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Chimica e Applicazioni dei Polimeri

Buonasera a tutti, concludiamo il pomeriggio trattando una tematica appunto calda riguardante appunto il quadro di riferimento che sono i polimeri. Questo quadro sicuramente a voi noto, ne avete discusso ampiamente, questi sono quattro appunto dei contenuti irrinunciabili che rientrano nel quadro di riferimento. Per cercare di declinarli all'interno di una programmazione ho riportato quattro punti e rispettivamente vedrete praticamente lungo la presentazione questa simbologia, c'è alcune stelle gialle che indicheranno quelli che possono essere a mio avviso dei materiali utili e soprattutto dei contenuti utili per cercare di descrivere questo argomento comunque molto vasto all'interno di una programmazione didattica. Lo scopo qual è? cercando di vedere il primo punto. Dobbiamo, a mio avviso, parlare di polimeri cercando di vederne la struttura, quindi sì è fondamentale la conoscenza della chimica, ma tutto questo deve essere finalizzato a comprenderne le proprietà, quindi deve essere un po'questo il filone, soprattutto all'interno delle scienze applicate. Per fare questo è importante comprendere e conoscere quali sono i processi di sintesi, quindi come vengono effettivamente fatti i polimeri, quindi cosa sono i processi. È importante dare degli esempi, quindi dobbiamo, e sicuramente i collegamenti sono anche facili perché i polimeri sono intorno a noi ovunque, quindi dare esempi di materiali polimerici che siano concreti, quindi applicabili alla vita reale, e per finire i biopolimeri, una tematica abbastanza significativa, soprattutto negli ultimi anni, che però se presa fuori da un contesto rischia di essere un po'vista in un modo non coeso. I biopolimeri sono interessanti se inseriti all'interno del concetto di ciclo di vita, quindi parlare di come un polimero poi viene smaltito, qual è il suo destino e quindi qual è il suo utilizzo poi una volta terminato l'utilizzo del manufatto. Per parlare di polimeri cercheremo di rispondere un po'a queste domande, quindi dove sono, cosa sono, perché li studiamo e come vengono prodotti. E'interessante, potrebbe essere utile anche come dato. per la classe, quindi da applicare in classe, di iniziare a parlare dei polimeri con questi tre dati significativi. Perché sono importanti? Perché gli studenti dovrebbero conoscerli? I dati sono relativi ai consumi, alla produzione, ai dati occupazionali. I consumi sono elevatissimi, questi numeri sono significativi. Soprattutto se pensiamo che le materie plastiche sono tendenzialmente molto leggere, quindi se pensiamo a 45 kg pro capite mediano e tutto questo viene poi visto invece in termini volumetrici e parliamo di dati veramente importanti. Questo è ovviamente collegato e si collega alla produzione, quindi tanta domanda e tanta produzione. Dalla seconda metà del Novecento, quando è nata fondamentalmente l'industria. dei polimeri il trend è stato in netta crescita, una crescita sicuramente esponenziale che non ha ancora avuto sosta, tanto che abbiamo superato le 370 milioni di tonnellate annua. E per finire i dati occupazionali, questo può essere utile anche soprattutto per gli studenti che un domani potranno lavorare anche in questi settori, perché l'industria dei polimeri è soltanto in Italia. ha circa 160.000 occupati. Parliamo di aziende che si occupano di sintesi chimica, quindi di industrie chimiche, ma non solo. Cioè anche aziende che si occupano di produzione delle tecnologie, quindi tutti coloro che si occupano della produzione di macchinari per la formatura e quindi per la lavorazione dei materiali. Dal punto di vista didattico, lo studio dei polimeri si colloca sicuramente all'interno della chimica organica e deve essere anche visto come un'alternativa in un certo senso alla motivazione, insomma, perché si studia la chimica organica. La chimica organica è utile, sì, per comprendere la biologia, per comprendere la biochimica, per comprendere i metabolismi, però non c'è solo questo, cioè la chimica organica è uno strumento importante che può avere degli sviluppi applicativi proprio. I polimeri ne sono un esempio. Infatti la chimico-organica attraverso i polimeri mostra la sua versatilità, cioè attraverso la sintesi organica abbiamo uno sviluppo sicuramente promettente in termini di possibili sviluppi anche dal punto di vista occupazionale, quindi pensiamo alla farmaceutica, insomma i settori sono veramente molto ampi. Tutto questo si può collocare all'interno di un quadro ancora più generale, cioè la chimica dei polimeri aiuta, aiuta l'ambiente, aiuta lo sviluppo sostenibile. Pensate quanto può essere importante, ad esempio, lo sviluppo di un capotto termico, quindi l'utilizzo, ad esempio, di materiali isolanti. Pensiamo alla scoperta di materiali nel campo biomedicale che sono assorbibili, bioassorbibili. Pensiamo alla riduzione del peso degli imballaggi, insomma, l'industria dei polimeri cerca di dare delle soluzioni. per lo sviluppo. Dove li troviamo? I polimeri sono intorno a noi, sicuramente i ragazzi, gli studenti conoscono già alcuni esempi di polimeri naturali attraverso la biologia, quindi le macromolecole biologiche, però è importante anche dare un taglio un pochino più applicativo, diciamo finalizzato alla produzione, cioè la chimica biologica prevede anche la produzione. E questi sono due esempi utili perché fanno vedere esempi di materiali naturali che però hanno... una processabilità, cioè entrano a far parte dell'industria, quindi parliamo della seta e del cotone. I polimeri sintetici danno una versatilità ovviamente molto maggiore, permettono una versatilità maggiore. Questa potrebbe essere una domanda proprio da porre in aula, dove sono i polimeri in questa stanza? I ragazzi magari non se ne rendono conto di tutto quello che possono toccare con mano che deriva appunto da un processo sintetico. Queste sono alcune possibili risposte di materiali che si possono trovare in qualsiasi aula, dalle bottiglie di plastica ai materiali tecnopolimeri, quindi applicati un pochino più ai settori tecnologici, ai materiali per le pitture, quindi le vernici, le finestre in PVC e tutti i prodotti tessili come i nylon e le fibre acriliche. per finire con i materiali utilizzati per gli imballaggi, quindi nel settore alimentare, quindi polipropilene e polietilene. Detto questo, quando sono nati? È un argomento che entra a far parte anche del mondo della scuola, però in realtà la storia dei polimeri è iniziata un po'di tempo fa. In generale il percorso è stato quello, a livello storico, di cercare, l'intento è stato quello di imitare quello che c'è in natura. Ad esempio pensiamo alla gomma vulcanizzata, comunque nata con l'intento di imitare la gomma naturale. Pensiamo alla celluloide, nata con l'intento di imitare l'avorio e poi ha avuto anche altre applicazioni. Ad esempio la celluloide è stata utilizzata per molto tempo per le pellicole cinematografiche. Poi la bachelite, un materiale, la prima resi, la termoindurente, che è stata una conquista insomma perché era un materiale molto resistente alle alte temperature, quindi dal punto di vista dello sviluppo dei sistemi elettronici. di sistemi elettrici ha avuto un ruolo molto importante anche a livello storico. Qui entriamo nel vivo, la chimica dei polimeri ha avuto il suo fulcro, quindi lo sviluppo proprio principale nella storia del Novecento. Partiamo ad esempio con il polivinil cloruro che ha dato poi il nome al cosiddetto vinile, utilizzato proprio per indicare i dischi. Al polistirene, comunemente chiamato al giorno d'oggi polistirolo, il polimetilmetacrilato, chiamato anche plexiglass, insomma tutti questi sono nomi che conosciamo ma che magari non siamo stati in grado finora di contestualizzare. Poi anche nel periodo bellico, quindi la doppia faccia in un certo senso di periodi bui, è stato dal punto di vista dell'industria chimica un momento di grande sviluppo. Sono nati materiali come ad esempio il teflon, che è stato destinato alla produzione di pentoli antiadherenti, e poi la limitazione della seta, il nylon che ha dato l'avvio a materiali anche di nicchia, in un certo senso, per l'industria tessile. Poi un orgoglio italiano, Giulio Natta, che insieme a Karl Ziegler ha vinto il premio Nobel per la chimica, finora è stato l'unico premio Nobel italiano insegnato di questo titolo. e ha avuto delle conseguenze importanti anche vicino a noi perché grazie alla scoperta del polipropilene è nato e si è sviluppato poi il polo petrolchimico di Ferrara, quindi questo ha portato un indotto veramente importante anche per la nostra regione. Detto questo, che cosa sono i polimeri? I polimeri sono macromolecole, quindi sono due termini che sono sinonimi, i monomeri sono i materiali di partenza da cui bisogna... insomma gli occorrenti fondamentalmente per arrivare al materiale macromolecolare, attraverso un processo di polimerizzazione. Il monomero dopo aver eseguito la reazione, dopo aver reagito, si trova all'interno di una macromolecola e la sua porzione all'interno della macromolecola viene detta unità ripetente. La complessità però dipende da cosa? Dal fatto che a questo punto... Il monomero può essere differente e quindi entriamo un po'in quella che è la versatilità proprio del mondo dei polimeri. I monomeri possono essere diversi, un po'come i Lego, possiamo divertirci in un certo senso a pensare come costruire una macromolecola. E proprio come i Lego possiamo costruire tantissime cose e dobbiamo chiederci se le utilizziamo dello stesso tipo avremo gli omopolimeri, mentre se le utilizziamo di diverso tipo avremo i copolimeri e quindi in questo caso le cose si complicano. Detto questo, i copolimeri però possono avere una struttura diversa, dobbiamo chiederci come si legano questi tasselli tra di loro. A seconda della tipologia di incastro generato, potremo avere strutture random, quindi casuali, in cui i vari tasselli si legano senza un ordine preciso, oppure una struttura alternata, quindi con un certo grado d'ordine, per arrivare poi a strutture a blocchi oppure ad innesto, in cui c'è una catena portante sulla quale sono aggraffate delle catene. di un secondo tipo di polimero. Perché fare tutto questo? Cioè qual è il vantaggio del copolimero? Il vantaggio del copolimero, soprattutto, insomma questo è l'esempio di un copolimero a blocchi, è che permette di modulare le proprietà di un materiale finale. Quindi ad esempio possiamo unire le caratteristiche di un materiale tenace con quelle di un materiale invece più elastico e più leggero. Detto questo abbiamo iniziato un po'a vedere la classificazione, cioè i polimeri possono essere classificati un po'in tanti modi. quindi in base alla loro origine, sintetici o naturali, in base alla loro struttura, quindi se derivano da un unico monomero o da più monomeri. Le classificazioni sono di diverso tipo perché possono avere un comportamento termico diverso, quindi ci sono materiali che sono modellabili, quindi con l'aumento di temperatura diventano plastici, mentre invece materiali che con la temperatura induriscono, i cosiddetti termoindurenti. E per finire il meccanismo di polimerizzazione che ci permette di passare alla parte successiva, cioè come vengono prodotti. E quindi passiamo alla conoscenza dei processi di polimerizzazione che sono un po'al cuore dell'industria petrolchimica associata alla produzione dei polimeri. Detto questo, come si ottiene? ottengono, parleremo principalmente del processo sintetico, però è importante anche segnalare, insomma cercare di soffermarci su questo, cioè la sintesi è soltanto una parte di quello che poi porta alla produzione del materiale finale, perché dietro a questo c'è anche un lungo e anche complesso processo di lavorazione che presuppone l'utilizzo di tecnologie e tutto ciò che serve a dare poi alla forma al manufatto finale. Detto questo, questa immagine cerca di rappresentare l'albero della plastica, quindi un po'tutto. tutti i rami possibili, le diramazioni possibili dei polimeri, però alle radici di questo albero che cosa troviamo? Troviamo il petrolio. Un dato interessante è che il petrolio attraverso i polimeri viene enormemente valorizzato, cioè dobbiamo trasmettere che comunque i polimeri sono dei materiali ad alto valore raggiunto, nonostante ci sia un po'la credenza che sia sempre qualcosa di usegetto, in realtà per riuscire a arrivare a un manufatto finale c'è una lunga filiera. E oltretutto questo dato è ancora più interessante se pensiamo che soltanto il 4% del petrolio alla fine viene destinato alla produzione di questi materiali, cioè la gran parte del petrolio viene utilizzato a scopo energetico, quindi parliamo di combustibili utilizzati principalmente per veicoli e industrie, quindi i polimeri invece sono un esempio proprio di come l'industria, come la chimica valorizza le fonti fossili. Detto questo, partiamo un po'dall'origine, quindi sì c'è il petrolio, deve essere lavorato, quindi deve passare attraverso una filiera, quindi il cracking è uno dei processi petrolchimici più importanti, che permette di ottenere i nostri monomeri, che proprio in gergo vengono chiamati building blocks, cioè materiali da costruzione, blocchi di partenza, che sono quelli che in un certo senso abbiamo paragonato ai Lego, cioè i tasselli con cui possiamo costruire e modulare un materiale. Detto questo entriamo nella parte più tecnica, cioè la sintesi, il cuore del processo di polimerizzazione, come vengono ottenuti. Qui sono fondamentali le nozioni, cioè i concetti della chimica organica, sono comprensibili soltanto se vengono conosciuti, quindi è il motivo per cui devono essere un prerequisito per la comprensione di questo argomento. Nei polimeri di addizione abbiamo materiali che si uniscono per addizione chimica, quindi qua deve essere noto, il meccanismo di addizione di due molecole organiche. Poi abbiamo i processi invece di condensazione, in cui la reazione ha un processo insomma differente, perché in questo caso la reazione di condensazione presuppone l'esistenza di particolari tipi di gruppi funzionali e questo meccanismo è accompagnato dall'eliminazione di molecole di piccole dimensioni, tipicamente acqua. Questo è anche un processo che in genere viene insomma già un po'affrontato quando si tratta di un'evoluzione. le macromolecole biologiche perché tutti insomma carboidrati, proteine sono appunto polimeri la cui formazione è possibile grazie alla formazione di legami mediante questa polimerizzazione di condensazione. Poi l'ultima tipologia è la polimerizzazione estero-regolare, cioè dobbiamo chiederci nel momento in cui due monomeri si addizionano quale può essere l'orientazione di questi due blocchi. Nel momento in cui è presente un sostituente, quindi una porzione presente nel monomero che non è direttamente coinvolta nella formazione del legame potremo avere un'orientazione di un tipo piuttosto che un altro, quindi in questo caso dovremo chiederci se l'orientazione verrà in un modo o nell'altro per capire poi quali saranno le caratteristiche del materiale finale. La polimerizzazione di addizione è un processo che è strutturato in tre fasi, la fase d'inizio, di propagazione e di terminazione. Nella fase d'inizio il monomero non è ancora pronto in un certo senso per reagire, deve essere attivata questa reazione e per fare questo occorre un iniziatore, quindi una specie in grado di... dare avvio alla reazione. A seguito di questa, nella fase d'inizio, viene fondamentalmente prodotta la specie attiva che è la cosiddetta specie propagante, cioè la specie chimica che è in grado di permettere l'accrescimento del polimero e quindi le addizioni successive di monomero. Finché la specie attiva è presente i vari tasselli, quindi i vari monomeri, possono addizionarsi un all'altro e in questo caso avremo la possibilità di creare catene più o meno lunghe, quindi avremo una catena in crescita. La fase di terminazione può essere, diciamo ci sono vari meccanismi di terminazione, questo è un esempio riportato in cui due catene in crescita reagiscono tra di loro e in questo caso la specie viene fondamentalmente disattivata e quindi in questo caso non essendo più presente la specie attiva la catena non può più crescere. A seconda però di quale specie attiva è coinvolta nel processo di polimerizzazione potremo avere Un radicale, quindi una specie attiva di tipo radicalico, quindi polimerizzazione di addizione detta radicalica, oppure una specie carbocatione, quindi avremo la polimerizzazione cationica, oppure un carbanione. Quindi in questo caso avremo una variabilità che dipende dalla specie attiva e poi dall'iniziatore scelto per permettere la propagazione della catena. Diciamo che ci sono polimeri che vengono prodotti. con un processo piuttosto che un altro, entrano in gioco anche dei parametri di costi molto importanti dal punto di vista industriale, quindi la più diffusa complessivamente è la prima, quella radicalica, perché è quella che permette una gestione a livello di spese, di impianto e ovviamente più contenute. Questo è un esempio, però può essere poi applicato anche alle altre due tipologie, di come effettivamente si sviluppa la propagazione. Quindi abbiamo un iniziatore, in questo caso un radicale, quindi una specie fortemente reattiva, che reagisce con un monomero, vedremo che i monomeri che reagiscono tipicamente per addizione sono le olefine, cioè gli alchini. In questo caso si genera una specie attiva, quindi abbiamo un carbonio radicalico, finché è presente questo carbonio radicalico la specie potrà propagare. E quindi abbiamo la catena in crescita, nel momento in cui due catene in crescita reagiranno tra di loro, fondamentalmente la specie radicalica verrà neutralizzata, disattivata e quindi ci sarà la terminazione della macromolecola, quindi non potrà più accrescersi. Quali sono i principali monomeri, quali sono gli esempi, quali sono i materiali che possiamo trovare intorno a noi che vengono ottenuti attraverso questo processo? In generale tutti i monomeri che reagiscono per addizione sono le olefine, cioè gli alchini. Quindi deve essere presente nel monomero un doppio legame carbonio-carbonio. Abbiamo un monomero molto semplice come ad esempio l'etilene che polimerizza producendo il polietilene, un materiale molto versatile che però viene principalmente utilizzato nella nostra vita comune, lo troviamo come pellicola trasparente quindi utilizzato soprattutto nel settore degli imballaggi. Nel momento in cui però si aggiunge un sostituente sul monomero possiamo ottenere materiali diversi. Un esempio è lo stirene che polimerizza formando il polistirene, quello che comunemente chiamiamo polistirolo, e per un altro esempio interessante invece il cloruro di vinile che polimerizza producendo il polivinilcloruro utilizzato negli infissi come materiale che ha delle ottime proprietà isolanti. Detto questo passiamo al secondo tipo di processo, cioè il processo di condensazione. In questo caso i requisiti sono differenti, cioè i monomeri che devono reagire che reagiscono con questo meccanismo, devono avere dei precisi gruppi funzionali e la reazione deve essere accompagnata dall'eliminazione di molecole di piccole dimensioni, in particolare l'acqua. È un esempio, diciamo, tipicamente viene visto questo esempio, cioè l'eliminazione di acqua. E i monomeri presenti devono essere sempre almeno bifunzionali, almeno perché possono essere in realtà presenti anche più di due gruppi funzionali. Questi sono due esempi, diciamo, semplici che vengono... applicati molto spesso perché due polimeri, che sono in particolare il nylon e il PET, dopo vedremo, si ottengono attraverso questo processo. Qui si vede proprio come la chimica organica entra nella chimica dei polimeri. In questo caso la reazione tra un acido carbosilico e un alcol genera un legame stereo. Nel momento in cui però abbiamo, da una parte e dall'altra della catena, la presenza ulteriore del gruppo di nuovo sidrilico e del gruppo carbosilico, capiamo che a questo punto il polimero può reagire ulteriormente, quindi è proprio questo che deve essere chiaro, cioè la bifunzionalità alla base del processo di condensazione, perché se non fossero presenti ulteriormente questi due gruppi funzionali la catena non potrebbe più accrescere. Per questo, traslando un po'la reattività del gruppo funzionale, si passa da un acido carbosilico più un alcol a un estere, in questo caso acido d-carbosilico più diolo genera un poliestere. Lo stesso concetto è applicato alla formazione delle ammidi, quindi abbiamo acido carbosilico più ammina che genera un'ammide, quando abbiamo il gruppo bifunzionale avremo in questo caso la poliammide. Come nel caso precedente vediamo due esempi, quando abbiamo un particolar tipo di acido carbosilico, un particolar tipo di diolo, questo è un esempio, l'acido tereftalico e il gricole etilenico permettono di produrre il PET, il polietilente reftalato. utilizzato comunemente per le bottiglie di plastica, per le bevande. Il nylon invece è una famiglia di poliammidi molto nota e in questo caso è rappresentata la polimerizzazione del nylon 6-6 e questi due numeri sono dovuti al fatto che l'acido adipico e l'esamitilendiammina sono entrambi due monomeri a 6 atomi di carbonio quindi il 6 rappresenta il numero di atomi di carbonio rispettivamente dell'acido adipico e secondo numero 6 il numero di atomi di carbonio della diamina. Detto questo passiamo all'ultimo tipo di processo, quello stereoregolare, che vede proprio contemporaneamente la presentazione di un particolare materiale, cioè la presentazione di questo tipo di polimerizzazione non può escludere ovviamente la spiegazione del polipropilene, perché è proprio la nascita di questo tipo di scoperta, di questo tipo di polimerizzazione, è associata proprio alla scoperta del polipropilene che ha visto appunto protagonista Giulio Natta. In realtà Ziegler e Natta non hanno lavorato contemporaneamente insieme, nel senso che il merito di Ziegler è stato quello di scoprire il catalizzatore, mentre Natta ha avuto il merito di riuscirlo ad applicare al polipropilene. Fino ad allora il polipropilene era stato prodotto purtroppo soltanto in quantità non processabili, cioè qual era il problema? Nonostante il propilene sia in un certo senso molto simile all'etilene, nel momento in cui polimerizzava si generava un radicale stabile che quindi impediva l'accrescimento della catena, quindi si riuscivano a ottenere polimeri però con delle masse molecolari troppo modeste. Il merito di Ziegler è nato è stato quello di riuscire a trovare un sistema che permettesse, una parentesi, la stabilità del radicale spiegabile attraverso la risonanza, quindi torniamo ovviamente ai prerequisiti sempre di chimica. Quindi qual è stato il merito? È stato il merito di questi due chimici non solo di trovare un sistema catalitico che permettesse effettivamente la polimerizzazione, cioè che permettesse di ottenere il materiale con masse molecolari di un certo tipo, ma hanno avuto anche il merito di riuscirla a ottenere con una determinata stereoregolarità. Perché questo? Il polipropilene, a differenza dell'etilene, nel momento in cui polimerizza genera un centro chirale. Infatti viene detto questo monomero, il propilene, un monomero prochirale perché genera un centro chirale. chirale a seguito della reazione. A questo punto dovremo chiederci quale sarà la possibile orientazione. Tutti i centri chirali possono avere diverse configurazioni, quindi questa problematica sarà applicata ai polimeri. Infatti che cosa si può verificare? Si possono verificare tre casi. Il caso in cui le configurazioni degli atomi di carbonio sono una diversa dall'altra, in un modo non regolare, abbiamo il polipropileno isotattico che ha delle prestazioni meccaniche molto basse. Al contrario, il polipropilene sindiotattico ha invece già una parte, diciamo, una regolarità, una strutturazione un pochino più ordinata, perché abbiamo un'orientazione che viene alternata da un atomo di carbonio all'altro, e per finire il polipropilene isotattico, scoperto appunto da Ziegler e Natta, in cui la configurazione degli atomi di carbonio viene mantenuta ed è la stessa su tutta la struttura. Questo è stato possibile grazie a uno studio, è possibile, diciamo, grazie alla scoperta di un catalizzatore importante. Nel senso che ovviamente questa parte è difficile da comprendere, però alla base che cosa dobbiamo trasmettere? Trasmettere che comunque lo studio di un sistema catalitico può permettere lo sviluppo di un processo industriale, quindi senza la scoperta di questo sistema il polipropilisotattico non esisterebbe. Il vantaggio, cioè qual è l'importanza del catalizzatore? Il catalizzatore permette fondamentalmente di orientare selettivamente la faccia dell'olefina. Quindi qual è il discorso? Che fondamentalmente se l'olefina riesce ad adizionarsi sempre con la stessa orientazione è possibile avere la stessa configurazione lungo la catena mantenuta per tutta la macromolecola. Questo concetto, quindi il concetto di stereoregolarità, è molto importante perché entra a far parte di una serie di caratteristiche che entrano più nella chimica dei materiali, perché vedremo, entrando nella seconda parte, dovremo porci il problema di quando un materiale è ordinato e quindi di che cos'è poi la cristallinità. Detto questo facciamo un po'il punto della situazione riprendendo il quesito che era stato... inserito nella simulazione della seconda prova, in cui vengono riportati quattro materiali polimerici. In questo caso abbiamo riportato nel quesito le quattro unità ripetenti, il poliacrilato, il polietilene, il polipropilene e la cellulosa. Una delle domande che veniva fatta era di capire quali erano i monomeri di partenza. Abbiamo l'acido acrilico, l'etilene e il polipropilene. e tutti e tre sono caratterizzati da un doppio legame che infatti scompare nel momento in cui avviene l'addizione e si genera il polimero. Il glucosio invece, sicuramente è noto attraverso lo studio della biologia, il glucosio è invece il monomero della cellulosa. Il passaggio in più è comprendere poi il tipo di meccanismo, quindi avendo la presenza di un doppio legame, l'acido acrilico e l'etilene polimerizzano per addizione. In questo caso però dobbiamo porci il problema della stereoregolarità e quindi in questo caso il polipropilene potrà avere un'orientazione differente, quindi torniamo al discorso di prima, in questo caso il polipropilene potrà essere isotattico, sindiotattico, atattico, quindi in questo caso non c'è solo la stereoregolarità ma il fatto che senza un sistema catalitico il polipropilene non può essere prodotto. Il glucosio invece è l'unico monomero di questa serie che ha ottenuto. che polimerizza per condensazione, per produrre la cellulosa. Un'altra domanda che veniva posta era di capire quale fosse biodegradabile tra questi polimeri. La biodegradabilità di un polimero è associata all'esistenza in natura di enzimi in grado di demolire e di idrolizzare i legami che legano tra loro i monomeri. In questo caso l'unico polimero biodegradabile è la cellulosa perché il glucosio polimerizza per condensazione e l'idrolisi è la reazione opposta a quella di condensazione. E qua pone un po'l'interrogativo, il problema di come i polimeri entrano nell'ambiente e quindi come vengono smaltiti. Questo non vuol dire che gli altri polimeri non abbiano una degradazione, ma non sono biodegradabili, che sono due cose diverse, nel senso che in questo caso questi tipi di materiali necessitano di tempi lunghissimi per essere assorbiti in un certo senso dall'ambiente, quindi andranno incontro a degradazione meccanica, a degradazione fotochimica, però il processo sarà molto più lento. Detto questo entriamo un po'nella parte legata alle proprietà, cioè perché abbiamo studiato i polimeri, per capire poi quali sono le proprietà del materiale finale. Qui abbiamo tre punti che sono le caratteristiche dei polimeri amorfi cristallini, quindi qual è la differenza tra queste due categorie, la temperatura di transizione vetrosa che è un parametro utile per comprendere quando un polimero viene applicato a un determinato settore, quindi come viene applicato industrialmente, per finire una panoramica sulle proprietà meccaniche. Questo è un po'uno schema in cui vengono riassunti alcune caratteristiche. di materiali polimerici rappresentati graficamente con le catene e associate a queste le terminologie che possono essere utilizzate per descriverli. Avremo materiali che possono essere ordinati, quindi semi-ordinati, semi-cristallini, quindi con un determinato ordine di catena, oppure materiali amorfi in cui le catene sono completamente disorganizzate e generano dei cosiddetti gomitoli. Avremo materiali reticolati in cui invece sono presenti dei polimerici, punti dei legami covalenti tra le catene potremmo avere materiali elastomerici quindi materiali con proprietà elastiche e resine invece termoindurenti e che appunto hanno il comportamento apposto cioè tendono a essere molto rigidi una volta raggiunto una determinata temperatura che cosa vuol dire polimeromorfo e cosa vuol dire polimero cristallino allora la prima cosa da dire è che comunque i polimeri sono dei materiali reali Quindi le caratteristiche che siamo abituati ad associare ai materiali chimici, quindi alle sostanze pure, qui iniziano ad avere uno scontro con la realtà. Questo perché i polimeri non sono mai completamente cristallini, cioè coesistono sempre in un materiale polimerico delle porzioni ordinate in cui le catene sono allineate e porzioni invece in cui le catene non sono orientate. E questo ha degli effetti molto importanti dal punto di vista pratico, perché a seconda di quanto è cristallino il materiale che si ottiene, si avranno delle prestazioni meccaniche molto differenti. Questo cosa vuol dire? Che al di là fondamentalmente della tipologia di polimero in sé, se riusciamo a ottenerlo con un determinato grado d'ordine, quindi se riusciamo a ottenerlo cristallino, ci potranno essere delle conseguenze poi sull'applicazione. Questo è un esempio, ho riportato la struttura del nylon in cui si vedono i legami a idrogeno tra le varie catene. Da che cosa dipende il grado di cristallinità? Perché un materiale può essere amorfo, può essere cristallino? Alla base... Diciamo la struttura chimica ci aiuta a avere un'idea, perché catene che hanno una determinata lunghezza potranno creare più interazioni tra di loro, quindi essere tendenzialmente più facili da ordinare. Se sono presenti determinati gruppi funzionali, questo è un esempio, si possono creare delle interazioni intermolecolari come legame a idrogene, quindi la cristallinità risulta maggiore. Oppure possiamo anche cercare di agire attraverso forze esterne, quindi attraverso la pratica dello stiro. Alcuni polimeri possono essere filabili e quindi ci può essere anche l'intervento dell'uomo per cercare di forzare questa tipologia di ordine e quindi entra un po'in gioco il discorso sulle applicazioni industriali, quindi sulla lavorazione di questi materiali. Questa è una domanda che potremmo porre per cercare di capire quando un polimero viene applicato, cioè perché utilizziamo un polimero in un determinato settore e perché i bicchieri. vengono realizzate ad esempio in polistirene. Per cercare di rispondere a questa domanda dobbiamo conoscere un parametro, che è la temperatura di transizione vetrosa, chiamata anche Tg, G sta per glass. Che cos'è questo parametro? Abbiamo detto che i materiali polimerici non sono materiali ideali, ma sono materiali reali. Noi siamo soliti pensare che per un materiale abbiamo soltanto una temperatura di fusione, una temperatura di ebollizione, quindi parametri. insomma proprietà chimico-fisiche abbastanza classiche. Tutto questo però vale per materiali che sono cristallini, ma i polimeri non lo sono mai completamente. E questo cosa genera? Genera la presenza di una transizione detta vetrosa, quindi un'ulteriore temperatura, al di sotto della quale un materiale si presenterà vetroso, quindi tendenzialmente rigido, al di sopra della quale invece un materiale polimerico si presenterà gommoso, quindi molto più modellabile. Dobbiamo chiederci quindi come facciamo a sapere la temperatura di transizione vetrosa di un materiale? Quale sarà la temperatura di transizione vetrosa quindi del polistirene? Bene, il polistirene, e qua sono riportate una panoramica di altri polimeri a confronto, il polistirene ha una temperatura di transizione vetrosa di circa 95°C. Cosa vuol dire? Che al di sotto di questa temperatura si presenterà rigido, al di sopra di questa temperatura invece tenderà ad essere più molle. Questa è una cosa che sperimentiamo anche ad esempio se proviamo a versare dell'acqua calda o comunque delle bevande molto calde in un bicchiere vedremo che la sua struttura tenderà un pochino a cedere quindi sarà più modellabile. Infatti se paragoniamo il polistirena ad altri materiali come la poliamide, quindi il nylon e il PET, che cosa osserviamo? Queste strutture che hanno in generale Tg molto alte come sono tendono ad essere maggiormente cristallini perché hanno una struttura chimica tale per cui le interazioni intermolecolari sono più elevate e allo stesso tempo hanno dei sostituenti, hanno delle strutture ad esempio con anelli aromatici che le rendono principalmente più rigide, quindi dietro comunque a questo parametro ci sono comunque delle osservazioni sempre associate alle caratteristiche della macromolecola. Al contrario, polietilene e polipropilene che invece sono utilizzati ad esempio per i contenitori per il freezer hanno temperature di transizione vetrose molto basse, quindi vuol dire che tendono a essere meno cristalline, infatti sono più flessibili. Quindi questo per dare comunque un'idea di come le proprietà e comunque la struttura chimica permette di ragionare poi su come, cioè sono fondamentalmente degli strumenti che permettono di risolvere interrogativi e capire come queste proprietà poi hanno un'applicazione nella vita reale. Qui sono riportate le immagini, vedete appunto questa struttura presenta gruppi funzionali, anelli aromatici che danno rigidità, al contrario il polietilene invece è una struttura completamente satura, quindi le interazioni sono molto minore, quindi si vede proprio come i due polimeri generano materiali differenti. Per finire, le proprietà meccaniche. Questa è una parte che può essere vista anche al di là dell'applicazione dei polimeri, quindi può essere vista anche a in un certo senso come proprio appunto. approccio sui materiali, cioè nel senso che si possono confrontare ad esempio i polimeri con materiali metallici o materiali ceramici. Quando viene studiato un materiale si cerca sempre di capire come si deforma quando viene applicato una forza. Questa è la curva sforzo-deformazione, utilizzatissima nel mondo dei materiali, e descrive l'allungamento, quindi la variazione delle dimensioni all'applicazione di una forza. I materiali polimerici, in particolare i plastomeri, sono materiali che rispondono. in modo lineare a questa deformazione, ma superato il carico disnervamento vengono irreversibilmente modificati. Al contrario i materiali invece elastomerici, quindi materiali che tendono le gomme fondamentalmente, si deformano in modo anche molto importante per sforzi decisamente più bassi. Al contrario invece le resine sono materiali che tendono a limitare il più possibile la variazione della forma anche per forze molto elevate, però tendono ad essere allo stesso tempo più fragili, quindi hanno delle applicazioni diverse. Ma dal punto di vista della chimica, insomma, come facciamo a capire questo? Alla base bisogna capire che mentre i plastomeri hanno delle interazioni soltanto di tipo intermolecolare, in questo caso ci sono dei punti di reticolazione, cioè nel processo chimico Vengono fatte reagire tra di loro le catene e si creano dei veri e propri legami covalenti tra le catene delle macromolecole. E qual è la conseguenza? Ad esempio un elastomero, avendo un numero ridotto di punti di reticolazione, nel momento in cui viene esercitata una trazione le catene tendono ad allinearsi. Nel momento in cui però la forza cessa, Questi punti di reticolazione rappresentano una sorta di ancoraggio per il materiale, quindi lui tende a riportarsi alla forma iniziale. Per finire, e arrivare poi ai biopolimeri, che cos'è il ciclo di vita di un materiale? Abbiamo visto da dove si parte, abbiamo visto come si ottiene, abbiamo visto quale proprietà può avere. Dobbiamo chiederci nel momento in cui l'abbiamo prodotto qual è il suo destino. Una volta prodotto il polimero, dobbiamo chiederci poi come si passa al materiale. Quindi quando si sintetizza un polimero la strada non è terminata, anzi è ancora lunga. Bisogna aggiungere additivi, questa fase chiamata compounding è una delle fasi in cui il materiale deve essere ultimato per avere le caratteristiche idonee al manufatto finale. Ad esempio possiamo colorarlo, quindi aggiungere pigmenti, ma non solo, se un materiale deve essere destinato a uso esterno, quindi entrare a contatto con delle radiazioni, quindi con la luce del sole, avrà una degradazione di tipo fotochimico, quindi dovremo aggiungere degli additivi in grado di stabilizzarlo. Una volta ottenuto il materiale, poi dobbiamo plasmare il manufatto, quindi produrre fisicamente la sedia, la pellicola o la fibra sintetica, e quindi abbiamo la fase di lavorazione, dobbiamo dare una forma al materiale, e quindi questa è una parte proprio di tecnologia, di produzione di un manufatto finale. che deve avere determinate caratteristiche per entrare sul mercato. Una volta utilizzato poi dobbiamo chiederci qual è il suo destino. Potrà diventare un rifiuto, potrà essere riciclato. Il riciclo può essere di diverso tipo, a seconda che possa essere destinato per un ulteriore manufatto con un'applicazione differente, può essere valorizzato come forma energetica, quindi bruciato fondamentalmente, oppure può ritornare, essere un monomero e riprendere il ciclo. Il riciclaggio è un mondo abbastanza complesso, nel senso che deve tenere in considerazione tantissimi parametri, perché alla base deve esserci una sostenibilità in tutto questo, nel senso che non ha senso riciclare un materiale se questo ha un impatto sull'ambiente molto elevato e sconveniente, tanto che può essere più vantaggioso sia a livello economico sia a livello ambientale, ripartire dal monomero vergine. Quindi possiamo avere ad esempio ricicli meccanici, un riciclo meccanico, ad esempio un materiale può essere triturato finemente, viene fatto ad esempio per il PET, per le bottiglie di plastica, si possono creare dei materiali che si producono fondamentalmente delle lastre che poi possono essere utilizzate ad esempio come materiali isolanti. Il riciclo chimico, cioè quindi riuscire a ottenere il monomero, non è possibile per tutti i polimeri. Quando nessuna di queste strade è possibile può essere il riciclo energetico, quindi cercare di recuperare l'energia può essere l'ultima strada possibile. Per fare questo bisogna conoscere veramente bene la chimica e conoscere veramente bene anche qual è l'impatto della chimica sull'ambiente, quindi cosa può essere vantaggioso a livello economico ma soprattutto a livello ambientale. L'ultima cosa è i biopolimeri, una tematica importante, calda, di cui si sente tanto parlare. La cosa a mio avviso più importante, su cui bisogna soffermarsi, è proprio la terminologia. Cioè biopolimero non è sinonimo di biodegradabile, sono due cose completamente differenti. Cioè un biopolimero è tale quando è ottenuto da materie prime rinnovabili. Questo vuol dire che possiamo ottenere anche un polietere inter-eftalato, quindi un PET da origine biologica, nel senso da materie prime rinnovabili, ma questo non vuol dire che lui diventi biodegradabile. Cioè sono due cose completamente diverse. Un polimero è biodegradabile quando viene decomposto ad azione enzimatica di microorganismi, quindi è una cosa completamente diversa, cioè deve rispettare determinati standard, in particolare deve essere degradabile circa in sei mesi riducendo il suo peso al del 90%. Qui ho riportato tre esempi per comunque far capire la differenza tra le due cose. Il Mater B prodotto da Novamont, che è un biopolimero, ed è anche biodegradabile, quindi in questo caso la doppia terminologia, cioè l'utilizzo di due termini è corretta, quindi è un biopolimero perché è ottenuto da fonti rinnovabili ed è anche biodegradabile. Allo stesso tempo non è biopolimero al 100%, perché c'è un 15% di poli caprolattone e di poli butylente reftalato che invece sono originati da fonti fossili. Non a caso sono stati aggiunti questi due materiali, questi due polimeri, perché ne migliorano le prestazioni. In un caso il policaprolattone ne migliora la biodegradabilità e il polibutilentereftalato ne migliora le proprietà meccaniche. Il policaprolattone è un polimero da fonti fossili che però è biodegradabile e non solo, è anche biocompatibile. Infatti è utilizzato in campo biomedicale, quindi dobbiamo comunque far capire che molto spesso ci sono tante misconcezioni associate a queste cose. Quindi non vuol dire che qualcosa ottenuto da fonte fossili deve essere sempre per forza dannosa per l'ambiente e con un destino critico. E questo ne è un esempio, e infatti viene aggiunto addirittura a un polimero come appunto l'amido.