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Vita e Opere di Giacomo Leopardi

Ciao ragazzi, dedicheremo da qui in avanti alcune puntate a colui che è considerato il più grande poeta italiano della modernità letteraria, Giacomo Leopardi. So che magari starete già sbuffando, o peggio ridendo, per la sua gobba, per la sua sfortuna con le donne, per quello psicopatico di suo padre, Monaldo. Tuttavia, ragazzi, non bisogna mai dimenticare che dietro a questo nome così serio e importante, Leopardi, c'è in realtà un giovane ragazzo che è stato ucciso da un uomo. come voi, per certi aspetti, soprattutto quelli relazionali e sociali, poco più che un bambino, ma con una grande passione, la stessa che aveva Dante, la verità. Siete davanti a uno scrittore, ad esempio, che ha grosso modo la vostra età quando compone l'Infinito.

E chi meglio di voi, allora, può capire o sentire quel dolce naufragare di contraddizioni che si chiama adolescenza o dell'arida vita unico fiore. Giacomino ogni tanto Intanto lo chiamerò così perché ho avuto la fortuna di ascoltare le lezioni di Franco Brioschi, un grande, e lui usava questo diminutivo. Dicevo, Giacomino viene spesso definito e spiegato a scuola come il poeta del pessimismo. Addirittura il suo pensiero viene vivisezionato attraverso tre diversi pessimismi, storico, individuale e cosmico, su cui comunque ci concentreremo nelle prossime puntate. Ma Leopardi è prima di tutto il poeta della vita, anche quando chiama di più.

chiama il dolore, anche quando si lamenta della sua sfortuna, quando parla di morte, c'è sempre nei suoi versi tutta la forza della vita. Per te non torna primavera, giammai, non torna amore, ogni giorno sereno, ogni fiorita piaggia che io miro, ogni goder che io sento dico, Nerino or più non gode, i campi, l'aria non mira, hai tu passasti, eterno sospiro mio. È vero ragazzi, in questi versi sta parlando di una ragazza che è morta, ma insieme a me. insieme c'è l'esplosione della primavera, dei giorni sereni, dei campi in fiori, delle storie d'amore, quelle più belle, quelle di maggio e poi quanto è dolce quando sussurra una dichiarazione d'amore così romantica, eterno sospiro mio. Infatti Leopardi vive proprio nella prima metà dell'ottocento ed è difficile dire se fu un classicista o un autore vicino al romanticismo. C'è addirittura chi lo definisce un classicista romantico.

Questo perché, da una parte, non c'è studioso in Italia che padroneggi le lingue antiche e abbia una cultura sul mondo classico paragonabile a quella di Leopardi. Dall'altra, però, il contenuto, il forte sentire dei suoi versi, è forse il migliore esempio di romanticismo italiano. Insomma, cercare di far indossare a questi giganti della poesia un ismo, romanticismo, classicismo, neoclassicismo, illuminismo, è come tentare di infilargli a forza un'altra cosa. una maglietta troppo aderente, che magari calza anche a pennello davanti a certi testi, finché lasciamo l'autore immobile, ingessato, ma appena leggiamo la sua opera nella sua interezza, ovvero mettiamo in movimento l'autore, questi ismi, queste t-shirt, si strappano e si deformano irrimediabilmente.

Va bene, mi fermo qui perché sennò vi asciugo. Oggi, come facciamo sempre per ogni autore, dopo questa breve introduzione, ci concentriamo sulla biografia di Giacomo Leopardi. Leopardi, mentre nelle prossime puntate chiariremo per bene pensiero, poetica e opere.

Bene, vediamo insieme la vita di Leopardi e c'è chi giustamente l'ha definita una vita come sfida. Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798, da una famiglia aristocratica molto vicina allo stato pontificio. La madre, Adelaide, era molto religiosa, bigotta in fondo, una donna fredda che non manifestava mai affetto nei confronti di Giacomino e dei fratelli Carlo e Paolina. Il padre, il conte Monaldo, era invece un rigido e severo conservatore, chiaramente contrario alla rivoluzione francese e a quello che sarà poi il risorgimento italiano.

Fu comunque una persona che non si rinforzava. una persona di grande curiosità e cultura. Aveva costruito negli anni una ricchissima biblioteca di opere che spaziavano in ogni campo del sapere e della storia umana, dagli antichi fino ai saggi dei contemporanei suoi nemici, gli illuministi.

Eh sì, bisogna conoscere a fondo soprattutto il pensiero di chi vogliamo criticare. Monaldo volle plasmare il piccolo Giacomino a sua immagine. Anzi di più, egli doveva diventare un prodigio di cultura.

Anche per la sua predisposizione. è nata per la letteratura. Il nostro autore fu fin da piccolo affidato a precettori provenienti dal mondo della Chiesa e la sua meravigliosa forza immaginativa vagava stupita tra i racconti dei miti classici, nel sistema di valori dei loro eroi, nella perfezione stilistica di quei testi. Alcuni dicono addirittura che le sue prime composizioni a riguardo risalgono a prima che avesse compiuto dieci anni. E così dal 1809 al 1816 Giacomino si immerse in uno studio appassionato, vorace e instancabile, con l'entusiasmo che solo i bambini hanno.

Definirà questo periodo sette anni di studio matto e disperatissimo. La sua formazione è eclettica e spazia in tutti i campi del sapere, dalla filologia alla scienza, dalla filosofia alla storia. Del resto non aveva alternative.

Gli altri bambini giocavano all'aria aperta, Giacomino invece era rinchiuso nella gabbia dorata costruita da Monaldo Arecanati. L'unico modo per vedere quel mondo ardente di vita che stava al di fuori delle mura di casa sua, l'unica finestra attraverso la sua vita, era la sua. verso cui poter viaggiare e conoscere la realtà era rappresentata dalla biblioteca del padre.

I libri sono i suoi unici veri amici, diventano umanità stampate e strade su cui correre per giornate intere e notti che per assidui terrori io vigilava alla fioca lucerna poetando. Questi sette anni segneranno irrimediabilmente il suo fisico, già gracile dalla nascita. La sua spina dorsale curva sul tavolino rimarrà gobb...

per sempre e la vista, abituato ormai alla scrittura notturna, lo porterà nel corso degli anni alla semi-cecità. E allora diventa ancora più forte quella voglia di fuggire dalla sua prigione e amare, amare la vita e l'adolescenza. E intanto vola il caro tempo giovanile, più caro che la fama e l'allor, più che la pura luce del giorno.

Più passano gli anni, più il nostro poeta iniziò a opporsi all'autorità dei genitori e ad allontanarsi dalle idee reazionaria del padre. Siamo così giunti a quella che Leopardi definì la conversione dall'erudizione al bello, ovvero dallo studio matto e disperatissimo alla scrittura di poesie. Ciò avvenne tra il 1815 e il 1816, quando iniziarono ad essere pubblicate le sue prime opere. A questi anni risale anche l'amore per la giovane Silvia, che Giacomino ascoltava cantare dalla finestra di casa e che ispirava a una nuova generazione. una delle sue più famose poesie.

Data importantissima per la vita di Leopardi fu il 1817, quando finalmente Giacomino conobbe il suo primo amico, Pietro Giordani, quasi 25 anni più grande di lui. Inizialmente fu un'amicizia fatta solo di lettere, perché non c'era nessuna argomentazione che potesse convincere Monaldo a lasciare uscire di casa il giovane poeta, per di più per un incontro con un intellettuale, Pietro Giordani. appunto che aveva inquinato i pensieri del figlio con l'assurda idea di fare l'Italia Unita e della necessità di un patriottismo laico e liberale.

Inoltre, sempre durante il 1817, Leopardi iniziò la composizione dell'opera che ci ha aiutato di più a conoscere tutta la profondità di questo giovane favoloso, Lo Zibaldone. Il suo diario, più di 4.500 pagine in cui confuiscono pensieri, pausate, paure, teorie letterarie, progetti di scrittura, insomma tutto il mondo interiore che agitava il genio del poeta. Leopardi riuscì nel 1818 ad ottenere un fugace incontro con Pietro Giordani, con cui compì una breve gita a Macerata.

Una volta assaporata la libertà non si può più farne a meno. Giacomino organizza un tentativo di fuga, non arriva neanche all'uscio di casa e viene scoperto, e Monaldo per punizione rende la sua vita un inferno. restringendo ancora di più i suoi già pochi spazi di libertà.

Sentiva chiudersi a chiave le porte dopo il suo passaggio e nemmi diceva al cor che l'età verde sarei stato dannato a consumare in questo natio borgo selvaggio intra una gente esotica e vile. Arrivò così la seconda conversione intellettuale di Leopardi, quella dal bello al vero, ovvero allo studio della filosofia. In particolare si allontanò definitivamente dalla fede religiosa e si avvicinò al materialismo e al sensismo.

Nella prossima puntata vedremo bene questo importante passaggio. Sono gli anni in cui Leopardi scrive le poesie più belle degli idilli, che confluiranno nella raccolta di versi pubblicata per la prima volta a Bologna nel 1826 e che vedrà ulteriori revisioni aggiunte negli anni successivi. Finalmente nel 1822 venne concesso a Leopardi il primo viaggio della sua vita. vita a roma Ospite degli zii, un'esperienza traumatica.

Trascorrere le giornate a piangere, scrivere, tra l'altro sulla tomba di Tasso in Sant'Onofrio. Non ridete, cerchiamo di capire perché. Voi siete magari ragazzi normali, abituati ad avere amici, a stare in mezzo alla gente, ma se per puro sbaglio vi costringessero a rimanere anche solo per poche ore chiusi in una stanza senza smartphone, libri o altro, mordereste la porta per scappare. Ecco, per Giacomino è l'esatto opposto. La sua normalità è la solitudine.

e la clausura, e a Roma, di punto in bianco, si ritrova in mezzo a una città caotica e piena di gente. Non è abituato e sta male. Ci vorrà tempo. Solo nel 1825 Leopardi riuscì finalmente ad evadere da Recanati, grazie all'amico Pietro Giordani, che riuscì a fargli ottenere un incarico talmente prestigioso che anche Monaldo dovette consentire a lasciarlo partire per Milano. Il nostro autore divenne direttore dell'edizione completa delle opere di Cicerone presso l'editore Stella.

Da qui in avanti fu un susseguirsi di incontri con grandi letterati, come Vincenzo Monti, e nuovi incarichi che gli consentivano di star lontano da Recanati. Si recò a Bologna, a Firenze, dove conobbe tra l'altro Alessandro Manzoni e Vincenzo Gioberti, a Pisa. Sono anni in cui Leopardi scrisse un'ampia produzione in prosa, ma sembra tuttavia aver esaurito la sua vena alla p***a. poesia finché non giunse il ritorno a Recanati per l'ultima volta e che pensieri immensi, che dolci sogni mi spirò la vista di quel lontano mar, quei monti azzurri che di qua scopro e che varcare un giorno io mi pensava arcani mondi, arcana felicità. Eh sì, ritorna tra Pisa e Recanati dopo quasi quattro anni di silenzio la poesia e sarà un vero e proprio risorgimento.

come recita il titolo di una delle poesie composte proprio in questi anni, insieme al Sabato del villaggio, le ricordanze da cui sono tratti i versi che ho citato in questa puntata, e molte, molte altre. Nel frattempo la sua salute è sempre più precaria e a ciò si aggiunge l'amarezza per il fatto che le sue opere non vengono capite e apprezzate dai suoi contemporanei, e poi la noia che lo uccide come nient'altro nella vita e lo induce in breve tempo a ripartire. Grazie.

Nel 1830 è di nuovo a Firenze. Qui ci furono due incontri che rasserenarono la sua vita. La giovane intellettuale Fanny Targioni Tozzetti, di cui si invaghì, e lo scrittore napoletano Antonio Ranieri, che amò Giacomino come un fratello e lo aiutò rimanendogli accanto fino alla morte. In questi anni è sempre più acuto il suo distacco dalla cultura del suo tempo, dall'ottimismo borghese e idealista. della vita di Leopardi.

Tra il 1836 e il 1837 Giacomino, insieme all'amico Ranieri, si trasferì a Napoli. È il canto del cigno, l'ultima brezza di vita del nostro poeta. Qui riscopre la vita e la sua ultima poesia può essere considerata l'indice di una nuova fase di pensiero, finalmente lontana dal pessimismo. La ginestra, un cespuglio di fiori capace di battere il male e l'aridità, un fiore che riesce a crescere alle pezze. pendici del vulcano, grazie alle sue radici che si aiutano e ci insegnano come la solidarietà tra noi uomini sia la sola via di salvezza.

O Ginestra, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo che il deserto consola. Napoli, una città dalle mille contraddizioni, ma capace di donare a chiunque la rispetti un calore umano anche più forte della lava del Vesuvio. È questa la luce della solidarietà che Giacomino scopre.

proprio soggiornando tra Torre del Greco e Torre Annunziata, in compagnia dell'affetto incrollabile di Antonio Ranieri, in una piccola casa ai piedi del vulcano, dove tra l'altro morì nel 1837, e venne sepolto infine a Margellina. Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né di altre cose simili, ma ho bisogno solo d'amore. Ciao Giacomino, alla prossima ragazzi!