Se il nostro caro Shakespeare oggi fosse ancora vivo, direbbe c'è del marcio a Dubai. Il video di oggi l'ho ideato su spunto di uno dei miei carissimi vicinati su Patreon, cioè Massimiliano. Massimiliano mi ha scritto in sostanza, senti, perché non provi un attimo ad approfondire da dove viene tutta la ricchezza di Dubai?
Al che io mi sono un attimo messo a ricercare un pochino di roba, ma dopo poco mi sono detto perché parlare della Dubai bella, scintillante, la Dubai ricca di successo? delle supercar, degli hotel di lusso, delle feste da discoteca all'ultimo grido. Insomma, la Dubai che noi tutti conosciamo bene, grazie anche alle pubblicità, agli influencer che fingono la bella vita laggiù. Perché non parlare invece del riciclaggio di denaro, della criminalità organizzata e del traffico di esseri umani? In pratica della vera polvere di stelle di cui è fatta questa magnifica metropoli.
Ecco, The Merminara Herral. Chiudete le dirette Instagram del vostro influencer preferito che vi dice quanto è bella Dubai e cerchiamo di... analizzare alcuni degli aspetti più inquietanti della Dubai Marcha.
La Dubai che non ti aspetti. Di tutte le città che compongono gli Emirati Arabi Uniti, federazione composta da sette Emirati con capitale Abu Dhabi, Dubai è la più grande sviluppata. Ad oggi il paese è al nono posto in termini di pil pro capite grazie all'aumento degli investimenti finanziari e allo sbocciare del mercato degli idrocarburi negli ultimi decenni. Prima degli anni 60, quando si intensificarono le scoperte petrolifere, gli Emirati Arabi erano una landa desolata ed economicamente depressa, e Dubai un anonimo villaggio di pescatori.
Con la fine del protettorato britannico negli anni 70 e l'aumento dei capitali per l'estrazione del greggio, i sette Emirati conobbero un'espansione economica vertiginosa. Questo è il momento. Oggi, delle sei famiglie regnanti negli Emirati, quella di Dubai, Yal Maktoum, è la più influente. Yal Maktoum ha oggi un ruolo chiave nei principali compartimenti nazionali, Emirates Airline, la TV nazionale Dubai Media Incorporated, il Ministero delle Finanze, la University of Dubai, e così via.
È logica abbastanza naturale che nel momento in cui una singola famiglia controlla l'intero apparato statale, Di conseguenza aumenta il rischio che lo Stato supporti con più indulgenza le attività criminali. La Dubai Financial Market, borsa principale nazionale, fu ad esempio un condotto chiave per il miliardo di dollari che il trafficante pakistano Al-Tafqanani, in stretti rapporti con la famiglia reale, aveva riciclato dal mercato della droga e dei rifornimenti di armi. Oggigiorno a contribuire alla poca trasparenza emiratina sono i principali attori politici degli Emirati.
Il vicepresidente d'Emiro di Dubai, Mohammed bin Rashid Al Maktoum, il figlio... principe ereditario Hamdan e Khalifa bin Zayed, emiro di Abu Dhabi e presidente dell'intera nazione. Tuttavia, prima di Yal Maktoum, era la casata di Yal Nayyan, la stessa di Khalifa, a tenere de facto le redini del paese. Lo sheikho Zayed bin Sultan, il primo a diventare presidente, sfruttò il reddito del petrolio per modernizzare non solo il suo emirato di Abu Dhabi, ma anche i sei emirati del nord più poveri.
A differenza di Abu Dhabi, che possiede oltre il 90% delle riserve di petrolio e gas degli emirati, Dubai ha da sempre battuto la sua scuola. basato la sua economia su un paradigma post-petrolifero, finanza e settore terziario. Come risultato, nel 1991, dopo aver raggiunto il picco di 410.000 barili al giorno, la produzione di Abu Dhabi scese bruscamente, lasciando al vertice dell'economia la vicina Dubai, che nel frattempo aveva già diversificato la sua economia. La città si espanse come lo stomaco di un tedesco all'Oktoberfest.
Sì, non ho trovato metafore migliori. Grattacieli come il Burj Al Khalifa, l'edificio più alto al mondo con 828 metri di altezza, hotel di lusso come il Burj Al Arab o l'Atlantis, oppure progetti avveniristici come le Palm Islands, tre isole turistiche artificiali la cui costruzione sta richiedendo miliardi di metri cubi di sabbia e roccia. Tutto questo, al di là delle ambizioni, sta comunque avendo un costo ambientale molto pesante. Dubai si estende su un braccio di mare poco profondo, al massimo 30 metri. Nell'entroterra, la città città e poi circondata dalle dune del deserto e la quasi totalità degli edifici manca di risorse idriche naturali, di un adeguato smaltimento dei rifiuti e di una vera rete fognaria.
Nonostante il lusso e il suo aspetto all'avanguardia, Dubai fa infatti uso ancora di strutture rudimentali come le latrine a fossa, una grave arretratezza ingegneristica che provoca chilometri e chilometri di fila di camion spurgo da e verso la città. Per dissetare 3 milioni di abitanti, a Dubai, l'acqua potabile viene filtrata attraverso complessi sistemi di desalinizzazione, per un totale di 4 miliardi di bottiglie d'acqua processate al giorno negli stabilimenti industriali cittadini. Questo processo richiede un'enorme energia e genera oltre 4 tonnellate di anidride carbonica, contribuendo a rendere gli Emirati il sesto paese al mondo per emissioni di CO2. A questo ci possiamo aggiungere progetti poco pragmatici, fatti per autoglorificare la ricchezza emiratina come l'arcipelago di Trascella.
100 isole artificiali, le World Islands, la cui disposizione e ricreerebbe la forma dei continenti della Terra. Dopo 17 anni di lavori, le World Islands si stanno dimostrando un fallimento sotto tutti i punti di vista. Progettate con 845 milioni di euro a scopi residenziali e turistici per attirare potenziali imprenditori e invogliarli a costruire hotel esclusivi e ville di lusso, ad oggi... quasi tutte le isole sono ancora disabitate per via del crollo del mercato immobiliare del 2008. E oltre a essere inutili per l'economia, queste isole si sono pure dimostrate dannose.
I 320 milioni di metri cubi di sabbia e roccia che ostacolano il flusso naturale del braccio di mare antistante Dubai hanno infatti aumentato la stagnazione delle acque e generato un pesante impatto sull'ecosistema marino, specialmente con l'erosione della costa, drenata della sua sabbia e la distruzione di gran parte del fondale. Ma i problemi di Dubai sono molto più profondi e oscuri di queste... Assurde manie di grandezza, uno dei primi esempi, uno dei primi problemi che possiamo tratteggiare è l'essenza di Dubai, il suo essere un centro finanziario globale. A Dubai, infatti, il capitalismo regna sovrano.
Nonostante i negozi di facciata come Apple, Tesla e altre grandi marche, la metropoli è una calamita per il denaro sporco. Gran parte di ciò che sta alla base della ricchezza di Dubai è un flusso costante e nascosto di proventi illeciti generati dalla corruzione e dalla criminalità. Il lusso su cui cui si è costruita Dubai non deriva dal petrolio, ma dalla corruzione. E Simone, hai scoperto l'acqua calda? Chiaro, ciò che accade a Dubai accade dappertutto.
In tutte le grandi città del mondo il merito di Dubai è stato però quello di farlo alla luce del sole e soprattutto spettacolarizzarlo. La facilità nel condurre affari ha portato con sé, da ogni angolo del mondo, tutta una serie di individui corrotti e criminali, signori della guerra afghani, malavitosi russi cleptocrati nigeriani, evasori fiscali europei, commercianti d'armi iraniani, contrabbandieri d'oro del corno d'Africa. Devo dire gente molto simpatica. A fare da calamita per il denaro sporco è stato poi il boom del mercato immobiliare nei primi anni 2000. Costruito per attirare gli acquirenti stranieri, l'emirato è sovrastato da distese di appartamenti e vile di lusso al ridosso delle acque. del golfo.
Grandi gruppi immobiliari da fattorati di 5-10 miliardi di dollari l'anno accettano, senza fare troppe domande, enormi somme di denaro di dubbia provenienza da investitori che scelgono il mercato immobiliare di Dubai come settore perfetto per riciclare parte degli illeciti derivanti dalle loro attività criminali. Lo stesso accade a Londra, New York, Tokyo, ma con la differenza che in questi paesi criminali e criptocrati devono comunque agire con un certo grado di anonimato. Nel caso di Dubai, le autorità emiratine non fanno domande né sulla provenienza del denaro né sull'attività degli investitori stranieri, sapendo bene che quel denaro sporco contribuirà a mantenere in attivo le casse dell'erario. Difficile, se nonché improbabile, che il portafoglio finanziario di un businessman straniero venga sottoposto a severi controlli. A favorire questa mentalità permissiva è stata l'assenza di una lunga storia finanziaria che ha invece contraddistinto piazze importanti come New York, Londra o Paris.
quello che molte metropoli americane raggiunsero in quasi un secolo. Dubai lo ha ottenuto in appena 20 anni. Da 42 hotel nel 1990, nel 2019 la città ne contava più di 700. Da che era priva di una pista d'atterraggio nel 1960, oggi l'aeroporto di Dubai è uno degli hub internazionali più trafficati al mondo, più di Heathrow, Charles de Gaulle o Shanghai.
Fare affari nel mercato immobiliare di Dubai è semplicissimo. Per iniziare a riciclare della volevo dire comprare una casa a soli 300.000 dollari basta possedere un visto d'affari di appena due anni, talvolta basta anche soltanto un visto di un solo anno. I molti a essere attirati da queste condizioni sono stati anzitutto cinesi e russi. I primi hanno registrato ben oltre 4.000 aziende propri negli Emirati, mentre i secondi hanno invece esplorato altre strade, come ad esempio la criminalità organizzata, trovandosi in un punto strategico del Medio Oriente a metà strada. tra India e Africa, Dubai ha da sempre avuto fama per essere legata a traffici di vario tipo, oppiacei dall'Afghanistan, schiavi, almeno fino a quando i sauditi non abolirono la schiavitù negli anni 60, e armi.
Facciamo alcuni esempi. L'ex dittatore della Liberia Charles Taylor ha negli anni 90 più volte Dubai come centro di rifornimento armi. Il ben noto trafficante russo Viktor But la usava come base operativa per la sua flotta di aerei cargo, mentre ormai ha curato che sia i talebani che Hezbollah abbiano ripetutamente spostato oro e denaro dall'Afghanistan e dal Libano attraverso Dubai, spesso sempre attraverso gli aerei di Viktor.
In tal senso, quando interpellati sulla presenza di questi traffici, i funzionari emiratini hanno sempre risposto con la frase più amata di tutti gli imputati. del mondo intero. È complicato, non lo sappiamo.
Data la sua vicinanza e il suo doppio giochismo latente, Dubai ha assunto una certa importanza anche nel favorire il contrabbando di componenti nucleari in Iran, specialmente attraverso le reti di conoscenze che il padre della prima bomba atomica pakistana, Abdul Khan, possiede tuttora in città. Ma anche il corno d'Africa non è stato certo risparmiato, contribuendo alla deforestazione del corno d'Africa quantità considerevoli di carbone. vengono contrabandate a Dubai a favore di gruppi somali come Al-Shabaab, che hanno trasformato questa attività in un business da 150 milioni di dollari l'anno.
Per far ciò basta corrompere i funzionari emiratini e ottenere falsi certificati di origine. E che facciamo, non vogliamo metterci anche l'oro venezuelano? In base ai rapporti investigativi, tra il 2018 e il 2019 la banca centrale del Venezuela ha venduto senza troppe dichiarazioni 73 tonnellate d'oro a due società anonime con sede fictiva.
negli Emirati Arabi. Considerata l'iperinflazione che sta falcidiando i venezuelani, mi risulta abbastanza difficile credere che i benefici di questa mega operazione siano andati in direttamente alla popolazione. A rendere Dubai una destinazione particolarmente attraente per i flussi finanziari illeciti sono le sue 30 aree di libero scambio, dove senza controlli adeguati si seguono norme del tutto a sé stanti. In queste aree non esistono tassi aziendali, individuali o doganali, è inoltre possibile creare aziende al 100% di proprietà straniera e il rimpatrio di capitali non prevede alcun tipo di imposta. A fronte di appena 20 miliardi di dollari mancati dalla tassazione dell'IVA al 5%, queste facilitazioni sono comunque valsa all'economia sommersa di Dubai, un bel totale di 118 miliardi di dollari nel solo 2019. Anche il mercato immobiliare non è esente da questo tipo di illeciti.
Degli 800 miliardi di dollari generate dal mercato immobiliare emiratino, il 30% si origina da affari criminali. I siriani Wael Abdul Karim e Ahmad Barkawi, sanzionati, per aver contrabandato carburante in Siria a supporto delle operazioni militari del governo Assad, possiedono tre proprietà a Dubai per un valore di 800.000 dollari. L'attuale presidente dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev, possiede diverse ville e hotel per un portafoglio di 75 milioni di dollari, una somma molto difficile da ottenere con lo stipendio di presidente che viene dichiarato ufficialmente per 220.000 dollari l'anno. Inoltre, nei registri immobiliari cittadini del 2018 traperò l'informazione che 34 governatori nigeriani possedessero una settantina di proprietà e che il 60% di tutti i nuovi appartamenti in fase di ristrutturazione fossero stati venduti a nigeriani per la somma di oltre 6 miliardi.
Ora, non c'è nulla di male nel fatto che i nigeriani facciano acquisti nel mercato immobiliare di Dubai, il problema è quando a farlo sono vecchi politici della Nigeria spesso associati a nigeriani. al malaffare e a casi di corruzione lampanti nel loro paese. Altra piaga che ingrossa le casse marce di Dubai è lo smercio dell'oro. Gli Emirati importano oro di dubbia provenienza da più di 100 paesi, prevalentemente africani, cioè oro che in sostanza viene prelevato da milizie armate locali che esportano montandolo, prevedono di finanziarsi guerre e insurrezioni.
Dubai non segue nessuno standard di tracciabilità di un metallo ad alto rischio come l'oro. I commercianti nisuk accettano qualsiasi tipo di oro, indipendentemente dal paese d'origine, e senza fare domande lo registrano nei documenti come materiale di scarto. Parte di questo oro viene poi riesportato in forma di lingotti o gioielli. in Svizzera e in India, i due principali acquirenti dei mercati di Dubai, con 5 e 2 miliardi di dollari spesi rispettivamente.
Le 500 tonnellate di oro importate annualmente dagli Emirati attraversano le dogane aeroportuali di Dubai indisturbate e la maggior parte di questa quantità viene trasportata attraverso singoli corrieri in pacchi di 10 kg, specialmente dall'Africa orientale. Molte, se non quasi tutte, le capitali africane sono servite da voli diretti per gli Emirati Arabi Intrat. che in media durano meno di 5 ore al prezzo di 500 dollari. In sostanza, un trafficante di oro può raggiungere Dubai in un solo giorno al costo di circa 10-12 grammi d'oro, lo 0,1% del valore del trasporto.
Il chiudere gli occhi chi delle dugane miratine è poi un secondo vantaggio competitivo. Il fatto che l'oro attraversi senza problemi gli scanner a raggi X dell'aeroporto di Dubai è dovuto agli accordi che il personale di sicurezza intrattiene con i faccendiari africani. Ampiamente utilizzato dai commercianti d'oro è il cosiddetto sistema Hawala.
La Wala, letteralmente il trasferimento fiduciario, è un metodo utilizzato per fornire denaro che favorisce da secoli il riciclaggio ed evasione in maniera informale e al di fuori del c***o. controllo dello Stato. Succede lo stesso in Italia con le rimesse che non vengono tassate e controllate. I soldi passano di mano in mano su una catena di fiducia e con tassi di cambio pattuiti dal banchiere, l'Auadalar.
Gli Auadalar sono persone con tanto denaro a disposizione che anticipano i soldi senza dichiarare nulla allo Stato. Facciamo un esempio. A Sdrubal è un trafficante somalo che smercia oro di provenienza dubbia.
a Dubai con visto turistico scaduto. Per inviare i soldi guadagnati ai parenti in Somalia, Hasdrubale non può chiaramente rivolgersi alle banche emiratine in quanto immigrato clandestino. Hasdrubale si rivolge quindi a un ufficio non dichiarato di agenti Hawala. che non solo gli promette di inviare i soldi in Somalia con una commissione ragionevole, ma anche velocemente.
Asdrubal al che ha consente e l'agente Awala chiama il suo collega che opera nel frattempo a Mogadiscio. L'Awala a Dubai gli riporta di consegnare la somma pattuita ai familiari di Asdrubal, somma dalla quale potrà togliere la sua parte di commissione. Quanto ad Asdrubal lui non dovrà fare altro che pagare l'agente a Dubai e non quello a Mogadiscio.
In questo modo il denaro si muove solo in maniera relativa. Non esce mai da un... da uno stato all'altro e le transazioni finiscono fuori dai radar dei registri bancari internazionali.
Con la wallah si finanzia il terrorismo, i lavoratori irregolari, lo smercio di armi e anche il traffico umano, cosa bellissima insomma. E lo stesso metodo che utilizzano poi gli scafisti per farsi pagare dai migranti che attraversano il Mediterraneo. Quanto allo smercio di oro a Dubai, i commercianti beneficiano anche dell'assenza di tasse.
Tutto questo pur puri di roba contribuisce a favorire la corruzione governativa e a insacerbare numerosi conflitti civili africani. È il caso della Repubblica Democratica del Congo, dove le attività dei vari clan locali vengono foraggiate dai soldi che circolano attraverso la wala dell'oro di Dubai. Più di 57 tonnellate di oro nel 2018 passate attraverso la dogana di Kinshasa.
La cosa buffa è che il Ministero dell'Interno Emiratino riporta che il crimine è ai minimi storici. Forse intendeva dire quando i maiali voleranno. Dubito però che il traffico di esseri umani sia ai minimi storici, per questo dobbiamo ringraziare la CAFALA, che fomenta l'oscuro sistema della schiavitù di Dubai e che riduce i lavoratori alla condizione di merci, niente più niente di meno.
Con circa il 90% di abitanti costituito da cittadini stranieri, la maggior parte dei quali sono lavoratori a basso reddito, quasi tutti provenienti da India, Pakistan e Bangladesh, l'economia del paese è fortemente legata alla manodopera straniera. Il flusso di lavoratori negli Emirati è regolato da un sistema di sponsor privato, noto con il termine di kafala. La maggior parte di questi nuovi schiavi a Dubai è impiegata nel settore edilizio.
Il sistema della CAFALA, cioè dello sponsor lavorativo, fa in modo che queste persone rimangano legate al datore di lavoro che le ha fatte arrivare nel paese in un legame dal sapore feudale. Richiedendo all'arrivo nel paese una tassa di 1000 dollari con la scusa di procurare dipendente un visto e un biglietto aereo sono i datori stessi a definire l'ammontare dello stipendio. Spesso non lo pagano e quando lo fanno vanno al ribasso. I primi mesi sono dedicati a riparare il debito iniziale. Nel caso fortuito in cui i lavoratori migranti riescano a trovare un lavoro migliore e a sfuggire al patronato dei datori di lavoro, il loro visto viene automaticamente annullato e dichiarato scaduto, cosa che negli Emirati Arabi porta a multe che dopo i primi sei mesi di scadenza si accumulano per oltre 20 euro al giorno.
Un intero anno senza visto ammonterebbe a sei mesi di prigione e oltre 4.000 euro di multa. un equivalente di un anno di lavoro per un operaio edile, considerata la media di 300 euro di salario mensile. Senza visto irregolare e con un accesso limitato al cellulare è impossibile uscire dal paese e questo fa sì che gli Emirati siano per molti i lavoratori uno stato prigione dal quale essere soggiogati.
Dopo 12 ore di lavoro al giorno in un caldo mortale, i lavoratori vengono prelevati da navette aziendali e portati, come in un carro bestiame, in baraccopoli a cielo aperto, gestite dalle relative compagnie dove li aspetta una vita di squallore. La più grande di questa è Sonapur, abitata da 300.000 operai stranieri. Ma lo stesso sistema della kafala lo si può applicare purtroppo anche al mondo della prostituzione. Con decine di migliaia di donne inviate negli Emirati con false promesse di sponsor o trasferite con la forza, Dubai è diventata nel tempo un centro principale del turismo sessuale per molti faccendieri arabi occidentali, un business che genera oltre 32 miliardi di dollari l'anno e ben più di un milione di individui coinvolti.
Come con gli operai edili, oltre 30.000 donne straniere sono diventate vittime della kafala, credendo di arrivare come domestiche in un paese dove la prostituzione è almeno di facciata proibita. Sud-est asiatico, Iraq, Marocco, Somalia, Cina, Europa orientale, tutte queste sono aree principali di provenienza di queste vittime. Molte di queste donne affrontano tuttora il dilemma di continuare a vivere illegalmente nello sfruttamento ed essere mercanteggiate da un bordello all'altro, oppure essere denunciate dai loro datori di lavoro ed essere così punite dal governo. E purtroppo sappiamo bene cosa succede in questi casi quando una donna viene lasciata a se stessa in un contesto sociale del genere. Le Nazioni Unite hanno spesso denunciato la mancanza di diritti umani a Dubai, ma in quanto a sanzioni nei confronti della modernissima metropoli neanche l'ombra.
Ecco, tutto questo è soltanto un piccolo assaggio di una città esibizionista che in realtà nasconde un regno molto più criminale sotto la superficie, un atomo opaco di male. Forse, dopo tutto, sempre storpiando il maestro Leopardi, la morte non è poi un male, visto che libera l'uomo da Dubai. Un ringraziamento e un saluto enorme a tutti quanti, a voi che siete rimasti in ascolto fino ai titoli di coda, ai miei mecenati su Patreon, ai miei cinque nuovissimi sostenitori nell'abbonamento di YouTube, ai due capò degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Khalifa e il principe ereditario Bin Zayed, e a Thomas Sankara.
Che cosa c'entra Sankara? Lo scopriremo la prossima settimana, visto che ne parleremo. Aspera, aspera... ad Astra.