La storia del tempo è la storia. Un morbo terribile si aggira per l'Europa del 14esimo secolo. Un flagello che miete milioni di vittime. La peste nera.
Sei secoli dopo, la peste riappare, ma per fortuna è solo un film. Tua pelle è a vampa. Febbre d'amore?
Anch'io la voglio. No, su quello letto no! Lo perché?
Dammi ti prendimi, cucurucù? No, vi morì l'omeo marito. Mulla, quando?
Iere. Iere? Di che malanno?
Come di che malanno? Dello gran morbo che tutti ci piglia, la peste! Via, via, via, via, via, via!
Aiuto, La peste! Che si dico? La peste!
Eccolo Fedore! Ehi, puttana! Ehi, puttana!
Ehi, puttana! Ehi, puttana! Come accade Vittorio Gasman e ai suoi prodi, anche nella realtà d'Italia medievale tutti fuggono inorriditi davanti all'incalzare inarrestabile di un'epidemia fra le più devastanti della storia. Ma il...
Al di là dell'ironia agrodolce di Monicelli, la peste nera si abbatte sull'Europa fra il 1347 e il 1348. La vita sociale ed economica ne è paralizzata. Sembrano proprio gli ultimi giorni dell'umanità. Per due anni il morbo infuria, dall'Inghilterra all'Italia, poi nel 1350 allenta la presa e si ritira, lasciando dietro di sé decine di milioni di vittime.
Della peste nera che quasi annientò l'Europa del 300, parleremo oggi con il professor Alessandro Barbero. La peste del 300 è probabilmente la malattia più spaventosa che abbia mai colpito il mondo. E noi fino a un po' di tempo fa eravamo almeno sicuri di aver capito che malattia era.
era, gli scienziati ce l'hanno detto, abbiamo scoperto il batterio della peste. Adesso non siamo più neanche sicuri che fosse proprio quella malattia lì e forse è una fortuna perché la peste di cui parlano gli scienziati, anche se pochi lo sanno, nel mondo oggi c'è ancora. Cominciamo col vedere da dove e per quali vie la peste nera si diffonde in Europa e in Italia e con quali conseguenze, grazie anche all'aiuto di un testimone eccezionale, Giovanni Boccaccio.
Nell'autunno del 1347 appare un morbo terribile e misterioso viene portato dai marinai di ritorno dal Mar Nero a Oriente che hanno già la peste nel sangue e nel respiro all'inizio i cittadini non hanno alcuna idea delle dimensioni dell'orrore che sta per colpirli Questa malattia diventa in seguito nota come peste nera e minaccia ogni aspetto della vita medievale, civiltà, religioni, organizzazione sociale, famiglia. La società italiana affronta un pericolo reale. La crisi viene descritta dalla penna di Giovanni Boccaccio. Questo scrittore fiorentino emerge come il testimone più lucido e sorprendente della peste nera.
Era così fatto spavento questa tribolazione entrata nei petti, che l'un fratello l'altro abbandonava, e il zio e il nipote. E la sorella il fratello, e spesse volte la donna il suo marito. E maggior cosa è, e quasi non credibile, li padri e le madri i figlioli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano.
Sconcertati e terrorizzati, senza alcuna difesa né conoscenza, i familiari e gli amici rifuggono l'uno dall'altro. Tutti quasi a un fine tiravano assai crudele. Era di schifare e di fuggire agli infermi e le loro cose.
E così facendo, si credeva ciascuno medesimo salute acquistare. Mentre i legami della società si spezzano, i ritmi della vita medievale iniziano a sfaldarsi. Le messi non vengono raccolte. Il bestiame non è curato. Nella città di Siena, i tribunali civili vengono chiusi e si ferma il lavoro di costruzione del Duomo, che non riprenderà mai.
Tanto che la navata centrale è ancora oggi incompiuta. Con la morte dei leader locali, la vita della città si ferma. Diventano ormai chiare le dimensioni del disastro. Per tutta la primavera e l'estate del 1348, il numero dei morti aumenta di continua. A Venezia, periscono in 90.000.
A Firenze, muore la metà della popolazione. Alla gran moltitudine dei corpi mostrata, che a ogni chiesa, ogni dì e quasi ogni ora, concorreva portata, non bastando la terra sacra, le sepolture, si facevano per gli cimiteri delle chiese, poi, che ogni parte era piena, fosse grandissime, nelle quali a centinaia si mettevano i sopravvenienti. Benvenuto professor Barbero, si accomodi. Allora, tre anni di fuoco, cioè 1348, 1349, 1350. Su tutta l'Europa arriva questo morbo così terribile e...
Il finato però ci dice quasi di una società allo stremo, l'economia, i rapporti fra le persone, le famiglie, è un disastro. È una società che si ferma per un momento, un lungo momento, in realtà poi la peste... La peste in ogni singolo luogo dura qualche mese.
A Firenze impazza nell'estate del 48, estate-autunno. I tre anni che abbiamo detto è il tempo che ci mette la peste per arrivare dalla Sicilia fino in Svezia. In ogni luogo per qualche mese la vita si ferma effettivamente. Io lo paragonerei alla seconda guerra mondiale.
Un bombardamento aereo che distrugge una città. Per qualche tempo è tutto fermo, poi però si riparte naturalmente. Ecco, però da dove viene questo morbo?
Perché si è capito dopo tanti secoli. Di sicuro viene dal Mar Nero, forse anche da più lontano, dalle steppe asiatiche. Gli scienziati vanno a studiare le marmotte nel deserto del Gobi per vedere se c'è qualche possibilità che siano portatrici di questa malattia.
Noi sappiamo che arriva dal Mar Nero, che sembra abbastanza lontano, ma quello è un mondo in cui i mercanti italiani sono arrivati dappertutto ormai. Marco Polo era già stato in Cina. Il Mar Nero, che a noi sembra abbastanza esotico, era un posto pieno di mercanti italiani. E da lì partivano navi verso l'Occidente. Quindi è una nave genovese che dal Mar Nero arriva nel porto di Messina, che per la prima volta semina l'epidemia in Europa.
Ecco, allora, in realtà abbiamo dei testimoni anche di grande livello. Petrarca, per esempio, se non sbaglio, ha vissuto, lei mi diceva che Laura... Gli è morta Laura di peste ad Avignone, sì. E poi c'è Boccaccio, evidentemente, che costruisce il Decamerone, in qualche modo è l'alternativa, no?
Si chiudono, se ricordo bene, a raccontarsi storie. mentre fuori infuria la peste. Ecco, ma già in questa componente di Boccaccio non c'è dentro l'idea di rimuovere la peste che è fuori?
Non so se è di rimuovere o di combattere questo shock, perché teniamo conto che è una società molto ricca, molto avanzata quella che viene investita dalla peste, alla fine del medioevo, sono già pronti per il rinascimento insomma. Gli arriva addosso la peste e per un attimo è uno shock quasi mortale. Poi però Boccaccio scrive un capolavoro. capolavoro a partire da quello e i suoi protagonisti sono gente che sta combattendo perché contro la peste l'unica cosa è riscoprire che siamo tutti esseri umani, che sappiamo stare insieme e che sappiamo fare delle cose straordinarie con la nostra intelligenza, quindi secondo me non è una rimozione, è una difesa.
Allora, però siamo a metà del 300 e a metà del 300 la medicina è quella che è, vediamo come prova a rimediare a questa catastrofe in qualche modo. Anche se non esistono cure conosciute, molte sono. Molti dottori fanno del loro meglio. Tra loro c'è Gentile D'Afoligno. Titolare della cattedra di medicina all'Università di Perugia, comincia a rendersi conto che l'epidemia è inarrestabile.
Questa pestilenza, come la chiamano i pisani, o epidemia, o comunque vogliate definirla, è più terribile di qualunque altra vista finora. Non si hanno testimonianze di alcuna malattia altrettanto perniciosa. Ciò nonostante, i cittadini ricchi e terrorizzati si aggrappano a ogni minima speranza, cercando di comprare la salvezza dai medici. La causa immediata e specifica è un materiale velenoso prodotto dal cuore e dai polmoni.
Il mio lavoro come medico non è di preoccuparmi dei cieli, ma di concentrarmi sui sintomi dei malati e di fare ciò che posso per loro. Gentile consiglia alle persone di mangiare lattuga e dormire alternativamente sul fianco destro e sinistro per mantenere costante la temperatura del figato. Giacere su pini può essere disastroso. Ma questi trattamenti hanno le loro radici nel passato medievale e senza alcuna eccezione falliscono.
Proprio come fallisce il medico Gentile da Foligno. Il 18 giugno del 1348, la peste aggiunge il suo nome all'elenco dei morti. La peste è poco vantaggiosa per i medici, è tale da farli vergognare, poiché essi non osano visitare i malati per paura di essere contagiati e quando li visitano poco o nulla fanno e non guadagnano niente, perché i malati muoiono, quasi tutti.
Per epidemie precedenti esistevano alcuni rimedi. Per questa, nessuno. La storia di Descioliac è eccezionale.
Contrae la malattia mentre cura altre persone. E per sei atroci settimane cura se stesso, incidendo i buboni. I suoi amici lo danno per morto.
Ma sorprendentemente è uno dei fortunati a riprendersi. Desciogliac lavora allora senza sosta per cercare di scoprire la natura della malattia. Eseguendo alcune autopsie riesce a osservare i polmoni infetti delle vittime e afferma che sono la prova del miasma inquinante di Dio.
La respirazione è indebolita, gli uomini soffrono nei polmoni e chiunque sia vittima del morbo non può in alcun modo guarire né sopravvivere più di due giorni. Il resoconto di Descioliac fornisce uno sguardo affascinante sui sintomi medievali della malattia, ma persino la medicina moderna non riesce a spiegare cosa fosse davvero la peste nera. Alcune teorie suggeriscono che si trattasse di un ibrido mortale di peste bubonica ed emorragica, ma questa malattia resta ancora un mistero. Allora, professor Barbero, è un po' anche una radiografia di un'impotenza. Quindi, la medicina di questa metà del 300 a che punto è?
Dal nostro punto di vista è molto indietro, quasi a zero. Perché? Perché non hanno il microscopio.
telescopio, non possono vedere i batteri, non hanno la minima idea che esistano queste cose. Loro si rendono conto che c'è qualcosa e si immaginano che sia nell'aria, si immaginano che sia una corruzione dell'aria e infatti per combattere la pesce... peste bruciano erbe aromatiche, spargono profumi, ovviamente serve a poco.
La cosa però più inquietante è che quella non era una medicina fatta da ignoranti analfabeti, era gente dottissima che aveva studiato tutta la vita, strapagati oltretutto questi medici, perché come i medici antichi loro avevano tutta una teoria molto complessa sul corpo umano, sull'influsso delle stelle, era una teoria bellissima che vedeva il mondo nel suo insieme, il macrocosmo. e ogni corpo umano come uno specchio del mondo, no? Su cui si riflettono, per esempio, gli effetti delle stelle.
È una teoria meravigliosa, molto poetica, salvo che non funziona per niente per curare i malati. E quindi questi medici strapagati ammazzavano i loro malati e morivano loro stessi. Ecco, ma, per esempio, proprio il fatto che abbiano studiato sul campo, no? Hanno avuto, insomma, con tutti questi malati, hanno avuto materia. Con questo ha fatto evolvere in qualche modo la medicina del 300 o sono rimasti lì a, puoi dire, impotente di fronte alla crisi del cinema?
La medicina è rimasta impotente, c'è stata un'evoluzione molto significativa, ma non sono stati i medici i protagonisti, sono state le autorità, le quali si sono dette, voi i medici non ci sapete spiegare la malattia, anzi ci dite che non può essere contagiosa perché è impossibile che un effetto delle stelle si trasmetta da un uomo all'altro. Noi invece abbiamo visto che è contagiosa, quindi non vi crediamo più a voi medici. Noi abbiamo deciso che è contagiosa, non sappiamo perché, non importa.
Noi introduciamo delle misure per combattere il contagio, chiudiamo le porte, chiudiamo le città, inventano degli uffici di sanità, inventano la quarantena, inventano i cittadini. certificati di viaggio, uno non può andare via se non ha un certificato che è sano, non lo fanno entrare in un'altra città se non ha il certificato. Quindi l'idea è riduciamo le comunicazioni quindi in qualche modo, non ci facciamo entrare se non c'è la garanzia.
Sì, e controlliamo, e controlliamo, e anche dopo la peste quando finisce... Si comincia a controllare ogni morto sospetto per vedere se per caso non è la peste che ritorna. Quindi è tutta una grande burocrazia medica che si sviluppa e che è servita a rallentare poi la peste in seguito. Ma se la medicina del 1348 in buona sostanza non riesce a fare nulla, in realtà la medicina e la genetica del 2011 ne ha capito qualcosa. Allora, dei genetisti canadesi e tedeschi hanno mappato proprio il genoma della peste.
nera, proprio quella lì del 1348, ce ne parla proprio a noi del tempo e la storia il microbiologo Paolo Di Francesco. La peste è una malattia effettiva causata da un batterio, la Yersinia pestis, fu isolato alla fine dell'Ottocento da un medico svizzero, Alexander Yersin, che diede il nome allo stesso batterio, dopo un'epidemia di peste in Cina che causò circa 30 milioni di morti. di persone contagiate e 12 milioni di morti. Diciamo subito che l'uomo è un ospite occasionale in quanto il serbatoio naturale sono i roditori, quindi topi, ratti, scogliattoli, marmotte.
Il batterio diffonde molto rapidamente e attacca dopo poche settimane il sistema linfatico causando le classiche tumefazioni dei gangli linfatici o i buboni, da qui anche il nome della peste bubonica. per poi diffondere a livello invece respiratorio con la peste polmonare che è la causa del decesso del paziente. Diciamo anche subito che al momento oggi è impossibile che si possa verificare una epidemia di quel genere, soprattutto nel numero di morti, per ragioni abbastanza logiche. La prima è legata al fatto che si tratta di malattie, di epidemie, come nel caso anche della spagnola, che è avvenuta in età pre-antibiotica. e pre-farmaci antivirali.
Anche nell'ambito sociosanitario si sono avuti delle evoluzioni. Basti pensare allo strumento della quarantena, ancora oggi in vigore, che fu introdotto proprio nel caso della peste nera, l'embargo degli ipaggi nelle navi. Fu una felice intuizione probabilmente di qualche medico che stabilì che 40 giorni fosse più sufficiente perché si manifestasse la malattia e quindi si evitasse il contagio. Dal punto di vista della prevenzione ci sono stati anche degli altri aspetti.
Tutti noi abbiamo ben chiaro tutta la parte iconografica, sia cinematografica o letteraria, dei medici veneziani che giravano durante la peste con questi palandrani cerati per evitare il contagio diretto. E queste maschere dal naso dunco, in cui all'interno di questo naso c'erano dei tessuti imbevuti di sostanze che servivano per eliminare il fetore della putifrazione, ma serviva anche come filtro per eliminare la diffusione aerea del batterio. Professor Berbero, noi ci stiamo concentrando su questi tre anni terribili, 1348-1350, però ci sono state prima e dopo questa grande epidemia, che lei ha definito la più catastrofica del mondo, altre epidemie nella vecchia Europa? In passato c'erano state epidemie che la gente chiamava peste, sia nell'antica Grecia, la peste di Atene, in cui è morto Pericle.
Oggi non siamo tanto sicuri che fosse peste. Magari Ratifo, magari Ravaiolo in un'altra occasione. La peste probabilmente c'era già stata al tempo delle invasioni barbariche.
Poi però per molti secoli era sparita. Quando torna nel 1348 è una cosa di cui nessuno ha nessuna conoscenza. Un fulmine a ciel sereno. Rimane però. Quell'epidemia su cui noi ci concentriamo è stata la prima, ma chi è sopravvissuto ne ha affrontata un'altra 12 anni dopo.
E poi per parecchio tempo, ogni 10-15 anni, ne arrivava una di epidemia. meno gravi della prima, però l'Europa del Rinascimento e dell'età moderna è vissuta con la peste come una presenza costante. Ognuno in vita sua, prima o poi, un'epidemia doveva attraversarla.
Poi è sparita dall'Europa, è rimasta altrove, in Oriente non si introducevano le misure profilattiche, la quarantena, i musulmani non le usavano queste cose, non ci credevano. In Oriente rimane, Napoleone trova la peste in Egitto. E gli scienziati nell'Ottocento la trovano in India.
In India, in Cina, dove fa strage, e lì la isolano, la descrivono, Yersin, dà il suo nome alla Yersinia pestis. Solo che gli scienziati però a volte la fanno un po' facile quando dicono è quello lo stesso batterio che funzionava nel 300, perché i sintomi sono diversi. La peste come la conosciamo oggi è una malattia dei topi. Ammazza l'uomo solo se la pulce che stava sul topo, quando il topo muore, diventa freddo, la pulce salta via, cerca un altro ospite, se trova un uomo si rassegna, perché non gli piace tanto, preferisce il topo, se trova un uomo si rassegna, lo morde. Ma da un uomo all'altro non passa il contagio, ci vuole sempre la pulce del topo.
Ora nel Medioevo nessuno ha visto morire i topi per esempio, che nella peste di oggi dovrebbe essere il primo sintomo. Tutti i topi che escono dalle fogne e muoiono per la strada perdendo sangue, nel Medioevo non li vede nessuno. Poi questa peste medievale è contagiosissima. Una famiglia, una persona prende la peste e muoiono tutti nel giro di due giorni. Invece la peste che conosciamo oggi non è così tanto contagiosa.
Forse è solo una mutazione, perché noi sappiamo che appunto queste bestiacce mutano molto rapidamente, no? Quindi morale, noi conosciamo la peste e ci dicono che è la stessa di allora, ma non funziona più, per fortuna, come funzionava allora. Torniamo invece per un attimo in quel momento lì, 1348, e c'è una componente sicuramente su cui quella società medievale si interroga, cioè se ha qualcosa a che fare con le colpe degli uomini.
Vediamo. La gente si rende conto che la malattia non può essere curata e si aggrappa alle uniche cose che rimangono, la fede in Dio e gli sforzi della Chiesa. Quando una persona giace malata in una casa, nessuno le si avvicina.
Persino i cari amici si nascondono altrove piangendo. Il medico non va a visitare. Il prete, in preda al panico, amministra i sacramenti impaurito e tremante. Nessuno sa cosa fare. La religione non rappresenta uno scudo contro la malattia.
I sacerdoti che affrontano con coraggio i moribondi per amministrare l'estrema unzione spesso cadono anch'essi vittime. A Piacenza, la peste nera distrugge gli ordini religiosi. Muoiono più di 60 preti. La paura è aumentata dall'ignoranza. Alcuni credono che la malattia si trasmetta con lo sguardo, altri che semplicemente pensarvi porti la morte.
La Chiesa Cattolica tradisce le aspettative dei devoti? È chiaro che per alcuni è così. Fa la sua comparsa un movimento straordinario di fanatici. Sono noti come flagellanti e sfidano apertamente l'autorità della Chiesa. I flagellanti marciano di città in città, frustando se stessi e altri in una frenesia di brutale penitenza.
Roberto di Evesbury assiste a una processione. Ciascuno indossa un cappuccio e ha una croce rossa sul petto e sulla schiena e porta una frusta a tre code. Ciascuna ha sopra un nodo con un oggetto acuminato simile a un ago infilato al centro.
Mentre camminano, salmogliano una litania cristiana e uno dopo l'altro si colpiscono con queste fruste sui corpi nudi e sanguinanti. In un mondo che sembra abbandonato da Dio, nessuno si aspetta di restare vivo. Molti si comportano come se ogni giorno fosse l'ultimo. La società italiana è al collasso morale.
Affermavano il bere assai e il godere, l'andare cantando attorno e solazzando, e il soddisfare di ogni cosa all'appetito che si potesse. E di ciò che avveniva ridersi e beffarsi, esser medicina certissima ha tanto male. Il giorno e la notte ora a quella taverna, ora a quell'altra andando, bevendo senza modo e senza misura, e molto più ciò per l'altrui case facendo, di che le più delle case erano divenute comuni, e così l'usava lo straniere. come l'avrebbe il proprio signore usate.
Professore, siamo nel pieno del medioevo, no? Qui, voglio dire, c'è la percezione quasi che il mondo stia finendo, in quei mesi proprio terribili, in cui il morbo è così terribile? Ma io non credo tanto a questa percezione, perché loro, alla fine del mondo, ci credevano. naturalmente, ma sapevano anche già come deve avvenire, perché la fine del mondo è descritta nella Bibbia, è descritta nell'Apocalisse, nel Nuovo Testamento, c'è tutta una serie di indizi, deve venire l'anticristo, la conversione degli ebrei, ogni sorta di cose, qui non si era visto niente.
Poi deve tornare Cristo, insomma, evidentemente, alla fine di tutto. Un'infinità di cose devono succedere, tranne la peste, la peste non è quello, quindi non credo che sia stata diffusa la paura che finisse il mondo. Era diffusa però la sensazione che questa cosa ce la siamo meritati e ce l'ha mandata Dio.
Quali colpe dovevano... proviamo a metterci nei panni di un uomo del 300. In quel momento, che colpe sente di aver commesso? Ma non è mica difficile, tutti loro per testamento lasciavano un sacco di soldi alla Chiesa per ripagare i peccati che avevano commesso. Tutti i peccati. Nella dottrina cattolica non è difficile naturalmente trovarli i peccati.
Tutti siamo peccatori, quello si dà per scontato. Qui è eccezionale però, la piaga che ti arriva addosso. Sì, però quella era una società... società ricca che da un po' di tempo era in grande espansione, era pieno di gente che faceva i soldi e come le aveva fatti i soldi?
Male, prestando a usura, truffando, rubando. Quindi qualcuno diceva che era la punizione per questo modo. Per quello e poi ognuno lo sa che peccati ha commesso, ma quello fa parte della loro mentalità collettiva, siamo tutti peccatori e un giorno Dio potrebbe perdere la pazienza, l'ha già persa una volta al tempo di Noè. Quella decisiva. Quindi magari quello, non la fine del mondo, però una punizione pesantissima.
quello i flagellanti, per far vedere a Dio stiamo facendo penitenza, abbiamo capito. Ma questa distinzione fra flagellanti e gaudenti, fra quelli come Boccaccio che si raccontano le novelle licenziose e invece quelli che si flagellano il corpo? La risposta cristiana coerente era flagellarsi naturalmente, e poi già allora c'era tanta gente che magari ci credeva fino a un certo punto, di nuovo quando una società si sta tanto sviluppando anche la fede può anche ridursi, anche nel Medioevo c'era gente che che tutto sommato di fronte alla morte preferisce dirsi divertiamoci finché ci siamo. Ecco invece noi siamo abituati a un certo tipo di mondo anche fatto di santi a cui appellarsi in certi casi.
Nel caso della peste c'era qualche santo dedicato? Assolutamente sì e li dedicano apposta. San Sebastiano per esempio, non c'entrava niente con la peste, era stato martirizzato trafiggendolo con frecce.
Ma la peste nell'immaginario umano è sempre stata vista come una pioggia di frecce che colpisce. colpiscono, colpisce il mio vicino, colpisce il mio fratello, colpisce me, già gli antichi greci la vedevano così, per loro erano le frecce di Apollo. Quindi San Sebastiano diventa un protettore contro la peste.
San Cristoforo, San Cristoforo è un santo formidabile perché protegge dalla morte improvvisa, come sanno gli automobilisti che si portano la medaglietta di San Cristoforo sul cruscotto. Se tu lo vedi quel giorno, San Cristoforo, per quel giorno non muori più, ed è il motivo per cui sulle facciate di molte chiese medievali è dipinto immenso, così lo vedi bene anche da lontano, tutto il paese lo vede. San Rocco, che è un santo inventato, sarebbe vissuto proprio nel 300, ma non ci sono prove, e muore di una strana malattia e ha una strana piaga sulla coscia che può ricordare il bubone, e quindi è sempre rappresentato, che si tira giù i pantaloni e fa vedere, e San Rocco è amatissimo a partire da quel momento. C'è un altro elemento, ce l'ha insegnato Manzoni, in realtà è quello della caccia all'untore, cioè trovare un qualche...
che è responsabile di questo accadimento terribile. Vediamo. In un mondo che cerca di placare la furia di Dio, la tolleranza cristiana va in frantumi e la comunità dà inizio a un'epurazione criminale. I vicini si rivoltano l'uno contro l'altro alla ricerca di capri espiatori, eretici, estranei ed ebrei. Gli ebrei vengono accusati di complottare per distruggere il cristianesimo.
Nella primavera del 1348, gli ebrei di Narbonne e Carcassonne vengono trascinati fuori dalle loro case e bruciati sul rogo. Alcuni sventurati vengono trovati in possesso di polveri e giustamente o ingiustamente, Dio solo lo sa, sono accusati di avvelenare i pozzi. Con il risultato che adesso gli uomini preoccupati si rifiutano di bere l'acqua. Ogni giorno alcuni di questi sventurati vengono bruciati per aver compiuto quest'azione, perché è stato ordinato che siano puniti in questo modo.
Le brutali atrocità sono registrate dagli ufficiali giudiziari. Quella che segue la confessione di un ebrea resa l'8 ottobre del 1348 nel castello di Shillon. Belita, moglie di Aquetus, l'ebreo, è stata messa alla tortura. E quando è finita ha confessato che verso la metà dell'estate scorsa l'ebreo Provencal le ha dato del veleno.
La donna doveva metterlo nei pozzi per avvelenare le persone. Lei ha preso il veleno e ha fatto come l'era stato detto. Migliaia di famiglie ebree sono costrette a confessare il falso.
Vengono poi condannate a morte. Alcuni commissari sono stati designati per punire gli ebrei tramite processi legali. E dovete sapere che tutti gli ebrei che vivevano a Vilnev sono stati arsi.
Durante i tre anni della peste nera, gli ebrei vengono massacrati in più di 100 città e villaggi, in Francia, Italia, Svizzera e Germania. L'Europa è moralmente allo sbando. Questa ignobile cultura del pogrom e del capo ispiratorio alla fine, no?
Ecco, sono esplosioni popolari o in realtà sono proprio una civiltà che decide a un certo punto di mirare a una sua componente? Che è colpevole? L'isteria collettiva e la ricerca di un capo espiatorio sono cose consuete in situazioni drammatiche, cioè è una risposta umana naturale.
Poi ogni epoca la declina a suo modo. Noi quando si è diffuso l'AIDS abbiamo cominciato a dire che gli omosessuali dopo tutto hanno le loro colpe. L'Europa cristiana del medioevo non è abituata ad avere in mezzo a sé qualcuno che è diverso, che crede in Dio in un modo diverso. Però ce l'ha, ci sono gli ebrei. Un po' dappertutto ci sono comunità ebraiche.
E per i cristiani di allora è duro pensare che delle persone che offendono Dio quotidianamente, perché così si pensa, possono essere lasciati vivere insieme a noi. Già prima della peste sono cominciate delle misure restrittive. Gli ebrei spesso sono obbligati già a portare la stella gialla o la ruota gialla, dei simboli gialli comunque, come quelli dei nazisti. Non ci sono ancora i ghetti, ci si penserà più tardi nel Rinascimento, ma insomma è nell'aria questa idea che gli ebrei bisogna tenerli lontani perché è pericoloso mescolarsi con loro.
E quindi quando arriva la peste l'isteria collettiva si scatena contro di loro. Le autorità di polizia, le autorità statali in genere ci stanno. C'è un po' di cagenza?
No, vanno dietro. Dal punto di vista delle autorità laiche non tanta, mi sembra. La Chiesa sì, il Papa interviene, serve fino a un certo punto, ma il Papa lo dice apertamente, pubblica una lettera dove dice ma siete scemi, non vedete che muoiono anche loro di peste? E la peste c'è anche in paesi dove non esistono ebrei. Questo è proprio nero su bianco, però appunto il terrore collettivo è tale che sembra poco.
Ma fra l'altro quello è il papato di Avignone se non sbaglio, non è più a Roma, è il momento della cattività. Sì, è un papato molto politico, molto mondano, ma anche molto colto, che fa fare bellissimi palazzi, bellissimi affreschi e che sa ancora mantenere un po' di lucidità. E riesce a correggere questa percezione, a fermare questa...
In realtà no, finisce quando finisce l'epidemia direi, non credo che l'intervento papale sia servito. Due anni passano, siamo nel 1350 e finalmente la peste allenta la morsa. Nell'autunno del 1350, dopo tre anni di terrore e 20 milioni di vite reclamate, l'epidemia raggiunge i confini dell'Europa del XIV secolo.
L'inclemenza della morte ben presto svanisce, ma non prima di aver fatto visita a un ultimo testimone indimenticabile e profetico. Fratello John Klin, un frate francescano in Irlanda, crede che sia arrivato il giorno del giudizio. Lottando contro la malattia che lo attanaglia, compie un ultimo gesto sorprendente. Io, fratello John Klin dei frati minori di Kilkenny, Ho descritto in questo libro gli eventi degni di nota accaduti nella mia epoca, di modo che non periscano con il passare del tempo o non finiscano dimenticati dalle generazioni future.
Lascio della pergamena perché il lavoro sia continuato in caso qualcuno sia ancora vivo in futuro e un qualunque figlio di Adamo riesca a sfuggire a questa pestilenza e a continuare il lavoro così iniziato. Ma le pagine lasciate deliberatamente bianche dal morente John Cleen rappresentano ben più di uno spazio su cui annotare gli ultimi giorni dell'umanità. Perché la storia prende una piega diversa. Per i figli di Adamo sopravvissuti, la malattia finalmente diminuisce.
La guerra è finita. La pagina bianca di Fratello Klin è di fatto una lavagna pulita su cui poter scrivere una nuova storia. Nei decenni successivi alla peste nera, focolai ricorrenti di pestilenza si scatenano di continuo, ma la capacità di recupero dell'Europa medievale si rivela in tutta la sua forza. Mentre l'Europa si rialza, i milioni lasciati in eredità dai morti vengono spesi nella ricostruzione. I pisani riprendono a lavorare sulla loro famosa icona, completando la torre campanaria nel 1350. È un periodo in cui guardare avanti e non indietro.
Nelle strade strette delle città italiane, dove la peste nera si è diffuse inizialmente, c'è un graduale risveglio. Per i secoli successivi, gli uomini del Rinascimento trovano un nuovo orgoglio nelle radici classiche della cultura europea. Si verifica una nuova prorompente fioritura di creatività nei campi dell'architettura, della letteratura, dell'arte e della scienza. Idee che celebrano lo spirito dell'uomo nel suo mondo.
E' il secolo peggiore per vivere e nessun'altra epoca, prima o dopo di allora, si trova così vicina all'annientamento. Vabbè, mi pare una semplificazione un po' da documentario anglosassone, è il secolo peggiore in cui vivere, il 300. Ecco, ma invece allora, è come la racconta il nostro documentario, cioè è un'Europa che addirittura prende spugna. La peste nera è un momento per ricrearsi, per rifondarsi. Senza forzature, certamente la peste lascia un'eredità anche positiva, è un po' cinico dirlo, però è vero quel che dice il documentario, hanno tutti ereditato, quelli che rimangono vivi hanno tutti ereditato. ereditato.
La popolazione è diminuita ma la quantità di ricchezza, di moneta, di appartamenti è rimasta uguale naturalmente. E quindi si è divisa in molta meno gente. E stanno tutti meglio.
A parte che poi è come il baby boom dopo la seconda guerra mondiale, si risposano tutti e cominciano a fare bambini. È vero che poi arrivano altre pesti, quindi la crescita demografica non c'è in realtà. Però c'è questo senso che si sta ricominciando.
E c'è una cosa che notano con orrore molti autori dopo la peste. Gli operai pretendono salari più alti. E' una cosa che manda nel panico tutto il padronato, gli imprenditori, perché la gente vuole essere pagata di più. E sei costretto a pagarli di più, perché ce ne sono rimasti in pochi i lavoratori.
E gli imprenditori... Ne hai bisogno proprio. Ne hai bisogno.
Si precipitano dal governo dicendo mettete il tetto ai salari per piacere, fissate il salario massimo. Ma non c'è niente che tenga. La gente quindi prende salari più alti e spende di più. Chi produce vino...
Si frega le mani, chi produce carne, gli allevatori, i macellai, crescono tutti, quei settori lì crescono tutti. E invece per arrivare da questo 300 a noi, ci sono stati altri casi lungo la storia di cesure così importanti causate da epidemie? La peste dopo il 300 sembra che si tranquillizzi, nel 400, nel 500 non ci sono immense epidemie, è piuttosto una situazione in cui la peste gioca a rimpiattino con la gente. Si viene a sapere che c'è la peste in quella città, allora nessuno ci va più. i governi si spostano, i re si spostano da una città all'altra, qui c'è un po' di peste, andiamo in quell'altro posto, ma non è più disastrosa.
Poi fra 500 e 600 arrivano di nuovo delle epidemie pazzesche, quella del Manzoni, quella che descrive il Manzoni, o la grande peste di Londra, descritta da Defoe nel 1665, lì siamo di nuovo al punto di partenza. E poi di colpo però, appunto, finisce. La peste c'è oggi ancora nel mondo.
Fino a qualche anno fa si parlava di centinaia di casi all'anno. Adesso sembra siano meno, ma ci sono. E non solo nei paesi del terzo mondo. Sa qual è uno dei paesi dove regolarmente... Particularmente ci sono dei casi di peste negli Stati Uniti.
Ah, negli Stati Uniti. Forse per la mobilità. Sarà quello, i contatti con gli immigrati sudamericani, non lo so. Infatti nel New Mexico, per esempio, ci sono spesso dei casi di peste.
A San Francisco, che è un grande porto dove arriva di tutto, no? Lì la peste c'è ancora. Ecco, così come c'è ancora, evidentemente, in un certo tipo di letteratura, no?
Perché io non sapevo che ci fosse proprio una categoria di scrittori. Ci sono i pestigrafi. Vediamo.
È una vera e propria categoria. I pestigrafi. Storici, drammaturghi, poeti, romanzieri, che hanno descritto gli effetti della peste, come lo storico greco Tucidide e lo scrittore inglese Daniel Defoe.
Oppure ha ambientato i loro romanzi e drammi mentre l'epidemia si scatena. Nell'Edipo Re di Sofocle, la peste che si abbatte su Tebe rappresenta l'impurità del sovrano che si potrà estirpare solo scoprendo l'assassino di Laio, cioè lo stesso Edipo. Qualche secolo dopo, la peste si riaffaccia tra i versi del De rerum natura, di Lucrezio, in una chiave tutta umana e razionale. In Sant'Agostino, la peste diventa metafora della maldicenza, in Ariosto, della gelosia, per Leopardi è l'affettazione. la peste di ogni bellezza e se in boccaccio la peste fa da cornice alle novelle del Decameron nei Promessi sposi di Manzoni l'epidemia diviene elemento fondamentale del quadro sconvolgente è l'irrompere del morbo in La peste scarlatta di Jack London ambientato in un futuro che per noi è già passato l'estate del 2013 un'epidemia che causa la perdita della vista è lo scenario di Cecità, di José Saramago, ma l'opera più suggestiva di questo genere è il capolavoro di Albert Camus, La Peste, del 1947, a due anni dalla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale e degli orrori del nazismo.
Fra l'altro voglio ricordare che se volete vedere questo documentario integralmente, stasera alle 22.15 andrà in una sua ristoria. Allora, professor Barbera, a questo punto un libro, un film e... Un luogo, anche se...
Quello ce l'ho. Beh, i libri ne abbiamo già sentito un lungo elenco, li hanno citati tutti praticamente, e l'ultimo forse è il più bello in assoluto, La peste di Camus, che si immagina un'epidemia di peste, della violenza, di quella medievale in una nostra città di oggi. E quindi? Quello è il libro più importante.
Il libro, il film, ma io direi il settimo sigillo di Ingmar Bergman, che per carità è un po' convenzionale, c'è questo medioevo cupissimo, i flagellanti, le streghe. Nordico. Nordico, e c'è la peste.
Però è un grande film e quindi va bene lo stesso. Il luogo? Il luogo è senz'altro il Campo Santo di Pisa, nella piazza del Duomo di Pisa, dove ci sono questi straordinari affreschi, semidistrutti dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale, ma poi li hanno recuperati, e dove è raffigurato il trionfo della morte di Buffalmacco, con queste cataste di corpi morti e la morte che va in giro falciando, e con questa cosa pazzesca però, che è un'opera del Trecento, ma fatta pochi anni prima della morte.
della peste. Andiamo, professor Barbero, e a questo punto... E ora passiamo ai fatti del giorno, gli eventi che hanno segnato questo 15 gennaio.
Il 15 gennaio 1945 i principali quotidiani italiani fondano Roma Lanza. L'agenzia nazionale Stampa Associata nasce in forma di cooperativa. Attualmente vi aderiscono 34 soci fra gli editori delle principali testate nazionali.
Ma oggi, a dieci anni alla scomparsa, vogliamo ricordare anche Delia Scala, l'antesignana di tutte le subrette italiane. Dopo il debutto nel cinema nel 1929, 1947, raggiunge il successo con una serie di commedie musicali scritte per lei da Garinei e Giovannini. A domani!