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L'eredità letteraria di Ennio

Cari amici, dopo esserci divertiti con Plauto nei video precedenti, torniamo seri per parlare di Ennio, o meglio del pater Ennius, come due secoli dopo lo avrebbe definito Orazio. In realtà di pater la letteratura latina ne aveva già uno, Livio Andronico. pater in quanto iniziatore della letteratura latina, come vi ho ben spiegato in questa lezione. L'appellativo di pater che Orazio attribuì ad Ennio si riferiva però ad una paternità ideologica, più che biologica potremmo dire. Ennio fu infatti il primo a comporre un poema epico in esametri, il metro principe dell'epica greca che dopo Ennio sarebbe divenuto tale anche nella letteratura. latina. Ma pater anche perché questo poema epico vastissimo intitolato Annales celebrava i valori e le tradizioni della società romana, il mitico Mos Maiorum. Fu il poema epico più importante dell'età repubblicana e e uno dei modelli principali dell'Eneide. Allora, andiamo a conoscerlo, incominciando come sempre da un inquadramento storico-biografico del suo autore, Linea del Tempo. Dunque, cosa c'è da dire di importante sulla vita di Ennio? Intanto le sue origini nacque nel 239, la prima guerra punica era finita da un paio d'anni, a Rudie, una cittadina nell'attuale Puglia che a quel tempo ruotava nell'orbita culturale di Taranto. la greca Taranto, e questo è l'aspetto che ci interessa. Ennio è l'ennesimo poeta latino delle origini, non romano, ma proveniente dalla Magna Grecia, e quindi intriso di cultura greca che egli porterà a Roma, proprio come aveva fatto il suo corregionale Livio Andronico, vi ricordate, lo schiavo greco di Taranto. Ecco appunto come e quando Ennio arrivò a Roma. Siamo alla fine del secolo 204. e alla fine della Seconda Guerra Punica. Egno si trova in Sardegna, dove sta combattendo a fianco dei Romani. Passa da quelle parti Catone, che tornava dall'Africa, dove era stato questore sotto Scipione Africano. Incontra Egno, ne intuisce il talento letterario e se lo porta a Roma, dove il nuovo arrivato inizia subito a farsi una fama. come autore di tragedie. Fu presto presentato anche a Scipione Africano, del cui potentissimo clan divenne intimo, e ad altre nobili famiglie dell'aristocrazia romana, tra le quali la Gens Fulvia. Il console del 189, Marco Fulvio Nobiliore, mandato in Grecia a combattere contro gli Etoli, siamo all'inizio del II secolo, quindi periodo dell'espansione romana nel Mediterraneo orientale. volle portarsi Egno con sé affinché con i suoi versi celebrasse le sue imprese. Per stima e gratitudine, il figlio del console, Quinto Fulvio Nobiliore, fece avere al poeta lo ius civitatis, l'ambita cittadinanza romana, e gli passò anche il suo prenome, e questo è il motivo per cui lo conosciamo come Quinto Egno. Tutto contento ed orgoglioso, il poeta scrisse «Nos sumus Romani quiant». Fuimus Rudini. Siamo romani, noi che prima fummo rudini. Ed anche gli scipioni vollero ricambiare il suo attaccamento alla loro famiglia. Alla sua morte, avvenuta nel 169 a 70 anni, lo fecero seppellire nel loro sepolcro e ne fecero costruire un busto. Su di esso, ce lo racconta Cicerone, era inciso questo meraviglioso epitafio. composto da Ennio stesso. Volito vivus, per ora virum. Vivo volteggio per le bocche degli uomini. La poesia che dona l'immortalità. Queste belle parole testimoniano come Ennio stesso fosse consapevole della sua grandezza e in effetti nel corso della sua vita intensa e longeva produsse un gran numero di opere. Peccato non ce ne sia arrivata intera nemmeno una. E la sua importanza per la poesia latina fu grandissima, come vedremo bene commentandogli Annales, il poema che lo avrebbe fatto volitare vivus per le bocche degli uomini. Vediamo quindi adesso prima di tutto un quadro generale della sua produzione poetica. Come abbiamo detto all'inizio, la fama di Ennio, appena giunto a Roma, arrivò grazie alla sua attività di tragediografo. il comico non faceva per lui. E del resto sarebbe stato anche difficile battere la concorrenza che in quei decenni era rappresentata da Plauto, di circa 12 anni più anziano di lui, quindi operavano a Roma contemporaneamente. Ennio fu invece grande nel tragico, scrisse sia tragedie coturnate che tragedie pretexte. Ricordate, la fabula coturnata era la tragedia di argomento greco, normalmente mitologico, mentre la fabula pretexta, il genere inventato da Nevio, era la tragedia di argomento storico romano. Di quest'ultimo sottogenere si ricordano due titoli, Sabine e Ambracia. La prima dedicata al famoso episodio del Ratto delle Sabine compiuto da Romolo e la seconda alla presa della città di Ambracia con la quale si era conclusa la guerra in Etolia, alla quale Egno stesso aveva partecipato di persona seguendo il console marco. Fulvio Nobiliore. Le coturnate riprendevano invece noti episodi mitici della tradizione greca. Alcuni titoli che ci sono rimasti sono Medea, Ifigenia, Tieste, Achille eccetera. Di tutto questo ci rimangono pochissimi frammenti e quanto allo stile possiamo dire in sintesi che esso presentava i tipici caratteri dello stile tragico romano. Solennità. Maniloquenza, amplificazione delle scene per ottenere effetti di maggior pathos, ed anche sentenziosità, cioè presenza di sentenze massime dal tono proverbiale. Sentite questa. Amicus certus in re incerta cernitur. Il vero amico si riconosce nei momenti difficili. Lo sappiamo bene tutti. Notate però anche nel verso di Ennio l'allitterazione, la ripetizione dello stesso suono, una figura retorica molto amata dalla lingua latina e di cui Ennio fu ricchissimo. Amicus certus in re incerta cernitur. Dunque, con il teatro tragico, come abbiamo detto, Ennio guadagnò la fama in vita, ma il suo opus maximum, l'opera che gli diede l'immortalità, sono gli Annales, il poema epico sulla storia di Roma, che però per la loro complessità ed importanza meritano un video a parte, il prossimo a cui quindi vi rimando. Voglio invece concludere questo con un paio di curiosità ma molto interessanti, opere minori normalmente relegate alla fine del capitolo o eliminate del tutto, che però nel caso di questo poeta hanno la loro importanza perché testimoniano come Ennio fu veramente ambasciatore della cultura greca a Roma. Questi scritti così particolari dimostrano il suo interesse a proporre aspetti culturali anche diversificati del mondo greco e testimoniano anche come a Roma ci dovesse essere un pubblico, benché sicuramente ristretto ed elite, disponibile a condividere tali interessi e a farsi suggerire itinerari culturali nuovi e stimolanti. Per esempio, riprendendo le idee del filosofo greco e vemero di Messina, Ennio scrisse un'operetta in prosa intitolata Euemerus in cui esponeva la teoria secondo la quale gli dèi sarebbero in realtà degli antichissimi uomini, che per i loro meriti nei confronti dell'umanità erano stati divinizzati, teoria detta appunto evemerismo. E poi, pensate che le guide turistico-gastronomiche siano un'invenzione di noi moderni viaggiatori e gourmet? In realtà ne aveva già scritta una, Ennio, anche in questo caso su un modello di un'operetta simile di uno scrittore greco. Il suo titolo era Edifagetica. prelibatezze e vi erano descritte le specialità culinarie gustate nel corso dei suoi viaggi. A differenza però delle nostre guide gastronomiche, questa, che era scritta da un letterato di livello, era in esametri e non so dirvi quanto sarei stato curioso di poterla leggere e magari sperimentare qualche antica ricettina. E poi lo scipio, un poemetto sempre in esametri, dedicato al suo grande amico e protettore. scrittore scipione africano, di cui celebrava la vittoria di Zama. Oscura e molto discussa è la sua produzione di satire, ma riprenderemo bene questo punto in futuro parlando di Lucilio e delle origini della satire. Dunque il quadro generale delle opere di Ennio ve l'ho dato, vi aspetto al prossimo video per parlare degli Annales, voi mi raccomando continuate a seguirmi e ricordate che nel mio canale trovate... tutte le altre lezioni di letteratura latina dalle origini. Allora, a presto!