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Passeggiata Virtuale all'Acropoli di Atene

Continuiamo la nostra passeggiata virtuale sull'Acropoli di Atene. Portata a termine la costruzione del Partenone, giunse il momento di dedicarsi alla realizzazione di una struttura che avrebbe reso solenne e scenografico l'ingresso all'Acropoli. Tra il 437 e il 432 a.C., quindi nell'arco di 5 anni, su progetto dell'architetto Nesicle, vennero rinnazzati i propilei, l'ingresso monumentale all'Acropoli. Propilei tradotto vuol dire davanti alle porte ed è un termine che non troviamo in realtà solo con riferimento all'acropoli ma per estensione viene utilizzato in architettura per indicare quelle strutture che fungono da ingresso monumentale ad edifici, a spazi aperti come in questo caso anche ad intere città. maestosi ed erano visibili già a distanza si giungeva dopo aver percorso in salita la via sacra. La struttura centrale di questa costruzione recheggiava in facciata l'aspetto di un tempis astil, ossia nella facciata rivolta verso la città che è quella che vediamo qui nella ricostruzione che nella facciata rivolta verso l'acropoli. Le colonne centrali però erano più distanziate tra di loro rispetto. alle altre per aprire un barco percorribile più ampio che già dall'esterno indirizzava e guidava lo sguardo del fedele verso la statua bronzea di Athena Promacos che stava sulla spienata dell'acropoli nei pressi del Partenone. Oggi i propilei fortemente danneggiati si presentano agli occhi dei visitatori in questo modo. Ma andiamo a vedere l'edificio in pianta, nella sua veste originale e perfettamente integra, così come Mnesicle lo aveva progettato. I propri lei si compongono di tre corpi di fabbrica, uno centrale, avente le sembianze esterne di un tempio d'orico, l'abbiamo appena visto, destinato ad essere attraversato dai fedeli, e due ali laterali, una e due. collocate in posizione simmetrica al corpo centrale ma con diverse dimensioni. L'ala alla nostra sinistra infatti, che è questa, è più ampia ed era in origine adibita a pinacoteca, cioè era uno spazio espositivo per quadri, per i dipinti su tavola degli artisti più importanti dell'epoca. L'ala sul lato opposto, questa, e invece molto meno estesa e non aveva sostanzialmente una funzione pratica, non veniva utilizzata, ma era servita più che altro per rendere più armoniosa la struttura del suo insieme. C'è una particolarità da rilevare per quanto riguarda l'ordine architettonico usato nei propri lei, infatti le colonne delle ali laterali, nonché le colonne più esterne al corpo centrale, quelle che delimitano le due facciate, sono doriche. come Dorica e anche la Trabbiazione. Mentre le colonne interne, che disposte in due file parallele, suddividono lo spazio in tre parti accompagnando il passaggio del fedele, sono di ordine ionico, probabilmente perché, essendo l'ordine ionico più snello, più slanciato, creava meno ingombro in uno spazio che era destinato anche al passaggio e contemporaneamente conferiva un tocco di eleganza. Troviamo dunque ancora una volta, come già visto nel Partenone, una commissione, cioè una mescolanza di due ordini architettonici all'interno del medesimo edificio. Sbarcati i propri lei e superato lo stupore e lo spavento derivato dalla visione dell'Atena Pronocos, ci si trovava il Partenone alla propria destra e l'Eretteo alla propria sinistra. L'Eretteo, come tutti gli edifici dell'Acropoli, è il marmo più intelligente. ed è un tempio particolarissimo con uno sviluppo di tipo asimmetrico e quindi anticonvenzionale rispetto ai templi che abbiamo visto finora. Fu progettato applicando l'ordine ionico dall'architetto Filocle, anche se questa attribuzione non è poi del tutto certa. La sua costruzione comunque precedette molto a singhiozzo. tant'è vero che si colloca tra il 421 e il 406 a.C. se non addirittura oltre, quindi in un lasso di tempo veramente abbastanza ampio. La complessità di questo edificio, che qui vediamo nella sua veste attuale, deriva dal fatto che esso sorgeva in un punto dell'acropoli precedentemente sede dei più antichi culti ateniesi. Atena Polias, cioè Atena protettrice della città, erano qui venerati infatti alcuni dei re mitici di Atene. Cecrope, il primo re che il mito ricordi e quindi anche il fondatore della città, il fondatore mitico, ed Eretteo, sesto re mitico di Atene nonché anche colui che dà il nome a questo edificio. Nel progetto di ricostruzione dell'acropoli si decise di riunire tutti questi culti in un unico complesso. che però doveva tenere conto anche delle difficoltà tecniche derivanti dai vari dislivelli del terreno che caratterizzano quest'area. L'eretteo è formato quindi da diversi ambienti, tutti raccordati con il corpo principale che è questo qui. Come possiamo osservare anche in pianta, ha uno sviluppo longitudinale, quindi in linea con gli altri tempi greci, ma non ha la peristasi. Le pareti laterali sono infatti chiuse da una struttura muraria, mentre troviamo delle colonne sui lati brevi. Essendo un tempio è orientato come il partenone e quindi verso oriente. Ciò significa che quando arriviamo sull'acropole attraverso i propilei ci troviamo davanti il fronte posteriore, che è questo, e dobbiamo costeggiare tutta la struttura per arrivare davanti all'ingresso principale che si trova. dal lato opposto all'ingresso dell'acropoli e lo vediamo in questa immagine, questa ricostruzione e qui nel suo aspetto attuale, che presenta un fronao esastilo quindi con sei colonne. Come in tutti i tempi greci troviamo delle colonne alte, slanciate, eleganti con tanto di di capitelli con le tipiche volute e troviamo la trabiazione formata dall'architrave tripartito e dal freggio continuo. Il freggio continuo che corre ininterrottamente su tutti e quattro i lati dell'edificio avvolgendoli con razioni mitiche e troviamo il freggio continuo anche in una delle strutture laterali. Oltre ad essere il frutto dell'assemblaggio di più spazi ed ambienti architettonici, l'eretteo vanta un'altra eccezionale particolarità. Noi sappiamo che ogni tempio che si rispetti indipendentemente dall'ordine architettonico e dalle sue dimensioni deve avere un naos, cioè la cella dedicata alla divinità che ospita la sua immagine scultorea. Ebbene l'eretteo di Celle ne aveva ben due. La prima, quella più estesa ed accessibile direttamente dal fronte principale, era dedicata ad Athena Polias ed ospitava niente meno che la scultura a linea di Athena, quella scultura che ogni anno in occasione delle Panathenae veniva portata in processione per le vie della città e veniva poi vestita con il meraviglioso peplo intessuto dall'ergastinae durante l'anno. La seconda cella invece era dedicata al dio Posidone ma anche ad Eretteo, già citato precedentemente come uno dei mitici re di Atene. Questo perché ad un certo punto i due personaggi vanno, come dire, a fondersi in un'unica figura, è come se fosse un'unica divinità. Questa cella era ripartita in due spazi separati. preceduti da una sala antistante alla quale si accedeva tramite una delle strutture laterali, questa. Una loggia, cioè uno spazio aperto sull'esterno tramite un colonnato, che è questo qui, situata sul lato nord del reteo e nota anche come vestibolo nord, per via della sua funzione di ambiente intermediario tra l'esterno e l'interno. Accanto al vestibolo nord un muretto delimitava un lungo cortile che fungeva da santuario, questo noto come Pandroseion in quanto dedicato a Pandroso, una delle figlie di Cecope, il mitico primo re di Atene. All'interno di questo spazio, oltre ad un altare, era custodito anche il sacro ulivo di Atena, la pianta con la quale essa aveva vinto. la famosa Contesa con Posidone. Spostandoci sul lato sud del reletteo troviamo un'altra loggia di dimensioni molto più ridotte rispetto a quella nord, una loggietta possiamo dire. Anche questa è di ordine ionico seppur con una trabbiazione più semplice che priva del freggio continuo. Si tratta della cosiddetta loggia delle cariatidi nella quale le colonne vengono sostituite da sei sculture di fanciulle tutte finemente abbigliate. le ormai note corai, che in questo caso appartengono alla tipologia delle corai canefore, cioè portatrici di ceste, perché sul capo trasportano una canestra che qui si va a sostituire al capitello, esattamente come il loro corpo va a sostituire il flusso della colonna. La loro funzione quindi va ben oltre quella decorativa, perché in questo contesto le nostre fanciulle svolgono anche una funzione portante e sono parte integrante della membratura architettonica. In architettura le sculture femminili con funzione portante vengono appunto chiamate cariatidi e rappresentano forse la variante più fantasiosa dell'ordine ionico. Secondo la leggenda narrata da Vitruvio nel suo De Architectura, il loro nome derivererebbe dalle donne che abitavano la caria. un'antica regione dell'Asia minore che all'epoca delle guerre persiane si era alleata con questi ultimi incorrendo poi in una severa punizione da parte dei greci che avevano ucciso i soldati più valorosi e reso schiave le loro donne, costrette a portare sulle proprie spalle e anche sulla propria anima il peso della colpa della propria gente, così come queste corai sono chiamate a reggere materialmente il peso di tutta la trapezione. La spiegazione di Vitruve però è forse un po'romanzata, un po'romantica, se consideriamo anche che le statue femminili portanti esistevano già prima delle guerre contro i persiani. L'abbiamo già visto ad esempio nel tesoro dei Sifni, piccolo edificio di ordine ionico risalente addirittura al periodo arcaico. In ogni caso, qualunque sia l'origine del termine e per quanto questo è scuso. possano essere belle ed eleganti, e lo sono, cari ragazzi fate attenzione perché se qualcuno vi definisce una cariatide non vi sta facendo un complimento. Se una cariatide infatti significa sei vecchia, sei antica, proprio come queste sculture che risalgono a più di duemila anni fa, e significa anche essere una persona passiva, statica, indolenta agli stimoli, proprio come una statua permanentemente. immobile nella sua posizione. Ora non si conosce con certezza l'autore di queste sculture anche se si tende ad attribuirle ad Alcamene, Alcamene che è un artista ricordato dalle fonti antiche niente meno come allievo del grande Fidia, anche se comunque questa attribuzione non è poi del tutto certa. C'è una curiosità da rilevare. Le cariatide che noi oggi possiamo ammirare sull'acropoli dell'Atene all'interno della loggia non sono quelle originali, perché per motivi conservativi sono state rimpiazzate con delle copie. Le cariatide originali sono invece esposte in due musei. Quella che vediamo qui è l'unica cariatide originale in possesso del British Museum, mentre invece... Le altre cinque, di cui una, questa rovinatissima, sempre a causa di quella ormai tristemente nota cannonata, si trovano esposte nel Museo dell'Acropoli di Atene. E congediamoci dall'Acropoli con il tempietto di Atena Nicche, l'Atena vittoriosa, collocato davanti ai propri lei, a fianco della Via Sacra, in una posizione a dir poco scenografica, che ancora oggi... può essere apprezzata in tutto il suo fascino. Realizzato tra il 425 e il 424, il progetto architettonico viene attribuito da alcuni a Callicrate, che abbiamo già avuto modo di vedere in azione nel progetto del Partenone, e da altre invece ad Ipponikos, anche se non si hanno comunque dei dati certi. È un tempio di dimensioni ridotte, un tempietto appunto, e di ordine ionico e senza peristasi. Ci sono solo le colonne sui lati brevi, quindi un colonnato anteriore di fronte al pronao e un colonnato posteriore davanti all'opistodomo. E quindi un tempio anfiprostilo e possiamo anche aggiungere tetrastilo, in quanto le colonne in facciata sono quattro. Ovviamente anche questo tempio è orientato ad est, quindi la facciata principale è quella rivolta verso l'acropoli, e la vediamo in queste immagini, mentre la facciata posteriore si affaccia a strapiombo guardando verso la città. Come possiamo notare il tempietto di Atena Nicche si presenta in condizioni abbastanza discrete perché è stato restaurato con la nastilosi, che ha permesso di recuperare non solo tutte le colonne e anche... la struttura muraria, ma anche la trabiazione con buona parte del freggio continuo, che rappresenta basso rilievo delle scene di battaglia tra greci e persiani, mentre purtroppo entrambi i frontoni sono andati completamente distrutti. Attorno al 410, cioè una quindicina d'anni dopo la costruzione del tempio, venne realizzata una balaostra, cioè un parapetto, una balaostra lunga. 41 metri che cingeva il tempio sui tre lati che si affacciano sulla rupe lasciando libero solo la componente marmorea era animata da eleganti figure scolpite a basso rilievo identificate con delle niche cioè divinità femminili che nella religione greca personificavano la vittoria. Le niche vengono immortalate in varie pose, atteggiamenti, attività mentre partecipano a dei cortei processionali. Qui ad esempio, in questo frammento marmorio della balaustra, vediamo due niche intente a trascinare un toro che verrà sacrificato su un altare in onore di Atena. Simbolicamente la presenza di queste niche lungo tutta la balaustra rievocava la vittoria degli Atenesi su Sparta. Siamo infatti negli anni in cui è ancora in corso la guerra del Peloponneso, che si sarebbe conclusa definitivamente nel 404 a.C. Quindi, oltre ad essere una barriera protettiva, la balaustra assolveva anche ad una funzione decorativa, ma soprattutto ad una funzione celebrativa. Oggi tutti i frammenti superstiti della balaustra, suddivisi in varie lastre come questa, si trovano esposti al Museo dell'Acropoli di Atene, come possiamo vedere in questa immagine. A livello stilistico, le figure scolpite su queste lastre e noi ne vedremo una più da vicino, rientrano nel cosiddetto stile ricco, che nella scansione cronologica del periodo classico si colloca tra il classico maturo, che ha avuto come protagonista in contrastati Policleto e Fidia e che ha visto sorgere il Partenone, e il tardo classico, che invece sarà la fase finale. Lo stile ricco è raffinato e stravagante. e prendere mosse dalla ripetizione della maniera, cioè dello stile di un maestro. Nel caso specifico parliamo di Fidia, tant'è vero che lo stile ricco è noto anche come manierismo post-fidiaco ed è portato avanti proprio dai suoi discepoli. Si tratta di un'arte che possiamo definire abbastanza ripetitiva, poco originale, nel senso che lo stile ricco sostanzialmente... Non propone qualcosa di nuovo, non porta innovazioni, ma si limita a copiare lo stile di Fidia, enfatizzandone in maniera eccessiva gli aspetti più caratteristici. Primo far tutti il panneggio bagnato, che come ricorderete era un po'la firma di Fidia. Questo frammento della balaustra, raffigurando una niche che sia giusto un sandalo, ci permette di capire con un esempio concreto in che modo i manieristi posti fidiaci applicavano il panneggio bagnato alle proprie creazioni. La Nike opera di agoracrito o callimaco, entrambi esponenti di questo stile ed entrambi coinvolti nella realizzazione della balaustra, è immortalata in un gesto quotidiano abbastanza banale che la costringe a sollevare una gamba, assumendo così una posizione audace e incerta, senza perdere però la sua grazia e la sua eleganza. La divinità indossa un elaboratissimo abito, la quiresa del panneggio dimostra l'assimilazione della lezione di Fidia ma in maniera veramente esasperata. Il tessuto infatti, lo vediamo, si trasforma in un intricato gioco di pieghe e perde sempre più la sua consistenza materica. Ad un certo punto non è più soltanto un tessuto leggero, trasparente. che aderisce al corpo con il tipico effetto bagnato, ma sembra quasi, guardate qua, che sia per lacerarsi, per strapparsi, cioè diventa un tessuto veramente effimero. È un'opera quindi in cui il virtuosismo dimostrato dall'artista nella lavorazione del materiale, nonché la grande raffinatezza della figura, prendono il sopravvento su tutto il resto.