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Lezione sul Mediterraneo e Cultura

Buonasera, buonasera, benvenute, benvenuti a questo appuntamento con Storie Lette. Questa sera con Michele Rigoni vi proponiamo di seguirci in un territorio in cui non incontriamo racconti o romanzi, ma la storia, in particolare la storia di un grande mare, il Mediterraneo. A farci da guida con dei brevi brani estratti dai loro libri, Fernand Brodel, storico francese, che intorno alla metà degli anni Ottanta ha pubblicato questo Il Mediterraneo, e Pedrag Matvejevic, scrittore nato in quella che attualmente è la Bosnia erzegovina, poi naturalizzato italiano, col suo breviario. mediterraneo. Ve ne leggerò alcune pagine e comincio subito. Mediterraneo. Le imbarcazioni navigano, le onde ripetono una loro canzone, i vignaioli discendono dalle colline delle Cinque Terre sulla riviera genovese. In Provenza e in Grecia si bacchiano le olive. I pescatori tirano le reti sulla laguna di Venezia, i carpentieri costruiscono barche uguali oggi a quelle di ieri, e ancora una volta, guardandole, ci ritroviamo fuori dal tempo. Che cos'è il Mediterraneo? Mille cose insieme, non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi, non un mare, ma un susseguirsi di mari, non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l'islam turco in Jugoslavia. Significa sprofondare nell'abisso dei secoli fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d'Egitto. Significa incontrare realtà antichissime ancora vive a fianco dell'ultramoderno, accanto a Venezia. nella sua falsa immobilità l'imponente agglomerato industriale di Mestre, accanto alla barca del pescatore che è ancora quella di Ulisse, il peschiereccio devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere, significa immergersi nell'arcaismo dei mondi insulari e nello stesso tempo stupire di fronte all'estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e del profitto e che da secoli... sorvegliano e consumano il mare. Tutto questo perché il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia. Bestie da soma, vetture, merci, navi, idee, religioni, modi di vivere e anche le piante. Le credete, mediterranee? Ebbene, a eccezione dell'ulivo, della vite e del grano, autoctoni di precocissimo insediamento. Sono quasi tutte nate lontano dal mare. Se Erodoto, il padre della storia, vissuto nel V secolo a.C., tornasse e si mescolasse ai turisti di oggi, andrebbe incontro a una sorpresa dopo l'altra. Lo immagino, ha scritto Lucien Fevre, rifare oggi il suo periplo del Mediterraneo orientale. Quanti motivi di stupore! Quei frutti d'oro tra le foglie verdi scuro di certi arbusti, arance, limoni, mandarini, non ricordo di averli mai visti nella sua vita. Sfido, vengono dall'estremo oriente, sono stati introdotti dagli arabi, quelle piante bizzarre dalla sagoma insolida, pungenti, dallo stelo fiorito, dai nomi astrusi, agavi, aloe, fichi d'India, anche queste in vita sua non le ha mai viste. Sfido, vengono dall'America, quei grandi alberi dal pallido fogliame che pure portano un nome greco, Eucalipto. Già mai gli è capitato di vederne simili. Sfido, vengono dall'Australia. E i cipressi, a loro volta, sono persiani. Questo per quanto concerne lo scenario. Ma quante sorprese ancora al momento del pasto. Il pomodoro, peruviano. La melanzana, indiana. Il peperoncino, originario della Guiana. Il mais, messicano. Il riso, dono degli arabi. Per non parlare del fagiolo, della patata. del pesco, montanaro cinese divenuto iraniano, o del tabacco. Tuttavia questi elementi sono divenuti costitutivi del paesaggio mediterraneo. Una riviera senza aranci, dice ancora Lucien Lefevre, una Toscana senza cipressi, il cesto di un ambulante senza peperoncini, che cosa può esservi di più inconcepibile oggi per noi? E a voler catalogare gli uomini del Mediterraneo, quelli nati sulle sue sponde o discendenti di quanti in tempi lontani ne solcarono o ne coltivarono le terre e i campi a terrazze, e poi i nuovi venuti che di volta in volta lo invasero? Non se ne trarrebbe la stessa impressione che si ricava redigendo l'elenco delle sue piante e dei suoi frutti. Nel paesaggio fisico, come in quello umano, il Mediterraneo crocevia, il Mediterraneo eterochito, si presenta al nostro ricordo come un'immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in una unità originale. Come spiegarla? Come spiegare l'essenza profonda del Mediterraneo? Sarà necessario moltiplicare gli sforzi. La spiegazione non risiede soltanto nella natura, che pure molto ha operato in tal senso, né soltanto nell'uomo, che ha ostinatamente legato insieme il tutto, ma del confluire dei favori e delle maledizioni, numerosi entrambi, della natura e degli sforzi molteplici degli uomini, ieri come oggi, in un susseguirsi interminabile, insomma, di casi, incidenti e reiterati successi. Il mare, bisogna cercare di immaginarlo, di vederlo con gli occhi di un uomo del passato, come un limite, una barriera che si estende fino all'orizzonte, come una immensità ossessiva, onnipresente, meravigliosa, enigmatica. Fino a ieri, fino alla nave a vapore, i cui primi record di velocità ci paiono oggi risigli, nove giorni di traversata nel febbraio del 1852 tra Marsiglia e il Pireo. Il mare è rimasto sconfinato, secondo l'antico metro della vela e delle imbarcazioni sempre alla mercè del capriccio dei venti. Qui occorrevano due mesi per andare dal Gibraltar a Istanbul e almeno una settimana, ma spesso due, per raggiungere Algeri partendo da Marsiglia. Da allora il Mediterraneo si è accorgiato, restringendosi a poco a poco, ogni giorno di più, e oggi un aereo lo attraversa dal nord al sud in meno di un'ora. Da Tunisi a Palermo, 30 minuti. Siete appena partiti e già avete sorvolato il bianco bordo delle saline di Trapani. Vi alzate in volo da Cipro ed ecco Rodi, massa nera e viola, e quasi immediatamente Leggeo, le ciclati di un colore che verso la metà del giorno si avvicina all'arancio. Non avete ancora avuto il tempo di distinguerle che siete già ad Atene. Di tale visione, che fa del Mediterraneo attuale un lago, Lo storico deve liberarsi a qualsiasi costo, poiché è di superfici che si tratta. Non dimentichiamo che il Mediterraneo di Augusto e di Antonio, quello delle crociate o anche quello delle flotte di Filippo II, era cento, mille volte più grande di quanto non ci appaia oggi, quando viaggiamo attraverso lo spazio aereo o marino. Parlare del Mediterraneo storico significa dunque, primo pensiero e cura costante, restituirgli le sue dimensioni. autentiche, immaginarlo in una veste smisurata, da solo costituiva in passato un universo, un pianeta. Prima di diventare un legame, evidentemente, il mare ha rappresentato per molto tempo un ostacolo. Una navigazione degna di questo nome non ha avuto inizio prima della seconda metà del terzo millennio, con le traversate degli Egizi in direzione di Biblio, o meglio ancora con lo sviluppo nel secondo millennio dei velieri delle cicladi, muniti di vele e remi, uno sperone e soprattutto una chiglia che in qualche modo l'incunea tra i flutti, contrariamente alle imbarcazioni a fondo piatto che seguivano la costa tra Bibro e l'Egitto. Per molto tempo la navigazione si è mantenuta prudente, collegando punti vicini tra loro, tanto che la meta da raggiungere era visibile sin dalla partenza. Ci si teneva vicini alla riva, filo conduttore. per eccellenza e all'inizio ci si avventurava il mare soltanto di giorno, facendo la spola tra due spiagge vicine. La sera poi l'imbarcazione veniva tirata in secca sulla sabbia. Tale cabotaggio, che lentamente andrà migliorando, sviluppandosi e aumentando i propri effettivi, rappresenterà per molto tempo il nucleo delle attività marinare e di trasporto. Cortè e di barche assicurano collegamenti ancora attivi nel Settecento, ad esempio Tra Napoli e Genova, o tra Genova e la Provenza, o ancora dalla Languedoc a Barcellona, eccetera. I piccoli vapori greci che oggi si sfiancano facendo la spola tra le isole dell'Egeo possono dare un'idea a modo loro di quei tempi remoti. È il trionfo del viaggio a breve distanza, poiché il Mediterraneo è una successione, un insieme di mari ed è diviso in superfici autonome dagli orizzonti limitati, in bacini compartimentati, e si rivela particolarmente adatto a tale navigazione casalinga. I marinai ragionevoli, e cioè la maggioranza, si ponevano molto raramente il problema di uscire dallo specchio d'acqua loro familiare, dai traffici ben noti che vi si svolgevano, da quel peculiare Mediterraneo del quale conoscevano anse, correnti, litorali, cale, comportamenti normali e anomali del vento. Non dice forse il proverbio greco, chi doppia Capo Malea abbandona la patria? Capo Malea vuol dire il sud. del Peloponneso, la sua porta occidentale, l'ultimo punto di riferimento prima degli spazi sconfinati dell'Ovest. Ciò che meglio illustra il timore che alberga nei cuori è la ritrosia durata molto a lungo di avventurarsi a largo, a navigare in linea retta. Un'abitudine che sarà acquisita lentamente e praticata soltanto in casi eccezionali, esclusivamente su itinerari individuati preventivamente. e battuti con una certa regolarità. Lanciarsi verso l'ignoto è tutto un altro discorso. Pare che i cretesi siano stati i primi a osare spingersi in alto mare, raggiungendo verso sud il delta del Nilo. Quando arriva a Itaca e si fa passare per un mercante cretese, Ulisse spiega «Il cuore mi indusse a far vela verso l'Egitto. Armai nove navi, raccolsi presto la ciurma». Stettero allora i compagni a me cari sei giorni a convito festosi. Il settimo giorno salpammo da Creta col vento di Borea, che bello e robusto soffiava, come fossimo spinti giù per corrente. Seduti stavamo, la sola guida alle navi era il vento e il timone. Arrivati che fummo alla bella corrente del Nilo, il quinto giorno era sorto. E qui lasciamo le parole di Fernand Brodel nel suo Il Mediterraneo e passiamo ad ascoltare quelle di Petrach Matvejevic nel suo Breviario Mediterraneo. Il libro è del 1987, quello di Brodel era del 1985. Vedrete che molte cose come spunti coincidono. Accedendo al Mediterraneo, scegliamo innanzitutto un punto di partenza. Riva o scena, porto o evento, navigazione o racconto. Poi diventa meno importante da dove siamo partiti e più fin dove siamo giunti, quel che si è visto e come. Talvolta tutti i mari sembrano uno solo, specie quando la traversata è lunga, e talvolta ognuno di essi è un altro mare. Partiamo ad esempio dall'Adriatico, dalla sua sponda orientale. La costa settentrionale dell'Adriatico, da Malaga al Vosforo, è più vicina e accessibile a chi si muove da qui. Sulla sponda meridionale, da Haifa a Ceuta, ci sono meno golfi e porti. Girando per le isole, in primo luogo quelle adriatiche, poi le ioniche e le gee, tra le cicladi e le sporadi, ho cercato di scoprirne le somiglianze e le diversità. Ho avuto modo di confrontare la Sicilia e la Corsica, Mallorca e Minorca. Non sono sceso a terra dappertutto, mi sono fermato soprattutto alle foci dei fiumi. È difficile conoscere l'intero Mediterraneo. Per la verità non sappiamo neppure fin dove il Mediterraneo si estenda, quanto ampi siano i tratti della costa che occupa, fin dove si spingano le rientranze del territorio e dove in effetti cessi. Gli antichi greci lo videro da Fasis sul Caucaso fino alle colonne d'Ercore dello stretto di Gibilterra, andando da oriente verso occidente, sottintendendo i suoi naturali confini verso nord e trascurando qualche volta quelli a sud. La saggezza antica insegnava che il Mediterraneo arriva fin dove cresce l'Ulivo. E tuttavia non è ovunque così, ci sono posti che si trovano proprio sulla costa che non sono mediterranei o lo sono in misura minore rispetto ad altri che ne sono più distanti. In certi punti la terraferma fatica ad adattarsi al mare e non riesce a inserirvisi. E altrove, d'altro canto, le peculiarità caratteristiche del Mediterraneo contraddistinguono parti del territorio continentale, penetrano in esso con molteplici effetti e conseguenze. Il Mediterraneo non è solo geografia. I suoi confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo. Sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali, somigliano al cerchio di gesso che continua a essere descritto e cancellato, che le onde eventi, le imprese e le ispirazioni allargano o restringono. Ricordiamoci che lungo il costo del Mediterraneo passava la via della seta, si incrociavano le vie del sale, delle spezie, degli oli, dei profumi. dell'ambra e degli ornamenti, degli attrezzi, delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell'arte e della scienza. Gli Empori ellenici erano a un tempo mercati e ambasciate. Lungo le strade romane si diffondevano il potere e la civiltà. Dal territorio asiatico sono giunti i profeti e le religioni. Sul Mediterraneo è stata concepita l'Europa. È difficile scoprire ciò che ci spinge a provare a ricomporre continuamente il mosaico mediterraneo, a compilare tante volte il catalogo delle sue componenti, a verificare il significato di ciascuna di esse e il valore dell'una nei confronti dell'altra. L'Europa, il Maghreb e il Levante, il Giudaismo, il Cristianesimo e l'Islam, il Talmud, la Bibbia, il Corano, Atene e Roma, Gerusalemme, Alessandria, Costantinopoli, Venezia, la dialettica greca, l'arte. la democrazia, il diritto romano, il foro e la repubblica, la cultura araba, la poesia provenzale e catalana, il rinascimento in Italia, la Spagna delle varie epoche straordinarie e atroci, gli slavi del sud dell'Adriatico e molte altre cose ancora. Il fatto di mettere in rilievo o dissociare così le componenti più forti o predominanti presentate di solito nelle loro relazioni binarie e ternarie. riduce o deforma la portata e il contenuto del Mediterraneo. Qui i popoli e razze per secoli hanno continuato a mescolarsi, fondersi e contrapporsi gli uni agli altri, come forse in nessun'altra regione di questo pianeta. Si esagera evidenziando le loro convergenze e somiglianze e trascurando invece i loro antagonismi e le loro differenze. Il Mediterraneo non è solo storia. Le peculiarità mediterranee non si inseriscono facilmente in altri contesti, non entrano in tutti i tipi di relazioni del litorale col continente, del sud col nord, dell'est o dell'ovest col sud, e sono immense le incongruenze che hanno contrassegnato le diverse civiltà e culture del Mediterraneo, vecchie e nuove, dopo la greca e la romana, la bizantina, l'italiana, e la francese con quella provenzale, la spagnola con quella catalana, l'araba. sparsa nelle varie regioni, la croata dalla Dalmazia alla Pannonia, la slovena dal litorale fino alle Alpi, la serba con la Montenegrina, la macedone e la bulgara, l'albanese, la rumena, la turca e probabilmente altre ancora precedenti all'epoca greco-romana, contemporanee ad esse o successive e tutte prese nell'insieme o ciascuna a sé. Le culture del Mediterraneo non sono solo culture nazionali. Al Mediterraneo non si adattano metri più esigui dei suoi. Lo tradiamo, accostandoci adesso, da punti di vista eurocentrici, che lo considerano esclusivamente come creazione latina, romana o romanza, osservandolo da un punto di vista panellenico, panarabo o sionistico, giudicandolo dalla posizione di qualsivoglia particolarismo etnico, religioso o politico. L'immagine del Mediterraneo è stata... deformata da fanatici tribuni e da esegeti faziosi, da studiosi senza convinzioni e da predicatori senza fede, da cronisti d'ufficio e da poeti d'occasione. Stati e religioni, governanti e prelati, legislatori secolari e spirituali hanno diviso in tutti i modi lo spazio e la gente e tuttavia i legami interiori hanno resistito a tutte le divisioni. Il Mediterraneo non è una semplice appena... appartenenza. Il discorso sul Mediterraneo ha sofferto della sua stessa verbosità. Il sole, il mare, i profumi, i colori, i venti e le onde, le spiagge sabbiose, le isole fortunate, le ragazze precocemente maturate e le vedove avvolte nel nero, i porti, le barche, i richiami delle coste sconosciute, le navigazioni, i naufragi e i racconti che si tramandano sulle une e sugli altri, l'arancio, il mirto, l'olivo, le palme, i pini, i cipressi, lo sfarzo e la miseria, la realtà e l'illusione, la vita e il sogno. Di questi motivi hanno abusato i luoghi comuni della letteratura, descrizioni e ripetizioni di tutti i generi. La retorica mediterranea è servita alla democrazia e alla demagogia, alla libertà e alla tirannide. I suoi effetti hanno occupato il foro e il tempio, la giustizia e il sermone. L'arena si è fatta sentire più lontano dell'aeropago. Il Mediterraneo e il discorso sul Mediterraneo sono inseparabili. E concludo con una piccola notazione ancora tratta da breviario mediterraneo di Predrag Matvejevic e riguarda le piante. Il fico subentra laddove viene meno l'ulivo ed estende i confini del Mediterraneo. Il carrubo e il mandorlo accompagnano il fico lungo l'alveo del fiume fino all'altezza del primo affluente più freddo. L'arancio e il limone scompaiono subito dopo la foce, anche in rapporto al terreno. Sono piante di altri paesi, trapiantate qui. Le erbe vanno più in là, raggiungono le montagne, sono più resistenti. Sono qui da sempre. Certi arbusti odorosi si perdono presto, la lavanda o il rosmarino. Gli oleandri, le agavi e anche la macchia legnosa più tenace scompaiono l'una dopo l'altra, nonostante sappiano resistere al vento. Il melograno si mantiene. forse qui cresce da sempre, ma un po' più a nord diventa acido e selvatico, cambia anche nome in una o due delle sue varianti. La salvia perde vigore e carattere medicamentoso e cambia nome anch'essa, diventa amaro assenzio o dolce piantina. Delle tamerice del mirto resta solo il nome, della palma e del dattero il ricordo, del cappero e del finocchio appena il sapore, e anche qui sotto varie denominazioni. La cipolla e l'aglio vicino al mare hanno una composizione e un odore diversi, più in là nell'interno hanno anche nomi diversi. I pomodori sulla costa sono più rossi, chi direbbe che sono stati trasportati anch'essi da un'altra riva. La ginestra, chiamata altresì ginestrella in altri modi ancora, è devota al sud fino in fondo e attinge il suo colore giallo e il particolare profumo dalla terra più secca e forse dalla pietra stessa. L'alloro al sud è pieno e rigoglioso, procedendo verso il nord la sua foglia si accartoccia e si contrae. La corona di alloro resta segno di gloria, anche là dove conoscono la pianta solo attraverso la retorica. La vite si adatta cambiando posizione e qualità, ma probabilmente senza conservare le sue bibliche peculiarità, tranne che forse lungo tre o quattro fiumi benedetti che tagliano il continente. Ci vuole molta fatica per trovare la mandragola, perché lungo la costa ne è rimasta poca. I naviganti di Cattaro mi hanno portato presso un fiumiciattolo chiamato Liuta, la rabbiosa o anche l'acida, vicino al lago detto di Esculapio, sopra Conavle, al confine tra quella che era un tempo la Repubblica di Ragusa e l'odierno Montenegro, cesura fra il Mediterraneo cattolico e quello ortodosso. È difficile per contro credere che l'agave non cresca qui da sempre, che sia stata portata da qualche altro posto e trapiantata. Non sono trascorsi neppure cinque secoli da quando è stata introdotta qui dal Nuovo Mondo, piantata sulle coste spagnole. Si è radicata nella terra povera che la mantiene, che essa sostiene a sua volta, soprattutto sulle rocce scoscese impedendole di rotolare via. Solo quando da essa spuntano i fiori, sui fusti alti diversi metri, con i loro gialli calici a forma di coppe, dopo che della sua stessa unica fioritura resta tutta sfinita e si asciuga fino alla redice, allora ci rendiamo conto che l'agave deve ben provenire da un ambiente più feroce e spietato di quello mediterraneo. Ecco, fin qui gli spunti forniti in chiave storica, soprattutto da Brodel e Matvejevic. Due letture... in consuete nel nostro spazio dedicato più alla letteratura, al racconto e ai brani di romanzi, ma io mi auguro molto che vi abbiano interessato, che questi libri andrete a cercare quando sarà possibile per tutti quanti noi. Così, un pensiero di Mediterraneo col desiderio e l'augurio a tutti quanti noi di poterlo toccare, vedere e tuffarci dentro il più presto possibile. Grazie ancora, buona serata, ci vediamo domani sempre alle 19, gli appuntamenti sono con Gli Amori Difficili di Italo Calvino e le ricette immorali di Manuel Vasquez Montalbano. Grazie ancora, buona serata a tutti.