essenzialmente. Quando un'autocoscienza incontra un'autocoscienza una tenta di dominare l'altra. sostanzialmente e chi è che riesce quale autocoscienza riesce a dominare l'altra secondo hegel il dominio avviene sulla base della paura della morte nel senso che due autocoscienze si possono anche sfidare possono anche tentare di sottomettersi l'una all'altra ma quando è che una vince che una prevale che una sottomette effettivamente l'altra quando l'altra si arrende e quando è che l'altra autocoscienza si arrende quando non è più disposta a rischiare all'inizio C'è un attimo di tensione qui, io sono disposto a rischiare le botte, tu sei disposto a rischiare le botte, poi magari iniziamo a picchiarci, continuiamo, continuiamo, a un certo punto uno di noi dice basta, non voglio più rischiare, indipendentemente dal fatto che stia vincendo o perdendo. Uno dice non voglio più rischiare altro, perché andando avanti di questo passo finiremo che uno dei due morirà e non voglio arrivare a questo limite, a questo ultimo step. Quindi mi sottometto, la sottomissione è questa. Avviene quando una delle due non è disposta a portare fino alle estreme conseguenze del confronto. Pertanto una si sottomette e diventa serva, l'altra autocoscienza predomina e diventa padrone. Quindi il riconoscimento avviene nel fatto che uno si mette sotto e uno si mette sopra. Ma, dice Hegel, col passare del tempo possiamo assistere a una paradossale inversione dei ruoli, cioè dopo un po'il padrone si rende conto di aver bisogno del servo, di dipendere dal servo, di non essere autonomo rispetto al servo, perché ormai si abitua a essere servito da quel servo e quindi non è in grado di fare nulla da solo, ha bisogno sempre dell'aiuto dell'altro, eccetera. Il servo invece, un po'alla volta, si rende conto che, certo, è stato sottomesso dal padrone, ma lui non ha necessariamente bisogno del padrone, perché il servo basta a se stesso, è in grado di fare le sue cose, è in grado di sopravvivere anche senza il padrone, non è vero il contrario. Pertanto, Poi l'andata del tempo dice che il servo si libera e il padrone si scopre tra virgolette schiavo perché ha bisogno del servo. C'è un percorso di liberazione che avviene appunto in tre tappe che adesso ho detto velocemente ma le esplicitiamo. Prima tappa paura della morte è il momento in cui il servo si sottomette. Seconda tappa è il servizio, il momento in cui il servo serve appunto il padrone. Terza tappa è il lavoro che non è la stessa cosa del servizio. Il servizio è fatto a... bene a beneficio del padrone quindi obbedendo al padrone il lavoro invece è libero perché il servo quando inizia a lavorare e a creare qualcosa con le sue mani inizia a vedere anche il riflesso della propria autocoscienza in quello che fa in quello che realizza quando si fa un bel lavoro ma nella libera autonoma e creativa tu vedi te stesso in quello che fai ecco il cammino di presa di coscienza di sé di autocoscienza Il risultato del servo avviene tramite queste tappe, ovviamente questo ragionamento è stato molto apprezzato dai marxisti perché il lavoro libera dalla sottomissione e dagli esistenzialisti perché il chiamino di consapevolezza parte sempre da una sorta di angoscia per la morte. Ci sarebbe anche un'altra figura importante, quella di stoicismo e scetticismo, ma la dobbiamo saltare perché tra le figure è forse la meno importante, invece ci soffermiamo un attimo sulla coscienza infelice, altra figura dell'autocoscienza per Hegel qui nella Fenomenologia dello Spirito. Perché? Perché la coscienza infelice è stata presentata anche come la figura che in un certo senso riassume tutto il pensiero di Hegel, perché Hegel in questo caso affronta il rapporto tra coscienza e Dio, tra la coscienza individuale e Dio. E lui nota come nel corso della storia, proprio delle religioni potremmo dire, la coscienza si è spesso sentita infelice perché si è sentita separata, lontana, lontanissima direi da Dio, avrebbe voluto sentirsi attaccata, coesa. Trovare la vicinanza con Dio non si è riuscita. E anche questa coscienza infelice infatti si articola in tre tappe. Prima tappa è l'ebraismo. L'ebraismo è la religione della massima distanza tra Dio e la coscienza. Dio è lontanissimo, Dio non si fa vedere, non si può rappresentare, non se ne può neppure pronunciare il mondo, il nome. Dio è qualcosa di altro da me. E quindi c'è anche una sorta di timore, di sottomissione della coscienza nei confronti di Dio. C'è quasi un rapporto servo padrone. Questa... grande lontananza viene in parte superata nell'antichità che ha il cristianesimo medievale perché il cristianesimo cerca di superare questa grande distanza tra l'uomo e dio dicendo che dio certo è distantissimo ma si è incarnato si è incarnato in gesù cristo e sceso sulla terra bene quindi la lontananza si riduce molto però fa notare egel è vero che gesù nell'ottica cristiana si è incarnato e è venuto nel mondo ma si è incarnato e è venuto al mondo in un breve momento storico per quei 33 anni circa in quella fase. Oggi l'uomo di oggi non incontra Gesù. Infatti lui prende a modello il cristianesimo medievale. Perché il cristianesimo medievale? Perché il crociato nel Medioevo, l'uomo che faceva le crociate, cercava Dio, andava alla ricerca di Dio, la sua coscienza voleva questa comunione con Dio, ma quando arrivava a Gerusalemme, dopo aver lottato, entrava nel Santo Sepolcro, trovava il Santo Sepolcro vuoto, perché Gesù non c'era, Gesù non c'era più. Quindi questo è lo scacco del cristianesimo, che cerca di avvicinarsi a Dio, ma alla fine sembra anche quasi riuscirci, ma Dio gli sfugge. Terza tappa, la sintesi, è quello che deve un po'ancora arrivare, è la stessa filosofia di Hegel, perché la filosofia di Hegel mostra come in realtà Dio e la coscienza non sono qualcosa di separate, ma vanno fuse insieme perché sono parte di questo tutto. Il primo parlume di questa idea, secondo Hegel, va ritrovato nel Rinascimento. nell'età moderna quando alcuni filosofi come ad esempio ho già citato Spinoza ma non solo Spinoza noi potremmo citare anche Bruno e altri per la prima volta hanno mostrato che la separazione tra noi e Dio, tra noi e la natura, tra noi e il mondo è fittizia, non c'è davvero e quindi Dio non è altrove, distantissimo ma in realtà in mezzo a noi, noi stessi siamo Dio, tutti insieme siamo Dio. Come vi dicevo la fenomenologia si divide in coscienza, autocoscienza, ragione almeno questa è la terza e più importante coscienza abbiamo detto brevemente, autocoscienza abbiamo visto le figure, ragione, cos'è questa ragione? è il momento in cui appunto cerchiamo di cogliere ormai il tutto, se la coscienza è appena la coscienza di ciò che c'è fuori l'autocoscienza di ciò che siamo noi, di ciò che c'è dentro, la ragione è trovare il legame tra le due dimensioni precedenti questa ragione anch'essa viene presentata da Hegel secondo un percorso triadico e poi tramite delle figure che non facciamo in tempo a vedere, però il senso ultimo di queste figure e di questo percorso qual è? facciamo proprio una sintesi estrema... che la ragione certo inizia a cogliere che c'è un legame tra coscienza e autocoscienza, cioè tra dentro e fuori, diciamolo così, però inizialmente pensa che questo legame sia a livello individuale e qui sta il suo errore, perché non è che io come individuo singolo colgo l'unità col mondo, che io come individuo singolo devo andare a combattere, a guidare, a plasmare, a trovarmi in comunione col mondo, lì sta l'errore, l'errore che hanno fatto il Faust, che ha fatto Don Quixote, Sono figure che Hegel cita, il donchiciottismo, il faustismo, eccetera, che ha fatto anche Kant. Anche Kant l'errore qual è stato? Quello di pensare sempre che l'individuo singolo dovesse rapportarsi col mondo. Qui sta l'errore. La ragione non è la ragione individuale, perché ogni individuo che ragiona in termini individuali è costretto al fallimento, finisce per fallire e per crollare. La ragione è la ragione collettiva, è la ragione con la R maiuscola, è la ragione dell'assoluto, dello spirito. Questa è una ragione. che trova davvero la comunione tra l'interno e l'esterno. Solo questa può risolvere i problemi dell'individuo. Poi, nella seconda parte della fenomenologia, Hegel presenta un'altra tede, quella di spirito, religione e sapere assoluto, ma visto che questa seconda tede è spesso inutile, manuale non viene proprio trattata, ma soprattutto perché viene ripresa dall'enciclopedia, parliamo dell'enciclopedia direttamente, che fa un po'la summa di tutto il sistema hegeliano. Passiamo all'enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, come vi dicevo, riassume tutto il sistema hegeliano, qui faremo dei pesanti tagli perché altrimenti non riusciamo vivi, però vorrei che vi rimanesse l'impalcatura del sistema. Allora intanto, primo luogo, questa grande opera è sottratta in tre ovviamente fasi, in tre momenti che corrispondono agli tre momenti della dilettica, la tesi, l'antitesi e la sintesi. La teoria di base, di partenza, è quella che secondo Hegel rappresenta la teoria di base di tutta la realtà. Idea, natura, spirito. O meglio, idea in sé per sé, idea fuori di sé, idea che ritorna in sé. Cosa vuol dire? Faccio vedere anche un grande schema per tenere un po'sott'occhio il meccanismo. Idea in sé per sé vuol dire che in questo primo momento la tesi... L'idea va studiata, viene analizzata, si presenta solo in quanto idea, cioè nel senso tradizionale del termine, cioè qualcosa di estratto, che rappresenta da un lato l'impalcatura del pensiero in modo di ragionare, ma come vi dicevo anche prima rappresenta anche l'impalcatura logica della realtà, cioè vi dicevo che c'è una corrispondenza tra pensiero ed essere, tra modo in cui noi ragioniamo e modo in cui la realtà si configura, ebbene l'idea in sé per sé, l'idea che è ancora sull'idea, l'idea che è una struttura logica, studia questo. La disciplina che in particolare si occupa di studiare questa prima fase di questa tesi è la logica che è molto complessa e che noi non approfondiamo in questo settore in questo momento, però la logica è la parte del sapere che studia proprio l'impalcatura del pensiero. L'antitesi è l'idea fuori di sé, l'idea è sempre a sé a primo momento, l'idea fuori di sé è il momento in cui l'idea non si accontenta più di essere solo idea ma viene messa in movimento, viene negata, viene contraddetta, l'antitesi è sempre negazione, caduta, contraddizione. E di fatto è l'idea che diventa natura, l'idea cioè che si concretizza nella materia, l'idea che esce da sé e diventa qualcos'altro, cioè natura, si aliena e diventa natura. Cioè la filosofia della natura è la disciplina che studia questo momento di antitesi, che studia la realtà come natura. Quindi rientrano nella filosofia della natura tutte quelle discipline che oggi chiameremmo le scienze naturali, la fisica, la meccanica eccetera. È chiaro però di Cegher che questo momento è un momento di decadenza, di caduta, di decadimento dell'idea perché quella perfezione anche logica che troviamo nel primo momento qui va perduta. Non a caso molti hanno criticato, i critici di Hegel lo hanno criticato su questo punto in particolare perché la filosofia della natura rischia a volte di sembrare nel sistema hegeliano la pattumiera, cioè Quando Hegel trova qualcosa che sembra non rispondere bene al suo meccanismo triadico, alla sua logica, alla sua legge dialettica, lo definisce un'imperfezione dovuta alla caduta nell'antitesi della natura, lì lo piazza e poi va oltre, senza risolvere più di tanti problemi. C'è in generale in Hegel una forte svalutazione della filosofia della natura, questo va detto insomma sostanzialmente. Quindi tesi, idee in sé per sé. antitesi idea fuori di sé sintesi terzo e ultimo momento idea che ritorna in sé cioè l'idea che prima era solo idea si concretizza nella natura e poi ritorna ad essere idea però questa volta un'idea potenziata non più un'idea ancora ingenuamente vista nella logica ma un'idea che è passata attraverso i conflitti della materia cioè un'idea che si è fatta a spirito infatti la terza tappa era lo spirito idea natura spirito E non a caso questa terza tappa, la sintesi, che è la parte più interessante su cui ci soffermeremo maggiormente, è studiata dalla filosofia dello spirito che cerca di vedere l'idea che plasma il mondo in pratica. Perché questo vuol dire, no? Prima l'idea è solo idea, poi c'è la materia, poi c'è l'idea che dentro la materia emerge e si manifesta nel mondo. E questo vuol dire che si manifesta anche nelle strutture, ad esempio si manifesta nello stato, si manifesta nell'arte, si manifesta nel diritto, si manifesta in molti modi. La filosofia dello spirito che appunto studia questa terza e questa sintesi si divide a sua volta in una triade che è contrassegnata dallo spirito soggettivo, spirito oggettivo e spirito assoluto. Sullo spirito soggettivo non diciamo granché, è il momento in cui sostanzialmente lo spirito è ancora lo spirito individuale, è ancora il mio spirito, cioè io come individuo e come mi raffronto con il mondo. E quindi anche qui c'è un'articolazione in antropologia, fenomenologia. e psicologia ma più interessante lo spirito oggettivo perché lo spirito non è solo spirito individuale si rende conto dopo questa prima tappa che bisogna passare una sorta di spirito collettivo allo spirito delle masse allo spirito dei gruppi e allora qui si trova la miglior concretizzazione dell'idea lo spirito soggettivo si divide lo spirito oggettivo si divide a sua volta in diritto astratto, moralità ed eticità e adesso le vediamo più in dettaglio lo spirito oggettivo si articola in diritto astratto, moralità ed eticità e adesso li vediamo perché qui inizia a esserci il punto caldo di tutta l'encecopedia delle scienze filosofiche in compendio il diritto astratto è il diritto, cioè le leggi che regolano i nostri rapporti con gli altri e in particolare qui l'individuo inizia a relazionarci col tutto ovviamente il diritto è il momento in cui ogni individuo ha dei diritti ha delle esigenze ha delle proprietà ha dei rapporti con gli altri e trova il modo per avere delle leggi che regolano questi rapporti con gli altri infatti questo diritto come vi faccio vedere anche dallo schema triadico si articola in proprietà contratto e diritto controtorto la proprietà è il momento in cui io cerco di farmi portatore dei diritti in particolare anche il diritto di proprietà Ma questo essere portatore dei diritti ha bisogno anche di una legiferazione che garantisca questi diritti. Il contratto che è l'antitesi della proprietà è proprio il momento in cui io vedo riconosciuto il mio diritto. Tramite un contratto il mio diritto viene riconosciuto. Ma chiaramente sancire resistenza di un contratto implica anche sancire resistenza di una legge, e cioè di pene ad esempio, di torti, di violazioni di quel contratto. Ripeto. La proprietà è il momento in cui ho dei diritti, il contratto è il momento in cui io vedo riconosciuti quei diritti, il diritto contro torto è il momento in cui capisco anche che questi diritti pur sanciti possono essere violati e che quindi bisogna prevedere un sistema che punisca chi trasferisce e protegga i miei diritti. Ovviamente la punizione di Zegel non può essere però solo una punizione negativa in cui io punisco chi ha trasgredito, ma deve perché il sistema si lega a essere anche rieducativa. Quindi, dice Hegel, bisogna capire che questo diritto, questa prima fase dello spirito oggettivo, non basta, perché bisogna passare dal diritto alla moralità, perché si è rieducativo vuol dire che bisogna agire non più solo sulle leggi, ma sulla moralità degli individui, e quindi si passa alla moralità. La moralità però a sua volta anche si è articolata in un'attriere che vi mostro, che è strutturata in proponimento, intenzione e benessere, bene contro male. Anche qui il discorso si potrebbe fare ampio. Qui la cosa importante è ricordare questo, la moralità per come ne tenere è che è sempre una moralità individuale, siamo sempre in un rapporto tra il singolo e il mondo, tra il singolo e lo Stato, tra il singolo e gli altri. Ecco, la moralità, che pure avrebbe un buono scopo, che è quello di garantire il bene e di trovare la felicità, è costretta. posta in queste situazioni ad arrivare al fallimento, secondo Hegel, perché quando l'individuo si propone il bene fallisce, quando il singolo cerca la felicità fallisce e la dimostrazione la palissiana di questo si ha in Kant, ad esempio, contro cui Hegel rivolge parole abbastanza dure, bisogna dirlo. Perché? Perché la morale kantiana, che appunto voleva fare questo, prendere il singolo e portarlo alla felicità, è una morale appunto donchisciottesca, una morale destinata al fallimento. È una morale frustrata, perché? Perché, se vi ricordate cosa diceva Kant, effettivamente la morale non può portare alla felicità. L'uomo che si dà un proponimento, che cerca di seguirlo, che si dà delle buone intenzioni, la morale di Kant è una morale dell'intenzione, è destinato a fallire, in quanto non può trovare mai la felicità. Vi ricordate l'antinomia della ragion pratica? Sembra che l'uomo che voglia essere buono non possa contemporaneamente essere felice. Perché? Perché Kant... continua secondo Hegel a dare troppo peso all'intenzione e a trovare una distinzione troppo grande tra essere e dover essere invece l'uomo che matura una consapevolezza maggiore l'uomo hegeliano si deve rendere conto di due cose prima cosa come dicevamo che non c'è reale distinzione tra essere e dover essere che la felicità non può essere qualcosa da raggiungere che sta lontano da noi ma è qualcosa di già presente a patto di saperla riconoscere E seconda cosa, deve anche capire che non può andar bene una morale dell'intenzione. Le intenzioni non portano al vero bene. Noi dobbiamo mettere a parte questa anima bella che ci propone Kant, così la definisce Hegel, cioè una morale in cui bisogna semplicemente fare la cosa giusta e poi delle conseguenze, chi se ne frega, no? Quello che conta sono le conseguenze, non solo l'intenzione con cui si fanno le cose, quello che conta è la felicità, la morale deve portare alla felicità, ma è evidente secondo Hegel che la morale dell'individuo non può portare alla felicità, quindi bisogna superare questa dimensione, bisogna arrivare a una sintesi, la tesi era il diritto, l'antitesi era la moralità, bisogna arrivare a una sintesi, c'è qualcosa che mette insieme diritto e moralità, questa fusione di diritto e moralità, o meglio diritto che diventa moralità, è morale che diventa diritto è l'eticità. L'eticità è una morale non più individuale ma collettiva, è una morale vissuta a livello dello Stato, è una morale vissuta con leggi del bene che sono leggi dello Stato, perché solo lo Stato ci può guidare verso il bene. L'eticità, come vedete anche di nuovo dallo schema, si articola anch'essa in tre fasi, famiglia, società civile, Stato. Sullo Stato spenderemo molte parole, ma intanto vediamo velocemente famiglia e società civile. La famiglia è il primo nucleo sociale, il nucleo di base, di partenza, è la più piccola unione che si può creare. È un'unione che viene tenuta insieme non tanto dalle leggi, perché anche dalle leggi, ma soprattutto dall'amore e dalla fiducia. La famiglia nasce su quelle basi. E infatti la famiglia si articola anche se in una triade, che è cosiddetta matrimonio, patrimonio ed educazione dei figli. Il matrimonio è il momento in cui la famiglia nasce. È forse per certi versi ingenuo, perché quando ci si sposa si crede che l'amore supererà ogni difficoltà, no? Ed è la tesi. Subito dopo però arriva l'antitesi, il patrimonio, cosa intende il compatrimonio? Intende il fatto che ogni famiglia poi deve fare i conti con la quotidianità, con i bisogni di soldi, denaro, bollette, eccetera. E quindi all'amore subentra la vita concreta, che a volte è difficile, ed è l'antitesi. E però poi arriva la sintesi, che è l'educazione dei figli. Perché cosa sono i figli? I figli sono... l'unione di questi due elementi iniziali dall'amore nascono i figli che vengono amati ma i figli sono anche sacrifici fatiche bollette da pagare eccetera quindi la sintesi sono i figli e però i figli rendono anche evidente che la famiglia non basta a se stessa perché i figli a un certo punto crescono escono dalla famiglia e vanno a creare altre famiglie a loro volta e quindi la famiglia non è un nucleo autonomo che basta a se stesso viene poi superato si amplia in rapporto rapporti tra diverse famiglie, infatti si passa dalla tesi che è la famiglia all'antitesi che è la società civile. La società civile è l'unione di tutte le famiglie, potremmo dire, ma è l'antitesi di questo percorso, famiglia, società civile, Stato. La società civile è l'antitesi e come ogni antitesi è un momento di caduta, di crollo, di difficoltà. In effetti la società civile, secondo Hegel, perde quell'unità iniziale che c'era nella famiglia. Nella famiglia tutto era tenuto insieme dall'amore. Nella società civile non c'è amore. Nella società civile ognuno, ogni gruppo sociale tende a badare i propri interessi, tende a cercare il proprio vantaggio. Quindi, cosa vuol dire società civile? Abbiamo ad esempio i gruppi, che so, proletari e capitalisti, abbiamo contadini e proprietari terrieri, abbiamo fautori, elettori di sinistra, elettori di destra, non lo so. Tifosi della Juve, tifosi dell'Inter, quello che vi pare, tutti i gruppi sociali in perenne conflitto tra loro, in perenne contrasto tra loro, che ambiscono a cose diverse. La società civile è proprio la caduta di questa situazione iniziale di pace. Se la famiglia è amore, la società civile è conflitto, è scontro, è atomistica, è divisione, eccetera. Anche la società civile a sua volta si articola in una triade che è adatta al sistema di bisogno, all'amministrazione della giustizia. e polizie e corporazioni, ma andiamo via un po'veloci, i contrasti della società civile possono essere superati, bisogna superarli. L'antitesi è solo un momento di passaggio per arrivare poi alla sintesi. La sintesi deve essere qualcosa che supera quei contrasti ritrovando l'amore della famiglia in un certo senso, ma non si può tornare indietro la famiglia, bisogna cementare la società in uno stato. Lo stato è la sintesi, lo stato è il momento in cui tutti i nodi vengono in pettine. Attenzione, questa parte sullo Stato è una delle parti più importanti del sistema hegeliano, che ha avuto grandi esiti, che ha suscitato grandi dibattiti, che ha avuto anche influenze storiche molto concrete, perché poi filosofi idealisti e neoidealisti hanno cercato di applicare queste idee di Hegel ad alcune situazioni concrete nella storia. Cos'è lo Stato? Lo Stato è una sorta di famiglia in grande, secondo Hegel, cioè è la riaffermazione di quell'amore iniziale, di quella unità quantomeno iniziale, però... dopo essere passati attraverso i conflitti della società civile. Infatti, se noi ci fermassimo alla società civile, il bene non sarebbe raggiungibile, perché lì ci sono contrasti, conflitti, ognuno vuole il suo interesse e nasce solo lotta, non si può arrivare insieme al bene. Invece per Hegel i conflitti, le divisioni, le separazioni, le abbiamo visto fin dall'inizio, sono solo facce momentanee di una totale unità, il vero e l'intero, anche a livello di Stato il vero e l'intero, cioè ciò che dà senso al tutto. non è l'associazione di categoria o il sindacato o il partito tal dei tali, ma è l'unione di tutti nello Stato. Lo Stato è superiore alle parti, come dire, no? Lo Stato è come un individuo totale che riesce a ricomporre quelle fratture, a riunificare dopo che ci sia infatti la lotta per tante questioni. La società civile si lotta, nello Stato si trova un compromesso, si trova un'unione, si superano le divisioni e si naviga verso il bene. Solo tramite lo Stato è possibile arrivare verso il bene. Lo Stato ha un compito quindi molto importante per Hegel, che non è solo quello di garantirci dei diritti o evitare che ci ammazziamo a vicenda, come dicevano Hobbes ad esempio, vi ricordate Hobbes che diceva lo Stato ha solo compito di impedire che ci ammazziamo, o come dicevano i giusnaturalisti, ci garantisce dei diritti. No, lo Stato è un compito più alto, secondo Hegel. Certo, ci darà anche dei diritti, certo, evita che ci ammazziamo, ma lo Stato deve portarci verso il bene. Si parla con Hegel di Stato etico. Tantone abbiamo letto che questa è l'eticità. Abbiamo visto come c'è il diritto, c'è la moralità e c'è l'eticità. Il diritto, le leggi e basta, moralità, il bene e basta, eticità è la morale che si lega al diritto. E questo può avvenire solo nello Stato, che quindi emana delle leggi, quindi diritti, che però non sono leggi semplici che servono solo a sancire i diritti, come dicevamo all'inizio, ma sono leggi che ci devono guidare verso il bene. Quindi è un obiettivo molto alto da parte dello Stato, che però Hegel è convinto lo Stato possa perseguire. Certo, per far questo bisogna avere anche una visione dello Stato molto alta. Hegel tende a divinizzare lo Stato, si dice così, perché lo Stato è superiore, infinitamente superiore, mi verrebbe da dire, da ogni individuo. Visto che l'individuo da solo è fallimento, visto che l'individuo da solo è destinato a... Essere un Don Quixote che combatte con i mulini a vento, bisogna che l'individuo si fonda con lo Stato, si sciolga nello Stato, mi verrebbe da dire. È una visione prettamente organicistica, il tutto ha la prevalenza sulle parti. Il popolo non ha senso di fuori dallo Stato, arriva di Regel. Il popolo fuori dallo Stato è una moltitudine informe, non ha nessun significato, non ha direzione, va avanti a caso. Solo lo Stato dà legittimità anche al popolo. Senza Stato non esiste il popolo e non viceversa come invece ci dicevano gli altri. Quindi Hegel ad esempio è fortemente critico nei confronti proprio del giusnaturalismo e critico anche nei confronti dell'idea dei diritti naturali. Non ha senso per Hegel parlare di diritti naturali. L'individuo non ha diritti in quanto individuo, l'individuo ha diritti solo in quanto parte dello Stato. Certo l'individuo ha dei diritti ma è lo Stato che li concede, lo Stato viene prima non dopo. Per i giusnaturalisti, per i liberalisti... Per tanti filosofi lo Stato era il punto d'arrivo di un percorso che partiva dall'individuo. Per Hegel è il contrario. L'individuo è il punto d'arrivo di un percorso che parte dallo Stato. Prima c'è lo Stato, poi c'è l'individuo. E non viceversa. Questo però, attenzione, non vuol dire che lo Stato sia dispotico. Quando vi dico lo Stato è più importante dell'individuo, potreste pensare che allora l'individuo non ha nessun potere, tutto è potere nello Stato e quindi lo Stato agisce come vuole. In realtà no. Hegel ci tiene a puntualizzare questo. È vero che l'individuo deve essere sottomesso allo Stato, ma lo Stato non è semplicemente il re che guida come gli pare il potere o il capo del governo che guida come gli pare le cose, non è che chi ha il potere si sveglia e pretende obbedienza. A guidare lo Stato in realtà sono le leggi e le leggi sono il frutto della storia, cioè lo Stato è Dio che entra nel mondo, dice Hegel, usando una formula molto forte. Cosa vuol dire Dio che entra nel mondo? Vuol dire che Dio è il tutto, abbiamo detto, no? Siamo davanti a un panteismo, quindi la realtà è Dio, il tutto è Dio, noi tutti l'infinito è Dio. Ma questo infinito come si manifesta? Questo Dio dov'è che lo vediamo? Beh, concretamente lo vediamo soprattutto nello Stato. La più grande manifestazione di Dio è lo Stato. Alla fine dov'è che vediamo la storia? Perché Dio, vi ho detto, l'assoluto non è fermo in movimento, cioè cambia nel tempo, diviene lungo la storia. E cos'è che vediamo divenire lungo la storia se non lo Stato? allora Dio è lo Stato in un certo senso, o meglio il modo in cui noi vediamo Dio più concretamente è lo Stato e allora lo Stato non è chi ha il governo adesso, lo Stato è la storia dello Stato è la storia delle sue leggi, la storia dei suoi ordinamenti, la storia delle sue costituzioni quindi a governare lo Stato non è il singolo uomo, ma è la storia, è Dio, è il percorso che lo Stato ha fatto Certo ci sono dei singoli uomini che possono chiamarti a interpretare e guidare, ma loro devono allinearsi alla storia del paese. Le leggi sono sempre frutto della storia, non del singolo. Infatti le costituzioni di Chegel non si possono imporre dall'estero, non è che uno si sveglia un giorno e dice adesso faccio la costituzione, adesso cambio le leggi di uno stato, no. Le costituzioni e le leggi sono il frutto della storia di un popolo. Quindi quando noi diciamo che dobbiamo obbedire allo Stato, lo Stato è più importante di noi singoli individui, verissimo, ma perché? Non perché ci sia il talle Italia, il potere, ma perché lo Stato, le leggi, eccetera, sono il frutto della storia di milioni di individui lungo centinaia di anni e noi siamo al punto d'arrivo di un percorso a cui dobbiamo allineare. secondo Hegel. Poi in concreto Hegel ammette anche una distinzione dei poteri, ma a tezzeroli parla di distinzione non divisione, cioè alla fine proprio perché lo Stato è prevalente rispetto all'individuo bisogna che i poteri abbiano una loro unità, quindi vanno distinti ma non divisi. L'individuo ha tre tipi di poteri che chiama potere legislativo, potere governativo, potere principesco. Il potere legislativo è il potere del Parlamento che però per Hegel è un potere di minore entità perché nel Parlamento tendono a riproporsi quei conflitti che ci sono a livello di società civile. Potere governativo invece è il potere del governo ed è un potere particolarmente forte. Potere principiesco è il potere del sovrano perché Hegel è in mente, lui la chiama una monarchia costituzionale moderna, cioè lo Stato prussiano sostanzialmente, dove c'è un re, un governo e un Parlamento con poteri limitati. Potere principiesco è il potere del sovrano che ha il compito poi di fare da unità perché deve supervisionare anche gli altri poteri. Però il potere è veramente più importante il potere governativo, perché alla fine il baricentro del sistema è il governo. In tutto questo un ruolo fondamentale però ce l'ha la storia, vi ho detto la storia di un popolo eccetera, perché ad esempio se all'interno i poteri vanno distinti in questo modo, organizzati in questo modo, all'esterno lo Stato come si deve regolare con gli altri Stati? Kant aveva ad esempio immaginato, sperato, la nascita di un'organizzazione sovranazionale che potesse dirimere i rapporti tra gli Stati senza ricorrere per forza alla guerra. E'che dice non è vero. Non ci può essere nessun giudice nei rapporti tra gli stati, l'unico giudice è la storia. Quindi bisogna che si lasci che gli stati entriano anche in conflitto, che nascano anche le guerre. Hegel finisce per esaltare anche le guerre dicendo che preservano i popoli dalla fossilizzazione, i popoli si fossilizzano se non fanno guerre. Quindi benvenga la guerra come un momento negativo, come un momento di antitesi attraverso cui bisogna passare. In effetti... Tutta la storia del mondo è un momento di tesi, antitesi e sintesi, cioè momenti di pace seguiti da momenti di conflitto, di guerra, di disastri, a cui segue però una nuova pace che è migliore di quella da cui siamo partiti. La sintesi è una ripresa della tesi, ma più forte e potenziata. Così deve avvenire anche, quindi le guerre ben vengano, sono necessarie, a volte servono e in ogni caso la storia... Deve essere libera di esprimersi perché alla fine il percorso dell'assoluto, il percorso dell'infinito è un percorso segnato dalla storia. Quando vi dicevo la legge di sviluppo è la legge dialettica, tese, antitesi, sintesi, certo è una legge che però si struttura nella storia, si configura nella storia. Quindi ogni individuo deve cercare di conformarsi alla storia del suo popolo, ogni individuo deve cercare di lasciarsi trascinare dalla storia del suo popolo, è inutile andare a combattere contro la storia come pensavano di fare gli illuministi. Una lotta destinata al fallimento e per fortuna di Hegel perché la storia è più forte di noi, la storia guida il mondo verso il bene, la storia è una forza che guida verso la realizzazione degli obiettivi dell'assoluto. C'è una visione che viene solito chiamata provvidenzialistica in Hegel, riprende l'idea della provvidenza cristiana in chiave però diversa, panteista. Cosa diceva il cristianesimo? C'è una forza divina, la provvidenza, che guida la storia verso i progetti di Dio. Hegel sarebbe abbastanza raccordo, l'unica differenza è che Dio non è un Dio cristiano che sta al di fuori del mondo, Dio è l'assoluto che è dentro al mondo, ma per il resto la visione è simile. C'è una parziale eccezione perché, alla fine, gli uomini sono i mezzi che la storia usa per realizzare i suoi obiettivi, bene. Quindi gli uomini devono conformarsi alla storia, bene, ma ogni tanto, dice Hegel, sorge qualche uomo che invece... sembra andare contro la storia, che invece sembra non conformarsi agli altri, sembra ribellarsi al popolo. Però questi uomini, noi diremmo in base a quello che abbiamo detto, sbagliano, no? Perché alla fine, abbiamo appena detto, gli uomini che non si conformano sono destinati al fallimento. In realtà ci sono delle eccezioni esposte da Hegel, che lui chiama eroi oveggenti. Sono dei personaggi rarissimi come Cesare, come Alessandro Magno, come Napoleone Bonaparte. che vi ho detto era stato molto ammirato da Hegel in gioventù, questi personaggi, tra virgolette, ribelli, fuoriescono dal flusso della storia, vanno oltre quello che fa il resto della popolazione, sono come delle persone che li chiama veggenti, perché in un certo senso riescono a vedere più in là, non si conformano al loro tempo perché vedono, in un certo senso, più avanti di 50 anni, più avanti di 100 anni, vedono cosa la storia farà accadere più avanti. Allora, questi veggenti vengono baciati in un certo senso dall'assoluto, perché l'assoluto gli fa arrivare al potere, da loro fortuna. Ho citato tre personaggi che hanno avuto una grandissima fortuna, sono diventati padroni del mondo, in un certo senso. Perché? Perché in questo modo l'assoluto coglie in loro l'opportunità di accelerare i tempi. L'assoluto ha il suo percorso da compiere, però in certi momenti dice qua possiamo dare un'accelerata dando fortuna a Napoleone. Napoleone lo portiamo al potere. Il potere, Napoleone, infatti, ha una scesa incredibile nel giro di poco tempo, ma lo stesso vale per Cesare, lo stesso vale per Alessandro Magno. Portiamo avanti, lo facciamo governare per qualche anno in modo che in poco tempo riesca a portare avanti la storia, poi però quando non abbiamo più bisogno di loro ce ne liberiamo. Quando abbiamo raggiunto i nostri scoppi, lo spirito, l'assoluto, abbandona questi grandi uomini, li lascia decadere e infatti finiscono tutti male, Alessandro Magno, Cesare. Napoleone finiscono malamente perché in quel momento lo spirito non ha più avuto bisogno di loro e la loro fortuna è cessata. Siamo in dirittura d'arrivo, ultima tappa abbiamo detto spirito soggettivo, spirito oggettivo, abbiamo visto diritto, moralità, eticità, spirito assoluto. Spirito assoluto è il compimento di tutto il percorso, è il momento in cui lo spirito dopo essere stato soggettivo, dopo essere diventato oggettivo, cioè essersi rapportato con i gruppi sociali eccetera, diventa spirito assoluto. In particolare lo spirito assoluto si configura in tre tappe, sono le tre app. in cui finalmente incontriamo l'assoluto e l'assoluto si manifesta nel suo massimo grado. Arte, religione e filosofia sono le tre discipline che hanno tentato di parlare dell'assoluto, mentre lo stato è il modo in cui l'assoluto si manifesta concretamente. Queste tre discipline vogliono parlare dell'assoluto, vogliono presentarselo, solo che arte e religione arrivano a dei fallimenti, la filosofia invece, che è la sintesi di arte e religione, riesce pienamente nello scopo. Molto brevemente su religione non dirò praticamente niente, ma diciamo qualcosa sull'arte, qualcosa sulla filosofia. L'arte è il momento in cui l'assoluto tenta di manifestarsi soprattutto nell'intuizione sensibile, cioè tramite i sensi. L'arte è tentativo di rappresentare a livello sensibile, o con la vista, o con l'udito, eccetera, musica, pittura, eccetera, l'assoluto. Però l'arte si rende conto di arrivare a un fallimento in questo senso perché? Perché pensiamo alla storia dell'arte, anche qui Hegel divide un percorso in tre tappe. Noi potremmo vedere prima l'arte simbolica, poi l'arte classica, poi l'arte romantica. L'arte simbolica era l'arte primitiva, diciamo. L'arte in cui i mezzi artistici non erano ancora adeguati a rappresentare l'assoluto e quindi si ricorreva molto spesso a simboli. Invece di rappresentare l'assoluto si usavano i simboli che sono elementi essenziali, semplici. C'è stato un crucifisso, un simbolo. piccolissimo, due linee che però rappresentano un'idea più grande. Allora si ricorreva a simboli per rappresentare l'assoluto. Dopodiché si è arrivati all'arte classica, l'antitesi, in cui invece le forme artistiche si elevano, si arriva a grandi forme artistiche, lui pensa all'arte greca, all'arte romana, e quindi si tenta di rappresentare l'assoluto tramite forme sempre più perfette. Però da questa fase si passa poi all'arte romantica, l'arte dei tempi attuali di Hegel. in cui ci si rende conto che nessuna forma artistica per quanto elevata potrà mai rappresentare l'assoluto perché l'assoluto è l'infinito e le forme artistiche sono per loro natura finite quindi qui per quanto ci si provi tramite la poesia, tramite la musica, forme sempre più astratte sempre meno materiali e sempre più smaterializzate ci si rende conto che l'arte non potrà mai rappresentare veramente l'assoluto dunque Hegel parla di morte dell'arte, l'arte non riesce a raggiungere lo scopo e va superata Nella religione, diciamo niente, dico solo questo, che è un tentativo di rappresentare l'assoluto tramite appunto la rappresentazione tramite, ad esempio, la figura di Gesù Cristo, eccetera, che però è un tentativo fallace, anche questo, che non riesce veramente a dar conto completamente dell'assoluto, l'unica disciplina che può rappresentare l'assoluto tramite il concetto è la filosofia. Filosofia che in realtà è storia della filosofia. Per capire la filosofia bisogna guardarne la storia, perché la storia è... il percorso che il pensiero ha fatto per cercare di concettualizzare l'assoluto. Questo percorso si conclude con la filosofia hegeliana, che è la fine della storia della filosofia, la conclusione del percorso, la realizzazione di questo percorso. Basta, ho cercato di cronometrare i vari pezzi di quello che dicevo, spero di esserci stato, spero di essere stato anche abbastanza chiaro, soprattutto visto che non è facile. Vi ricordo che in descrizione trovate i titoletti che sono coperti qui mentre parlavo, così potrete... per riascoltarvi un pezzo oppure un altro di tutta la spiegazione che è stata forse a volte un po'affrettata ma sempre in descrizione trovate anche la playlist completa su EGL dove trovate i video che ho fatto ce ne sono vari, sono varie ore di video 4 o 5 ore di video spiegazioni su EGL per riascoltarvi magari più in maniera più estesa quello che vi ho detto, quello che vi ho presentato e magari capire meglio alcuni passaggi che magari sono un po'scuri, però se avete già studiato Hegel questo è il ripasso, queste sono le cose secondo me più importanti da tenere a mente, in più in descrizione trovate come al solito i link alle playlist, i link ai social network, i link alla newsletter settimanale gratuita e anche i modi per sostenere il canale se quello che facciamo vi piace e vi interessa, basta, ho finito, ci vediamo presto per altri video di storia, filosofia e educazione civica, ciao alla prossima