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Le guerre puniche: Roma e Cartagine

Benvenuti a Ulisse, il piacere della scoperta, il racconto che vi faremo questa sera... è entrato in tutti i libri di storia e nei libri di scuola. Vi racconteremo infatti lo scontro tra due delle più grandi potenze dell'antichità, Roma e Cartagine. Uno scontro che è durato più di un secolo, ha avuto momenti drammatici, battaglie sanguinose, ma anche ha visto degli uomini le cui gesta sono entrate nella storia. E lo vedrete esattamente come accade in un romanzo questo grande momento della storia. può essere riassunto nella lotta fra due grandi famiglie, una romana e una cartaginese. Quella cartaginese di Annibale, i Barca, in cui c'è il padre, il figlio, i fratelli, che si scontrano direttamente o indirettamente con un'altra grande famiglia, quella di Scipione Africano, con tanto di padre, figlio, persino nipote adottivo e un nonno. Ecco, questo è lo scenario nel quale... nel quale si dipanerà il nostro racconto. Un racconto che ci farà ritornare indietro nei secoli per vedere questo scontro tra queste due grandi potenze, Roma e Cartagine. Poteva vincere e uscirne fuori solo una, ha vinto Roma. Cartagine è stata spazzata via e così Roma ha potuto diventare quella potenza che tutti noi conosciamo. Cartagine. Il conflitto tra Roma e Cartagine fu certamente uno dei più lunghi di tutta l'antichità. In effetti, un po'come in una tragedia, composta da tre atti, anche questo conflitto fu composto da tre grandi... di guerre tra romani e cartaginesi, con delle pause chiaramente, ma il tutto durò più di un secolo. Parliamo di un inizio intorno al 264 a.C. e poi la definitiva distruzione di Cartagine nel 146 a.C. Quando pensiamo a Roma antica, siamo abituati a pensare alla Roma imperiale, con i famosi fori imperiali, le grandi domus sul Palatino, le terme di Caracalla, il Colosseo. Ma nella Roma del 200 a.C. tutto ciò ancora non esisteva. La città era molto più piccola, aveva all'incirca 200.000 abitanti, contro il milione di età imperiale. Esisteva soltanto il foro, il cosiddetto foro romano, e le antiche mura serviane costituivano il perimetro della città. Anche il suo ordinamento era diverso. Non c'era ancora l'impero, c'era la repubblica, e quindi comandava... Il controllo arrivava al senato con i senatori che venivano dalle famiglie più importanti, quelle aristocratiche, patrizie. Anche il dominio dei territori di Roma era molto ridotto rispetto a quello che sarebbe poi venuto con l'impero. Diciamo che il controllo arrivava... fino alla parte centrale e meridionale della penisola e a nord arrivava fino a una linea che può essere tesa tra Rimini e Pisa. Insomma, era una potenza di media grandezza, certamente in ascesa, esisteva da cinque secoli, ma non era certo quella che poi avrebbe riempito i libri di storia. E i cartaginesi chi erano? Fondata, secondo il mito, nell'814 a.C. da coloni fenici provenienti da Tisa. tiro, Cartagine sorgeva dove oggi si trova Tunisi, nell'attuale Tunisia. Grazie alla sua favorevole posizione geografica e al progressivo declino della madrepatria, Cartagine, il cui nome in fenicio significava città nuova, si affermò rapidamente come un'area di una delle principali potenze economico-militari nel bacino del Mediterraneo occidentale. All'epoca del suo massimo splendore, alla vigilia della prima guerra punica, la città che diede i Natali ad Annibale aveva una popolazione di circa 200.000 abitanti ed era uno dei più grandi e importanti centri del Mediterraneo. A capo... di un impero che comprendeva la fascia costiera dell'Africa settentrionale dal golfo della Grande Sirte, in Libia, fino allo stretto di Gibilterra, la costa dell'Andalusia, in Spagna, insieme alle isole Baleari, la Sardegna, la Corsica e la Sicilia occidentale. Alla base dello sviluppo dell'impero vi era la spiccata vocazione commerciale di Cartagine, il cui ceto mercantile poteva fare affidamento su di una grande flotta. Dunque questa era la situazione alla vigilia della prima guerra punica. Da una parte Cartagine, grande civiltà, grande potenza, soprattutto marittima, che aveva un'estesa rete di basi navali, militari. ma anche commerciali un po'in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo e dall'altra invece Roma, una potenza nuova, in ascesa, che grazie ad aspre lotte, ma soprattutto grazie alle sue legioni e alla forza dei suoi ordinamenti politici, era riuscita a estendere il dominio su gran parte dell'Italia. Ma insomma, fino al 250 a.C. i rapporti tra Roma e Cartagine erano sostanzialmente pacifici, anzi le due città vanno addirittura stipulato dai trattati. Ma quando Roma completa la sua conquista dell'Italia meridionale e comincia a guardare la Sicilia come la prossima tappa della sua espansione, beh, il conflitto tra Roma e Cartagine diventa inevitabile. Lo scoppio della prima guerra punica fu determinato dall'intervento di Roma a sostegno della città di Messina, la cui autonomia era minacciata da Cartagine. Di fronte al pericolo che i cartaginesi occupassero la città, arrivando così a controllare un punto sottostante, strategico lungo le rotte verso l'Italia meridionale, nel 264 a.C. i romani inviarono in Sicilia un contingente militare a difesa degli allora occupanti della città, i Mamertini. L'intervento romano provocò la reazione di un'unione di soldati e di soldati. delle due potenze principali sull'isola, i cartaginesi che controllavano la parte occidentale della Sicilia e i siracusani. Queste due potenze, che per secoli erano state rivali, si allearono per estromettere i romani dall'isola assediando con forze congiunte Messina. Ebbe così inizio una lunga guerra che sarebbe durata più di vent'anni, il cui teatro principale fu la Sicilia e il suo mare circostante, nella quale sia Cartagine che Roma si trovarono più volte sul punto di capitolare. I romani potevano contare sulla maggiore forza delle legioni rispetto all'esercito cartaginese che era costituito da truppe mercenarie, poco motivate e male organizzate. I cartaginesi disponevano invece di una schiacciante superiorità navale che consentiva loro un pieno controllo del mare. Ben presto i romani si resero però conto che per prevalere su Cartagine le vittorie sul terreno non erano sufficienti. Era necessario scompiggerla sul mare. Nel 242 a.C. i romani, prostrati dalla lunga guerra, fecero un ultimo sforzo economico e ricostruirono una nuova flotta. Per allestirla si ricorse a una misura senza precedenti. Fu imposto ai membri del senato un prestito da recuperare in caso di vittoria. Era la vigilia della battaglia delle Ega. È il 10 marzo del 241 a.C. La situazione è questa. I cartaginesi, al comando di Amilcare, sono assediati a Erice. Erice si trova proprio sopra Trapani, come si sa, e a tendere loro un vero... proprio accerchiamento è un grande comandante romano, Gaio Lutazio Catulo. La situazione è una situazione di stallo e da Cartagine parte una spedizione per rompere l'accerchiamento dei romani, ma soprattutto per aiutare i cartaginesi assediati. La comanda un grande ammiraglio, Annone, è una flotta immensa, ci sono almeno 120 nazioni. navi da guerra, più quelle con il rifornimento, quindi delle navi cargo diremmo noi oggi. Quindi è la più grande flotta che in quel momento Cartagine possa mettere in mare. I romani lo sanno, i romani aspettano che passi questa grande flotta e tendono loro un agguato. La flotta cartaginese si ferma a Marettimo, dieci giorni, aspetta le condizioni ideali di vento per andare. I romani li aspettano, li aspettano proprio... Dietro l'isola di Levanso, sotto Capogrosso, ad un certo punto, il 10 marzo, la flotta cartaginese si muove. Segue una traiettoria molto ampia, molto a nord, quasi imprevedibile, ma il comandante romano riesce a saperlo, forse grazie all'intelligence o forse grazie all'intuito, e aspetta. Le navi romane sono 300, sono più del doppio di quelle cartaginesi. E quando li vedono spuntare all'orizzonte, i cartaginesi, i romani partano all'attacco. Tagliano addirittura le cime delle ancore, non le tirano neanche su per la fretta e queste ancore verranno ritrovati, ceppi sul fondale, fino a recentemente si possono ancora vedere oggi. Partono all'attacco, lo scontro avviene in mare aperto, addirittura a 5-6 miglia di distanza, cioè una decina di chilometri, ed è uno scontro titanico. 50 navi cartaginesi vengono affondate, 70 catturate e stiamo parlando di quelle da battaglia, senza contare quelle da trasporto. È la fine della prima guerra tunica. I cartaginesi perdono il dominio sull'isola più importante che avevano a nord, cioè la Sicilia, che entra nell'orbita romana. Questo è il rostro di una nave romana che ha quasi certamente affondato una nave cartaginese. Allora, quello che colpisce dei rostri è questa loro forma, molto curiosa, non era una punta, ma a vederlo sembra quasi un becco d'anatra a tre livelli. In realtà simboleggiava un tridente. Questi rostri erano fatti davvero su misura e come si può vedere avvolgeva la prua della nave, qui si vede la forma della chiglia, qui c'era il muro di dritta e qui le cinte laterali in pratica avvolgeva strettamente la punta e questo perché il colpo doveva essere assorbito da tutto il resto della nave perché anche la nave poteva subire dei danni. Questo rostro sicuramente ha colpito la nave avversaria, lo si vede per i danni. che porta su questo lato, addirittura il bronzo si è spezzato e qui è piegato. Possiamo immaginare l'impatto sulla fiancata della nave, un impatto che veniva fatto lateralmente. Infatti le navi non colpivano mai l'avversario di punta, ma di lato. E queste ali laterali servivano a squarciare la fiancata della nave avversaria e anche col resto dell'imbarcazione a spezzare tutti i remi in modo da immobilizzare l'avversario e che lentamente affondava. Una volta che la nave squarciava il lato dell'avversario, quasi sempre il rostro rimaneva conficcato come un arpione, come un pungiglione, in modo tale che poi la nave romana se ne andasse e la nave cartaginese in questo modo affondasse. Ecco perché sul fondale sono stati trovati più rostri romani di quelli cartaginesi. Dai fondali non sono riemersi solo resti di navi, ma anche resti, per così dire, di soldati. I corpi non ci sono più, ma... Gli elmi che usavano, sì, è davvero incredibile che siano riemersi otto elmi, questo ancora incrostato da pulire, ma una volta pulito, vedete, ecco come dovrebbe apparire. E la patina del tempo ha conservato perfettamente quello che doveva essere l'aspetto degli elmi dei soldati di quell'epoca. Ora, questo potrebbe sembrare una visiera, in realtà serviva per coprire la nuca ed è probabile che, si vede qui da... da un sistema per fissare ci fosse un altro un altro forse ventaglio metallico forse di cuoio per coprire meglio la nuca anche qui si vedono quelli che sembrano quasi dei chiodi. In realtà erano i sistemi di fissaggio di grandi piastre qui, sagomate per coprire il volto. Quello che impressiona è vedere tutto il lavoro che si vede sul bordo di questo elmo, fatto a mano, questi erano degli elmi in bronzo, e molto spesso qui sopra veniva fissato o dei simboli, o delle piume, delle penne di uccelli. Erano romani o cartaginesi? Questo è un modello cosiddetto Montefortino, I soldati romani usavano proprio questo tipo di elmo, ma sembra che anche i cartaginesi li usassero, non è ben chiaro. Quindi non possiamo dire se fosse di un romano o di un cartaginese. Il che devo dire però è che questo reperto è un testimone di un momento cruciale del nostro passato, un passato che si trova ancora lì, in fondo al mare. Proseguiamo il nostro racconto. La prima guerra punica è un conflitto lunghissimo. Pensate che dura addirittura 23 anni. E Roma non ha mai dovuto affrontare una guerra così lunga. E la vittoria è la prima. La storia non era affatto scontata e più volte i romani si sono trovati sul punto di soccombere. Se alla fine riescono a prevalere è grazie alla propria tenacia che consente loro di recuperare la sua vita. L'iniziale è svantaggio, soprattutto in campo navale. Entrambe le potenze escono davvero provate dallo scontro, ma Roma alla fine prevale. La vittoria su Cartagine fa di lei la potenza egemone nel Mediterraneo centro-occidentale e per Cartagine invece la sconfitta è davvero un bruttissimo colpo. I romani infatti impongono ai cartaginesi delle condizioni di pace estremamente pesanti, oltre al pagamento di un ingente indurre. Indennità di guerra, ai cartaginesi viene imposto il completo abbandono delle colonie in Sicilia, è il divieto di navigazioni lungo le coste della penisola. La Sicilia, fatta eccezione per alcune città, tra le quali Siracusa, che durante la guerra si era rivelata un prezioso alleato, viene interamente occupata dai romani, che fanno dell'isola, lo si considera poche volte, in fondo la loro prima provincia. Pochi anni dopo, sfruttando il momento di debuttamento, In debolezza di Cartagine i romani occupano anche la Sardegna e la Corsica, facendo del Martirreno un mare interamente romano. Si trattava di condizioni molto dure, che creano un malcontento a Cartagine. Dove non tutti accettano la sconfitta e tra questi c'è Amilcare Barca. Chi è? Beh, è il miglior generale dell'esercito cartaginese e padre di un giovane ragazzo che un giorno farà tremare Roma. Annibale. Anibale è soltanto un bambino quando Cartagine perde la prima cruenta guerra contro Roma. Assiste alla crocifissione dei condottieri sconfitti davanti al popolo inferocito. Appartiene alla famiglia Barca, l'eccellenza militare di Cartagine. Suo padre Amilcare, il capo della famiglia, è appena tornato dalla guerra. È il miglior generale di Cartagine e un suo strenuo difensore. Durante la prima guerra punica è Amilcare Barca che guida la resistenza cartaginese in Sicilia dopo l'invasione romana. Amilcare perde migliaia di uomini ma non viene mai sconfitto in battaglia. Le sue grandi doti di comandante saranno riconosciute dagli stessi romani. Per Amilcare la decisione del senato di Cartagine di arrendersi è intollerabile. Dal suo punto di vista Cartagine si è arresa senza aver realmente perso la guerra. Dalle fonte antiche sappiamo che con i suoi generali Cartagine era tutt'altro che benevola in caso di sconfitta. Non solo potevano essere multati o esonerati, ma addirittura messi a morte e spesso per crocifissione. Un'esagerazione certo, ma tutto sommato è un concetto di responsabilità del potere che oggi abbiamo praticamente perduto. Ma anche in caso di vittoria i generali comunque erano guardati... con molto sospetto da parte dell'oligarchia cittadina, la fascia dominante della società, proprio perché era gelosa del potere. A questo sospetto non sfugge neanche Amilcare Barca, per le sue grandi doti di comando. Amilcare era stato soprannominato Barac, da cui la latinizzazione in Barca, che in punico significava fulmine, saetta. Amilcare Barac Al ritorno in patria a Milcare, proprio per questi sospetti, nonostante fosse imbattuto, viene messo ai margini dagli incarichi di comando. Il senato di Cartagine deve però richiamarlo ad un certo punto, quando si trova a fronteggiare un gravissimo problema interno. Pensate, una grande rivolta proprio delle truppe che avevano combattuto, perché, come abbiamo detto inizialmente, erano delle truppe mercenarie e non erano state pagate. Ora, questo è un'altra cosa. Questa rivolta fu tanto estesa che minacciò la stessa esistenza di Cartagine e Amilcare risponde senza esitazione alla chiamata del senato, sedando la ribellione e salvando ancora una volta la sua patria. Ma nella sua mente c'è già un altro progetto, la rivincita su Roma. A differenza del senato di Cartagine, Amilcare ha compreso che Roma vuole espandere il suo dominio sul mondo. l'intero Mediterraneo. Sa che questo potrebbe segnare la fine di Cartagine e vuole fare tutto il possibile per impedirlo. Decide di radunare un nuovo esercito con cui lasciare l'Africa e spostarsi lontano dagli occhi di Roma, in Spagna. Stavolta porterà con sé il giovane figlio di nove anni. La guerra di Annibale sta per cominciare. SIGLA Lo storico greco Polibio, vissuto soltanto pochi decenni dopo la fine della seconda guerra punica, scrisse qualcosa di molto eloquente. Disse, gli eventi cui andarono incontro entrambi i popoli, romani e cartaginesi, furono determinati da una sola forza, da una sola mente, da un solo uomo. E sto parlando di Annibale. Insomma, per Polibio e anche per altri storici antichi come Tito Livio e Appiano, lo scoppio della seconda guerra punica fu determinato dall'odio smisurato di Annibale nei confronti dei romani. Un odio che ereditò dal padre Amilcare e che ebbe inizio proprio nel momento della partenza per la Spagna. Prima di partire per la Spagna, Amilcare offre dei sacrifici agli dèi perché assecondino il suo disegno. Amilcare chiede a suo figlio Annibale di giurare solennemente odio eterno al popolo romano. Con questo sacrificio chiediamo il tuo aiuto per la nostra impresa. Adesso giura. A soli nove anni, il destino di Annibale è già scritto. Il giuramento al padre risuonerà nella sua mente e nella sua anima, diventando parte della sua natura. Giura davanti a Balamon che non sarai mai in pace con Roma. Giuro di odiare i romani. Compiuto il giuramento nel 237 a.C., i Barca approdano in Spagna, seguiti da un esercito di mercenari libici e numidici. La scelta di puntare sulla penisola iberica in fondo era in qualche modo una scelta obbligata. Nel Mediterraneo infatti restava ormai poco spazio per Cartagine, perché la parte orientale del suo bacino era divisa tra l'Egitto Toro e la Città di Tosca. e gli altri stati lenistici. Quella centrale era ormai saldamente nelle mani di Roma. Restava quindi soltanto la parte occidentale, se volete la penisola iberica, all'epoca abitata da popolazioni non anche di Roma. ma ancora organizzate in uno stato unico, unitario. Qui, centinaia di anni prima, tra l'altro, i Finici avevano già fondato numerosi emporie e colonie, e quindi era un'area un po'conosciuta. Pensate che il più antico emporio era Gades, l'oderna Cadice. Era stata fondata da tiro già nel 1100 a.C., stiamo parlando quindi di un'epoca antichissima. L'entroterra spagnolo, tra l'altro, era ricco di metalli preziosi, come l'oro, lo stagno e soprattutto l'argento. Insomma, Amilcare sapeva bene che queste risorse erano indispensabili per la rinascita economica di Cartagine, ma anche per una eventuale nuova sfida con Roma. Partendo dalla Fenicia a Gades, i Barca estendono rapidamente il proprio potere, fondando lungo la costa nuove colonie, tra le quali quella che diverrà la capitale dei possedimenti cartaginesi in Spagna. Nova Cartago, l'odierna Cartagena. Al fianco del padre, Annibale apprende i segreti dell'arte militare. Insieme organizzano un esercito concepito per la guerra di movimento, secondo il modello di Alessandro Magno. La guerra diventa una ragione di vita e impara a usare l'arma più potente e suggestiva di Cartagine, l'elefante da battaglia. Originali delle coste africane del Mediterraneo, gli elefanti fanno parte dell'esercito cartaginese da secoli. Questi carri armati dell'antichità vengono addestrati per travolgere le linee nemiche e mettere in crisi la cavalleria, seminando il panico tra gli uomini e gli animali. Gli elefanti sono però difficili da gestire e richiedono un addestramento lungo e intenso prima di essere impiegati. Quest'arma così insolita può infatti diventare incontrollabile e ritorcersi anche contro chi la scatenata. Per indole non si lancerebbero nel frastuono della battaglia. Nonostante la mole, sono animali che si spaventano facilmente e in preda al panico possono calpestare proprio chi li comanda. Nonostante i rischi, i Barca non rinunciano agli elefanti, vera arma psicologica e simbolo del... la potenza di Cartagine. Gli elefanti da battaglia sono uno degli elementi più famosi e impressionanti dell'esercito di Annibale. Pensate che nella cultura cartaginese questo animale aveva un posto di rilievo in quanto incarnava un ideale di forza incommensurabile e anche di maestosità, quasi divina. Ma erano elefanti africani o elefanti indiani? Beh, su questo sono stati scritti e versati fiumi d'inchiostro. In realtà si trattava di una varietà di elefante che non esiste più. Era il cosiddetto elefante dell'Atlante, una specie oggi estinta e mai studiata scientificamente, quindi non la conosciamo. Si sa che venivano utilizzati, oltre che in guerra, come animali da lavoro e anche per ricavarne l'avorio. Era una varietà più piccola degli elefanti africani ma anche di quelli indiani, cioè un uomo accanto a uno di questi elefanti era quasi alto quanto la sua testa. L'utilizzo degli elefanti in Bologna è stato un'esperienza battaglia fu soltanto uno degli insegnamenti che annibale ricevette nel periodo in cui fu a fianco del padre un periodo purtroppo breve infatti durò solo pochi anni e fu interrotto bruscamente annibale è cresciuto con l'obiettivo di aiutare suo padre a riscattare la sconfitta subita da cartagine nella prima guerra pubblica Ma Amilcare non gusterà mai il sapore della rivincita. Annibale dovrà combattere i romani da solo. Prima di poter guidare il suo esercito nella lotta finale contro Roma, Amilcare Barca cade in un'imboscata organizzata da una tribù iberica ostile. Ora toccherà ad Annibale onorare il giuramento e realizzare il sogno del padre. Quando Amilcare muore, Annibale è ancora un ragazzo. È troppo giovane per prendere il comando dell'esercito cartaginese in Spagna che passa al cognato, Asdrubale, detto il Bello. Portato più alla diplomazia che alla guerra e meno ostile a Roma di Amilcare, Asdrubale stipula un importante accordo con i Romani, il Trattato dell'Ebro. Firmato nel 226 a.C., il trattato delineava con precisione le rispettive sfere d'interesse delle due potenze nella penisola iberica. I cartaginesi accettavano di non espandersi a nord del fiume Ebro e Roma di rispettare la zona di influenza punica a sud di questo. L'unico limite all'espansione cartaginese era costituito dalla città di Sagunto, già da tempo alleata dei Romani. Nel complesso il trattato dell'Ebro era favorevole ai cartaginesi. I Romani accettarono di firmarlo in quanto in quegli stessi anni erano impegnati a consolidare i propri confini. In Italia Le legioni romane dovettero respingere un'invasione dei Galli, che, calati in massa dalla pianura Tadana, arrivarono a minacciare la stessa Roma. Sconfitti i Galli nella battaglia di Talamone, i romani estesero per la prima volta i propri domini fino al Po, fondando le colonie di Piacenza e Cremona. A Oriente Roma fu invece impegnata in due guerre contro i pirati illiri, al termine delle quali emerse come potenza di riferimento nel Mar Adriatico. Una volta stabilizzata la situazione ai suoi confini, Roma torna a rivolgere le proprie attenzioni su Cartagine. In Spagna la situazione è però nuovamente cambiata. Nel 221... Avanti Cristo muore infatti a Sdrubale e Annibale prende il comando dell'esercito. È ormai un uomo formato, in quegli anni ha comandato la cavalleria cartaginese. guadagnandosi il rispetto da parte dei suoi superiori e anche dei suoi soldati, che ora comanda, e che in lui rivedono il padre Amilcare. Ma a differenza di molti suoi coetanei, non amava il vino, l'ozio, e condivideva senza problemi la dura vita dei suoi soldati. Sempre Tito Livio dice, spesso dormendo in terra, avvolto nel suo mantello militare, in mezzo alle sentinelle. Insomma, una condotta che noi... oggi potremmo definire spartana, nella quale poco spazio era lasciato alla vita privata. Dopo la morte del padre, infatti, si era sposato con una principessa iberica di nome Inilce. Ora, si trattava probabilmente di un matrimonio combinato. Forse è servito anche per sancire un'alleanza tra Cartagine e alcune tribù iberiche. E da Emilce, Annibale ha avuto un figlio, il cui nome però è sconosciuto. Sappiamo però che si è premurato di farli rifugiare a Cartagine prima di lasciare la Spagna, per onorare la promessa fatta al padre, e cioè muovere guerra a Roma. Roma, la sua ossessione. Annibale ha 25 anni quando l'esercito lo acclama comandante. Amato dai suoi soldati, dopo anni di intenso addestramento militare, passati a soffocare rivolte in Spagna, Annibale è pronto a guidare il suo esercito di mercenari e sfidare Roma. L'ascesa del nuovo comandante per... La ginese in Spagna non è passata inosservata a Roma. Il timore è che Annibale possa aver ereditato dal padre la sua ostilità verso Roma. Un timore che presto si rivelerà da infondato. Deciso a mettere i romani alla prova, Annibale ordina al suo esercito di assediare la città di Sagunto, che come alleata di Roma dovrebbe invece rispettare. Irritati per la sua decisione, i romani inviano Messi in Spagna, intimandogli di ritirarsi. La storia insegna che per dare inizio a una guerra, beh, non occorre un luogo particolarmente importante, neanche un obiettivo strategico di grande importanza. In effetti, ai tempi... di Annibale, Sagunto, tutto sommato era una città di secondo piano, una cittadina sulle coste centro-settentrionali della Spagna, cioè della penisola iberica, eppure questa piccola città sarebbe diventata una città di secondo piano. La causa scatenante di quella che alcuni studiosi hanno definito, sentite un po', la prima guerra mondiale dell'antichità. E stiamo parlando della guerra punica, la seconda guerra punica. Annibale infatti ignora completamente i moniti degli ambasciatori romani e non si ritira. Se il padre non è stato in grado di sconfiggere Roma, beh, Annibale è convinto di riuscirci. Ora dispone infatti di un esercito ben addestrato, temprato dalle lunghe guerre in Spagna.... E non solo. Grazie alle miniere spagnole, ha la forza economica per reggere a lungo un conflitto. Anibale si sente insomma sicuro di poter battere Roma e le sue legioni, se si dovesse arrivare a una nuova guerra. Per niente intimorito dalle richieste di Roma, Annibale fa cacciare l'ambasciatore e invia una risposta inequivocabile ai romani. Ordina di attaccare Sagutto. Le sue vittime non sono ancora romane, ma fa poca differenza. Non è una vera dichiarazione, ma la guerra di Annibale contro Roma è appena cominciata. La distruzione di Sagunto è il primo passo di Annibale verso la guerra con Roma. Ora gli occorre soltanto l'appoggio ufficiale della sua patria. Sfidando il potente vicino romano, Annibale ha posto Cartagine di fronte a un drammatico dilemma. I cartaginesi odiano Roma, ma ne temono la potenza militare. E l'ambasciatore romano minaccia la guerra. Una volta giunti di fronte al senato di Cartagine, gli ambasciatori romani... Accusano i cartaginesi di aver apertamente violato il trattato dell'Ebro e pongono un ultimatum. La consegna di Annibale e il ritorno a Sagunto degli abitanti o sarà la guerra? Il senato in quel momento è controllato dai sostenitori, gli annibali, e quindi rifiuta le condizioni imposte da Roma con sdegno. È un momento particolare della storia, infatti siamo nel 218 a.C. ed è l'inizio della seconda guerra pubblica. Non c'è posto per entrambe le potenze nel Mediterraneo. Il dado è tratto. È la guerra. In Spagna l'esercito di Annibale è pronto. Ora deve definire il piano di invasione del territorio di Roma. a vincere la guerra e capisce che deve cogliere di sorpresa i romani, attaccandoli proprio dal confine che considerano invalicabile, le Alpi. Annibale vuole varcare le Alpi perché nessuno lo ha mai fatto prima e questa è la strada per entrare nella storia. Attraversarle con un intero esercito espone a enormi pericoli, ma per Roma lo smacco sarebbe tremendo. Annibale decide di rischiare. Il piano di Annibale è ambizioso. Per la spedizione in Italia ruola un esercito composto, secondo lo storico Tito Livio, da 100.000 uomini. Una vera invasione. Con le sue truppe, Marte... via terra attraverso le Alpi. Al-Nibale sceglie questa strada più lunga e difficile invece di provare lo sbarco via mare per due ragioni principali. La prima è che comunque il sbarco Comunque è conscio della superiorità navale di Roma. E la seconda è che Annibale sa che per risvegliare i sentimenti antiromani tra le popolazioni italiche deve compiere un'impresa mai tentata prima. Un'impresa titanica che avrebbe associato Annibale alla figura mitologica di Ercole, pensate. Perché partendo proprio dallo stretto... di Gibraltar, le mitiche colonne d'Ercole, appunto Ercole era giunto in Italia attraverso le Alpi e così come aveva compiuto il suo viaggio portando con sé i mitologici buoi di Gerione, Annibale decide di portare con sé i suoi elefanti. Ne porterà 37, tra i quali Surus, il suo elefante personale, più grande degli altri, probabilmente di origine indiana. Annibale sa che se riuscirà a portare gli elefanti in Italia, Il suo attacco a sorpresa sarà ancora più devastante. I romani ignorano che Annibale si appresta ad attaccarli sul suo territorio e si preparano a scatenare la loro macchina bellica contro di lui. Il senato ha scelto il comandante che affronterà Annibale, Publio Cornelio Scipione, il padre del futuro Scipione africano. È un generale esperto e la sua certezza della vittoria è totale, perché Roma può mobilitare un esercito di vaste proporzioni. Scipione è sicuro di poter sconfiggere rapidamente il giovane e ambizioso Cartaginese. Roma vuole colpire Annibale nella sua roccaforte. Scipione porterà il suo esercito in Spagna per schiacciarlo. Come abbiamo detto all'inizio, lo scontro tra Roma e Cartagine è anche lo scontro tra due potenti famiglie, quella cartaginese di Annibale, Barca, e quella dei Scipioni. E noi ora ci troviamo sulla Lappia Antica. E proprio qui c'è una tomba molto importante. Sapete, al tempo dello scontro tra Romani e Punici, questa era aperta campagna, però c'era una legge che impediva la sepoltura di un defunto. dentro la città, bisognava seppellirli fuori ed ecco perché tutte le strade consolari, lapi, eccetera, sono così ricche di tombe romane. E la tomba che noi abbiamo alle nostre spalle è una delle più famose, è la tomba degli Scipioni. Ora da dove viene questo nome Scipione africano, Scipione? Ebbene era una famiglia che era un ramo della gens cornelia e il capostipite era stato chiamato Scipio. Scipio in latino vuol dire proprio bastone. In effetti lui si presentava in pubblico, era un tribuno militare, sorreggendo il padre cieco, come fa un bastone. Da qui il nome per tutta la famiglia e i suoi discendenti. E la tomba che alle mie spalle, costruita nel III secolo a.C., raccoglie proprio i sarcofagi di tanti membri di questa potente famiglia. Come accaduto per tanti altri monumenti romani, anche il sepolcro degli Scipioni è stato scoperto, pensato in modo assolutamente casuale. In effetti, con la caduta dell'impero romano, Roma si era svuotata. Addirittura la gente... e viveva, quei pochi che vivevano a Roma, vivevano lungo il fiume, il Tevere o attorno alle grandi basiliche. Quando Roma comincia a ritrovare una sua popolazione, è passato il Medioevo, vengono costruiti nuovi edifici. edifici e questi nuovi edifici vengono costruiti sopra quelli romani che sono sepolti, un po'come una pila di bicchieri. Ecco perché oggi Roma Antica esiste ancora ma è sepolta e si trova sotto la Roma moderna, non è stata spazzata via. Ora nel 1780 del sepolcro degli Scipioni si era completamente persa la memoria e due fratelli, fratelli Sassi, avevano acquistato il terreno e volevano costruire una cantina. Cominciarono a scavare. e si imbatterono in questo antichissimo sepolcro. Quella che stiamo attraversando adesso è proprio la galleria scavata allora. Potete immaginare la sorpresa, non solo... nello scoprire questo grande sepolcro, ma anche nello scoprire chi fossero i defunti. E la notizia girò per tutto il mondo. Fu un eco spaventoso e tutti volevano venire a vedere questo grande sepolcro. Era l'epoca del Grand Tour del Settecento in cui si riscopriva la classicità e quindi artisti, intellettuali, viaggiatori, tutti volevano vedere questa tomba. All'interno di questo sepolcro ci sono cerni. C'erano una trentina di sarcofagi, di inumazioni e certamente la tomba più impressionante e bella è questa. È davvero un capolavoro. e apparteneva a Lucio Cornelio Scipione Barbato, il membro più antico sepolto qui. Fu console intorno al 298 a.C. Pensate che questo sarcofago, bellissimo, non solo ha il nome e lo vediamo, poi c'è un elogio funebre che ci dice un po'appunto chi fosse il defunto, le sue cariche, eccetera. Quando venne scoperto si capì l'importanza e la bellezza di questo capolavoro e venne portato via quello che vedete qui. qui è una copia precisa, perfetta, ma che ci fa capire la bellezza di questo sarcofago che ora si trova in Vaticano. E per estrarlo non era possibile farlo uscire dall'entrata e quindi si scavò una voragine nella collina a larga 12 metri per estrarre il sarcofago. Ma non è la sua la tomba, il suo sarcofago. All'interno infatti, come abbiamo detto, ce n'erano una trentina. Ora, questo era il bisnonno del famoso scipione africano e qui invece... Invece c'è il nonno, anche lui con un nome molto simile, Lucio Cornelio Scipione. Ora fu un console, anche lui rispetto al padre, diciamo una quarantina di anni dopo, stavamo intorno al 259 a.C. e lui scatenò una guerra proprio contro i cartaginesi e li cacciò via addirittura dalla Corsica in modo trionfale. Quindi come vedete questa storia quasi per... personale di battaglia tra la famiglia degli Scipioni e i Cartaginesi a radici molto antiche. Ma dove si trova il membro più famoso, Scipione africano? Non si trova, si trova in campagna a Literno o Liternum, così si chiamava allora, e spiegheremo più tardi il perché. Oggi della facciata di questo grande monumento resta soltanto un piccolo tratto, ma dai pochi resti sappiamo... che in epoca antica la base del sepolcro era ricoperto di affreschi, raffiguranti scene di guerra, forse la stessa Cartagine, forse lo stesso Annibale. E poi c'erano delle state, probabilmente dei suoi membri più famosi, come ad esempio Scipione Africano. Camminare oggi in questo luogo dà una forte emozione. Anche perché intuiamo l'effetto che faceva sui romani. Vedete, si trova proprio lungo la via Appia, che si trova a pochi metri da qui, e quindi chiunque usciva da Roma si trovava di fronte a questo monumento. che si trovava probabilmente alla base di una collina, quasi una specie di facciata rupestre. E ricordava a tutti il momento d'oro di Roma, quello della Repubblica, che poi ha fondato le basi per l'impero. Ma perché tutto questo potesse accadere, ritornando al nostro racconto, era necessario sconfiggere Annibale, l'uomo che più di altri stava facendo tremare Roma. In Spagna Annibale si prepara a lasciare Nuova Cartagine. Lui e i suoi uomini sono attesi da un viaggio lungo e pieno di pericoli. L'impresa richiede un enorme sforzo logistico. Ordina di procurare delle provviste, degli abiti e delle calzature per affrontare il freddo. Il cartaginese ha pianificato tutto nei minimi dettagli. Massa. di correre un rischio enorme. Annibale lascia la Spagna nella primavera del 218 a.C. Il suo esercito avanza rapido. Si apre la strada combattendo attraverso i Pirenei e nel sud della Gallia. Dopo soli quattro mesi l'esercito cartaginese è ai piedi delle Alpi. La marcia è stata di luce. Ma la sua armata si è più che dimezzata a causa dei combattimenti e dei presidi militari lasciati lungo il cammino. Ora ha con sé poco più di 40.000 uomini. Per Annibale è come essere arrivato alla fine del mondo. Non ha mai visto nulla di simile. Anche gli elefanti sembrano sparire di fronte a queste montagne. Sovrastato dalle più grandi cime d'Europa, Annibale inizia la sua traversata verso la fine di ottobre. È un rischio sfidare le Alpi in quella stagione. La neve ha già reso i passi insidiosi. Ha però deciso di sfruttare l'effetto sorpresa e non può aspettare la primavera. Tormente e valanghe possono trasformare la traversata in un inferno. Annibale non è sicuro di quale sia la strada migliore da prendere. Più volte deve tornare indietro sui suoi passi. Si affida alle sue guide, prese dalle tribù galliche che vivono nelle regioni alpine. Alcune tribù gli sono però ostili. Non si schierano né con Roma né con... Per loro ogni invasore è un nemico e un'opportunità di fare bottino. Annibale continua la sua marcia. In soli nove giorni raggiunge il passo più alto, portando il suo esercito fino al Valico, a oltre 2000 metri. I continui scontri con i Galli tra le montagne hanno però lasciato il segno. Gli uomini sono affamati, esami, e demoralizzati. Oltre le vecchie, Annibale intradede l'Italia. È il momento di motivare i suoi soldati. Raduna i suoi uomini e parla loro delle ricchezze e della gloria che li attendono in Italia. Ma quella stessa notte, un altro nemico è in arrivo. Si scatena la peggiore tormenta da quando sono sulle Alpi. In pochi riescono a dormire, tremano per il freddo e si svegliano completamente ricoperti di neve, con le barbe ghiacciate. Anche solo respirare è una sofferenza. Annibale ha dedicato anni a radunare un esercito per sfidare Roma. Ora vede i suoi uomini cadere per il freddo, uno ad uno. Per l'esercito di Hannibal è questo è il momento più difficile. Il generale cartaginese condivide le paure e le difficoltà dei suoi uomini. Adesso la priorità non è marciare su Roma, ma sopravvivere. Laceri, affamati e falcidiati dalla lunga marcia, gli uomini di Annibale riescono a oltrepassare le Alpi. Il fatto che siano riusciti ad arrivare fino a questo punto è frutto del suo carisma e della sua determinazione. Anche gli elefanti hanno sconfitto le montagne e questo trasformerà l'impresa in leggenda. È curioso pensare che nonostante le migliaia e migliaia di pagine scritte su questo famoso attraversamento delle Alpi da parte di Annibale, beh, tra gli storici non ci sia ancora accordo sull'itinerario realmente. percorso dal generale cartaginese. Certo non è facile attraversare le Alpi. Secondo la tesi più antica Annibale sarebbe passato dal Monviso ma studi più recenti sembrano invece propendere per un passaggio più a nord, attraverso un passo nella zona del Moncenisio. E quindi, secondo questa tesi, Annibale sarebbe arrivato in Italia nei pressi di Torino. Uno degli aspetti più sorprendenti di questa grande marcia, lo sappiamo, è la presenza degli elefanti. Com'è stato possibile riuscire a far attrezzare... a degli elefanti, dei percorsi così difficili, freddi, tortuosi, con la neve, le bufere. Ora, lo abbiamo visto. Secondo gli studiosi, gli elefanti dei cartaginesi erano di una varietà che oggi non esiste più e che viveva nella zona dei monti dell'Atlante. Quindi erano adattati alla vita ad alte quote, in altitudine. Insomma, erano stati selezionati anche per il freddo. Ecco perché è stato più facile far loro attraversare le Alpi. Ma c'era un problema con questi elefanti. Diversamente dalle altre specie di elefanti, avevano invece paura dell'acqua, sembra. A meno, stando ai resoconti degli storici antichi. Polibio infatti racconta che... Quando l'esercito di Annibale arrivò su Rodano, questo grande fiume, gli elefanti si rifiutarono di salire sulle zattere per attraversarlo, avevano paura dell'acqua. E allora i cartaginesi adottarono un curioso... stratagemma. Fecero ricoprire di terra ed erba le zattere, riuscendo così a ingannare gli elefanti, a far loro credere che si trattasse di isole che galleggiavano in un certo senso e a trasportarli sull'altra riva. Ma possiamo soltanto immaginare l'incredulità e la sorpresa dei romani quando si sparse la notizia che erano stati avvistati addirittura degli elefanti nella pianura padana. E'ormai autunno inoltrato quando Annibale arriva nella pianura padana. Degli oltre 40.000 uomini con cui Annibale è arrivato ai piedi delle Alpi, restano solo 20.000 fanti e 6.000 cavalieri. Ma sono rimasti i migliori. Se mai c'è stato un esercito capace di conquistare Roma, è senz'altro questo. L'invasione dell'Italia è cominciata. Annibale aspetta con ansia di poter sfidare i Romani. Non dovrà attendere a lungo. Poche settimane dopo aver messo piede nel nord Italia, incrocia la cavalleria romana presso il fiume Ticino. I romani sono guidati da Publio Cornelio Scicchione, che è tornato in Italia per fregiarsi dell'onore di sconfiggere Annibale. Gli uomini di Annibale sono addestrati per una guerra di movimento. La cavalleria si muove rapidamente, gira intorno ai romani, cogliendoli di sorpresa. Scipione non troverà sul campo di battaglia la gloria che sognava. Ferito gravemente, viene soccorso da colui che un giorno lo vendicherà. Suo figlio, il futuro Scipione africano. Molti anni dopo, il giovane Scipione ripenserà alla battaglia del Ticino, come la svolta della sua vita. La battaglia del Ticino fu il primo incontro tra Annibale e Scipione, i due grandi protagonisti della seconda guerra punica. All'epoca Annibale era già il grande condottiero che... tutti conosciamo e Scipione? Beh Scipione aveva appena 17 anni ed era un ragazzo che riceveva tra l'altro il suo battesimo in una battaglia a fianco del padre. La battaglia del Ticino è anche anche la prima occasione in cui Scipione può osservare da vicino le tattiche di Annibale. Impressionante per Scipione e soprattutto la cavalleria cartaginese e in particolare il reparto dei cavaleggeri numidici. Proprio questo micidiale corpo di cavalleria leggera africana, una volta abbandonato Annibale in futuro e reclutato dai Romani, sarebbe poi diventato decisivo per la vittoria di Scipione. di Scipione a Zama. Ma questo è un futuro ancora lontano. Nell'inverno del 218 a.C. la vittoria sui cartaginesi è ancora al di là da venire, molto distante nel tempo. Adesso infatti è Annibale a festeggiare. Annibale celebra la sua prima vittoria contro i romani insieme al fratello Magone. È informato che Roma ha richiamato dalla Sicilia l'altro console per fermarlo. Il Senato ha arruolato migliaia di uomini, coinvolgendo anche gli alleati. Annibale è rimasto con circa 25.000 uomini. È in netta inferiorità numerica e in territorio nemico. Per battere le preponderanti forze romane ha bisogno di forze fresche. Cerca di usare i primi successi per incoraggiare gli alleati di Roma a schierarsi con lui. La vittoria sul Ticino ha un effetto immediato. Nel campo di Scipione i coscritti galli sgozzano nel sonno i legionari romani. Odiano Roma, che pochi anni prima ha conquistato le loro terre. Dopo la vittoria di Annibale, decidono di abbandonare i Romani e unirsi al Cartaginese. Per la prima volta, vedono un uomo capace di sfidare Roma e di batterla. Logorati dagli sforzi compiuti per attraversare le Alpi, i suoi elefanti non reggono il rigido inverno del nord Italia e muoiono uno ad uno dopo la battaglia della Trebbia. Con il tempo dimostrerà di non aver bisogno degli elefanti contro le macchinose legioni romane. Nella primavera del 217 a.C., adesso alla guida di un esercito di 40.000 uomini grazie ai rinforzi galli, Annibale riprende la sua inarrestabile marcia verso sud, seminando il terrore nei territori ancora fedeli a Roma. È convinto che se riuscirà a spezzare la sua rete di alleanze, Roma perderà la base della sua potenza. I romani sono pronti a tutto per fermare Annibale. Inviano sul campo sempre più truppe sicuri di vincere. Non hanno idea di cosa li aspetti. Nella sua lunga marcia verso sud, Annibale ad un certo punto si trova di fronte agli Appennini ed è curioso pensare che ebbe quasi le stesse difficoltà che aveva incontrato con le Alpi. Pensate che verso la fine dell'inverno prova a valicare, andare oltre gli Appennini ma non ci riesce per via delle condizioni che sono davvero terribili, avverse. e quindi torna indietro aspetta la primavera nella pianura padana e poi finalmente ritenta e riesce a superare gli appennini e poi scende e arriva dopo una lunga marcia fin qui guardate questo è quello che ha visto all'improvviso il lago trasimeno e laggiù vedete c'è il paese di Tuoro di provincia di Perugia e proprio qui è avvenuta una delle più sanguinose e cruenti battaglie della seconda guerra pubblica. Questa marcia d'avvicinamento è costata tanti uomini ai cartaginesi, tra l'altro Annibale stesso ha perso il suo elefante personale, Zurus, davvero caduto, morto, stremato. remato per questa marcia d'avvicinamento e lo stesso Annibale ha perso la vista ad un occhio. Questo cadeva nelle paludi della zona attorno a Fiesole. Ma le devastazioni che hanno provocato sono indicibili. I cartagenesi hanno messo a ferro e fuoco ogni città, ogni paese, ogni fattoria isolata. E questo... con un intento, l'intento di provocare i romani esattamente come Annibale era riuscito a fare sulla Trebbia o sul Ticino, provocare i romani per farli arrivare e poi aggredirli all'improvviso con un'imboscata per spazzarli via e quest'area si presta ad un'imboscata perfetta. Quella che vedete davanti a voi è la valle dove alla fine di giugno del 217 a.C. si è svolta la battaglia del Trasimeno. Ora, l'area era ovviamente un po'diversa da oggi, c'erano meno case, non c'erano le strade, insomma era meno urbanizzata e il bosco arrivava fino alle rive del lago e non c'erano tutti questi campi arati e campi agricoli. Secondo le fonti antiche, Annibale si accampò proprio laggiù, poco sopra l'attuale paese di Tuoro, con un esercito composto da 40.000 soldati. dove oggi per esempio sorge il sole, invece dalla parte opposta dove tramonta il sole si erano accampati i romani, erano molti di meno, non 40.000 ma 25.000 e si erano accampati nella zona dell'attuale paese di Borghese. erano comandati da un uomo d'azione un uomo potente anche un po arrogante il console gaio flaminio è stato proprio lui come potete intuire dal nome a voler la costruzione della via flaminia ma lui non è passata la storia solo per quella anche per una sconfitta tremenda subita proprio in questo punto in effetti il suo gli ordini che aveva ricevuto il suo compito era quello di contenere i cartaginesi non proprio attaccarli doveva aspettare che arrivasse dei rinforzi dall'Adriatico. Quindi oggi diremmo che il suo compito era quello di marcare stretto Annibale per impedirgli di attaccare Roma. Ma quella mattina lui mosse le sue truppe e percorse l'unica via possibile tra i due eserciti, un passaggio molto stretto lungo le rive del lago Trasimeno ed è lì che è stato attaccato con un'imboscata dai cartaginesi. Ma fermiamoci un attimo, proviamo a entrare dentro l'accampamento. dei romani per capire come fosse costituito un esercito di roma in quel periodo L'esercito romano in età repubblicana è molto, molto diverso da quello che vedete nei film, che solitamente è di età imperiale, quindi di qualche secolo più tardi. E qui, in questo accampamento, possiamo veramente scoprirlo. rendercene conto. Allora, innanzitutto non si tratta di soldati professionisti, ma sono soldati ragazzi reclutati, un po'come accadeva da noi con la naia, ed erano soprattutto contadini. Quindi era un esercito di contadini, di gente abituata a lavorare in campagna sotto la pioggia, le fatiche, quindi era gente che sapeva cavarsene in ogni situazione e soprattutto erano reclutati e inquadrati nelle legioni a seconda del censo e dell'età. Quindi magari i più ricchi erano dei cavalieri, andavano a cavallo, altri invece costituirono la massa. Ma quali erano le armi? Beh, avevano per esempio uno scudo. Uno scudo è interessante perché vedete, a parte il fatto che pesava, diciamo, sugli 8 chili che dovevate portare in battaglia, poi vedete, era avvolgente, fasciava il corpo, rendendo più facile l'azione di battaglia. Un legionario si nascondeva un po'dietro uno scudo e poi colpiva in varie direzioni con il gladio. Quindi era un'arma lo scudo perché a volte poteva addirittura colpire l'avversario, ma anche e soprattutto permetteva al legionario di colpire senza quasi far capire all'avversario da che parte sarebbe partito il colpo. Il colpo che veniva dato con il gladio, che aveva il filo, il taglio, era su due lati e poi... poi aveva questa punta che appunto era usata come stocco. Ma per la difesa i regionari avevano quella che è la lorica amata, una specie di maglione fatto con degli anelli metallici, molto pesante, 15 chili. Quindi immaginate tra scudo, lorica amata e le varie armi portavano addosso 20-25 chili e dovevano marciare, dovevano andare in battaglia, dovevano essere in grado. poi di trovarsi di fronte ad un avversario e anche di incutere paura, come non soltanto con le armi avvolte, ma anche con un aspetto psicologico. Vedete, questi erano gli elmi. Come mai c'erano delle penne in cima all'elmo? Questo è un elmo di tipo Montefortino, che poi si svilupperà in quello che vedrete nei film classici. Ebbene, l'esistenza delle penne rendevano il soldato più alto, un po'più... un corazziere se volete a volte c'erano effettivamente delle code di cavallo vedete questo era c'era insomma una specie di guerra psicologica e poi parliamo di quelli che erano gli altri strumenti di morte erano i pila cioè presente dei giavellotti questo più leggero veniva scagliato subito contro linea nemica e raggiungeva forse i 20 25 metri quest'altro invece più pesante veniva scagliato dopo. Vedete, avevano questa lunga asta metallica per poter penetrare più a fondo, magari colpire uno scudo, superarlo e colpire l'avversario. C'erano gli astati, la prima linea, i principes, seconda linea, e poi c'erano i triari, che erano i veterani. E si capisce subito il modo di combattere che avevano. Ecco un gruppo che sta ritornando qui nell'accampamento, perché non avevano dei giavellotti, ma avevano delle lunghe lance. Ecco come combattevano. Erano la retroguardia, veterani e combattevano solo in caso ci fossero stati problemi, perché le prime linee avevano meno esperienza al combattimento, l'ultima, loro, erano dei veterani e allora si capisce il modo di combattere dei romani. La prima linea quando vi arrivava addosso non era costituita da una linea di soldati, ma dai quadrati che vi venivano incontro. Davanti a voi questi quadrati che erano i manipoli, costituiti da due centurie, poi sfilavano come le ante di una porta scorrevole e costituivano... un unico fronte che combatteva. Dietro gli altri quadrati, gli altri manipoli aspettavano. Quando la prima linea si stancava, si ritirava tra le aperture dei quadrati che erano alle loro spalle e questi quadrati anche a loro volta cominciavano a sfilare e a costituire un'altra linea per combattere. Quindi la legione romana aveva queste due prime linee, gli astati e i principes, che funzionavano un po'come i pugni di un pugile con un 1-2 continuo. durante la battaglia e naturalmente poi c'era anche la cavalieria al lato. Insomma, la legione romana era già all'epoca di Scipione una vera e propria macchina della morte. Annibale ha deciso di tendere l'imboscata. Ha fatto disporre i propri uomini lungo le alture coperte di vegetazione sotto le quali passerà l'esercito romano. Alle prime luci dell'alba, i soldati romani si mettono in marcia per cercare di raggiungere l'esercito di Annibale. Per raggiungere più rapidamente l'esercito di Annibale, accampato sulle alture che circondano il Trasimeno, il console Flaminio decide di far marciare i suoi uomini lungo le rive del lago. Flaminio commette però un grave errore. Pur non conoscendo l'esatta posizione dei cartaginesi, Flaminio non invia esploratori sul tragetto che percorreranno i suoi uomini. I romani avanzano così del tutto ignari. Di cosa gli attende? Lungo lo stretto passaggio che costeggia il lago, le legioni romane non possono avanzare nel solito ordine di marcia, ma soltanto in strette file di tre. Nella nebbia mattutina, i romani non possono vedere i celti che sono appostati sulle alture, intorno al passo. è una carneficina il Trasimeno è un lago di sangue La battaglia lungo le rive del lago Trasimeno fu un vero e proprio massacro, una carneficina. Morirono quasi 10.000 romani contro appena 1.500 soldati di Annibale. E questo significa che la battaglia di Trasimeno è stata iniziata da un'unione di soldati di Annibale. un rapporto quasi di 1 a 10. In poche ore, pensate, venne spazzato via il 20%, un quinto delle forze di Roma. E tra l'altro morì anche Gaio Flaminio, che venne ucciso da un un gallo, un celta insubro e lo decapitò e portò via anche la corazza, ecco perché il suo corpo non è mai stato veramente ritrovato. Ora guardate che cosa si trova qui di lato a questa strada, siamo a Tuoro, vedete è la presa d'aria di un forno crematorio di quei giorni. In effetti Annibale quando finì questa battaglia si trovò un'intera area di disseminata di corpi, soprattutto romani, poteva lasciarle lì e andarsene, ma sarebbe stato accusato di impietà, di barbarie, e lui aveva bisogno dell'appoggio di altri popoli in Italia, ecco perché decise di fare delle grandi pire, di onorare questi morti in un certo senso. E questo è quello che hanno trovato gli archeologi, vedete è stato in un certo senso musealizzato, ci sono dei pannelli che vi spiegano esattamente di che cosa si tratta. Allora, si scappa. cavava una buca e si mettevano proprio qui sopra dei tronchi, delle fascine e i corpi. Si dava fuoco, tutto quanto dopo un certo momento bruciando andava giù, si mettevano altre fascine, altra legna e altri corpi. Ce n'erano più di 10.000, quasi 12.000, quindi potete immaginare per ore e ore tutta quest'area si era trasformata in una specie di inferno. inferno, ma gli archeologi non hanno trovato soltanto queste due bocche, queste due ustrina, cioè queste fosse usate per le pire, ne hanno trovate quasi un centinaio in tutta l'area e questo vi fa capire che atmosfera infernale ci fosse in questa area in quelle ore. Ma tutto questo in realtà era il risultato di una trappola organizzata da Annibale nei dei romani e Annibale passerà la storia proprio per questa sua scaltrezza, questa sua furbizia, ma soprattutto per essere uno dei più grandi strateghi della storia. Annibale è l'uomo che insegna ai romani l'uso dello stratagemma, un termine che fino a lui è completamente mancato nel loro lessico militare e politico. Per i romani in realtà la battaglia è un certame. Cioè una gara che ha delle regole fisse e immutabili. Annibale al contrario è un maestro nell'uso degli stratagemmi ed è un maestro fino all'ultimo giorno della sua vita, si può dire. Nell'ultimo scontro che combatte, che è una battaglia navale sulle coste dell'Asia minore contro la flotta di Eumeni di Pergamo, ottiene la vittoria facendo gettare sulle navi nemiche delle anfore colme di serpenti velenosi che impediranno all'avversario di manovrare. La tragedia del lago Trasimeno per i romani, beh, certamente è stata una notizia bruciante. Roma è molto scossa, ma non è sconfitta, non è in ginocchio. Infatti ritiene che questa sconfitta sia... Opera più che altro dell'imperizia, dell'imprudenza di Gaio Flaminio, del console e poi anche della bravura, della furbizia per così dire di Annibale che in un certo senso ha barato secondo le regole classiche della guerra che avevano in mente allora i romani. facendo queste imboscate improvvisa. Insomma, sono convinti a Roma che comunque nel caso di una battaglia classica campale, le legioni di Roma spazzerebbero via Annibale e il suo esercito. Comunque il Senato è certamente scosso e molto prudente, è diventato ancora più prudente e decide di riprendere un'antichissima tradizione repubblicana, quella di affidare l'esercito non a due consulati, ma un solo uomo, questo avveniva in caso di crisi ovviamente, e quest'uomo veniva nominato dictator, da lì il termine di dittatura, ma poteva essere a capo dell'esercito solo per sei mesi. Insomma, viene nominato un nuovo uomo, è Quinto Fabio Massimo, e lui decide una nuova strategia. Non lo scontro frontale con Annibale, perché si è visto, crea solo danni, sconfitte, perdite di uomini, quello che fa è di evitare lo scontro, anzi di fare per così dire una guerra di logoramento. Questa è la nuova strategia di Roma. Da quando è invaso l'Italia, Annibale ha sconfitto i romani già tre volte, ma nonostante questo non si sono ancora arresi. Sa di non avere uomini sufficienti per prendere Roma e decide di dirigersi a sud, dove spera di recuperare altri alleati. Per riuscire a sconfiggere Roma, sa che dovrà colpirla ancora più duramente. Presto i romani gli offriranno questa occasione su un piatto d'argento. Nei mesi seguenti la sconfitta sul lago Trasimeno, a Roma, la pressione sui vertici militari è altissima. Per dare i suoi frutti, la strategia di logoramento di Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore, ha bisogno di tempo. Il popolo però è impaziente. Vuole la testa di Annibale. Sotto la pressione popolare, il Senato decide quindi di abbandonare la strategia attendista. Vengono nominati due nuovi consoli e viene radunato il più grande esercito nella storia della Repubblica. Il suo obiettivo sarà di eliminare la minaccia di Annibale una volta per tutte. Il figlio di Publio Cornelio Scipione ha già affrontato la sofisticata macchina da guerra di Annibale. Ora si prepara a vivere quello che passerà alla storia, come uno dei più grandi eventi bellici di tutti i tempi. La battaglia di Canne. nella primavera del 216 a.C. Annibale che ha passato l'inverno a Geronio in Molise si dirige verso la piana di Canne in Puglia dove si impadronisce dei granai dell'esercito romano di fronte alla provocazione vocazione dell'avversario, i romani si muovono in forze per schiacciarlo, puntando sulla loro superiorità numerica. Le legioni romane marciano senza sosta verso Canne. Alla fine i cartaginesi si trovano davanti 86.000 uomini. Annibale ne può schierare invece poco più della metà, circa 50.000. La notte prima della battaglia si respira molta tensione nel campo cartaginese. Gli uomini aspettano di sapere da Annibale come pensa di vincere contro un esercito tanto superiore numericamente. Per vincere a Canne, Annibale ha elaborato un piano davvero temerario. Sa di essere in netta inferiorità numerica, ma è più forte sulle ali, dove dispone di un... Numero maggiore di cavalieri, ora annibale, è certo che i romani punteranno sulla pura forza d'urto delle legioni lanciandosi nel classico attacco frontale senza però preoccuparsi di lasciare i fianchi scoperti. Ora la sua idea è proprio di sfruttare la loro tattica per attirarli in trappola. Insomma decide che... Farà avanzare le legioni romane ritraendosi progressivamente nel suo centro, quindi offrendo al nemico un falso bersaglio. E mentre il grosso delle truppe ripiegherà, le ali del suo schieramento si allargeranno fino a circondare l'intera armata romana. Sono le prime ore del mattino quando le legioni romane avanzano sulla piana di Canne. Nessuno ha mai visto tanti soldati tutti insieme, né Annibale né i suoi uomini e neanche i loro avversari. Scrive il poeta latino Silio Italico che mai la terra d'Italia fu scossa da maggiore tempesta di armi e cavalli. Come previsto da Annibale, i romani si schierano in un unico fronte compatto che si estende per oltre un chilometro. Annibale sa che l'esercito remico è basto e potrà colpire con forza ma senza una grande capacità di manovra. E'come un rinoceronte che carica a testa bassa. Tra gli ufficiali romani c'è un volto familiare, il giovane Scipione. Un giorno scriverà l'ultima pagina di questa storia, ma a canne ha ancora molto da imparare. Ancora oggi, dopo migliaia di anni, gli studiosi di tattica guardano ammirati alla disposizione delle truppe di Annibale. All'immensa fanteria romana, Annibale oppone i suoi fanti galli e ispanici. Una linea di pochi uomini che dovrà reggere ripiegando l'urto dell'attacco romano. La cavalleria cartaginese è schierata su entrambi i fianchi e fronte a un'attacco romano. quella romana. Con una mossa insolita Annibale tiene le sue forze d'élite, i mercenari libici, nelle retrovie. Lui prende posizione dietro la prima linea insieme a fratello Magone, appena alle spalle di Galli e i Spalici. Rischierà in prima persona, ma la sua presenza da sola motiverà gli uomini nel momento decisivo. Annibale incarna lo spirito di Cartagine nella più grande battaglia contro Roma. L'istinto spingerebbe i soldati a cedere, ma Annibale è con loro. Li sprona e si assicura che non rompano le file, ma che arretrino lentamente, risucchiando i romani verso la trappola. I romani si buttano in avanti, vedono i cartaginesi arretrare e pensano di aver già vinto. La progressione della loro poderosa macchina da guerra è lenta, ma sembra inarrestabile, quindi non si fermano. Così facendo però, si accalcano sempre più al centro. I romani non se ne rendono conto, ma si stanno mettendo nelle mani di Annibale. Il suo piano sta funzionando. Mentre Annibale e i suoi alleati impegnano, La cavalleria cartaginese attacca quella romana, la insegue e la volge alla fuga. È il momento di far scattare la trappola. Annibale ordina adesso alla riserva, formata dai mercenari africani, rimasti finora inoperosi sui fianchi delle legioni, di stringere lo schieramento romano come in una morsa. Possiamo immaginare il caos di questi momenti. La mossa di Annibale ha colto completamente impreparati i romani che si trovano improvvisamente attaccati da tre direzioni. La confusione a quel punto è totale. Ammassati... in migliaia in uno spazio sempre più stretto, i soldati che si trovano al centro non riescono neanche a capire cosa stia accadendo, le legioni non riescono più a riorganizzarsi, l'attacco romano perde la sua spinta, quella grande massa di uomini è costretta a fermarsi. È l'inizio del massacro. La cavalleria di Annibale torna e completa l'accerchiamento della fanteria nemica. I romani sono adesso completamente circondati, ma la battaglia non è finita. Ci sono decine di migliaia di romani che hanno vissuto la guerra. da uccidere con spade e lance. Inizia un lento massacro, che dura per ore, in una mischia terrificante di inconcepibile brutalità. Il giovane Scipione riesce a uscire dalla trappola, ma per almeno 50.000 romani è troppo tardi. Anibale dedicherà l'intera giornata a distruggere il nemico. è la peggiore sconfitta nella storia di Roma per dimensione e impatto psicologico la battaglia di Cannes è stata sicuramente la più grave sconfitta subita dall'esercito romano in tutta la sua storia e a Roma dopo questa battaglia Tutti si aspettano di vedere Annibale alle porte e invece anche questa volta, come già aveva fatto dopo la battaglia del Trasimeno, il condottiero cartaginese rinuncia ad attaccare la città. Perché? Per quale motivo? Polibio, lo storico greco, racconta che Maar Bale, il comandante della cavalleria numidica, disse una frase significativa. E cioè gli disse... Caro Annibale, gli dèi evidentemente non hanno concesso alla stessa persona tutte le doti. Tu sai vincere Annibale, ma non sai approfittare della vittoria. In realtà oggi gli studiosi tendono a dar ragione proprio ad Annibale perché per quanto uscito vittorioso dalla battaglia di Canne, ebbene il suo esercito non era abbastanza numeroso per prendere Roma. Roma infatti era una città ancora ben presidiata e protetta da una spessa cinta di mura. che era stata fatta accuratamente rinforzare dopo la battaglia del Trasimeno. Prendere Roma avrebbe richiesto quindi un lungo assedio per il quale non erano sufficienti gli uomini di cui Annibale disponeva. Annibale ha bisogno di rinforzi. Usando gli anelli dei caduti di canne come prova delle sue vittorie, decide di inviare il fratello Magone a Cartagine chiedendo aiuto. Allo stesso tempo invia una delegazione a Roma per convincere il Senato a capitolare e porre fine al massacro. Dopo una disfatta catastrofica come quella di Canne, beh, qualsiasi popolo del mondo antico avrebbe accettato la resa. Ma non è così per Roma. Anzi, nel momento di massimo pericolo... I romani mostrano quella determinazione che fu poi una delle qualità alla base della nascita del futuro impero. Alcuni emissari cartaginesi portarono con sé dieci prigionieri romani appartenenti. alle più importanti famiglie di Roma. E lo fecero perché spingessero Roma al negoziato. In modo risoluto il senato si rifiutò di trattare la loro liberazione. La determinazione dei romani aveva una spiegazione ben precisa. Dopo la disfatta di Canna, infatti, molti degli alleati del sud avevano disertato a favore di Annibale. Tra questi la famosa città di Capua, secondo centro per importanza. in Italia dopo Roma e primo per ricchezza. I romani erano consapevoli che se si fossero mostrati deboli dopo la sconfitta, molti altri alleati avrebbero potuto abbandonare la Repubblica. E di fronte a tale risolutezza, Annibale capisce subito che la guerra è tutt'altro che finita. Raggiunge Capua che diventerà la sua nuova base operativa e aspetta l'arrivo dei rinforzi. rinforzi da Cartagine per avanzare verso Roma. Ma avrà una amara sorpresa. Il fratello di Annibale, Magone, arriva a Cartagine per chiedere rinforzi. Porta un messaggio raccolto sul campo insanguinato di canne. Gli anelli di migliaia di nobili ed equestri romani caduti in battaglia. Magone spiega al senato di Cartagine che Annibale è a un passo da una grande vittoria e chiede altri uomini per sfruttare il vantaggio. Ma i senatori sono divisi. Molti temono le ripercussioni di un'eventuale sconfitta, altri non vedono di buon occhio il potere crescente di Annibale. I senatori decidono quindi di rimandare a un'altra parte. e l'invio di nuove rinforze. Frustrato dal tiepido sostegno del Senato, Magone lascia Cartagine. Annibale dovrà continuare la sua guerra da solo. Per continuare la guerra contro Annibale, Roma ricorre a delle misure estreme. E per ricostruire in tempi rapidi un nuovo esercito, il Senato, messi da parte i dissidi interni, rivede proprio le antiche reazioni. delle regole dell'arruolamento e abbassa l'età della leva sotto i 18 anni, cioè significa che vengono chiamate le armi anche i sedicenni, i diciassettenni e non solo. I condannati per debiti sono fatti uscire... dal carcere, condonati delle pene e mandati a combattere. E per la prima volta vengono arruolati anche gli schiavi, 8.000 per l'esattezza. Sono liberati a spese dell'erario, cioè lo Stato paga ai padroni il loro costo, il loro prezzo. E questi schiavi presero il nome di volones, che significa appunto volontari alle armi riscattati dalla schiavitù. E infine, alle città alleate vennero richiesti tantissimi uomini. uomini per combattere. In questo caso la determinazione mostrata dai romani nel rifiutare ogni trattativa con Annibale si rivela vincente. In effetti le città rimaste alleate risposero in massa all'appello di Roma, dimostrando di preferire la stabilità romana al caos che sarebbe stato determinato dalla vittoria cartaginese. La fedeltà degli alleati e la fedeltà assoluta dei cittadini sarà l'elemento determinante nel decidere le sorti del conflitto. Attorno a Roma rimarranno costantemente fedeli tutti i cittadini e una gran parte degli alleati, quelli più solidi, più coesi, cioè quell'Italia terrenica che si è saldata a Roma attraverso il meccanismo delle grandi famiglie, grandi famiglie che da tempo siedono all'interno del senato di Roma e controllano le loro città di partenza, quindi rimarranno al fianco di Roma e non passeranno mai dalla parte del cartaginese preferendo la struttura che Roma ha creato. Annibale questo non lo ha ancora capito, lo capirà troppo tardi. Dopo Canne, Annibale mette a ferro e fuoco campi, città e villaggi per costringere i romani ad attaccarlo. Se riuscirà ad attirarli in una nuova grande battaglia campale, per Roma sarà la fine. Memori di Canne, i romani tuttavia non accettano lo scontro in campo aperto e costringono Annibale a una lunga ed estenuante guerra di logoramento. Le legioni romane riconquistano una ad una le città italiche spugnate da Annibale o passate sotto il suo controllo. Annibale adesso è sotto scacco. Deve tentare qualcosa. Quattro anni dopo Canne, una notizia terribile arriva a Roma. Nella primavera del 211 a.C. per fermare gli attacchi contro i suoi alleati e in particolare contro Capua sotto assedio, Annibale ha deciso di rompere gli indugi e marciare sulla città. Ora è alle porte di Roma. Roma è il fulcro delle ossessioni di Annibale, il cuore della potenza che minaccia di sopraffare Cartagine. Ma quando il grande avversario marcia sulla città trova una reazione del tutto inattesa. Stavolta i romani sono pronti. La notizia dell'arrivo di Annibale desta grande preoccupazione, ma non panico. La Roma, che adesso ha di fronte Annibale, non è più quella impaurita dopo il disastro di Canne. I romani sono consapevoli che la marcia di Annibale su Roma è soltanto una mossa velleitaria. La città è infatti difesa da forti mura e da due legioni e per conquistarla Annibale avrebbe bisogno di un lungo assedio e di molti soldati. Tempo e uomini, risorse di cui non dispone. Per diversi giorni Annibale cerca di indurre i romani a uno scontro in campo aperto, spingendosi fin sotto le mura della città. Tutti i suoi tentativi sono però paghi. I romani, saggiamente, non cadono nelle provocazioni del condottiero cartaginese. Alla fine, consapevole che numerose legioni potrebbero convergere su di lui, Annibale decide di ritirarsi. Ancora una volta Roma si è rivelata troppo forte per le sue forze. La mancata conquista da parte di Annibale di Roma è per i romani stessi la conferma che la tattica di attesa adottata dai propri generali funziona. L'avanzata di Annibale in Italia infatti sta perdendo slancio e tra i romani cresce la consapevolezza che questo sia il momento giusto per passare all'offensiva. La prima tappa di questo piano è la Spagna, dove si trovano i possedimenti della famiglia di Annibale. Nella penisola iberica, infatti, lo scontro tra romani e cartaginesi si era mantenuto, diciamo così, in sostanziale equilibrio. E il senato di Roma aveva affidato il comando delle operazioni al padre di Scipione Africano e allo zio, dal nome un po'complicato, Gneo Cornelio Scipione Calvo. Ora, per anni i due Scipioni avevano impegnato le truppe cartaginesi, riuscendo a impedire l'invio di nuovi rinforzi in Italia. Ma nel... Nel 211 a.C. entrambi questi generali romani erano morti senza essere riusciti a sconfiggere definitivamente i cartaginesi ed erano morti in battaglia. I cartaginesi continuano a mantenere il controllo su gran parte della penisola. E proprio per vendicarne la morte il senato decide di inviare in Spagna... Il giovane scipione africano. Le sue vittorie nella penisola iberica rappresenteranno davvero una svolta epocale per Roma e il primo passo verso la costruzione di un impero nel Mediterraneo. Scipione ha appena compiuto 25 anni quando viene inviato in Spagna. Per tradizione il comando dell'esercito è affidato a generali più maturi, ma il senato ha piena fiducia in lui e ha deciso di fare un'eccezione. Spinto dalla volontà di vendicare il padre, in Spagna Scipione trasforma le legioni romane in un'agile macchina da guerra. Vince più volte gli eserciti cartaginesi, rivelando al mondo le sue qualità. Si sta preparando per la sfida finale, con il suo grande rivale. Ma Annibale non è stato ancora sconfitto. Finché resta in Italia, la partita è ancora aperta. Intanto le legioni rimaste in Italia proseguono nella riconquista una ad una delle città passate sotto il controllo dei cartaginesi. Per nove lunghi anni Annibale continua a combattere in Italia senza riuscire a ottenere una vittoria decisiva. Poi una delegazione di Cartagine giunge al suo accampamento con terribili notizie. Scipione ha conquistato la Spagna e invaso il Nord Africa. Cartagine chiede ad Annibale di tornare per difenderla. Il generale cartaginese, suo malgrado, accetta. Cartagine è la sua patria. Per Cartagine ha lottato tutta la vita. E'il 202 a.C. quando Annibale lascia l'Italia e ritorna in Nordafrica per la prima volta da quando aveva 9 anni. Pensate, il condottiero cartaginese mette insomma piede nuovamente sulla terra dove è nato. dopo tantissimi anni e possiamo immaginare il vortice delle sue emozioni che ha in testa. Forse anche durante l'incontro con la moglie in Ilce e con il suo unico figlio, che non aveva più visto dai tempi della partenza per l'Italia, quindi 16 anni prima. Ma... Per Annibale il ritorno in patria ha però soprattutto il sapore della sconfitta, perché non è mai stato battuto sul campo dei Romani, è vero, ma non è riuscito a vincere la loro tenacia. Il suo piano di provocare la libellione degli alleati di Roma grazie alle sue vittorie sulle legioni romane è fallito. Ma l'Annibale che torna in patria è sempre lo stesso e torna subito a dedicarsi alla sua missione, cioè combattere e vincere i Romani. Nelle campagne intorno a Cartagine Annibale vede i segni delle devastazioni portate dall'esercito di Scipione città e villaggi ridotti in macerie temendo che i rossi non si rinforzino possano distruggere la città, il senato di Cartagine valuta anche l'ipotesi di arrendersi a Scipione. Ma con il ritorno di Annibale cambiano idea. Vogliono che Annibale combatta per loro, ma il suo esercito si è indebolito. I governanti di Cartagine non sanno cosa sia una guerra contro Roma. Annibale sa che il suo esercito non è pronto per affrontare Scipione, ma Cartagine è la sua patria e decide di obbedire all'ordine del senato. Per la prima volta dopo Canne, Annibale torna ad affrontare i romani in campo aperto, a Zama. Può contare su un nuovo contingente di elefanti da battaglia, ma questa volta i suoi avversari sono di tutt'altra pasta. A comandarli adesso c'è Scipione. Il giorno prima della battaglia, i due più grandi generali dell'epoca decidono di incontrarsi. Bisogna dire che questa lunga storia che vi stiamo raccontando sembra quasi la trama di un film oppure di un romanzo. È ricchissima di effetti speciali, gli elefanti che passano sulle Alpi, oppure di drammi, la battaglia di canne. o anche di colpi di scena, come quello che avviene tra Annibale e Scipione, un incontro prima della battaglia di Zama. Insomma, si sono incontrati i due protagonisti, uno di fronte all'altro, e che cosa si sono detti? Innanzitutto bisogna dire che è un episodio che ha pochi eguali nella storia militare. Pensate come se a Waterloo Napoleone e Wellington si fossero incontrati la sera prima. E dopo essere rimasti soli, che cosa si sono detti? Beh, avevano con loro anche degli interpreti e il primo a parlare fu proprio Annibale. E Tito, Tito Livio, scrive che dopo aver ricordato con una certa ironia al giudice... giovane Scipione che questa guerra sarà ricordata soprattutto per le vostre disfatte, ebbene Annibale propone a Scipione un accordo in base al quale a Roma sarebbe andato il controllo sulla Spagna e su tutte le isole del Mediterraneo, occidentale perlomeno, mentre a Cartagine sarebbe rimasto il controllo dei territori africani. Scipione ovviamente rifiuta questa proposta, infatti quei territori erano sotto la proposta di Scipione, ma non è il controllo di Roma già da tempo e poi Annibale era in una posizione di debolezza. Ho dovuto trascinarti in Africa, ha detto Scipione ad Annibale, quasi per mano. E fu così che la battaglia di Zama ebbe inizio. A Zama, Annibale è testimone della nuova organizzazione dell'esercito romano. Scipione si è impadronito della sua arte militare, perfezionandola. Arruolando i temibili cavalleggeri lumidi, Scipione ha rinforzato la cavalleria alle ali del suo schieramento, guadagnando la supremazia in un settore che più di una volta aveva garantito la vittoria ad Annibale. Al centro, a posto i reduci di canne, diecimila uomini desiderosi di riscattare il proprio onore. Ormai anche gli elefanti hanno un'utilità limitata. Di fronte alla loro carica, Scipione allinea i manipoli, lasciando passare gli animali senza danni attraverso i corridoi lasciati tra le file. Azama, Annibale, combatte meglio dell'avversario, ma perde la sua prima battaglia. I veterani africani rimasti ad Annibale, i trionfatori di Canne, vengono circondati e massacrati. Scipione è il primo e l'unico a sconfiggere Annibale. Per questo passerà alla storia con l'appellativo di Africano. La battaglia di Zama in un certo senso segna la fine del secondo atto del secolare conflitto tra Roma e Cartagine. Ora, per uno di quegli strani scherzi del destino... A sconfiggere Annibale, pensate un po', sono stati in un certo senso proprio i reduci di Canne, cioè quei legionari che erano rimasti vivi dopo quella terribile battaglia e che erano stati condannati a formare l'Empire. Le famose legiones canenses, dannate in un certo senso, e proprio loro motivati dalla volontà di riscattarsi, ebbene, hanno retto l'urto della fanteria veterana cartaginese. resistendo eroicamente fino all'arrivo della cavalleria che darà poi la vittoria ai romani. Insomma, in un certo senso la sconfitta di Canne è stata vendicata e anche il loro onore è stato restituito. Persa la battaglia, per evitare il saccheggio e la distruzione della città, i cartaginesi accettano le dure condizioni di pace imposte da Scipione. Allora, Cartagine dovrà pagare una pesantissima indennità di guerra. e rinunciare a tutti i propri possedimenti in Spagna e a gran parte di quegli africani. La flotta punica di Cartagine verrà ridotta ad appena, pensate, dieci navi. E cosa ancora più umiliante, ai cartaginesi viene vietato per sempre di prendere le armi senza il permesso dei romani. Insomma, Cartagine viene di fatto ridotta a uno stato vassallo di Roma. Per Annibale il ritorno a Cartagine è doppiamente amaro. Alla delusione per la sconfitta si aggiungono le ingiuste critiche di molti senatori che gli rinfacciano le pesanti condizioni della resa e anche l'essersi lasciato sfuggire dopo Canne, l'occasione di conquistare Roma. Ma dopo la delusione, arriva il tradimento finale. Per ottenere migliori condizioni da Roma, nel 195 a.C. il senato di Cartagine decide di consegnare Annibale ai romani. Tradito dalla sua patria, Annibale lascia l'Africa e non vi farà più ritorno. Ma resta determinato a continuare la sua guerra personale contro Roma. Gli aveva giurato odio eterno quando aveva nove anni. Non si arrenderà mai. Esiliato da Cartagine, Annibale va a Oriente e offre i suoi servigi di grande generale e di consigliere a quei regni che si oppongono all'espansione romana. romana e per 13 anni, 13 anni, aiuta in ogni modo i nemici di Roma. Ma a Roma non si sono scordati di lui, il nemico che l'ha fatta tremare. I romani considerano il condottiere cartaginese il loro principale nemico e lo mettono al primo posto della loro personale lista di ricercati ai sovrani che lo ospitano la repubblica romana intima l'immediata consegna minacciando in caso contrario la guerra e così ha iniziò una lunga caccia all'uomo I romani inviano emissari in oriente sulle tracce di Annibale. È un uomo braccato. È solo e senza patria. La Spagna, la terra dove è cresciuto, è ormai una provincia romana. Anche Cartagine è lontana. Non c'è posto per lui tra la sua gente, perché il Senato lo ha tradito. Alla fine, gli emissari di Roma lo ritrovano nella lontana Abitinia, in Asia Minore. Il condottiero cartaginese si prepara per il suo ultimo scontro. Sa che i romani vogliono catturarlo per esibirlo come un trofeo. Non darà ai romani la soddisfazione di prenderlo vivo. Il racconto che ci fanno gli autori antichi della morte di Annibale, beh, sembra davvero uscito da una spy story. Sentite un po'. Quando il senato romano scopre che Annibale si è rifugiato in Bitinia presso il re di Annibale, re Prusia, viene immediatamente inviata una delegazione armata con l'incarico di riportarla a Roma. Ora giunta in Bitinia, questa delegazione, questo piccolo esercito, chiede al re l'immediata consegna di Annibale che, sebbene ormai abbia poco più di 60 anni, è ancora considerato l'uomo più pericoloso per il popolo romano. Ora, posto di fronte al rischio di una guerra con Roma, questo re accetta di rivelare ai romani il luogo in cui si era rifugiato a Nibale. Il condottiero cartaginese infatti si è toccato. ...in una villa a Libissa, sul mar di Marmara. Sapendo di essere ricercato dai romani, però, Annibale si era preparato e ha fatto fortificare la villa, costruendo anche diverse uscite sotterranee. Informati però dalle guardie del re dell'esistenza di questi passaggi segreti, i soldati romani sono stati molto cauti e hanno circondato tutto il perimetro della villa. E Annibale, dopo essersi accorto... che ogni via di fuga era sbarrata, piuttosto che finire nelle mani dei suoi odiati nemici, beh, decide di uccidersi e lo fa ingerendo del veleno che teneva nel castone di un suo anello. Non sappiamo molto della sua morte, tranne un dettaglio raccontato da Tito Livio e disse che prima di suicidarsi avrebbe pronunciato questa frase. Quanto sono cambiati i romani? soprattutto nei costumi. Non hanno più neanche la pazienza di aspettare la morte di un vecchio. Su allora, liberiamoli da questo lungo affanno. E così ha preso il veleno. Annibale muore all'età di 63 anni. È il 183 avanti Cristo. I primi a riconoscere la sua grandezza in campo militare furono gli stessi romani, dei quali fu uno dei più strenui avversari. Due secoli più tardi Cornelio Nepote scrisse «Annibale è stato superiore a tutti gli altri comandanti per abilità, quanto il popolo romano è superiore a tutti gli altri popoli per la forza». Annibale fu uno dei più grandi generali della storia. Secondo molti studiosi, paragonabile addirittura a Napoleone. Ancora oggi, la sua battaglia di canne è considerata la battaglia perfetta ed è studiata persino nelle più importanti accademie militari di tutto il mondo, tra cui la celebre West Point negli Stati Uniti. Ma nonostante i suoi straordinari successi, Annibale passò gli ultimi anni della sua vita in esilio, scacciato dai suoi stessi concittadini. E per ironia della sorte, anche al suo grande rivale, Scipione Africano, toccò un analogo destino. Infatti il grande generale morì in esilio a Liternum, in Campania, quindi lontano da Roma, dalla città che aveva amato e per cui aveva combattuto. Ma proprio i suoi successi gli resero ostile una parte della nobilitas, dell'aristocrazia che... Non vedeva di buon occhio il grande consenso popolare di cui godeva. E intorno al 187 a.C., di ritorno da una vittoriosa campagna in Asia Minor contro il re Antioco III, Scipione, assieme a suo fratello chiamato Scipione Asiatico, non africano ma asiatico, venne accusato da alcuni senatori ostili a loro di essersi impadronito illecitamente di parte dell'indennità di guerra. Ora, non sappiamo. Se l'accusa fosse davvero fondata, a lungo protratta, l'azione nei suoi confronti fu però alla fine lasciata cadere. Tuttavia Scipione, indignato per il trattamento ricevuto e politicamente compromesso, decise di ritirarsi volontariamente in esilio all'iterno. Publio Cornelio Scipione rimase a Liternum, l'attuale Villa Literno in Campania, fino alla sua morte, che per quelle curiose coincidenze della storia, avvenne nel 183 a.C., proprio lo stesso anno in cui si tolse la vita a Nino. lontano dalla città per la quale aveva combattuto tutta la sua vita il vincitore di zama trascorse gli ultimi anni della sua vita tra i suoi familiari in compagnia di alcuni dei suoi più fedeli uomini e del poeta ennio suo grande amico ancora amareggiato sulla sua tomba fece incidere parole che in seguito sarebbero state ripetute dagli esuli di ogni tempo e ogni luogo In grata patria non avrai nemmeno le mie ossa. Nei 50 anni che seguirono la fine della seconda guerra punica, la situazione tra Roma e Cartagine fu essenzialmente una situazione di pace, rapporti molto tranquilli. Cartagine era una fedelissima alleata di Roma, si concentrava solo sul commercio, anzi stava conoscendo un nuovo periodo floro. e per dimostrare la sua lealtà e fedeltà non aveva esitato il senato cartaginese a sacrificare persino Annibale, il quale era dovuto scappare da Cartagine per non essere catturato dai Romani. Però i Romani, soprattutto il popolo di Roma, non aveva dimenticato il dolore, la morte di decine e decine di migliaia di Romani. a causa di quest'uomo c'era un'aperta ostilità nei confronti dei cartaginesi non tanto velata pertanto per dire persino nella popolazione comune e il senato di roma? beh il senato di roma non vedeva di buon occhio questo nuovo commercio questo questa economia di cartagine che tornava a essere florida anzi il senato non aspettava che un pretesto per chiudere definitivamente la partita con cartagine Non si possono comprendere gli eventi tra la fine della guerra annibalica e la distruzione di Cartagine se non si tiene conto della forza traumatica del conflitto contro Annibale. che ricorda il trauma dell'11 settembre delle Torri Gemelle e che scatena nel mondo romano la paura. Roma distruggerà sistematicamente tutte le florete flotte del Mediterraneo per scongiurare l'eventualità di una nuova invasione dell'Italia. Quando vedrà risorgere con la nascita del grande porto punico intorno alla metà del secondo secolo l'incubo della potenza navale punica deciderà alla fine di distruggere Cartagine stessa. Si tratta di una guerra preventiva durissima, persino brutale, ma non immobile. motivata. Il pretesto per il senato romano arrivò nel 150 avanti Cristo grazie ai Numidi, una popolazione vicino ai cartaginesi. Questi Numidi coprivano delle scorrerie regolarmente, dei saccheggi nei territori cartaginesi. che avevano protestato e alla fine avevano messo su un esercito per contrastargli. Un'azione difensiva, certamente, ma i romani la videro in modo molto diverso, perché i cartaginesi non potevano armare un esercito. Era una violazione palestina. dei trattati del 202 a.C. E a nulla valse la serie di ambascerie da parte dei cartaginesi inviate a Roma per scusarsi, per dare dei risarcimenti. Il senato romano si riunì nel 149 e decise di mandare un esercito contro Cartagine. Anzi, fu proprio in quel momento che venne pronunciata una frase che rimase nei secoli. La pronunciò Marco Porcio Catone, Cartago delenda est, Cartagine deve essere distrutta. E così, 50 anni dopo le scorrerie provocate da Annibale, Roma presentava a Cartagine il piatto freddo della vendetta. Cominciava così la Terza Guerra Pubblica. Protetti da possenti mura alte 14 metri, i cartaginesi resistono disperatamente ai romani per tre lunghi anni. fino a quando il senato li mette davanti a un nuovo generale è il nipote adottivo del grande scipione africano il suo nome è Publio Cornelio Scipione Emiliano ancora una volta il destino di Cartagine sarebbe stato deciso da uno scipione l'esercito romano si appresta a lanciare l'assalto finale Roma e Cartagine sono rivali da 120 anni. Chi vince oggi dominerà il Mediterraneo e il mondo. Una volta varcate le mura, la lotta si fa sempre più accesa. I cartaginesi oppongono una strenua resistenza, strada per strada, casa per casa. La conquista definitiva della città richiede ai romani sei giorni e sei notti di combattimenti estenuati. Per fiaccare la resistenza, Scipione Emiliano ordina di incendiare la città. Alla fine è un massacro. Racconta lo storico Attiano che i romani per avanzare arrivarono ad abbattere interi edifici dai quali cadevano i corpi di coloro che erano morti combattendo, ma anche quelli dei vivi, soprattutto vecchi, donne e bambini. E mentre cadevano, mandavano urla spaventose. Oggi abbiamo trionfato! D'ora in poi, nessuno potrà mettere in discussione l'autorità di Roma! Ma non è ancora finita! Voglio che questa città venga annientata! Riducetela in polvere e spargete sale sulle rovine! Non deve crescere neanche un arbusto in memoria di Cartagine! Il trionfo di Scipione Emiliano coincide con una delle pagine più oscure nella storia di Roma. In pochi mesi, una delle più antiche città del Mediterraneo viene completamente cancellata dalla faccia della terra. Cartagine viene spogliata di tutti i suoi tesori. I 50.000 superstiti su una popolazione di oltre 200.000 abitanti vengono venduti come schiavi. A partire da questo giorno, Roma regnerà in contrastata sul Mediterraneo per altri 600 anni. La distruzione fisica di Cartagine pone la fine di questo scontro durato così a lungo tra i Punici e i Romani. Ma non segna la fine, paradossalmente. dei cartaginesi, perché per esempio tutte le città puniche continuano a vivere, quindi il pensiero, la cultura punica continua ad andare avanti per parecchio. E paradossalmente anche Cartagine troverà una nuova vita. vita perché dopo circa un secolo i romani capiranno che cartagine ha una posizione strategica nel mediterraneo tra la sicilia e l'africa anche per i commerci e quindi la ricostruiranno certo sarà una città romana con coloni romani ma poi sarà una città cosmopolita con 200.000 abitanti e per i romani non solo tornerà la parola cartagine il nome di cartagine ma comunque il pensiero dei cartaginesi non c'è Non cesserà mai di rimanere nel fondo della loro testa, nella loro memoria. Canne sarà sempre vista per secoli la peggior sconfitta di Roma e Annibale il nemico più temuto. E effettivamente Annibale è stato vicinissimo alla vittoria. E se avesse vinto, tutta la storia che conosciamo ne sarebbe certamente stata totalmente stravolta. Grazie per averci seguito. Buonanotte. Pantone, vai prima! Stop! Poi ti stai andando? Va bene, va bene! Ma sei scemo! Vuoi morire un po'più a destra, sì? E se è pieno poco? E'un pezzo! Dai!