Buonasera, cento anni fa a Milano moriva l'uomo che aveva composto questa musica, Giuseppe Verdi. Non è stato soltanto un grande compositore, è stato un uomo con una vita straordinaria, una vita che noi stasera vogliamo raccontare. Quello di questa sera quindi non sarà un programma di musica lirica, altri programmi celebreranno... le sue opere. Sentiremo quindi ben pochi brani d'opera, solo qualche accenno.
Quella che vogliamo raccontare infatti è la storia di Giuseppe Verdi, una storia poco conosciuta ma che è invece appassionante come un romanzo. Pensate, Verdi era nato nel 1813 sotto Napoleone I ed è vissuto fino al 1901 quando Einstein stava per elaborare la teoria della relatività. Ha quindi assistito a un cambiamento del mondo incredibile, dall'Umea Petrolio alla scoperta dei raggi X, dalla carrozza a cavalli all'automobile al cinematografo. Ma tutta la sua vita è stata piena di eventi e di passioni. L'Italia in quel secolo è passata da un insieme di staterelli sotto dominio straniero al risorgimento poi all'unità, quindi passioni politiche, passioni musicali naturalmente e passioni d'amore.
Tragedia anche, la morte dei due figli piccoli e della giovane moglie e poi la sua storia d'amore con la cantante Giuseppina Strepponi, una storia tormentata simile per certi versi a quella raccontata poi. nella Traviata. Una streppone interpretata qui da Carla Fracci.
Questo speciale lo abbiamo preparato utilizzando il bellissimo sceneggiato di Renato Castellani che aveva già realizzato quello sceneggiato famoso su Leonardo da Vinci che penso molti di voi ricorderanno. Una serata che ci permetterà anche di capire come si viveva nell'Ottocento, qual era l'igiene, l'istruzione o anche il diritto di voto. di pochi, anzi di pochissimi e cosa hanno significato invenzioni come il treno o la fotografia. Un'occasione per scoprire tutto questo attraverso la bellissima storia di Giuseppe Verdi.
Musica Giuseppe, Francesco, è anche fortunato? Certo, fortunino, fortunino. È fortunato? Lequel nous a notifié Un bambino di sesso maschile. Maschio, sì.
Il battesimo di Giuseppe Verdi avvenne dunque in francese. Come mai? Perché a quel tempo l'Italia non esisteva. La nostra penisola era una terra di conquista, divisa in tanti staterelli. A quell'epoca buona parte dell'Italia del Nord era sotto il dominio di Napoleone, che aveva attraversato le Alpi alla fine del Settecento.
sconfiggendo l'esercito austriaco e il comune di Busseto era stato annesso direttamente alla Francia. Ma al momento della nascita di Verdi, nel 1813, l'impero napoleonico stava vivendo le sue ultime ore. La campagna di Russia, disastrosa, aveva colpito a morte l'imperatore e gli abstentici stavano ora riprendendosi nuovamente la pianura padana. Ecco come si presentava l'Italia poco dopo la nascita di Giuseppe Verdi.
Cominciamo dal sud. Il regno delle due Sicilie, lo stato della Chiesa, il Gran Ducato di Toscana, il Ducato di Lucca, quello di Massa, il Ducato di Modena e quello di Parma, il regno Piemonte-Sardegna e il Lombardo-Veneto. Per girare da una regione all'altra dell'Italia occorreva a quel tempo attraversare una frontiera. Era necessario un lasciapazzare e anche bisognava pagare la dogana.
A noi tutto questo sembra molto strano, ma era così. La lingua italiana era separata in tanti pezzi, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista economico, culturale e linguistico, perché ognuno parlava il proprio dialetto. L'italiano era ancora una lingua.
per persone colte. Eppure serpeggiava già quella forte spinta all'unità che diede luogo poco dopo al risorgimento e alla nascita di una nazione. Tutte cose vissute a volte anche in prima persona da Giuseppe Verdi.
E'qui che cresce il giovane Verdi, in una piccola cittadina della pianura padana, Busseto. No, Roncole, Roncole. Le, Roncole, e, nella. Comune di Busseto.
Così come altri bambini sono attirati dai soldatini o dal pallone, il piccolo Verdi è attirato da uno straordinario strumento che vede per la prima volta in chiesa, l'organo. Aminus vobiscum. Aminus vobiscum.
Et cum fili tu tuo. Ed è proprio l'organista della chiesa ad avvicinarlo alla musica. a fargli mettere per la prima volta le mani sulla tastiera. È un amore a prima vista, che diventa rapidamente una passione.
Comincia così un rapporto quasi fisico con la musica che non lo abbandonerà mai più. L'organista capisce subito di trovarsi di fronte a un grande talento. Bravo!
Anche il padre, che ha una piccola osteria, si rende conto di avere un figlio particolare, non destinato solo a servire vino e a lavare bicchieri o a levare bachi da seta per la madre filatrice. Con molti sacrifici fa una spesa che avrà poi enormi conseguenze. Un giorno infatti torna a casa con un grosso involucro.
È una spinetta. E'su questo strumento che Verdi comincia il suo lungo percorso di musicista. C'è un episodio significativo e toccante.
Ehi tu, suona qualche tasto sul basso. Dai, su, suona. Un giorno, il padre chiama un accordatore per rimettere a posto la spinetta. Caspita! Sei bravo.
Ah, ciao. Allora, tutto bene? L'hai aggiustata adesso.
Ma tu non ci devi pestare troppo. È una spinetta vecchia. Ah, ci ho cambiato anche i saltarelli e rifatto la pedaliera. E quanto vi devo? Oh, no, niente, niente.
Il ragazzo è troppo bravo. Nella spinetta ci ho incollato un biglietto per mio ricordo. Ed eccola quella spinetta che oggi è conservata alla casa di riposo per musicisti di Milano. Porta ancora il bigliettino lasciato dall'accordatore. Dice di aver fatto i lavori gratuitamente perché vedendo la buona...
una disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi di imparare a suonare questo strumento, che questo mi basta per essere del tutto pagato, firmato Stefano Cavalletti. A quel tempo non esistevano i pianoforti così come li conosciamo oggi, il loro suono è stato un'altra cosa, Era un po'più sordo, un po'più metallico e lo era ancora più su queste spinelle. E'su questo strumento che Verdi studia per anni con grande entusiasmo e impegno, oltre che sull'organo, naturalmente. Il giovane Verdi cresce, comincia a suonare l'organo ai matrimoni. Va a lezione da un maestro di busseto, Provesi.
A 15 anni è considerato il miglior pianista della regione, ma vuole anche capire meglio il mondo in cui vive. In biblioteca legge tutto con avidità. ancora? Sì. Sarebbe però forse rimasto un bravo organista per matrimoni o magari il direttore di una delle bande musicali che giravano per la regione se nella sua vita non fosse entrato un personaggio straordinario destinato a imprimere una vera svolta alla sua esistenza.
Prima di parlarne però andiamo a Busseto per cercare di respirare un po'l'aria del tempo. Busseto, 7.000 abitanti, a metà strada tra Parma e Piacenza, è rimasta sostanzialmente quella che Verdi conobbe, con i suoi palazzi, le sue chiese, come la chiesa di San Bartolomeo, dove per vari anni si perfezionò nell'organo. Il suo monumento oggi troneggia nel mezzo della piazza principale, che si chiama naturalmente Piazza Verdi, circondata dal municipio e dal teatro, che si chiama naturalmente Teatro Verdi.
Perdi in realtà non era proprio di busseto, ma di una frazione a qualche chilometro denominata Le Roncole. Qui esiste ancora la sua casa natale, una casa semplice che è stata conservata e restaurata. Ma com'era questa regione agli inizi dell'Ottocento?
Ebbene, i nostri inviati hanno tentato di mettersi, per così dire, negli occhi di Giuseppe Verdi per recuperare qualche immagine, o forse meglio qualche sensazione, di come dovevano essere queste terre all'epoca di Verdi, quando ancora le si attraversavano in carrozza ed era un'impresa anche andare a Milano. Come si viaggiava? Quanti anni fa in Italia?
Beh, il sistema più pratico e più comodo erano le diligenze identiche a quelle che si vedono nei film western, che tra l'altro erano proprio usate nello stesso periodo. Ma sulle strade si vedevano anche altri tipi di carrozza, come questa. Questa è una timonella o pistoiese.
Era una carrozza veloce, snella. Se volete era l'equivalente di quelle macchine sportive di lusso, a due posti che si vedono sfrecciare sull'autostrada oggi. Era chiamata persino Dottorino perché la usava.
usavano i dottori, ma anche i preti, i commercianti. In effetti a quell'epoca possedere una carrozza era roba da ricchi. Gli altri o affittavano una diligenza, oppure andavano sui muri, o ancora andavano a piedi. Costruire una carrozza era un bel lavoro, un impegno, ci volevano mesi perché erano realizzate a mano. ma alla fine si otteneva un vero capolavoro, come questa carrozza, che è originale, risale ai tempi di Verdi, ed è stata un po'restaurata.
I materiali di base erano tre, il legno, l'acciaio e il cuoio, oltre alla tela naturalmente. I legni erano locali, come la caccia, che è nervoso, resistente e soprattutto non teme l'umidità. Poi si usava il bosso, ad esempio, per i raggi delle ruote, perché è indistruttibile. Ora, le ruote non avevano pneumatico, ma un bel cerchione di ferro.
Ma contrariamente a quanto si pensa non era affatto scomodo andare su una carrozza, non era duro, ogni botta, ogni scossone veniva perfettamente ammortizzato da un sistema che esiste ancora oggi, è davvero geniale. Sono le balestre, in pratica delle fasce, delle lastre di acciaio che si piegano e assorbono l'energia di uno scossone. Questa carrozza veniva soprattutto utilizzata per le tratte brevi, ma poteva capitare che calasse la notte e allora? Ecco la soluzione. Esistevano già i fari, erano questi fanali con all'interno, pensate, una semplice candela, ma erano molto efficaci, efficienti e illuminavano la strada senza problemi.
Il volante erano le redini e il motore un cavallo. E pensate che tutte queste carrozze venivano costruite a seconda delle dimensioni del cavallo. Se era grande bisognava farle più alte, se era piccolo più basse. E poi c'era un'ultima magia, e cioè la capote.
Per proteggersi la schiena bastava tirarla su, così, in un attimo. E se invece si alzava il vento oppure veniva... Alla pioggia o c'era troppo sole, in pochi secondi, eccola qua, tirata su. Tra l'altro con quell'apertura là dietro, d'estate, c'era anche una gradevole reazione, se volete, era l'aria condizionata dell'epoca.
Oggi per andare da Busseto a Milano ci vuole all'incirca un'oretta. Ma ai tempi di Verdi, nell'Ottocento, ci voleva almeno un giorno e anche di più a seconda della pioggia, del clima e delle condizioni delle strade. Le strade erano strette e polverose e ovviamente si prendeva la via Emilia.
Allora avremmo incontrato solo pochi carri in legno per il trasporto delle merci e poi delle diligenze e qualche calesse e molta gente a piedi. Oggi nessuno lo ricorda più, ma allora per andare a Milano bisognava attraversare una frontiera, una frontiera internazionale. Infatti si passava dal Ducato di Parma e Piacenza e si entrava nell'impero austriaco, il cosiddetto vicereame Lombardo-Veneto. Bisognava pagare il dazio per attraversare il Po e poi vi sequestravano libri patriottici che non dovevano entrare nell'impero austriaco e vi sequestravano anche eventuali salami e culatelli e prosciutti.
Insomma, bisognava sempre dare una mancetta ai doganieri e bisognava anche presentare un documento di identità. Questa è la fotocopia del passaporto di Giuseppe Verdi. Una curiosità, non esistendo ancora la macchina fotografica, non poteva esserci la foto della persona che veniva così descritta come in un'identikit. Cioè, capelli castani, fronte alta, sopracciglia nere, naso aquilino, eccetera, eccetera, mento ovale.
E si scopre anche che i segni particolari di Giuseppe Verdi erano vaiolato. nel senso che vede i segni del vaiolo, cosa che non si vede mai nei suoi ritratti. Ma torniamo ora al personaggio straordinario che Verdi incontra quando è ancora un ragazzo, un personaggio che doveva letteralmente...
cambiare la sua vita, Antonio Barezzi. Barezzi aveva una drogheria nel centro di Busseto e gli affari andavano bene, non era ricchissimo, ma viveva con la giatezza, era un appassionato di musica, nella sua cucina si riunivano la domenica pomeriggio gli amici della filarmonica di Busseto, tra le bottiglie di vino buono e il profumo dello zampone. Che proprio tu non studi musica mi sembra una gran stupidata. Antonio Barezzi aveva capito che quel ragazzo un po'timido con gli occhi intelligenti era un fuoriclasse Uno di quei talenti rari che non si potevano lasciar spegnere E'bravo il Peppino eh! Era stato proprio lui, dopo averlo sentito suonare, ad avergli pagato le prime lezioni di pianoforte presso il maestro Provesi.
Moris avregla me con la ricchezza che c'hai qui nel cervello. Perché è qui? Perché è quella vera?
e addirittura lo aveva ad un certo punto accolto a casa sua come ospite permanente notrendolo, pagandogli gli studi, gli abiti e tutto quello di cui aveva bisogno ma Barezzi aveva anche capito che Busseto era troppo piccolo per questo talento. Solo a Milano avrebbe potuto trovare l'ambiente giusto e i maestri giusti per diventare davvero un grande musicista. Decide quindi di sostenerlo in questa nuova avventura. A 18 anni Giuseppe Verdi parte dunque per Milano. E qui a Milano accade una cosa che ha dell'incredibile.
Giuseppe Verdi infatti si presenta alla commissione esaminatrice per essere ammesso al conservatorio. Ecco quello che succede. Osservi la mano, posizione scorretta, scorrettissima.
Quanti anni ha? Sui 18. 18 anni. 18 anni, a quell'età non si correggerà mai. Il limite di accettazione degli allievi è 14 anni.
Ha 4 anni di troppo. Certo, 4 anni di troppo. Eh, la testa è stata......è stata... Insomma Verdi non viene ammesso. Ma non per ottusità degli esaminatori, infatti essi dovevano giudicare non il compositore, ma solo il pianista, che tra l'altro non era più giovanissimo per l'entrata al conservatorio e per di più straniero.
Per ironia della... Sorte, oggi quel conservatorio porta il suo nome. Ma per il giovane Verdi questa bocciatura è un dramma.
Che fare? Non ha soldi per pagarsi gli studi privatamente. L'alternativa è tornare sconfitto a Busseto.
Sì, insomma, i professori del conservatorio l'hanno respinto. Ah, somari. E allora?
Beh, non preoccuparti, vedremo Vai, vai, vai Ma ancora una volta interviene Barezzi Non soltanto gli anticipa i soldi di un sussidio che Verdi ha chiesto al monte di pietà Ma gli paga alle elezioni private tutto quello di cui ha bisogno Adesso così va bene Che il scriva? Sì maestro Lo abbona alla scala, agli spartiti Gli manda continuamente soldi per le calze, le scarpe, i ristoranti, gli abiti e gli comprerà anche un pianoforte. Questa generosità di Antonio Barezzi, questo puntare sul talento di un giovane e aiutarlo anche nelle avversità, è una cosa che colpisce.
Quanti giovani, infatti, quanti geni non hanno potuto emergere proprio per questo? perché non hanno trovato i loro barezzi, non solo nella musica del resto, ma in ogni campo. Oggi ci sono le borse di studio, ma sono qualcosa di più anonimo, di più freddo.
E spesso non sono in grado di valutare. certe qualità essenziali di un individuo come per esempio la creatività. Sicuramente ci siamo persi per strada molti geni proprio perché nessuno ha saputo scoprirli e valorizzarli.
Chissà se Verdi sarebbe stato scoperto dai ricercatori della MacArthur Foundation. Che cos'è la MacArthur? Vale la pena di parlarne brevemente perché è una specie di barezzi su scala. miliardaria che esiste negli Stati Uniti proprio per scoprire e valorizzare dei grandi talenti.
Si tratta di un'incredibile fondazione creata dai signori MacArthur multimiliardari. Questa fondazione da vent'anni sguinzaglia in giro segretamente degli esperti per scoprire persone geniali in ogni campo, non solo nella musica ma anche nella scienza, nell'economia, nell'educazione, nelle scienze sociali eccetera e regala a queste persone molti soldi perché possano dedicarsi ai loro studi o a alle loro ricerche, senza dover più pensare ai problemi di sopravvivenza quotidiana. In questi vent'anni sono state premiate quasi 600 persone, ognuna delle quali ha ricevuto quasi mezzo miliardo di lire. Credo che nel nostro mondo si senta la mancanza di questo tipo di mecenatismo. Sappiamo infatti che gran parte della beneficenza va ai bisognosi ed è giusto che sia così.
Ma qualche seme bisognerebbe pur tenerlo da parte per investire sui talenti. sulla creatività e sulla genialità. A fondo perduto, perché poi è da lì che possono nascere cose nuove e uomini che lasciano il segno.
Barezzi tutto questo lo aveva capito. E a Giuseppe Verdi concede tutto, persino a un certo punto la mano di sua figlia Margherita. Signori, un brindisi a Verdi. e alla promessa sposa Lasciati i suoi studi a Milano, Giuseppe Verdi concorre per l'incarico di maestro di cappella della chiesa di Busseto. Un posto sicuro, un posto fisso, come si direbbe oggi, che gli avrebbe dato la tranquillità economica.
Anche perché l'incarico era abbinato a quello di direttore della filarmonica di Busseto. In chiesa non c'è nessuno. Don Ballarini ha fatto venire musicisti da Parma.
E sono al porto nostro della nostra chiesa. Da Parma? Per questa nomina in realtà si scatenò una vera e propria battaglia in paese. Alla morte del maestro in cappella.
carica, infatti. Il parroco voleva nominare il suo candidato, mentre i filarmonici volevano assolutamente verdi. E per imporre la loro scelta si rifiutarono di continuare a suonare in chiesa la domenica. Il parroco allora fece venire altri musicisti da fuori.
Da chi che arriva un altro? Per ritorsione, i filarmonici, con i loro amici e parenti, rifiutarono allora di andare alla messa, facendo persino da picchetti davanti alla chiesa. In chiesa non c'è nessuno, proprio nessuno, solo sette persone, sette!
Nove! Nove! Stavamo in pensiero, professor Seletti!
Uno sciopero musicale ecclesiastico che degenerò anche in risse. Intervenne a questo punto da Parma la duchessa Maria Luigia in persona che sospese tutto, musica e organisti in attesa di una soluzione. Verdi viene comunque nominato direttore della fiera.
L'armonica di Busseto, un incarico impegnativo che lo porta a comporre e a dirigere centinaia di pezzi per orchestra. Un'esperienza preziosa per imparare bene il mestiere e soprattutto per esercitare la sua creatività. La vita a Busseto si svolge serena, ma Verdi ha la mente rivolta altrove, alla scala, perché comporre musica per la banda della filarmonica è gratificante, specialmente dopo le grandi battaglie che sono state fatte per la bandiera.
sostenerlo ma la scala è un'altra cosa e qui dentro che sogna un giorno di fare musica perché questa è la fortezza da conquistare e il grande tempio dove un musicista viene davvero consacrato ma la scala per il momento è ancora molto lontana qui i suoi amici della fila non lo possono però aiutare. Deve trovare altre strade, ma soprattutto deve contare sulle sue forze e sulla sua musica. Già nel primo soggiorno a Milano aveva frequentato il Caffè Martini, dove erano passati Bellini, Rossini, Donizetti.
E qui aveva conosciuto musicisti e autori di libretti. Un mondo in fermento, dove tutto poteva succedere. A condizione di esserci, di partecipare. Rochester.
Mettilo in musica, eh, che a farlo rappresentare alla scala ci penso io. Invece Verdi è a Busseto, dove vive una vita serena, certo, ma non adatta alle sue aspirazioni e al suo talento. Nel 1837 nasce una bambina, Virginia, e l'anno dopo un maschietto, Icidio. La moglie Margherita, che ha per lui una sterminata ammirazione e dedizione, capisce perfettamente la situazione. ed è lei stessa a spingerlo alla rottura con Busseto.
Dai le dimissioni. Cosa? Ma sì, dai le dimissioni da maestro di musica del comune di Busseto e ci trasferiamo qui a Milano.
È la decisione giusta, quella che gli permetterà veramente di entrare alla scala. Ma è anche una decisione traumatica, intanto perché lascia il posto fisso e il relativo stipendio per un futuro incerto, anche se parezzi pagheranno. ai conti.
Ma poi perché questo addio a Bussetto viene vissuto un po'come un tradimento da parte di coloro che si erano tanto battuti per lui. Così se ne è andato. L'ingratitudine è proprio dei giovani, dopo quel che abbiamo fatto. A Milano cominciano per Verdi gli anni più duri e cominciano con una duplice tragedia. È infatti in questo periodo, mentre sta cercando di affermarsi che uno dopo l'altro gli muoiono i due bambini.
Prima la piccola Virginia, a 16 mesi. Poi Icilio, anche lui a 16 mesi. No, Si generavano allora parecchi figli, ma la selezione naturale ne portava via moltissimi, 4-5 volte più di oggi.
Per questo la popolazione cresceva poco. I cimiteri allora erano pieni di tombe sormontate da angioletti. Per capire un po'meglio cosa voleva dire morire alla nascita nell'Ottocento abbiamo invitato in studio il professor Corsini che è un autorevole studioso della demografia delle popolazioni. Allora, quanto si moriva alla nascita nell'Ottocento?
Un quarto dei neonati non arrivava a compiere il primo anno di vita. Cioè moriva uno su quattro. Moriva uno su quattro.
Lei ci ha dato dei dati che qui abbiamo trasformato in colonnine e vediamo come questa colonna altissima che arriva appunto a 220. morti nel primo anno e a destra una colonia bassissima. La situazione attuale è di 6,5 mediamente per l'Italia, per mille nati vivi. Quindi vuol dire 40 volte meno. Naturalmente una volta ci si riprende.
produceva di più anche per compensare l'impatto. Difatti c'è un'altra colonna che riguarda proprio la fertilità delle femmine in questo caso, che nell'Ottocento era di 2,2 bambine per ogni mese. madri, oggi la situazione invece è profondamente diversa, è meno di una bambina per ogni madre. 0,6. Un ultimo dato impressionante è quello della speranza di vita, nell'Ottocento quando si nasceva si aveva la speranza di arrivare mediamente ai 33 anni.
Oggi la situazione è fortemente migliorata, si arriva a 80 anni in media. Lei ci ha portato anche due ex voto che sono molto significativi, questo riguarda una malattia che oggi è poco più dell'influenza. Il morbillo, una delle cause di morte prevalenti nell'Ottocento per la primissima infanzia e poi il tifo, un'altra malattia, un'altra causa di morte. Tutte le malattie.
infettive naturalmente poi anche lei mi diceva dopo lo svezzamento c'era una forte mortalità sì perché non esistevano industrie di sostegno omogenizzati di prodotti per l'infanzia anche l'acqua probabilmente e quindi i bambini venivano svezzati dando loro quello che mangiavano anche gli altri cioè pappine ma c'è anche un'altra cosa impressionante che lei ci diceva e che cioè nell'ottocento moltissimi bambini venivano abbandonati si può Può stimare grossomodo fra il 30 e il 40% delle famiglie legittime consegnava almeno un figlio all'ospedale dell'inducente, dei trovatelli. Questo a Firenze, ma veniva un po'in tutta Italia e anche in Europa. In tutte le città del mondo e in tutta l'Europa. E questo per povertà, perché non potevano. Per estrema povertà, perché non avevano i mezzi per mantenere i figli.
E questi bambini che fine facevano? Se i bambini legittimi morivano in un quarto, cioè 220. 225 per mille, quelli degli ospedali innocenti in Petrovatelli morivano fra 500 e 600 per mille, più della metà non sopravviveva entro il primo anno di vita. Tutto questo ci mostra quanto i cambiamenti, le innovazioni, lo sviluppo della medicina, dell'igiene, della sanità, dell'economia hanno trasformato radicalmente e tutto questo dovremmo ricordarcelo per capire cosa ha significato questa transizione. Grazie.
Tre settimane dopo la morte di Icilio, Verdi, dopo tante attese, delusioni, battaglie, ha però la gioia di vedere finalmente una sua opera messa in scena alla Scala. Vogliamo dare questo oberto? Va bene. Ma come? Ma io dico a te, un giovane, uno sconosciuto, un nessuno che viene da Parma di dare una tua opera niente meno che qui alla Scala e tu mi dici, va bene.
È un'opera minore, oggi poco rappresentata. Si intitola Loberto. È una storia ambientata nel Medioevo in cui si intrecciano seduzioni e tradimenti con un tragico duello finale e il ritiro in convento della protagonista. Io per la serata di beneficenza la canterò senz'altro. Mi piace.
Sì, sì, e piace anche a noi. La scala a quel tempo era leggermente diversa da come appare oggi. Nulla è cambiata naturalmente per quel che riguarda la struttura del teatro, le decorazioni e naturalmente il palco reale. Era la platea a essere un po'diversa.
diversa per quel che riguarda la distribuzione dei posti. Intanto va detto che l'orchestra non era nella cosiddetta buca, non era infossata, ma occupava una parte della platea. Le poltrone poi non esistevano, la platea infatti non era una parte della platea, ma una parte della era considerato un buon punto di ascolto. Si stava in piedi oppure seduti su delle semplici panche. I posti migliori per l'acustica erano i palchi di Primotti.
E qui vediamo anche una curiosa fila di sedili sotto i palchi destinati alle signore. Quella sera, per la prima rappresentazione dell'Oberto, il 17 novembre 1839, tutto il loggione è occupato dalla filarmonica di Busseto. I malumori sono finiti. È un momento di gloria per il loro concittadino e anche per loro.
Curiosamente a quell'epoca non esisteva ancora il direttore d'orchestra, era il primo violino a dare gli attacchi. Il pubblico fortunatamente reagisce bene a questa prima opera e nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo Verdi corre subito a casa da Margherita per annunciarglielo felice. Margherita!
Ma sei te? Sì! Ma...
ma... ma... Ma è già finito?
No, no! Ma c'è successo? Niente, niente. Ho fatto una scappata di corsa, il primo atto è finito. È andato bene, è proprio bene, sai?
Devo tornare subito alla scala però. Vai, vai, vai che se no comincio il secondato. Vai, vai.
La musica dell'oberto, dicono oggi i critici, riecheggiava un po'quella di Donizetti, di Rossini e soprattutto di Bellini, ma c'era già Verdi. Verdi riesce insomma a entrare alla scala. Roberto va abbastanza bene, vi sono 14 repliche e l'editore Ricordi pubblica la partitura.
Ma i compensi a conti fatti sono molto più che i risultati. Infatti non bastano certamente a ripianare i debiti che nel frattempo si sono accumulati, perché la vita del compositore è molto difficile. Alla fine del mese ci sono creditori da pagare, c'è l'affitto di casa arretrato.
Margherita a un certo punto va a impegnare i suoi anelli al monte di Pietà. Margherita è poco descritta dai biografi. Alcuni si sono chiesti quanto avesse pesato nel loro matrimonio il fatto che fosse la figlia di Barezzi, il benefattore di Verdi. Una catenina d'oro a 18 grani. Per quanti mesi?
Per tre mesi. Tre mesi. Ecco.
Cosa sono? I soldi per l'affitto? Ma come hai fatto? Di certo Verdile fu molto attaccato e fu a lungo fedele al suo ricordo.
Margherita infatti quello stesso anno morì di febbre cerebrale, come si diceva a quel tempo. Forse di meningite. Aveva 26 anni.
Nel giro di un anno Verdi perde così i due figli e la moglie e rimane solo. Per ironia della sorte, proprio in quel periodo deve scrivere un'opera comica che gli è stata commissionata intitolata Un giorno di regno. L'opera, rappresentata alla scala nel settembre del 1840, va malissimo.
È il momento più difficile della sua vita, ha perso tutto e questo insuccesso rischia di pesare molto sul suo futuro di compositore. E ora solo è sfiduciato. Con l'animo straziato dalle sventure domestiche, esacerbato dall'insuccesso del mio lavoro, decisi di non comporre mai più.
Ormai vede nero nel suo futuro, lascia la casa, si trasferisce in una camera mobiliata e consuma i suoi pasti in una modesta osteria. Ma qualcosa di straordinario sta per succedere. Madonna che neve!
Vieni, vieni a teatro con me! L'impresario Merelli, col quale lavora, gli passa un libretto che dice potrebbe diventare un'opera. Vieni, guarda!
Che cos'è? È quel libretto di Solera che a Nicolai non piace. Ah, un argomento magnifico, eh! Vieni, vieni, leggi, leggi. Guarda se non ha ragione.
È una storia che si situa all'epoca babilonese. Parla del re Nabucodonosor che conquista Gerusalemme e deporta gli ebrei in schiavitù in Babilonia. Un argomento biblico.
Verdi comincia a scrivere qualche pagina di musica. Sente che le note gli vengono una dopo l'altra. Chi è che piange?
alzatevi sentite quello che vi dico verrà un giorno in cui questi luoghi è come una febbre in breve tempo l'opera è terminata è il Nabucco le sorgete angosciati fratelli sul mio labbro pavella il Signore sul mio labbro pavella il Signore bravo Ma la scala non la mette in cartellone. È in quella circostanza che Verdi conosce Giuseppina Strepponi, una cantante di successo che è anche pianista. Una donna particolare. Da una relazione con un uomo sposato, un tenore, aveva avuto due figli, cosa a quel tempo riprovevole in società. Canta per mantenere la famiglia, anche se la sua voce comincia a risentire delle fatiche cui si sottopone.
Anche altri cantanti fanno pressione sull'impresario. Il cantante era un vivo e bisognava assecondarne tutte le cose. Le richieste da quelle più bizzarre, se l'aria di un'opera non gli piaceva la toglievano, a quelle più intelligenti, come l'intuizione di dare fiducia al giovane Verdi. Il Nabucco viene quindi allestito e messo in programma, ma a condizione di spendere il minimo. Infatti le scene sono riciclate da altre rappresentazioni, i costumi sono giusti, usati e si concedono soltanto 12 giorni di prova.
La Strepponi interpreta Abigail. A questo punto però succede qualcosa di magico. In teatro c'è un'atmosfera eccitata e le prove si trasformano in un momento straordinario, specialmente quando arriva il famoso coro del Nabucco, che coinvolge tutti, cantanti, musicisti, macchinisti e sarti. Oh, hai sentito? Stanno suonando!
Cos'è? È una prova! È una prova della bucodonosa! Ma che è? Ma cosa l'è questa bella musica?
Ma cosa canta lei durante le prove? Silenzio! Va davanti col film, su, su!
Anche lei, shh! Va bene. Ma qui cantano tutti! Musica Musica Mettiamo anche a cantare?
Quando la sera del 9 marzo 1842 l'opera va finalmente in scena, si spera in un gran successo ed è un trionfo. Quel trionfo del Nabucco segna una vera svolta nella vita di Verdi come compositore. Alla scala viene replicato nel giro di pochi mesi più di 60 volte e tutti i teatri lo mettono in scena. Quello che è più incredibile è che la gente per strada comincia a cantare le arie di Verdi.
La Quindi mancava quell'opportunità di sentire molte volte le arie così come avviene oggi. C'era però qualcos'altro che sostituiva almeno in parte la radio, i dischi e le cassette. Ed erano le bande musicali nei gialli. giardini, i mandolini e gli organetti.
Ecco qui proprio un organetto d'epoca che ci è stato prestato dal Museo degli Strumenti Musicali Meccanici di Ravenna, della collezione Marini. Questo organetto era un po'l'equivalente di un jukebox o se volete di un giradischi e le arie di Verdi si diffondono insomma rapidamente con un successo senza precedenti. Verdi anticipa di un secolo il successo delle canzoni popolari. Le sue aree erano famose come i grandi hit di Sanremo, si potrebbe dire, e lui stesso diventa un personaggio. Una star Cravate alla verdi e di colore verde venite a vedere papà ma cosa c'è?
anche le cravate anche le cravate si si, se lo togno si andiamo alla solita osteria? andiamo al Grand Hotel c'è un aspetto interessante che riguarda gli allestimenti scenici dell'epoca sia alla scala come del resto negli altri teatri e cioè il fatto che a quel tempo naturalmente non esisteva la luce elettrica quindi niente lampadine niente lampadari o proiettori. Tutto veniva fatto con le candele o con i lumi a petrolio.
All'inizio della serata un enorme lampadario centrale scendeva dall'alto del soffitto con tutte le candele accese ed era un vero spettacolo da applaudire. Naturalmente non si poteva accendere e spegnere a comando, quindi la sala doveva rimanere illuminata durante tutta la rappresentazione. Ma sul palco, con candele, con lumi a petrolio, ci si poteva ingegnare per realizzare degli arditi effetti speciali, come in questo sorgere del sole sulla Laguna Veneta.
Sono ben evidenti i rischi di incendio che correva un teatro con tutti questi fuochi accesi. Sentiamo cosa ne pensa Franco Filighiera, che è il capo dei servizi tecnici di sicurezza del teatro qui della Scala. Intanto lei mi diceva che la Scala... è stata costruita dopo l'incendio di un teatro precedente. Infatti è stata ricostruita dopo il terzo incendio, praticamente, del Regio Ducale.
Quindi una volta era una cosa frequentissima. Quanto durava un teatro? Mediamente 20 anni. 20 anni? Sì.
Altri di più, alcuni sono arrivati fino a noi, poi hanno preso fuoco recentemente. Lei è responsabile dei sistemi di sicurezza, ha inventato dei sistemi molto raffinati, tra l'altro oltre ai materiali, nifuri, porte tagliafuoco, c'è una cosa molto particolare alla Scala, c'è una squadra che tutto l'anno, nelle 24 ore, giorni e notte, estate e inverno, che ci sia lo spettacolo, è sempre lì pronta a intervenire. Infatti è la squadra di prevenzione composta da 16 vigili che effettuano 4 turni durante tutto l'anno, quindi 365 giorni all'anno. Quando non c'è niente non è che giocano a carte, lei ha organizzato una specie di continuo lavoro di manutenzione e verifica?
Infatti loro hanno un programma giornaliero settimanale, quindicinale, mensile dove devono effettuare le prove sugli impianti, prove da tutti i servizi che compongono. impongono il sistema antincendio. Non solo, ma lei ogni tanto a tradimento gli fa scattare un allarme e poi si mette col cronometro per vedere in base al tabellone che è scattato quanto tempo impiegano a arrivare sul posto. È una prova estemporanea, molto importante perché non viene pianificata precedentemente ed è finalizzata a determinare il tempo di intervento che quantificano un superiore di 30 secondi. Non più di 30 secondi sono sul posto.
Sono bravissimi, ci arrivano sempre. La scala in tutti questi anni è sempre stata In passato, vediamo prima i rischi di incendio, non c'erano solo le candele che creavano dei problemi, ma c'erano molti altri fuochi. Intanto si fumava, poi c'erano i braceri per il riscaldamento, si mangiava anche, quindi c'erano anche i fornelli, i fuochi per la cucina, che erano nel retropalco, perché una volta ogni palco aveva una sua pertinenza, là dove oggi ci sono i guardaroba. E cosa si faceva?
Aveva un uso polivalente, se vogliamo, quindi venne utilizzato per cucinare, venne utilizzato per guardaroba e soprattutto nei semplici servizi al piano, i servizi igienici intendo, venne utilizzato anche come servizio igienico. E quindi lei mi dice che c'era anche un rischio per chi passava sotto la scala a quel tempo. Tant'è che i responsabili dei palchettisti, i consigli delegati, dopo il terzo giorno di apertura della scala nel 1778, avevano invitato i palchettisti di evitare di lordare i passanti dell'attuale via Sant'Ugine.
Giuseppe. Quindi passando sotto la scala c'è il rischio di vedersi piovere in testa qualcosa di non propriamente artistico. Grazie Franco Figliera e buon lavoro.
Ringrazio. Ma in un teatro come alla Scala molte altre cose sono cambiate. dall'epoca di Verdi.
Nuove tecnologie sono state inventate per rendere sempre più creativa la macchina scenica. I nostri inviati sono andati qui sotto a esplorare il teatro dietro le quinte per scoprire delle cose che noi solitamente dalla sala non riusciamo a vedere. Fa una certa emozione entrare e camminare nella platea di uno dei teatri più famosi del mondo e anche uno di quelli più carichi di storia. Il teatro alla scala infatti supera i 200.000. 120 anni di età, quindi è più antico ancora della rivoluzione francese.
Pensate a quanti trionfi, quanti applausi e quante volte qui si è raggiunta tecnicamente la perfezione artistica. Pochi luoghi al mondo hanno offerto così tanto all'arte e alla cultura. In passato però il teatro era un po'diverso. Per esempio quello conosciuto da Verdi non aveva questo incredibile lampadario che domina tutta la sala.
Pensate, è alto 5 metri e largo altrettanto e pesa 12 quintali, cioè quasi quanto un automobile. Contiene più di 380 lampadine e quasi 7000 traprismi e ottagoni in cristallo di Bohemia. Insomma, è una piccola meraviglia.
Ma questo Tempio dell'Arte è anche un volto tecnologico. Chiunque si siede in un teatro ha sempre un po'la curiosità di sapere come sono fatte le quinte, cosa accade dietro, insomma di curiosare dietro le quinte. Ed è proprio quello che faremo noi ora con il permesso della direzione del teatro.
Noi ora ci troviamo in un teatro che è un teatro di un'epoca, troviamo sul palcoscenico, quello utile agli artisti, copre un'area di 330 metri quadrati, lungo più di 16 metri e largo 20. E da qui si vede quello che vedono gli artisti, cantanti lirici, ballerini. È una prospettiva che si vede poco, ma che vi offre tutta l'imponenza e la bellezza di questo teatro. E vi fa anche capire perché a molti artisti, anche dei nomi illustri, viene la paura di entrare in scena, il cosiddetto track.
Immaginate di trovarvi qui, di fronte a un teatro riempito di persone, più di 2000 persone che vi osservano, in silenzio, vi scrutano, vi giudicano. Insomma, siete sotto esame e gli esaminatori sono più di 2000. Ora ci troviamo proprio sotto il palcoscenico, guardate c'è una selva di tralicci, di cavi, di manovelle, di ingranaggi, questo è il vero e proprio cervello tecnologico del palcoscenico che è stato realizzato pensate nel 1937. E allora ecco come funziona. Il palcoscenico è suddiviso in sei ponti appaiati. Ecco, noi siamo su uno di questi ponti.
E questi ponti possono alzarsi o abbassarsi un po'come i tasti di un pianoforte. non solo, questi ponti sono costituiti anche da tanti pannelli, ce ne sono più di 100 e questi pannelli possono anche loro alzarsi o abbassarsi un po'come i tasti di una macchina da scrivere e allora ecco il risultato, il palcoscenico può essere piatto oppure leggermente inclinato o anche con delle aree rialzate o ribassate che sono distanti l'uno dall'altro di 7 metri E tutto questo meccanismo può essere messo in moto silenziosamente anche durante le rappresentazioni. In questo modo voi avete un Don Giovanni che lentamente scende negli inferi. Ma chi è che solleva questi ponti, questi pannelli? Beh, vedete, ci sono delle squadre di meccanici con molta esperienza, ma in realtà il vero segreto di questo splendido meccanismo, pensate un po', è l'acqua.
Sotto il palcoscenico infatti ci sono... tantissimi tubi, c'è una rete di condotte dentro le quali viene fatta passare dell'acqua ad altissima pressione, addirittura 16 atmosfere, cioè quasi 8 volte l'atmosfera che c'è dentro un pneumatico d'automobile. E questa altissima pressione dà una forza sufficiente a tutti questi ingranaggi per sollevare fino a 100 kg a metro quadro. Per mettere in movimento questi meccanismi basta girare un volante.
aprire le valvole e lentamente i ponti cominciano ad alzarsi o ad abbassarsi. Ha delle dimensioni davvero imponente, è alto 50 metri, cioè quasi quanto un edificio di 17 piani. Eppure quando venne realizzato nel 1700 ci vollero appena 23 mesi. Naturalmente nel corso dei secoli sono state apportate molte modifiche. Al teatro le scenografie cambiano spesso da un atto all'altro.
Come riescono a spostarle, a rimuoverle così rapidamente? Noi ora ci troviamo su uno dei ballatoi di manovra, 11 metri sopra il palco. palcoscenico, sembra quasi di stare su un antico veliero, un galeone, vedete ci sono tante cime, tante funi legate per tirare su e giù delle vele, in effetti con queste corde e questi cavi si tirano su delle vele molto particolari, sono i fondali, i soffitti oppure le quinte, finché pesano da 0 a 100 kg, lo si fa a mano, ci riescono i macchinisti, ma superati i 100 kg...
Bisogna ricorrere a un altro sistema che sta qui alla mia sinistra. È un complesso sistema di cavi con dei contrappesi. Funzionano un po'come degli ascensori. E quelle leve sono i blocchi, i freni.
Per gli oggetti più pesanti c'è un altro sistema, ma bisogna andare ancora più in alto. Ecco, ora noi ci troviamo a livello del cosiddetto graticcio. Siamo cioè a 25 metri sopra il palcoscenico e fa una certa impressione... dover camminare su questi listelli molto distanziati gli uni dagli altri.
E da quassù artisti e tecnici sembrano davvero delle piccole formiche. Ai tempi di Verdi, in passato, il palcoscenico era illuminato con delle semplici candele che oggi sono state sostituite con delle lampade e dei proiettori molto potenti che sono collegati a una console elettronica capace di gestire contemporaneamente quasi 300 pezzi. Pochi se ne accorgono, ma dietro le quinte si muove un vero esercito di uomini e mezzi, perché oltre a quelli che avete visto ci sono poi anche i parrucchieri, i truccatori, le sarti, i costumisti, i calzolai, i pompieri.
Insomma, è una vera città che si muove, lavora in silenzio e in diretta per creare la magia del teatro. Il grande successo del Nabucco ormai ha le porte aperte ovunque. L'impresario gli offre addirittura un contratto con la cifra del suo compenso in bianco.
È la Strepponi che è diventata grande amica di Verdi a consigliarlo. E allora cosa dice l'oracolo? Cosa?
Per norma Bellini ha chiesto 8.000 lire austriache. Chiedetela anche voi. Per intanto viene invitato ovunque.
Contessa? In particolare nel salotto della Contessa Maffei, che dopo il Duomo e la Scala era considerata la terza istituzione a Milano. Un salotto.
frequentato da letterati, artisti, ma anche da patrioti, da pensatori, da uomini che sognavano di fare dell'Italia una nazione. C'erano Carlo Cattaneo, Tommaso Grossi, molti giovani mazziniani. La nominarla evoca in modo così accorato l'Italia.
Oh mia Italia, si bella e perduta. Le opere di Verdi sembravano fatte apposta per dare una dimensione musicale a questi ideali. E il coro del Nabucco viene rivisitato in chiave patriottica. Gli ebrei in catene sono gli italiani, Gerusalemme è l'Italia.
e alla parola patria viene sostituita appunto la parola Italia. L'Italia, tutta divisa in stati e staterelli, ancora sotto il dominio dell'Austria. Ah, poter liberarla dall'Austria. Ma perché, dimenticando un po'ebrei e babilonesi, non parlare apertamente di italiani e d'Italia?
Verdi, pur non impegnandosi direttamente, si sente coinvolto in questo entusiasmo patriottico. la censura austriaca si accorge a questo punto che le sue opere possono diventare uno strumento per veicolare sentimenti nazionalistici così quando verdi deve mettere in scena i lombardi alla prima crociata il libretto viene attentamente esaminato dal censore questi famosi lombardi Eh, giuriamo, noi tutti sorgere come un solo uomo vedrai, ma sono i saraceni che cantano. Già, già, ma siccome cantano in italiano... Eh, non possono mica cantare in saraceno. Quando finalmente l'opera ottiene l'autorizzazione dalla censura e arriva il giorno della prima, la folla preme per entrare alla scala già sei ore prima dello spettacolo.
È il pubblico del loggione che all'apertura delle porte alle 3 del pomeriggio corre ad occupare i posti migliori. È un pubblico popolare, entusiasta, che si è portato di che riempire l'attesa, salsicce all'aglio e fiaschi di vino. Permesso, permesso, permesso.
Pronto ad applaudire tutto ciò che farà riferimento anche in modo molto indiretto alla situazione italiana. Quando alle 8 di sera Verdi fa la sua apparizione in teatro c'è una grande olazione. e naturalmente i lombardi alla prima crociata raccolgono gli applausi del trionfo Nel 1844 Verdi si trasferisce per tre mesi a Venezia, Venezia che è anch'essa sotto il dominio austriaco. E qui incontra Francesco Maria Piave, che è il librettista che firmerà gran parte delle sue opere successive. Quello del rapporto con i librettisti è un capitolo molto interessante perché prima di Verdi i compositori dovevano accettare passivamente il testo che veniva loro proposto.
Al contrario Verdi interviene direttamente sul libretto in funzione della proposta del libro. la musica che ha in mente. Ai poeti chiedeva brevità e concisione perché diceva in un'opera il più e l'essenziale viene detto dalla musica.
Lo sceneggiato di Renato Castellani rievoca la prima dell'Ernani che è un dramma tratto da un lavoro di Victor Hugo in questa bella ricostruzione in costume girata proprio al teatro La Fenice di Venezia. E sono scene che ci permettono di rivedere. vedere questo meraviglioso teatro prima che un incendio lo distruggesse completamente nel 1996. Siamo nel 1848 e la musica di Verdi era diventata in quegli anni un po'la colonna sonora del risorgimento, in particolare a Milano. I fermenti patriottici che percorrono il nord Italia e ai quali le musiche di Verdi offrono l'occasione di manifestazioni, sfociano a Milano in una grande insurrezione contro gli austriaci. Sono cinque giorni di scontri.
Alla fine di queste cinque giornate gli austriaci sono costretti a ritirarsi. Ma non per molto. In Lombardia sono presenti 70.000 soldati austriaci che rioccuperanno qualche tempo dopo Milano. Ma la miccia è ormai accesa e questi moti preludono a quella vasta operazione politica e militare che porterà poco più di dieci anni più tardi all'unità d'Italia. In quegli anni Verdi incappa continuamente nelle maglie della censura e si arrabbia moltissimo, non soltanto per opere come la battaglia di Legnano, ma persino per un'opera come il Rigoletto.
Ecco le obiezioni della censura austriaca. Intanto non può essere un re, non si ammette che un sudito, anche se gobo, pensi di attentare alla vita del suo re. Gnaca se quel re gli ha disonorato la figlia. Caro Piave, un re non disonora la figlia. una donna concedendole i suoi favori, la onora.
Un bell'onore. Quindi niente re. Se volete un signore ricco, però non ti saluto un libertino. Almeno un donaiolo.
Se no per cosa la pisce la figlia di Triboletto? Ecco, Triboletto, il nome Triboletto. Vuol sottointendere che ha dei triboli. Da chi?
Dal re? Questo non va. E poi perché brutto, gobbo, deforme?
Perché offendere con queste disgustose menomazioni la vista degli spettatori? Niente re, niente triboletto, niente gobo. Anche il ballo in maschera non piace ai censori. No, io ritiro l'opera e non la do.
Ma i miei abbonati a San Carlo, così senza la vostra opera, si rifiuteranno di pagare l'abbonamento. Si finirà in tribunale. E va bene, sarà una magnifica occasione per rendere pubblica l'imbecillità della censura e di quei governi che la vogliono. Questa faccenda mi mette ad un gran buon umore. Giuseppina Strepponi gli è sempre accanto ormai, la loro amicizia da tempo si è trasformata in amore.
Una relazione difficile perché non accettata dalle convenzioni sociali del tempo e che crea non poche amarezze a Verdi ma soprattutto a Giuseppina. nel suo paese natale a Busseto Giuseppe Verdi ha comperato un bel palazzo il più signorile della città il palazzo Cavalli ma è la moglie? se sa mia si dà almeno a te tu? se sa mia lei lo chiama Verdi è ora un uomo Il suo uomo ricco è celebre e ritiene che ormai venga accettato questo suo legame con l'ex cantante. Per me non è neanche elegante.
Ma i pregiudizi, specialmente in provincia, sono più forti che mai. Giuseppina viene praticamente emarginata. Persino in chiesa nessuno le si siede accanto.
Non c'è soltanto il problema di questa sua unione con Verdi fuori dal matrimonio, c'è anche il fatto che ha avuto due figli da un altro uomo senza essere sposata. Uno scandalo che difficilmente può essere perdonato. Ma non è possibile farsi vedere un po'di più?
Nello sceneggiato di Renato Castellani il ruolo di Giuseppina Strepponi è interpretato, l'abbiamo visto da Carla Fracci Buonasera signora Intanto complimenti per questo suo ruolo di attrice Grazie Penso che preparando e lavorando lungo dentro questo personaggio, lei abbia cercato di capirlo un po'meglio. Che idea si è fatta di questa donna? Devo dire che è stata una donna molto coraggiosa, molto forte, molto appassionale. di grande forza proprio per aiutare in un certo senso, consigliare anche, perché era una donna molto intelligente, consigliare Giuseppe Verdi.
L'istoria dice che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna. Io devo dire che sì, è stato un grande supporto per Verdi. Devo dire che il momento peggiore, forse perché sofferto, perché lei è stata come abbandonata, perché Verdi ha avuto una grossa storia.
è una storia molto importante con la cantante Teresa Stolze. Io le devo dire sinceramente che vedendo le fotografie di questa cantante riesco con difficoltà a capire come Verdi abbia avuto questa passione. L'ha molto ispirato, l'Aida, l'Otello sono state dedicate a lei.
Sembrava molto maschile. E io lo devo anche ringraziare perché ha scritto molto anche per il balletto. Ah ecco, questo è importante. Sì, io infatti ho interpretato i Vespri Siciliani, l'Aida eccetera. tanti tante opere, lui amava anche scrivere nell'opera le parti danzate.
Quindi con Verdi è iniziato un po'il balletto moderno, così come poi nella tradizione facentesca è passata poi nel balletto che conosciamo oggi. Senta, dei figli della Streppone si parla poco, anzi ne ho scelto per niente, ma anche nelle biografie c'è una specie di silenzio su questo rapporto che in fondo è stato E'sorprendente perché quando la Streppone si sposa poi con Verdi, ci si attende che in qualche modo i legami si riallaccino. Invece niente.
Invece no. Camillino è morto giovane e l'ha seguito molto, gli è stato molto vicino, l'ha fatto studiare medicina. Un'altra bambina è morta purtroppo in un manicomio.
Mua Ha avuto un altro figlio e pare che ci sia anche un figlio fra Giuseppina Strepponi e il maestro Verdi. E questo, non lo so, questi sono i documenti, ma pare che sia stato abbandonato forse per non, in quel momento, per non anche rovinare la carriera del maestro quando lei ancora cantava in Nabucco e poi lei ha sposato dopo Giuseppe Verdi. Sì, queste storie di figli.
sarebbe stato uno scandalo insomma. E'molto ottocentesco. Pacea Pante un po'anche di prima probabilmente, ha avuto una vita direi bellissima perché ha amato molto questo uomo e ha avuto tanto da lui, ma poi anche ha molto sofferto, devo dire che ha molto molto sofferto.
Vediamo ora come la Strepponi dopo quello che è successo a Bussetto si trasferisce con Verdi a Sant'Agata. Vediamo il seguito della storia, grazie. A Busseto, ai pettegolezzi sulla Strepponi si aggiungono anche lettere anonime con ingiurie, persino sassi contro i vetri.
Esasperato, Verdi decide di trasferirsi nella tenuta di Sant'Agata, una grande tenuta che aveva comprato con i proventi delle sue opere. Qui finalmente Giuseppina potrà essere al riparo dalle occhiate di disapprovazione. La casa è grande, la terra arriva fino al Po. La tenuta, con i vari acquisti successivi, giunge a sfiorare i mille ettari.
A Sant'Agata i verdi vivranno gran parte della loro vita futura, tra un viaggio e l'altro. E qui trovano anche un tenero affetto. Ah, Filomena, tenta non farti male, ma dove sei?
Filomena! Filomena! La figlia di un cugino, Filomena Verdi, viene a stare con loro un'estate, si affeziona e in definitiva si trasferirà a Sant'Agata, diventando figlia adottiva ed erede. Vieni, ti metto un fiocco.
La casa di Sant'Agata appartiene ancora oggi ai discendenti di Filomena Verdi e tutto è rimasto com'era. La famiglia Carrara Verdi custodisce questi luoghi con molta cura e ci ha consentito di filmare anche le stanze chiuse al pubblico. Entrando in questa casa si ha una strana sensazione, come se Verdi fosse uscito per un momento e noi ci fossimo inseriti qui un po'nel suo mondo.
Questa è la sala del biliardo dove tante partite sono state giocate. con Arrigo Boito, con Giulio Ricordi, con altri visitatori. Agli angoli di questa sala ci sono quattro divani sopraelevati per permettere al Signore di seguire il gioco.
Ci sono varie sale in... questo piano terreno, ma tutti hanno conservato il mobiglio d'epoca della seconda metà dell'Ottocento, ma la cosa che colpisce è che qui è tutto originale. Qui a Sant'Agata lavoravano ben 13 persone di servizio addette alle mansioni più diverse, naturalmente c'erano cameriere, cuochi, giardinieri, anche cocchieri per le 5 carrozze e berline. Malgrado tutto questo sfarzo però la vita era molto semplice e frugale si cenava ogni giorno alle cinque e mezza del pomeriggio precise bisognava sempre essere in giacca e cravatta e poi si andava a letto presto perché verdi si alzava alle 4 del mattino e dalle 5 alle 8 era inchiodato alla scrivania a scrivere lettere, ne scrisse moltissime, addirittura sembra 25 mila, di molte di queste teneva copie e quindi le scriveva due volte.
E qui arriviamo nella stanza di Giuseppina Strepponi. A piedi del letto si trova un busto che la ritrae quando era giovane. Bisogna dire che qui a Sant'Agata Giuseppina Strepponi diede veramente la prova della morte. dell'amore, della dedizione per il maestro, per il mago, come lei lo chiamava, rinunciando a una vita brillante cui era stata abituata nella sua carriera d'artista. I Verdi qui vivevano infatti una vita abbastanza solitaria, vedevano poche persone, pochi amici, per lo più persone che venivano da Milano.
Ed ecco la camera da letto di Giuseppe Verdi. Verdi qui passava gran parte del suo tempo su questa scrivania a comporre e a scrivere lettere. E'curioso vedere che qui sulla scrivania c'è un calco del...
la sua mano destra e osservando bene tra il medio e l'indice si vede un solco lasciato proprio dall'uso continuo della penna. Questo era il suo studio, il suo luogo di lavoro, non soltanto per scrivere ma per comporre. Infatti dall'altra parte della stanza c'era il pianoforte.
In realtà le testimonianze che abbiamo raccolto qui in famiglia attraverso i discendenti dicono che Verdi usasse poco il pianoforte per comporre le sue opere. Descriveva direttamente a tavolino sullo spartito. In altre parole non aveva bisogno del pianoforte per comporre musica perché le note erano già tutte qui in testa e le buttava giù di getto nello spartito.
Una delle cose più belle della villa di Sant'Agata era questo immenso giardino, un giardino di oltre 7 ettari. In questo ambiente Verdi ritrovò la sua antica vocazione di uomo di campagna e si occupò attivamente delle terre, dei poderi. delle semine dei raccolti con la pignoleria contabile del vero contadino. All'epoca naturalmente non esisteva il frigorifero però qui nel giardino era stato costruito un particolare sistema refrigerante, una vera ghiacciaia.
Sotto questa collinetta era stata scavata una profonda grotta e qui d'inverno i contadini con dei carretti portavano i lastroni di ghiaccio che si formavano nel laghetto. Questo ghiaccio veniva messo in questa grotta e durava fino a tutta l'estate e in questo modo venivano ottenuti al fresco cibi, carni e il famoso gelato semifreddo del maestro. A Sant'Agata Terdi ebbe, come dicevamo, pochi amici, ma ve ne fu uno al quale fu molto affezionato, al punto di dargli sepoltura in un luogo nascosto del giardino e dedicargli un cippo in pietra.
con la scritta alla memoria di un vero amico. Era Lulu, il cagnolino maltesi. Professor Mainardi, questi cani maltesi hanno dei fortissimi segnali infantili, come li chiamate voi. Sì, in effetti il maltese è una delle razze, che è una razza molto antica, la si conosce già da più di 2000 anni, che è stata proprio selezionata.
per fare il sostituto di un bambino che non c'è ha segnali infantili di tipo fisico perché il muso accorciato, i grandi occhi neri poi crescendo gli vengono anche questi peli lunghissimi che sono come capelli per cui la mamma può fare delle treccine o mettere la finta mamma quindi è comprensibile che quando muore uno di questi cani è una perdita affettiva terribile, come se morisse veramente un figlio. Questo è successo a Verdi, il quale aveva uno di questi cani che si chiamava Lulu. Noi abbiamo proprio una documentazione attraverso lettere della disperazione.
Lui scrive a un suo amico che si chiama Arriva Bene Gatti, dicendogli caro Arriva Bene è morto il nostro caro Lulu. Io non ho più nessuna voglia di andare in giro, la peppina è in uno stato di desolazione. E in effetti lui per 5 anni tanto è vissuto questo cagnolino, se l'è portato dappertutto.
Questa coppia che non aveva figli, perlomeno non aveva figli che vivevano con loro in quel momento, aveva adottato questo e aveva scaricato tutto l'istinto parentale su questo cagnolino Lulu. Professor Mainardi lei mi diceva tra l'altro che questo cippo che abbiamo visto nel filmato che Verdi ha dedicato a Lulu, al suo cagnolino, Non è casuale, perché già qualcuno aveva parlato di questi ricordi per la morte di un cane. C'è una istruzione antichissima di più di 2000 anni fa, Teofrasto, che era capo dell'Accademia di Atene un paio di centinaia di anni prima di Cristo, aveva lasciato detto quando muore un cagnolino maltese, seppellirlo mettendogli un cippo con scritto delle parole che lo ricordino. E questo probabilmente continuerà anche in futuro. Sicuramente.
Grazie professore. Mi scusi signore, permette? Tra le tante invenzioni che Verdi vide nascere nel corso della sua vita, ci fu anche quella della fotografia.
Uno, due, tre. Tra le rare fotografie dell'epoca ce n'è una di Giuseppina Strepponi, conservata oggi a Sant'Agata. È l'unica che esiste. Al mio verdi, con l'affetto e la venerazione di un tempo.
Sant'Agata, 8 settembre 1878. Peppina. Per la prima volta nella storia con la fotografia diventava possibile tramandare delle immagini non soltanto di persone ma anche di luoghi e di eventi. Ed è grazie a questa invenzione che oggi noi riusciamo, per così dire, a vedere in diretta nell'Ottocento e a osservare l'Italia dell'epoca. L'Italia che conobbe Giuseppe Verdi era ben diversa da quella attuale.
Oggi avremmo un vero shock se potessimo visitarla. Qualche dato. Gli analfabeti erano il 75% della popolazione.
L'Italia contava solo 21 milioni di abitanti ed era un paese quasi esclusivamente agricolo. Si mangiava poco e male. La carne si mangiava una volta alla settimana, al sud una volta al mese. Non esisteva alcuna tutela del lavoro minorile. I bambini faticavano nei campi, nelle solfatare, in fondo alle miniere.
Mancavano strade, ferrovie, scuole, acqua potabile. La pellagra, il colera e la malaria erano diffuse. La cosa che colpisce, e che è meno nota, è il fatto che pochissimi avevano il diritto di voto. Al momento dell'Unità d'Italia solo il 2% degli italiani poteva accedere alle urne, cioè solo coloro che erano dotati di censo, quindi di un reddito.
Parliamo quindi dell'alimentazione. Buonasera professor Cannella. Buonasera.
Allora, cosa si mangiava nell'Ottocento? Qui abbiamo reparto ricchi e reparto poveri. Allora, Enrico Borghese aveva una tavola molto ricca, con molti alimenti di origine animale, manca la cacciagione, ma abbiamo i salumi, il formaggio, le uova. c'era anche il vino abbondante che qui non c'era, era scarso dal contadino, molto poco, molta polenta, granaglie intere riso oppure macinate a formare delle polentine che prendevano sapore da cosa? pesciolino o salato affumicato al centro della tavola, su quale si strofinava per dare, di contorno delle patate, del pomodoro, delle verdure.
Abbiamo visto tante volte delle fotografie con volti molto invecchiati, persino bambini che hanno già l'aria di vecchio. Naturalmente l'igiene, il lavoro, ma anche malnutrizione. Malnutrizione, l'alimentazione in generale era al limite della sussistenza, si mangiavano molto meno proteine di oggi. E poi le conoscenze di nutrizione erano all'inizio, non si conoscevano vitamine, proteine, fabbisogni. Diceva che anche i denti si perdevano più facilmente perché mancava il calcio.
Mancava il calcio, la forma a milione di calcio è il latte e il formaggio e al contadino gli arrivava giusto il latticello. Lei ha preparato delle tabelle molto impressionanti che riguardano... Le quantità di alimenti consumati. Qui vediamo due tabelle.
Oggi pro capite hanno circa 800 kg. Più di 2 kg al giorno di soli alimenti, esclusi i bevandi. Solo alimenti, senza i bevandi.
Nell'800? Meno della metà. L'importante era la qualità.
Noi abbiamo scelto tre tipologie di alimenti. I grassi da condimento, che sono passati da 10 kg pro capite, a più di 25, le carni. La carne che ha conosciuto un boom da 16 kg all'ora a più di 80 di oggi. Ma la cosa ancora più sorprendente è lo zucchero.
E la vita oggi è molto più dolce, da 3 kg a più di 28. Da 3 kg a più di 25. E noi ci giustifica il fatto che siamo belli rotondetti. Un'ultima cosa professore, lei ha messo del pane bianco qui sulla mensa dei ricchi. Il ricco mangiava pane bianco, il contadino che lo guardava aveva una certa invidia, pensava quando sarò ricco anch'io, oggi siamo diventati tutti più ricchi e vogliamo il pane con i 5 cereali, il pane integrale.
Che è un'illusione. Perché pensiamo che un tempo si mangiava meglio. Invece la natura, l'abbiamo visto. È sempre stata un pochettino avara.
Ecco è meglio guardare indietro con degli occhiali un po'diversi. Grazie professore. È a Sant'Agata, dove può lavorare in un ambiente senza essere disturbato, che Giuseppe Verdi scrive la traviata. E la scrive quasi di getto. Sono proprio queste stanze a riecheggiare delle prime note di una delle sue opere di maggior successo.
Un'opera in cui un grande amore viene contrastato dalle convenzioni sociali, proprio come nel caso di Verdi e della Streppoli. Per purificata che voi siate agli occhi di Armando, agli occhi di Armando è il mio e il suo padre. Voi non lo sarete per una società che non vedrà in voi che il vostro passato e che vi chiuderà spietatamente le porte.
È la prima opera in cui non ci sono in scena principi e duchesse, ma si racconta una storia borghese, con una protagonista dal passato non irreprensibile. Gira e rigira, la resta sempre una prostituta. Questo all'inizio crea un po'di sconcerto, ma il commovente amore di Margherita e la grande musica di Verdi conquistano subito il cuore del pubblico.
C'è una piccola riflessione che si può forse fare a questo punto. Il modo di cantare, l'impostazione della voce dei cantanti d'opera, rispondeva a una precisa esigenza che era quella di farsi sentire dal pubblico. All'epoca infatti non esistevano microfoni o altoparlanti, un cantante doveva non soltanto farsi sentire dal pubblico in sala, anche da quello più lontano, ma doveva riuscire a sovrastare l'orchestra, un'orchestra che a volte... era composta da 50 o più strumenti.
Di qui la necessità di una particolare impostazione della voce. Possiamo chiederci se all'epoca di Verdi o di Donizetti o di Mozart fossero esistiti i microfoni e gli altoparlanti, le opere sarebbero state cantate allo stesso modo? Non lo sapremo mai, anche perché il volume della voce naturalmente è solo uno degli aspetti del canto classico.
di cantante d'opera c'è un grande studio e c'è una natura diversa da quella delle altre cantanti pop oppure di qualsiasi altra e poi bisogna continuare a studiare sempre si, sempre Sempre. Continuamente. Continuamente fino a quando canterò. Il giorno che smetterò di cantare smetterò forse di studiare. Forse di studiare.
Tende ma questa è un'attività in cui si può continuare molto lungo. Ci sono dei cantanti molto anziani che continuano a cantare nei teatri. Mio papà a 88 anni canta ancora in chiesa come una volta.
Canta l'Ave Maria, tutte queste cose, sabato e domenica. Diceva che viene anche pagato. 120. Quando gli crescono mi telefono. diceva, abbiamo cresciuto.
Cantare rappresenta sempre un'emozione, penso. Grandissimo. Un tenore che entra in scena ogni volta e si ricomincia, ci si mette anche in discussione ogni volta.
Beh, se lei mi viene vicino dieci minuti prima che io entri in scena, mi sente... E misura la pressione? La pressione non so com'è, non lo voglio neanche sapere. So com'è il mio spirito in rapporto a quello che sono io, mi insulto, mi dico chi te lo fa fare, chi te la fa fare.
fatto fare, sei qui, sei là, tutte le brutte parole me le dico. Però come cominci a cantare? Come comincio a cantare divento forse un altro. Senta, parliamo un po'di Giuseppe Verdi, qual è il suo rapporto con Verdi? Meraviglioso, non potrebbe essere meglio.
Giuseppe Verdi è nato a Bussetto, quindi in provincia di Parma, io sono anche emiliano. Quindi è un suo conterraneo. È nato in ottobre, io sono anche dello stesso segno. Lo capirei anche se non fosse quel grande, enorme, monumentale genio della scrittura del melodramma.
Io dico che Verdi è il melodramma nel vero senso della parola. Quali sono le opere che preferisce di Verdi? Forse il Rigoletto, perché nel Rigoletto Verdi è stato abbastanza generoso col tenore.
Gli ha dato tre romanze, un duetto. un quartetto lo fa apparire molto bene, difficile, però bello, bellissimo. Lei ha dei preziosi cimeli di Giuseppe Verdi, come questa fotografia originale con la firma di Verdi. che è qui rappresentato insieme al tenore Tamagno. Qui Verdi ha già 85 anni.
Si vede Tamagno che diciamo che ha una forte personalità almeno da questa fotografia. E'il primo tenore di Otello, è il primo Otello per Dio. Ha studiato molto con Verdi, Verdi l'ha anche un pochino maltrattato insomma.
E mi diceva che era molto prepotente Verdi dalle testimonianze che si hanno. Direi di sì, direi di sì. Perché voleva imporre un po'.
Ma direi proprio di sì. Non si lasciava guidare. dare. No.
Senta, questa fotografia è stata scattata a Montecatini e mi viene una strana associazione. Andavano lì per curarsi. Sì, ma lei mi ha detto che ha una lettera autografa di Verdi, che non ha qui in Italia, ma a New York, nella quale lui parla dei problemi di intestino. Sì.
Di cosa esattamente parla? Parla di quello, ma non fa… È un po'un elenco, una ricetta per migliorare la situazione. situazione.
Ne ho anche un'altra dove logicamente parla dei suoi terreni e di come li ha seminati, di come è stato il raccolto. Lei sa che durante il censimento lui si qualificò come agricoltore? Beh, forse lo era. Pavarotti, non vorremmo essere indiscreti, ma avremmo piacere che lei ci mostrasse il libro che ha qui davanti a sé, perché è molto particolare, per due ragioni.
La prima è perché è un regalo che le ha fatto... Nicoletta in occasione del suo compleanno proprio in questi giorni e l'altra perché è uno spartito originale. È uno spartito originale firmato da Verdi. Di Porta l'autografo di Verdi. Sì, sì.
Senta, quando si va in giro con un'opera per rappresentarla in fondo si porta un po'il compositore sotto braccio, lei ogni volta Verdi lo resuscita, lo fa vivere e vibrare anche proprio fisicamente. Credo che questa sia una prerogativa da un lato dei compositori ma anche dei cantanti. Ma certo. È una forte emozione. Io dico sempre quando mi dicono che la sua carriera è molto difficile, deve combattere sempre, e io dico sempre sì, ma vicino a me ho gente come Verdi, Puccini, Tetti, Modort, eccetera, per cui ho degli amici potentissimi che ti aiutano.
Quindi in fondo lei è un po'come in questa fotografia di Tamagno, anche lei se ne va in giro. con Verdi sotto braccio. Magari. Nel 1852 Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi partono per Parigi, la ville Lumière appunto, dove rimarranno ben tre anni. Per l'Opera di Parigi Verdi scrive I Vespri Siciliani.
In occasione della prima si ritrovano nella capitale francese intellettuali, diplomatici e politici lombardi e piemontesi. C'è anche Napoleone III. Sono momenti cruciali per realizzare l'unità d'Italia.
Per liberare dal dominio austriaco la Lombardia e il Veneto è necessario l'aiuto della Francia. Napoleone III è quindi un personaggio chiave per condurre in porto quest'impresa. Giuseppe Verdi è di sentimenti repubblicani, ma come altri repubblicani si rende conto che l'unico modo per unificare l'Italia è quello di passare attraverso la monarchia sabauda.
creando un regno d'Italia. E il suo nome diventa proprio il simbolo di questa politica e anche del patriottismo italiano. Viva Verdi! Viva Verdi!
Perché non vi va bene a vivere verdi? Ma andate, andate pure voi a sentire balla e maschera che è meglio e vi fa pure bene. Ma che vogliamo fare? Siamo venuti.
A domani! Che tempi! Vittorio Emanuele, re di Italia. Nel giro di pochi mesi gli avvenimenti precipitano. Al Parlamento piemontese Vittorio Emanuele II apre la crisi con l'Austria pronunciando la famosa frase Noi non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi.
Dalle parole di Vittorio Emanuele segue una grande mobilitazione di volontari, volontari che giungono da ogni parte d'Italia e che vanno a disporsi lungo i confini. L'Austria a questo punto invia un ultimatum di disarmo che il Piemonte respinge. Cavour, che aveva disegnato tutta la trama, aspetta che l'Austria compie il passo falso che gli consentirà di far scambiare Quei stupidi almani, lampa salti sin, ci attaccano.
Gli austriaci passano il Ticino e l'esercito piemontese con l'aiuto delle truppe francesi libera la Lombardia. Vittorio Emanuele è già entrato a Milano insieme a Napoleone. Non riesce ad arrivare nel Veneto perché Napoleone firma una pace separata con l'Austria. Ma poco dopo, con una serie di plebisciti, al Regno d'Italia si uniscono la Toscana, l'Emilia e Parma. Votare tutti, specialmente i contadini.
Che i possidenti e i fittavoli li portino loro in drappelli, ma... come si dice... con entusiasmo. Garibaldi intanto sbarca in Sicilia e conquista tutto il sud.
Mancano ancora alcune parti della penisola, Roma in particolare e lo Stato Pontificio, ma ormai il più è fatto. L'Italia si è finalmente unita dopo secoli di dominazione straniera. Verdi diventa deputato e va in Parlamento a Torino.
Il suo vicino di banco è Quintino Sella, futuro ministro delle finanze. Non frequenterà molto le sedute, solo i primi quattro mesi. È troppo preso con il suo lavoro che lo porta ovunque. Ormai si viaggia in treno, le prime linee ferroviarie cominciano a svilupparsi in tutta Europa, i tempi di viaggio si riducono notevolmente e le distanze si accorciano.
Nel 1869 un grande avvenimento entusiasta la società europea ormai conquistata dai rapidi progressi della scienza e della tecnica, l'apertura del canale di Suez. A Verdi, per l'occasione, viene commissionata un'opera celebrativa che verrà rappresentata per la prima volta nel 1871 a Il Cairo. Nasce così l'Aida, destinata a diventare uno dei suoi lavori più rappresentati nel mondo. Questa storia d'amore, ambientata nell'antico Egitto tra Radamesse e la schiava etiope Aida, si presta ad una maggiore libertà di linguaggio musicale e addetta dello stesso Verdi ad una grande teatralità. La scenografia è infatti di straordinario effetto, con l'arrivo in scena di carri trionfali e di guerrieri a cavallo.
Qualcuno in seguito riuscirà a far arrivare persino degli elefanti. Oggi l'Aida viene rappresentata regolarmente nello scenario più spettacolare sotto le piramidi. Paco Lanciano oggi forse non ci rendiamo ben conto dell'importanza che ebbe a quel tempo l'apertura del canale di Suez perché per andare dall'Europa all'Asia, per andare in India, il Corfo Persico, in tutto l'Oriente, bisogna fare un lunghissimo...
giro, tutto intorno all'Africa, passando sotto il capo di Buono Speranza e poi risalendo l'Oceano Indiano. Quindi questa apertura, in un momento in cui i grandi traffici esplodevano, è stata una realizzazione straordinaria. Era importante, tra l'altro era già stata tentata, persino gli antichi egizi avevano scavato un canale di collegamento fra il mal mediterraneo e il mal rosso. In realtà erano piccoli canali temporanei, ci riprovarono poi i romani, lo fecero gli arabi, lo progettò persino Napoleone che però per un errore di valutazione dei suoi geometri non riuscì a progettare l'opera.
E finalmente si fece questa opera che iniziò nel 1859, si cominciò a scavare con 25 anni. 5 mila egiziani, vediamo un attimo la situazione geografica, questo è il mar Mediterraneo, questo è il mar Rosso, possiamo mettere questo cartello e questi sono quasi 200 km, siamo lei in Egitto. verso il Nilo e io nel Sinei e si tratta di unire questi due mari anche utilizzando questi bacini questi piccoli laghi.
Allora si cominciò a scavare con 25 mila egiziani, un'impresa faraonica proprio, faraonica nel vero senso della parola, perché scavavano in realtà con le mani, con i picconi, con delle sceste per portare via la sabbia, cioè la tecnologia bassissima, gran numero di persone, era un po'la tecnica con cui erano state costruite le piramidi. E ci si rese conto che non funzionava. Che non funzionava, tra l'altro le condizioni in cui lavoravano questi operai erano veramente estremamente disagievoli, non c'era acqua.
dolce, si cominciò a costruire un canale per portare l'acqua, ma anche quello si impiegò più tempo del previsto e passarono 4 anni, dopo 4 anni ci fu una svolta, si decise di non impiegare più questa mano d'opera, ma di passare alle macchine, furono chiamati migliaia di artigiani dall'Europa che sapevano usare queste draghe a vapore, locomotive, battelli a vapore. E anche degli italiani arrivarono. Tra l'altro arrivarono 1300 minatori dalla Sardegna per scavare una zona rocciosa particolarmente difficile e questo è rimasto.
Nella storia della costruzione del canale. Tra l'altro si usarono le draghe, quindi si allagò il canale e mano a mano si portava via la sabbia bagnata. Questo accelerò i lavori, si congiunsero quindi i laghi e finalmente alla fine del 1869 i due mari furono collegati.
Nel frattempo era stata portata dell'acqua dolce per rifornire e far bere queste migliaia di persone in pieno deserto. Quindi il lavoro di questi operai divenne più umano e soprattutto l'avvento della tecnologia permise il completamento di quest'opera. Noi naturalmente abbiamo rappresentato, grazie a questo plastico preparato da Giuseppe Isoldi, accentuando la larghezza del canale che in realtà è solo di 50 metri. È solo di 50 metri, ci sono due zone di incrocio, una qui e una qui. il resto è tutto a senso unico, era un canale profondo 8 metri quando è stato costruito, poi è diventato di 12, di 16, adesso si pensa di portarlo a 22, perché mano a mano le navi diventano sempre più grandi.
Lei diceva che fu impiegato il doppio del tempo previsto, ma che anche la spesa... Sì, sia la spesa che il tempo fu naturalmente molto superiore a quello che era stato previsto. Cosa che noi conosciamo molto bene. Anche oggi. Grazie.
Tamagno, Tamagno! Il carattere di Giuseppe Verdi si fa sempre più scontroso. Da capo, via.
Cribbio, Tamagno! Ma persino un cieco potrebbe vedere che lei nella sua vita non si è mai suicidato. Che c'è? Invecchiando ritrova sempre più il gusto solitario della campagna.
Il comune di Busseto vuole dedicare al suo nome il nuovo teatro che sta ultimando. Verdi accetta, ma solo facendo pubblicare attraverso un notaio l'elenco di tutte le angherie che ha dovuto subire in quegli anni. Non metterà mai piede del resto in quel teatro, considerandolo troppo piccolo e inadatto. Cosa c'è?
Cosa c'è? Che aiuto al meo, una cornata che lo faccia portare all'ospedale! Madonna! Verdi! Via Anselmo, che attacchi lo stellato, quello che corre, senza perdere tempo però!
In questo rapporto difficile con i suoi conterranei, ci sono momenti invece di grandi slanci. Verdi, non andare! C'è troppo sangue!
Maria! Come quando decide di finanziare la costruzione di un ospedale che manca completamente nella zona. Arriverà.
Ci sono 30 chilometri fino a Piacenza. All'ospedale di Busseto non lo prendono a pensare che è qui a due passi, perché Villanova non è in provincia di Parma, ecco. Ci vorrebbe proprio un bell'ospedale qui a Villanova. Vuoi? Perché no?
È l'ospedale di Villanova sull'Arda, che ancora oggi esiste e porta il suo nome. Oggi è specializzato nella rieducazione dei paraplegici. Gli onori e le onorificenze nel corso degli anni li...
gli piovono da ogni parte, in Francia la legion d'onore, in Italia persino il titolo di Marchese, un titolo che Verdi rifiuta perché diventare Marchese di Bussetto, lui che era figlio di una filatrice e di un'oste, francamente gli sembrava un po'eccessivo. Infatti un uomo molto ricco è il maggior contribuente delle province di Parma e di Piacenza. Viene nominato anche senatore del regno per censo.
Verdi però non vuole che sia il suo stato sociale, la sua ricchezza a attribuirgli questo onore. Quindi il decreto di nomina viene modificato e diventerà senatore per merito. La gloria è anche una faticata.
La gloria è una gran rottura di balle. Ma la gloria e soprattutto l'ammirazione e l'affetto di tanti cittadini italiani gli procurano anche emozioni indimenticabili. Mi raccomando, mi raccomando. Per chiesa, che passa no a via Manzoni? O da via Montenapoleone o da via Croce Rossa?
Che vi fa una sorpresa al verde? Va bene, va bene, grazie. Come quando a Milano, dopo una rappresentazione alla scala destinata a raccogliere fondi per le vittime di un alluvione, amici e ammiratori gli preparano una bellissima sorpresa.
Suonano. Suona una pianta Sì Va Musica Musica Così è fatta la gloria Dopo L'Otello, Verdi dà l'addio alle scene, ma a 80 anni riprenderà la penna per scrivere il Falstaff, un'opera buffa molto diversa dalle precedenti. Come per L'Otello fu l'editore Giulio Riccardo, a spingere, quasi a costringere Verdi, a riprendere la penna e a scrivere questi due ultimi capolavori. Giuseppina gli è sempre accanto e morirà qualche anno dopo, all'età di 82 anni.
anni. Rimasto solo, Verdi pensa molto alla tristezza di tanti artisti che come lui hanno dedicato la loro vita alla musica, ma che sono stati meno fortunati e che vivono in solitudine e spesso anche in povertà i loro ultimi anni. A loro dedica la sua ultima opera, quella che egli considera la più bella tra tutte quelle che ha realizzato, una casa che gli accolga, una casa di un'altra.
di riposo per musicisti. Ed eccola la casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi come appare oggi, a oltre un secolo dalla sua fondazione. Qui 50 persone, tenori, soprani, violinisti, baritoni, pianisti e tanti altri trovano ospitalità in queste stanze costruite metro per metro grazie alle note del Nabucco, della Traviata, del Ricoletto. Nelle intenzioni di Giuseppe Verdi il futuro di questa istituzione doveva essere garantito dai diritti d'autore delle sue opere.
Senonché la legge dice che 70 anni dopo la morte dell'autore i diritti diventano di dominio pubblico. Per far sopravvivere la casa di riposo è intervenuto quindi lo Stato con sovvenzioni che però non coprono le spese. La casa oggi può andare avanti grazie ai lasciti, uno di questi molto consistente da parte di Toscanini.
Verdi all'età di 86 anni vede nascere... Il nuovo secolo, il novecento. Quant'è che manca a mezzanotte? Dieci secondi, vai! L'ottocento, Verdi lo ha attraversato quasi tutto ed è stato testimone di uno straordinario cambiamento.
Mentre la sua musica riempiva i teatri e anche i cuori di tante persone, altri uomini con le loro scoperte e le loro invenzioni riempivano anch'essi l'ottocento del loro genio. mobili, luce elettrica. Mi ricordo quando i lampioni erano a olio e passava a accenderli i lampadini.
L'Ottocento infatti ha conosciuto una delle trasformazioni più profonde nel modo di viaggiare, di lavorare, di produrre. Ecco quello che è avvenuto durante gli 87 anni della vita di Verdi. Sentiamo i nostri inviati. Ai tempi di Verdi l'unico modo per spostarsi era quello di utilizzare un cavallo, una carrozza, pure un mulo, andare a piedi.
Ma già esistevano le prime biciclette, molto primitive, senza freni, senza pedali. E ci si spostava più o meno così. Ma essenzialmente solo poche persone andavano in giro su questi mezzi, anzi erano i nobili per passeggiare nei parchi.
Questo era un divertimento, figlio della rivoluzione francese, non un mezzo di trasporto. Proprio quando venivano messi in scena i due foscari, una strada macchina cominciò a ticchettare per la prima volta, seguendo un proprio ritmo e delle proprie note. Era il telegrafo Morse ed ebbe subito un immediato successo. E poi accade qualcosa di straordinario.
nacque la prima macchina da scrivere, era il 1855, cioè quando Verdi mandava per la prima volta in scena i Vespri siciliani. Eccolo, è un'invenzione tutta italiana, l'inventore si chiamava Giuseppe Rizza, vedete, ricorda un piccolo pianoforte con i tasti in avoglio, in effetti si chiamava cembalo scrivano, cioè pianoforte che scrive, ma i meccanismi di base erano già quelli delle nostre moderne macchine da scrivere. E pochi anni dopo, quando Verdi stava preparando la prima trionfale della forza del destino nel 1963, fece la sua prima timida comparsa il telefono, uno strumento fondamentale, frutto della geniale intuizione di Meucci e di Bell. Quando questa locomotiva accese la caldaia e si mise in moto per la prima volta, Giuseppe Verdi aveva più di 70 anni, ma già esisteva una primitiva rete ferroviaria, non solo in Europa, ma già in Italia da alcuni decenni. Erano treni che raggiungevano i 100 km orari.
Poco per i nostri giorni, ma allora erano delle velocità che facevano molto paura. Oltre alla locomotiva, nell'arco della vita di Giuseppe Verdi, fece la sua comparsa un altro mezzo di trasporto davvero rivoluzionario, l'automobile. Aveva due marce, una retromarcia, ecco la frizione. e poi un freno rudimentale ma molto efficace.
Una volta messa in moto, questa macchina raggiungeva al massimo i 30 km orari. Non molto, in effetti nessuno a quell'epoca avrebbe mai immaginato il futuro dell'automobile. E infine, l'invenzione forse più importante e fondamentale che conobbe Giuseppe Verdi nell'arco della sua vita fu la prima radio, realizzata da Marconi nel 1898. Nel giro di poco questo strumento fece qualcosa di straordinario. ordinario. Diffuse le voci, i messaggi, la musica un po'ovunque e anche le opere di Verdi uscirono dai teatri per essere ascoltate ovunque su tutto il pianeta.
Il 30 gennaio del 1901 un semplice carro funebre attraversa Milano. Una settimana prima Giuseppe Verdi aveva perso conoscenza nel suo letto all'hotel di Milano. I milanesi avevano seguito il suo cammino. trepidanti i bollettini medici e avevano persino cosparso di paglia la strada davanti all'albergo per attutire i rumori delle carrozze. Ma anche per il grande musicista è arrivata l'ultima scena dell'ultimo atto.
Verdi aveva chiesto che i suoi funerali fossero semplicissimi, all'alba, senza canti e senza cortei. Ed è in questa alba fredda e nebbiosa che Giuseppe Verdi se ne va, in punta di piedi, quasi per non disturbare nessuno. Una grande folla è però venuta a lungo il percorso per dargli l'ultimo saluto e per ringraziarlo.
Mesi dopo, il feretro di Verdi e quello della Strepponi furono tumulati con una solenne cerimonia nella casa di riposo per musicisti. Quando Verdi morì, era da poco stato inventato il cinematografo. operatori cominciavano a filmare i primi eventi, quindi ci siamo chiesti è possibile che qualcuno abbia filmato i funerali di Giuseppe Verdi, che a quell'epoca erano un avvenimento. Bene, cercando negli archivi abbiamo trovato quelle immagini, ecco.
La storia di Giuseppe Verdi finisce qui, ma il suo cuore continua a battere dentro la sua musica. Buonasera.