Transcript for:
Spinoza e le Leggi della Mente

capace di mobilitare tante persone, è un segno che lavorate bene, quindi grazie anche per questo. Dunque, io credo di dover innanzitutto spiegare brevissimamente il titolo, perché il concetto di leggi in Spinoza è un concetto importante, ovviamente. dal momento che parlare di leggi della mente è evidentemente una dichiarazione molto forte, affermare che esistono delle leggi della mente, cosa che lui fa per esempio in inizio della parte terza, proprio nelle primissime righe della parte terza, quando nella prefazione parla di… dice che gli affetti e il modo di vivere degli uomini insomma devono essere trattate seguendo le comuni leggi della natura e quindi le comuni leggi della natura ci riporta immediatamente al contesto di uno Spinoza che ve lo dico chiaramente io inserisco da per quanto riguarda un generale atteggiamento filosofico in un contesto nel contesto segnato dalla rivoluzione scientifica, segnato cioè dalla convinzione che la natura possegga delle leggi che non valgono qualche volta ma che sono immutabili, che le leggi dei corpi come quelle delle menti indichino dei comportamenti, dei modi di strutturarsi e di evolversi nel tempo dei corpi e delle menti, cioè dei modi.

Indichino dei modi di evoluzione e di comportamento che sono rigorosi, come lo sono per Galileo le leggi che reggono la condizione dei corpi, come lo sono per un Hobbes le leggi che egli va ad individuare nella natura fisica. Da questo punto di vista stiamo forse un po'al di là ancora del… geometrico perché stiamo parlando di una serie di rapporti stabili tra fenomeni diciamo pure tra modi siamo all'esterno della dell'idea che esistono dei rapporti stabili che esistono dei modi precisi per cui da una condizione ne deriva un'altra e quindi io credo che il concetto di legge debba essere inteso in un senso molto forte in quanto cioè quello che Spinoza ci va a raccontare, a descrivere, a dedurre nelle pagine dell'etica, in particolare nel caso specifico della parte che riguarda gli affetti, non debba essere inteso come generali tendenze, come una prevalenza dei cor, delle menti ad agire in questo o in quel modo, ma che debba essere inteso in un senso forte, necessario. come l'unico modo possibile in cui le menti possono essere intese. Dunque, io credo che si debba prendere in modo molto serio e molto forte il concetto di leggi della mente, indicando che certamente, come ripeto, filosofi di poco precedenti a lui hanno cercato di stabilire in modo esatto, di determinare quindi quali siano le... cosa farà un corpo in una certa condizione, così anche Spinoza mi avviso cerca di darci delle indicazioni su cosa farà una mente posta in certe situazioni.

Il fatto che si tratti in un caso di corpi e nell'altro caso di cui parla Spinoza di leggi della mente, non dà a questa a quest'ambito, quello cioè dello studio degli affetti, una minore determinatezza, una minore esattezza di quella che si può trovare in fisica, vale a dire io ritengo che Spinoza abbia l'ambizione di definire le menti, gli affetti, e tutto quello che riguarda quindi la sfera che noi siamo abituati a ritenere soggetta a una vaghezza, a un'indeterminatezza, a partire da quando Aristotele ci dice che nell'etica non si può ottenere lo stesso grado di esattezza che si può ottenere in altri ambiti, perché questa è una scienza pratica, eccetera. Io credo che invece in Spinoza ci sia proprio il tentativo di fare questo. Il giovane Leibniz, negli anni in cui Spinoza sta proprio concludendo l'etica, che Leibniz un po'sulla scorta di Hobbes, era un autore che affascinava moltissimo Leibniz, sulla scorta un po'di Hobbes, Leibniz diceva ma come...

Hobbes ha cercato di scrivere degli elementi a corpo, riscosì insomma dovremmo fare noi e fare degli elementi a mente, cioè sulla mente cercare di ottenere un grado di precisione della descrizione del loro comportamento simile o diciamo parallelo a quello che si può ottenere per i corpi e che da Galileo, Cartesio eccetera la scienza moderna aveva cercato di conseguire. Ecco, quindi quando... a mio avviso siamo di fronte alla descrizione, tra parentesi come sappiamo qui, come poi nelle prime pagine del trattato politico, l'insistenza di Spinoza sul fatto che le menti seguono le comuni leggi della natura in quanto cose naturali e sul fatto che l'uomo non è nella natura come un imperium in imperio, ma che ne fa parte, che quindi è soggetto esattamente alle medesime.

norme universali, tutto questo mi sembra del tutto spinoziano, questa ambizione di definire in modo rigoroso l'ambito mentale. Data questa generalissima premessa, io credo che una cosa, prendo spunto da questo punto per una... prima riflessione che mi sembra particolarmente importante e che è stata qualche volta sottolineata nella letteratura spinoziana, per esempio da Zurabishvili, ma non solo, ma forse che non è stata troppo tenuta in considerazione, anche perché, adesso vi spiego, adesso provo a chiarire, probabilmente pone qualche problema. E cioè cosa intendo dire? Intendo dire che se noi prendiamo il problema della...

infanzia e il problema dell'età adulta dell'uomo, cioè se noi consideriamo l'uomo come dotato di un'evoluzione all'interno per la sua natura fisiologica e per la sua natura mentale, arriviamo a una conclusione abbastanza sorprendente, cioè che… secondo Spinoza noi dobbiamo pensare al bambino e all'uomo non come a due enti diversi che seguono come dire leggi diverse che hanno una differenza quasi essenziale come viene fatto in molteplici testi della letteratura filosofica precedente ma dobbiamo pensare che le leggi della natura della mente e le leggi del corpo sono tali da imporci di considerare nel bambino una struttura e una modalità di comportamento che deve essere sostanzialmente la stessa di quella dell'uomo. Cosa intendo dire? Intendo dire che Spinoza a mio avviso ha avuto il merito di introdurre una considerazione dell'infanzia che è coerente con la sua idea di infanzia. generale dell'uomo e che quindi, posto che la differenza tra bambino e uomo esiste e che deve essere tenuta in considerazione ovviamente, però è uno dei primi autori a prendere seriamente in considerazione il comportamento infantile e a farne non una specie di eccezione o a valutarlo in modo differenziale rispetto a quello dell'uomo adulto. ma a considerarlo come il luogo dove cominciano a formarsi determinati processi, determinate dinamiche affettive e conoscitive che nell'uomo saranno diverse perché nell'uomo c'è stata una più lunga esperienza, perché il corpo dell'uomo si è irrobustito, rafforzato, ma che non possono essere considerate in modo completamente diverso.

Il punto sul quale da cui potremmo partire, visto che si tratta di una presentazione di un'ora al massimo, è proprio questo, cioè che Spinoza prende molto sul serio i bambini, li prende molto sul serio nel senso che ritiene in alcuni punti di poter ricavare dalla loro comportamenti, dall'osservazione dei loro comportamenti, ritiene di poter ricavare delle… leggi le quali valgono anche per l'adulto e a partire da quella sulla quale mi soffermerò di più, che è quella dell'imitazione, ma anche in altri casi, per esempio riguardo al problema dell'invidia, e nota che i meccanismi affettivi, i meccanismi passionali che agiscono nel bambino devono essere intesi in un modo che sia, ripeto, coerente con quello dell'adulto e che... in qualche modo anziché scartare tutta questa tra l'altro immensa osservazione sperimentale noi bambini li vediamo li conosciamo se viviamo con loro lo siamo stati innanzitutto tutti lo siamo stati e quindi questa in inmenso patrimonio di conoscenze sul comportamento del bambino anziché essere come anziché dover essere diciamo così dimenticato accantonato per poter cogliere l'uomo in senso maturo, deve al contrario entrare a far parte dell'antropologia, o comunque della nostra definizione delle leggi che riguardano gli affetti umani. Perché questo mi sembra molto importante? Perché prima di tutto credo che non porre una differenza di carattere essenziale tra il bambino e l'uomo, sia coerente con una filosofia che ricorda come l'evoluzione dal bambino all'uomo non è un salto, non è che si diventi uomini in un giorno, quando si compiono 18 anni, o 12 o 25, si diventa uomini man mano, ma in realtà da un punto di vista spinoziano, se lo facciamo ancora più correttamente, Siamo sempre uomini, eravamo uomini anche quando avevamo un'ora di vita e quindi questo consente di escludere, di togliere alla filosofia che spesso nei confronti del bambino ha un atteggiamento di carattere, come dire, di indifferenza, che trascura le dinamiche affettive del bambino, perché le considera appunto puerili, perché le considera... Irrilevanti per la comprensione dell'uomo e dal momento che poi la descrizione che ci dà Spinoza della maggior parte degli uomini è quella di Individui che sono dominati dall'immaginazione quindi che hanno una capacità di guidare i loro pensieri razionalmente Estremamente scarsa nella maggior parte dei casi perché come sappiamo il percorso che conduce alla capacità di governare, di vivere secondo ragione, è un percorso difficile, raro.

Ecco che allora paradossalmente potremmo dire, ma non paradossalmente, potremmo dire che in realtà l'analisi della condizione infantile ci fornisce degli strumenti potentissimi per compiere. per comprendere il modo in cui si comportano gli uomini, i quali sono in molti sensi più simili nel loro essere dominati dall'immaginazione e da altre caratteristiche, sono più simili per l'appunto a bambini che non a un'immagine astratta e diciamo pure glorificata dell'uomo maturo, dell'uomo adulto. Ecco quindi che quando diciamo noi, quando Spinoza dice se immaginiamo, se pensiamo, se facciamo, tutto questo noi di cui si parla è inteso come noi uomini, ecco deve essere inteso secondo me, a mio avviso, in modo tale da poter includere anche la mente infantile.

E se include la mente infantile allora... forse ha una maggiore possibilità di comprendere la natura umana in senso profondo, proprio perché da lì tutto comincia, tutto comincia da una situazione nella quale la ragione non può essere guida di nulla e in cui di fatto gli affetti si susseguono, si contrastano in un modo… che appare chiaramente uso un termine anche qui, forte, in un modo che appare chiaramente sottratto al nostro controllo, perché se c'è una cosa che la tradizione filosofica ha sempre affermato è che i bambini non hanno una capacità di controllo, l'educazione consiste in questo, non in imparare. a controllarsi, a moderare le proprie passioni, ad agire secondo determinate norme che devono essere apprese, imposte eccetera. Ma questa...

mentre appunto l'uomo adulto in possesso di una... che è venuto in possesso di una facoltà di autodeterminazione, che sia il libero arbitrio o qualcosa di diciamo di... Innanzitutto ovviamente il libero arbitrio, l'uomo adulto si erge al di sopra di questa condizione necessaria nella quale invece i poveri bambini versano perché non sono ancora dotati di tale perfetta indipendenza o quasi perfetta indipendenza dal mondo. Ma per Spinoza è proprio il contrario, per Spinoza è proprio quella la condizione umana. Per Spinoza pensare per esempio che il bambino… diventi uomo nel momento in cui racconsegue il libero arbitrio, o meglio dire in cui il libero arbitrio si sviluppa pienamente in lui, ovviamente non avrebbe senso perché il libero arbitrio non c'è, e così come l'idea di una ragione che riesce a dominare il resto delle facoltà mentali non si dà realmente, perché l'uomo non diventa mai come dire superiore a se stesso, non è che l'uomo possa… parta da uno stato animale e poi assurga a un livello superiore.

L'uomo rimane quello che è per tutta la vita e dunque certamente può affinare attraverso una concatenazione di pensieri, può affinare le proprie azioni, ma questo non comporta certamente il passaggio ad una condizione ontologica totalmente diversa. L'uomo rimane… nella filosofia spinoziana un individuo che agisce secondo leggi naturali necessarie e dunque esattamente rimane quello che in fondo si è sempre detto del bambino, ma solo del bambino, cioè che i bambini insomma sono come animali, seguono gli istinti, la natura eccetera eccetera, l'uomo invece può decidere di fare, come dire, di… di elevarsi al di sopra di questo stato. Bene, per Spinoza io credo l'uomo non può elevarsi a questo stato, o almeno non è il diventare adulto ciò che glielo consente, ma semmai può esserlo un appunto prolungo itinerario di formazione filosofica che è appunto quello che l'etica intende proporre e presentare come esemplare.

Quindi se noi consideriamo che questo noi di cui si parla è un'etica di formazione filosofica, è un'etica di formazione filosofica che è appunto un'etica di formazione filosofica. parla è un noi che comprende anche i bambini ci rendiamo conto che alla fine sostanzialmente la grande differenza che possiamo porre tra il bambino e l'uomo è una differenza di più e di meno cioè essenzialmente dovuta al fatto che il bambino non ha ancora semplicemente una cosa rispetto all'adulto e cioè non ha quella non ha accumulato quella quantità di esperienze sul mondo e soprattutto su quello che fanno gli altri uomini, che invece l'adulto possiede. Quindi è una differenza che così intesa potrebbe essere perfettamente accolta da un filosofo empirista, il quale vi potrebbe dire che le facoltà del bambino sono già come quelle dell'uomo, ma che al bambino difetta l'esperienza. semplicemente difetta quello e dunque ne vedremo per esempio si dicevano e vedremo per esempio che questa carenza di conoscenza delle cose del mondo in particolare di quello che gli altri uomini fanno e vogliono è alla fine sostanzialmente il il grande discrimine che però ripeto è un discrimine di di grado e non di genere insomma una differenza di di grado e non di genere Ora...

Posto tutto questo, io direi che potremmo analizzare diverse proposizioni dell'etica 3 alla luce di quello che abbiamo detto, ma visto che il riferimento ai bambini compare in modo specifico riguardo alla questione dell'imitazione e dell'ambizione, mi metterei in questo binario. parlare di alcune parti delle proposizioni che vanno dalla 27 alla 21-32 per mostrare quali sono poi gli esiti teorici di questo atteggiamento spinoziano. Dunque, partiamo da una famosa frase sulla quale è stato molto detto, che siamo nello scolio della proposizione.

32 della parte terza che fa riferimento a un concetto che viene presentato per la prima volta nella proposizione 27. Quindi leggo prima poche righe dello scolio e poi ritorno indietro a ciò a cui si riferiscono. Dunque, ciò che si dice qui è che Se vogliamo consultare la nostra stessa esperienza vedremo che gli uomini sono invidiosi, ambiziosi, ecco l'invidia, l'ambizione e sono collegate alla limitazione. E infatti dice, constateremo che essa, l'esperienza, insegna tutte queste cose, soprattutto se avremo, uso la traduzione Giancotti, ma va bene, soprattutto se avremo posto mente ai primi anni della nostra vita. Infatti sappiamo per esperienza che i bambini poiché il loro corpo è come in continuo equilibrio, ridono o piangono per il fatto solo che vedono gli altri ridere o piangere.

E qualunque cosa inoltre vedono fare agli altri desiderano subito imitarla. E infine desiderano per sé tutte le cose da cui immaginano che gli altri tragano di letto, eccetera, eccetera. Ci sono altre osservazioni, ma diciamo.

Allora, questa osservazione... attraverso il riferimento al fatto che vedono ridere ridano, si vedono piangere piangono, se vedono qualcuno fare una cosa desiderano imitarla e che desiderano per sé le cose da cui immaginano che gli altri tragano di letto, questo ci porta a due temi importanti, cioè l'imitazione e l'ambizione. L'imitazione è proposta e presentata per la prima volta, poche proposizioni prima, nella 27, dove dice se immaginiamo che una cosa a noi simile e verso la quale non abbiamo nutrito nessun affetto è affetta da un qualche affetto, perciò stesso veniamo affetti da un affetto simile.

Dunque questa importante proposizione ha dato molto da pensare, sui temi dell'imitazione ho cercato di capire qualcosa di più, ma anche attraverso tanti autori e Spinoza mi è sembrato da questo punto di vista con questa proposizione fare un vero e proprio salto, un balzo in avanti rispetto alla tradizione precedente. Perché? Perché afferma che non tanto che l'imitazione consista platonicamente nella... desiderio di imitare o copiare qualcosa dandone una rappresentazione, no? Non stiamo parlando dell'imitazione del pittore, del letterato, del musico o del mimo che appunto copia, imita gesti o riproduce forme in qualche modo.

Parla di un'imitazione di passioni, di affetti, cioè parla del fatto che... questa legge della natura umana che è quella per cui appunto noi veniamo affetti dallo stesso affetto che immaginiamo sia appartenga in quel momento a qualcuno a noi simile cioè questo fatto propone un concetto di imitazione infinitamente più potente professore le si è chiusa l'altra ho visto adesso ha fatto tutto da sola ma da quant'è che è successo? da un secondo si è dato vita propria al mio computer vi chiedo scusa si scusate si è chiedo perdono dicevo appunto che questa non è un'imitazione da pittori o da letterati è un'imitazione usiamo pure un termine preciso è un'imitazione da invidiosi, da ambizioni, cioè tu fai una cosa, la voglio fare anch'io, tu hai qualcosa, la voglio avere anch'io, tu ti comporti in un certo modo, voglio diventare come te, voglio prendere quasi il tuo posto e questo processo, questa dinamica imitativa è una dinamica che appunto Spinoza dimostra, guardate bene perché è importante, lui dice il fatto che i bambini si comportino in questo modo dimostra che dice constateremo che la nostra esperienza dei primi anni di vita insegna tutte queste cose quindi noi possiamo vedendo i bambini prendere una come dire comprendere qualche cosa che probabilmente sarebbe più difficile a comprendersi se partissimo già dagli adulti nei bambini la cosa è precisa chiarissima manifesta e questo è molto significativo ripeto del dello statuto conoscitivo importante che Spinoza appunto attribuisce all'osservazione della vita infantile, perché noi siamo tutti stati bambini e nella maggior parte dei casi lo siamo ancora. Dunque questa idea di un'imitazione come dinamica, potremmo dire quasi non dico originaria, non voglio esagerare, cioè non voglio assolutamente dire che l'imitazione sia come dire il primo.

affetto, ma sicuramente estremamente importante, perché non appena noi siamo posti nella condizione di entrare in contatto con qualcuno a noi simile, questa dinamica scatta, si manifesta, cioè cominciamo a essere affetti dagli stessi affetti degli altri. Questa dinamica è di grandissima importanza per tante ragioni. La prima, ovvia, è che questa mostra in modo palese... il fatto che non siamo noi a decidere cosa saremo, che noi piangeremo, rideremo, vorremmo una cosa o vorremmo un'altra a seconda di chi la sorte, il caso ci avrà messo vicino. Se un bambino è posto d'accanto a tanti bambini che ridono, probabilmente, come dice, verrà colto dal desiderio di ridere, se verrà messo insieme a tanti altri che piangono, eccetera, cioè se verrà messo accanto a qualcuno che possiede… Qualcosa vorrà quella cosa, se verrà messo accanto a qualcuno che ne possiede un'altra, ne vorrà un'altra.

E quindi questo è importante perché il bambino si qualifica in modo evidente come dipendente dal luogo dove si trova, dalle persone che ha intorno e quindi non viene considerato il bambino e per conseguenza l'uomo come un prodotto di sé. di una sua qualche forma di personalità sovrana che si autodetermina, ma appunto verrà considerato come un frutto, come diciamo determinato dalle circostanze in cui si trova, cosa che credo non si possa negare troppo, credo che qui Spinoza osservi molto correttamente che ognuno di noi è ciò che è a seconda di dove è nato, con chi è stato. chi ha visto, chi ha sentito delle vicende della sua vita e quindi che ha cominciato quindi a produrre la propria fisionomia mentale sulla base di... a partire da chi aveva intorno, quindi dai genitori, amici, le persone che ha visto e sentito. E questo è importantissimo perché spezza, a mio avviso, l'idea di una di un umanismo capace di trascendere i luoghi e i tempi, di una capacità di autodeterminazione che oggettivamente sembra più un mito che una realtà.

Sappiamo tutti che le circostanze ci determinano e qui Spinoza cerca di spiegarci perché. Perché noi imitiamo gli affetti di coloro che vediamo, di coloro che sono intorno a noi e che... Esibiscono determinate passioni, determinati affetti, hanno determinati, posseggono questa o quella cosa e in base alla loro l'osservazione di chi ci sta intorno noi costruiamo noi stessi e lo costruiamo e costruiamo noi stessi senza avere alcuna possibilità di sottrarci a questa dinamica.

Ora questo punto che ritengo potentemente anti-umanista in questo senso, cioè nell'idea che l'uomo si possa innalzare ai vertici supremi, diventare angelo, scendere a seconda della propria volontà, questa idea molto rinascimentale, è che io credo che qui in Spinoza venga veramente demolita, demolita, venga mostrata a partire dal bambino in tutta la sua presunzione questa idea. Credo anche che comprendere come funziona esattamente questo fenomeno imitativo, questa dinamica imitativa, sia abbastanza difficile, perché ci sono due aspetti nella dimostrazione della proposizione 27 che sono un po'come dire, sembrano... non alternativi, ma sembra esserci una spiegazione di un tipo e poi sembra esserci una spiegazione di un altro tipo.

Perché se noi andiamo a leggere la dimostrazione della proposizione 27, questa ci dice che se la natura del corpo esterno è simile alla natura del nostro corpo, quindi se abbiamo di fronte per esempio un altro uomo, un altro essere umano, un altro bambino, un altro essere umano, allora l'idea del corpo esterno, essendo umana, implicherà un'affezione del nostro corpo simile all'affezione del corpo esterno. Cioè, vedere l'idea di un uomo che ride implicherà una simile affezione nel nostro corpo perché noi siamo fatti come quella... quell'uomo lì che vediamo ridere, siamo sostanzialmente, infatti non dice una cosa identica, non possono esserci due persone identiche, però ci possono essere delle cose così simili a noi, per cui se vedo un uomo ridere, per la mia simiglianza, la simiglianza del mio corpo con quella dell'altro uomo, io sarò affetto da un desiderio di ridere simile.

Ecco. E quindi sembra quasi che stiamo parlando di una eco, infatti si usa per esempio il termine ecoprassia, cioè il fatto di imitare in modo anche eccessivo o quasi ossessivo le azioni di un altro. I bambini si divertono a fare questo gioco, uno dice una cosa, fa una domanda e l'altro anziché rispondere ripete la domanda, ecco questo gioco che forse tutti da bambini abbiamo un po'fatto. Sì, però questo è il punto, in questa dimostrazione della proposizione 27 sembra che la ragione per cui imitiamo sia che siamo fatti come il modello che imitiamo, cioè che abbiamo un corpo che è simile a quello del corpo del modello che imitiamo.

Però questo entra leggermente in conflitto con un'altra possibile interpretazione, perché in effetti se la imitazione fosse una cosa come la simpatia delle corde, avete presente che non so se voi usate le corde di una chitarra, se voi fate vibrare una corda, per simpatia le corde che sono... che hanno una lunghezza tale per cui possono vibrare armonicamente, si mettono a vibrare anche loro. È proprio un effetto dovuto alla reale simiglianza di struttura fisiologica di una corda, di una chitarra e di quella vicina, di quella accanto.

Se pensassimo a una cosa del genere, faremmo un po'fatica a spiegare questo. Perché la proposizione dice che se immaginiamo che una cosa a noi simile sia affetta, eccetera, cioè sembra che l'imitazione non dipenda tanto da come siamo fatti, da come è fatto il modello che ride e come sono fatto io, ma sembra che sia dovuta al fatto che io mi immagino che quel modello esterno stia ridendo. Se poi lo stia facendo davvero oppure no... Questo è in fondo irrilevante, cioè sembra che la simiglianza non debba necessariamente essere tale, visto che parliamo di corpi, parliamo quindi di una simiglianza fisiologica, ma che sia sufficiente per scatenare il processo imitativo, sia sufficiente che io immagini che l'altro stia ridendo, che qualcuno sia un uomo e che riga.

C'è un passaggio di un altro testo. in cui Spinoza dice abbastanza chiaramente che se io immagino di essere qualcosa, allora potrei formulare, imitare non ciò che l'altro è davvero, ma ciò che credo che l'altro sia. Per esempio dice che a un certo punto gli uomini cominciarono a immaginare se stessi come bruti, è un'attività che non è mai stata fatta.

un passo che forse adesso ci porterebbe un po'lontano, ma sto parlando di Etica IV, della proposizione dello Scolio alla 68, dove Spinoza dice che il primo uomo dopo essere arrivato a credere che i brutti fossero simili a lui, ha subito cominciato a imitarne gli affetti, qui capite che limitare gli animali, i brutti ovviamente sono gli animali, nella propria vita. Parte quarta non dipende dal fatto che siamo uguali o che siamo simili ai brutti, ma che pensavamo di esserlo. Abbiamo creduto che i brutti fossero simili a noi e quindi abbiamo cominciato a imitarne gli affetti.

Allora, mi sembra a questo punto abbastanza evidente che in Spinoda la realtà del meccanismo imitativo sia affermata con assoluta sicurezza, tra l'altro se ne trovano svariate. occorrenze in varie opere. E forse si deve lasciare in sospeso se questa imitazione sia appunto una sorta di eco puramente dettata dalla costituzione del corpo o se invece in essa giochi un ruolo primario quello che crediamo, cioè il fatto di immaginare qualcosa come appartenente a qualcun altro.

In ogni caso Io credo che si possa attestare con assoluta sicurezza, con grande sicurezza, assoluta esageriamo, ma insomma con grande sicurezza che la simiglianza reale o immaginaria con un individuo esterno, con qualcuno che vediamo, che osserviamo, scatena un affetto. produce un affetto che non è il nostro potere controllare e che sostanzialmente ha degli effetti di costruzione della nostra personalità cioè che a seconda quindi di quali sono gli affetti che abbiamo iniziato ad imitare perché eravamo sottoposti all'immagine all'osservazione di persone di un certo tipo noi siamo diventati questo o quel tipo di uomo abbiamo preso questa o quella diciamo struttura caratteriale, chiamiamola come volete, e questo è molto importante perché sembra che ogni uomo insomma sia determinato di fatto dagli altri nella sua stessa struttura affettiva. E aggiungerei, posso prendermi Ludovica ancora un dieci minuti?

Sì, sì, anche un quarto d'ora. Anche un quarto d'ora, va bene. Allora... Questo primo punto mi sembra già abbastanza significativo, perché come abbiamo detto ci dà un'immagine dell'uomo, se vogliamo, meno lusinghiera di quella che ci trasmettono altri filosofi.

E quindi direi perfettamente in linea con una filosofia che ricorda la finitezza. e la determinatezza dei nostri comportamenti, ma non perché li fa risalire al peccato originale o a qualcosa del genere, ma facendola risalire semplicemente a delle leggi della natura a cui noi siamo sottomessi, a cui noi in quanto enti naturali non possiamo sottrarci. Una conseguenza di questa dinamica affettiva la ritroviamo… Nella proposizione 32, che è quella nel cui scolio si ritrova la... la citazione dei bambini che ridono o piangono per il solo fatto che vedono ridere o piangere, eccetera, eccetera. Ecco, la proposizione 32 dice che se immaginiamo che qualcuno goda di una certa cosa che uno solo può possedere, ci sforzeremo di fare in modo che egli non la possegga.

Questa è una proposizione importante perché... diciamo che svela, cerca di presente, svela il meccanismo della rivalità, il meccanismo della conflittualità umana. Perché appunto questa, come dice nello scoglio, perché dalla stessa proprietà della natura umana dalla quale segue che gli uomini sono compassionevoli, Segue anche che sono invidiosi e ambiziosi, è un'affermazione potente e nello scolio della proposizione precedente, poche righe sopra, infatti aveva provato a spiegare che cos'è l'ambizione, che era già oggetto della proposizione 29. Siamo all'interno di un gruppo di 6-7 proposizioni che appunto... ruotano intorno a questi temi dell'essere come gli altri, volere che gli altri siano come noi, eccetera. Quindi che in qualche modo si interrogano sulla natura da un lato compassionevole, dall'altro lato invece conflittuale degli esseri umani.

Ora, l'affermazione che dalla stessa proprietà della natura umana dalla quale segue la compassione, segue anche l'ambizione e l'invidia, è un'affermazione forte, perché ci spiega che questo continuo confronto con gli altri, questo desiderio in qualche modo di attrarre a noi gli altri e di costruire con gli altri una relazione, ma di avere allo stesso tempo un ruolo. primario, il grande paradosso dell'antropologia umana, dell'antropologia per Spinoza è quello di volere essere come gli altri, ma più degli altri, di avere quello che hanno gli altri, di provare quello che provano gli altri, ma di provarlo e di averlo in misura maggiore. Sono chiaramente due aspirazioni. un po'contraddittorie, non si può voler essere come gli altri e volere allo stesso tempo essere i primi, essere un po'più degli altri, eppure è proprio quello che succede a quanto pare, cioè l'ambizione, l'emulazione, che è un altro concetto che viene spiegato nello scolio della proposizione 27, sono appunto proprietà contraddittorie, perché per esempio ambire a come dire, provare compassione per qualcun altro significa in qualche modo cercare di entrare nella, significa avere la capacità di percepire il dolore altrui come nostro, significa essere capaci di percepire la gioia degli altri come nostra, ma allo stesso tempo significa anche, cioè si accompagna comunque a un desiderio. a una richiesta che l'altro provi la stessa cosa per noi.

Se leggiamo per esempio quello che dice nella proposizione 33, quando amiamo una cosa che ci è simile, ci sforziamo per quanto è in noi di far sì che a sua volta ci ami. Amare non è come dire un dare, semplicemente in Spinoza, è un dare con però la precisa esigenza di ricevere anche in cambio quello stesso amore che diamo, tanto che se in effetti, come dice sempre lì nello scoglio della 31, finché tutti desiderano, finché tutti vogliono essere lodati o amati da tutti, si odiano vicendevolmente, il paradosso se volete la condizione. inevitabilmente conflittuale dell'uomo.

in società è quella di voler essere amati, è quella di voler essere apprezzati, di voler essere, come dire, stimati come noi stimiamo gli altri, ma se tu richiedi agli altri di essere stimato, se tu vuoi essere lodato, se quindi tu, come dire, dai il tuo amore, ciò che tu con forma di amore, di compassione, eccetera, tu dai agli altri, nel momento in cui tu lo richiedi, lo esigi come qualcosa che ti spetta, che ti tocca, e questo produce inevitabilmente la frustrazione quando non lo si riceve e sostanzialmente produce un conflitto. Se due persone amano la stessa cosa, per esempio, se due persone amano lo stesso essere umano, scusate vedo che c'è un'uscita in corso, no non sono io, mi sentite ancora? Sì, sì, tutto ok. Niente, il mio computer oggi è.

Dicevo, se due persone amano la stessa cosa, poniamola, la stessa, lo stesso uomo, la stessa donna, vuol dire che sono molto simili, vuol dire che hanno in effetti una struttura affettiva molto simile. E questo significa che più sono simili, cioè che più sostanzialmente amano le stesse cose, più esigono di essere riamate, ma che questo desiderio di essere riamate, se appunto si tratta di un desiderio che è appunto di qualcosa che solo uno può possedere, ecco che comporta... un conflitto tra le due persone, quindi è più facile in un certo senso entrare in conflitto con una persona a cui siamo molto simili che non entrare in conflitto con una persona dalla quale ci separano tante cose, è un tema questo che si riscontra in decine di passi di Spinoza, il fatto che la simiglianza, il convergere dei nostri desideri ci porta, è da un lato un segno di vicinanza, da un lato un segno di… di eguaglianza e anche di possibilità di intenderci con gli altri, ma dall'altro lato comporta odio, comporta la nascita di una situazione rivalitaria, che è esattamente quella dei bambini. I bambini appunto, quando vedono che qualcuno ha un giocattolo, vogliono quel giocattolo, è perché sono in effetti dominati da desideri simili, perché sono molto simili gli uni agli altri. Anche perché la loro vita è breve, le loro esperienze non hanno ancora differenziato i loro desideri in modo significativo e quindi vogliono sostanzialmente le stesse cose.

Proprio per questo se le strappano, proprio per questo cercano di avere quelle che hanno l'altro e come dice qui la proposizione si sforzeremo di fare in modo tale che l'altro non la possegga una certa cosa. Ora per avviarci alla conclusione. Possiamo dire che la dinamica degli affetti che abbiamo, che ho cercato di presentare, quindi l'essere come dire contagiati, colpiti dai medesimi affetti degli altri e più sono simili a noi essere colpiti dai medesimi affetti e quindi trovarci con loro in una condizione di rivalità. è una conseguenza, è un effetto di leggi di natura che valgono, diciamo, universalmente e che potremmo dire ci caratterizzano proprio per come siamo fatti. Ma c'è una cosa da aggiungere, e cioè che, come dice in un altro passo, che adesso scusate cerco di ritrovare l'avevo indicato ma eccolo qua stiamo parlando di dello scolio alla 55 sempre della parte terza nello scuole alla proposizione 55 se no no sì eccolo qua la chiusa di questo di questo scolio molto bello consiste in questo, dice manifesto dunque che gli uomini sono per natura proclivi all'odio e all'invidia e le ragioni le abbiamo spiegate, abbiamo anche detto che queste ragioni sono le medesime che ci spingono a provare compassione, comunque a essere in sintonia con gli altri, è proprio quella sintonia il pericolo in un certo senso, ciò che produce l'invidia e aggiunge però Cosa alla quale concorre, cioè questo provare odio e invidia, cosa alla quale concorre la stessa educazione.

Quindi qua potremmo dire uscia, non è che usciamo dalla natura, però mette sotto la lente di osservazione che cosa? Non tanto un processo che potremmo dire si svolge in qualunque contesto, ma un processo che ha a che fare con un rafforzamento del processo. naturale di creazione dell'odio e dell'invidia che si produce in ambito civile, in ambito culturale, si produce cioè in quelle formazioni sociali che sono appunto le famiglie e le società e dice quindi che gli uomini sono per natura proclivi all'odio e all'invidia, cosa alla quale concorre, concorre, la stessa educazione.

Infatti, questa è la frase interessante. I genitori sono soliti incitare i figli alla virtù soltanto con lo stimolo dell'onore e dell'invidia. Cioè, dicono, mica vorrai farti superare da quest'altro, guarda come ha fatto quello che prende i voti più belli, guarda come quello ha fatto più carriera di te.

Cioè, l'educazione... a fare le cose bene nel modo giusto, a studiare, a fare le cose, avviene nell'educazione comune attraverso lo stimolo di questi sentimenti di onore e di invidia. Noto tra parentesi che usare il concetto di onore in senso negativo, cioè accostandola all'invidia, è un'altra cosa bellissima, secondo me, in Spinoza, cioè ricorda che il concetto di onore non è un concetto positivo in sé, perché è semplicemente… potremmo dire una forma di autovalutazione che è qualcosa a cui tendendo alla quale noi cerchiamo di danneggiare gli altri sostanzialmente come lo è l'invidia, aspirare all'onore significa aspirare di fatto al superamento degli altri. Quindi l'educazione concorre. Le nostre usanze, diciamo nostre in questo caso non in senso universale, potremmo dire le usanze dell'epoca di cui Spinoza parla, cioè educare i bambini a agire in un certo modo buono per essere come e più degli altri, va a rafforzare quel meccanismo imitativo, mimetico, insomma di continuo controllarsi a vicenda, guardarsi in cagnesco con gli altri per cercare di essere un po'più di loro, che è già naturale.

E dunque questa dinamica che abbiamo così, che nasce già nel bambino, rafforzata da un'educazione che gli dice punta a superare gli altri, competitiva quindi, potremmo dire che è in un certo senso la versione laica, la versione filosofica del male, del peccato originale come dire in qualche modo. o comunque potremmo dire che è considerata il nucleo dal quale derivano tutte le passioni ostili e rivalitarie che affliggono la vita umana e che rendono impossibile agli uomini, a meno di meccanismi regolativi di cui però ci parla negli scritti politici, che rendono impossibile di fatto una convivenza. pacifica e niente, io mi fermo qui sono sicuro di non avere detto le cose in modo del tutto limpido, ma insomma mi direte voi se c'è quello che manca o che non convince, quindi vi ringrazio per l'attenzione intanto Grazie a te Allora, facciamo adesso per il ghiaccio farei una mi sa che c'è l'eco... La mia domanda è più una domanda di chiarimento, vorrei capire a partire dall'analisi che lei ha presentato, se l'uomo possa ovviare a questa dinamica conflittuale che si può innescare in una relazione piuttosto che un'altra, oppure se un modo per risolvere la conflittualità che si genera anche naturalmente. Dipende soltanto da un'educazione virtuosa, all'opposto di quello che magari diceva lei, che appunto un genitore già da piccolo tende a educare un bambino in un modo che lo spinga alla competizione.

Cioè, perché può anche capitare per esempio che io provi stima e ammirazione per lei e quindi il mio modo in cui io cerco di condizionarla è positivo, ma… il modo in cui io vengo affetta da lei è un modo negativo, lei magari può provare al contrario per me invidio oppure una passione triste come direbbe Spinod. Quindi se c'è un modo in cui l'uomo adulto possa gestire questa dinamica oppure se per Spinod sia… naturale in un senso che va oltre la capacità dell'uomo di anche governare su queste leggi. Grazie, è veramente un punto estremamente importante. Credo che da qui dipenda, diciamo un po'dalla risposta che diamo a questa domanda, dipenda più nel dettaglio per esempio il senso anche della sua… la sua relazione con l'antropologia obsiana, perché sappiamo che da un punto di vista obsiano, Spinoza Ops lo conosce molto bene, sicuramente a parte Cartesio l'autore che gli è più presente, è chiaro che noi potremmo in un certo senso sedessimo una risposta negativa, diciamo, a quello che lei ha molto giustamente chiesto, in fondo parleremmo di uno Spinoza che si allinea quasi praticamente in tutto con Ops. con argomenti diversi, ma insomma.

E io credo che non sia così, credo cioè che effettivamente esista una possibilità, che tra l'altro c'è anche nella fine di quello scolio alla proposizione 55, di una ammirazione, di una venerazione, che sia un cercare di raggiungere qualcosa, che è un modello che ci appare, che... Senza però che ci appare positivo, senza però che questo inneschi una rivalità. Ecco, da che cosa dipende la possibilità di volgere in senso emulativo e non in senso invidioso, diciamo così, questa… Beh, io credo che secondo Spinoza ciò sia reso possibile innanzitutto da una condizione, da una… ci sia un requisito fondamentale e credo che questo requisito fondamentale sia una condizione sociale, politica, una condizione politica che in un certo senso consenta a tutti una qualche forma di espressione del proprio conatus.

una condizione politica in cui manchi quella totale disumanizzazione, insomma quella totale oppressione di alcuni individui. Cioè credo che la condizione che chiamiamo vagamente, insomma, democratica, di cui parla Spinoza, possa essere una risposta non del tutto sufficiente, ma in che senso possa esserlo? Beh, perché, per esempio, pensiamo a degli aspetti molto tecnici, la democrazia, ci sono dei meccanismi elettivi, C'è una turnazione, c'è una possibilità di assumere alternatamente dei ruoli di responsabilità all'interno dello Stato, eccetera.

Questo significa che in un sistema in cui esiste una mobilità sociale, in cui esiste la possibilità di assumere un po'come nella Grecia antica, se volete, per sorte, nella Atene antica, per sorte, determinate. Ecco, questo facilita molto, perché? Perché non fa pensare, cioè perché non consente di cristallizzare i rapporti di chi sta sotto e chi sta sopra. Ecco, il fatto che sia molto importante per Spinoza parlare di meccanismi, di succedersi di determinate maggioranze, il fatto che si debbano… Tutto questo mi sembra andare nella direzione di impedire che una condizione di superiorità venga considerata una condizione perpetua, eterna.

Perché se io penso che l'altro abbia qualcosa che lo rende assolutamente superiore, definitivamente superiore a me, questo effettivamente non può che avere degli effetti che esacerbano l'invidia, eccetera. Viceversa, se io mi trovo all'interno di un sistema nel quale quale io posso pensare di assumere prima o poi un certo grado di... possa esprimere il mio conatus, possa aumentare la mia capacità di agire, questo chiaramente rasserena, cioè modera estremamente moltissimo quelle forme di competitività che sono più forti là dove invece uno status una volta acquisito non viene più abbandonato, sia che sia uno status di favore o uno status di sfavore.

Quindi io credo che l'importanza del sistema democratico consista anche in questo per Spinoza, cioè nel fatto appunto di riportare il sopra e il sotto sociali, cioè l'essere avvantaggiati e quindi invidiati e l'essere svantaggiati e quindi invidiosi, di riportarlo a una condizione in cui l'avvicendarsi delle situazioni rasserena gli animi. È un primo tentativo di risposta. Va bene, grazie, chiarissimo. Allora c'è qualcun altro, io leggo che Mauro ci ha scritto una domanda, come conciliamo questa forte tendenza imitativa con la responsabilità?

Ossia come posso essere colpevole se quando agisco sto seguendo sempre un modello esterno? Allora innanzitutto saluto Mauro che ci conosciamo, mi fa piacere che sia qui, grazie, ciao Mauro. E'la responsabilità. questa è una domanda che richiederebbe richiede due minuti almeno per una risposta allora ma io non credo che a Spinoza in effetti la responsabilità ciao che a Spinoza la responsabilità come concetto morale, giuridico interessi tantissimi effettivamente io non credo penso che le relazioni umane non si fondino secondo Spinoza e tantomeno quelle politiche non si fondino tanto su un concetto di responsabilità che è molto... debitore di fatto del concetto di libero arbitrio e quindi se siamo all'interno di una concezione che promuove il libero arbitrio che ammette il libero arbitrio la parola responsabilità è potente forte ma se non lo siamo e credo che in Spinoza non lo siamo dovremmo sostituire il concetto di colpevole per esempio non non intenderlo come un responsabile di qualcosa ma intenderlo chi è colpevole di qualcosa?

Colui che produce un danno, colui che è un pericolo e colui che produce negli altri un sentimento di paura, dei sentimenti negativi. Da questo punto di vista, che sia responsabile perché… perché ha scelto liberamente, secondo una prospettiva molinistica, di essere colui che fa il male, oppure no, non interessa molto a Spinoza. L'esempio classico è quello del cane, lui dice che se un cane è rabbioso lo si soffoca, nessuno ritiene che il cane sia responsabile di avere preso la rabbia, però il cane viene soffocato, lo si deve uccidere, perché?

Perché è un pericolo. E quindi io credo, credo, ma... sinceramente sto scrivendo un libro, sto provandoci almeno, credo davvero che la parola, il concetto di responsabilità all'interno di una dinamica, diciamo di una prospettiva filosofica come quella spinoziana, in cui oggettivamente il determinismo è presente, è forte, credo che il concetto di responsabilità non possa trovare cittadinanza e che se lo si debba sostituire con una valutazione oggettiva della pericolosità di qualcuno o di qualcosa, detta in termini se vogliamo estremamente brutali.

Una persona colpevole è una persona che ha su di me lo stesso effetto di un rovo, di una pianta spinosa. Cerco di non andarle vicino, non ho bisogno di punirlo, di ritenerla responsabile, semplicemente ne sto alla larga e se posso la abbatto, non la lascio nel mio giardino. Adesso l'ho detto in modo estremamente radicale, però credo che si debba andare nella direzione per cui il concetto di responsabilità, se non c'è il concetto di libero arbitrio, non regge più tanto.

Ciò se è stato chiaro. Giovanni vuoi intervenire? Giovanni vedo che hai alzato la mano, se non risponde c'è qualcun altro che vorrebbe intervenire, può attivare il microfono e parlare.

Posso? Prego. Sì, salve, volevo chiedere, sì sono d'accordo sull'uscita politica, però Spinosa... a differenza di Hobbes è un pensatore metafisico sostanzialmente, non è un materialista come Hobbes perché c'è poi tutta l'altra parte.

Ecco, la via per uscire da questa gabbia che noi stessi siamo, perché noi stessi siamo una gabbia noi stessi, cos'è l'amore intellettuale di Dio? Perché alla fine è questa la questione, l'ultima parte, perché un po'sembra l'analitica esistenziale di essere tempo, noi siamo gli altri. Per Heidegger la via d'uscita è l'essere per la morte, in quel libro.

Nel secondo Heidegger diventa... Qui invece mi sembra che l'unica via d'uscita reale possa essere la morte intellettuale, nel senso che lì ci dà una libertà nel diventare il tutto, tra virgolette, e quindi di staccarsi da noi stessi, perché se no noi siamo una gabbia in cui ogni cosa in realtà è determinata e non possiamo uscirne. È vero, possiamo limitarci con i sistemi politici. ma a livello ontologico, perché ontologicamente noi siamo una gabbia di noi stessi, e la morte ai intellettuali ci può portare a una liberazione, però lì è quasi uno spinoso agnostico forse. No grazie davvero, allora capisco perfettamente che il discorso, lo sbocco politico non sia né tutto né forse nemmeno del tutto soddisfacente, credo però che la risposta a livello di un esistenziale, ontologico, metafisico, eccetera, comunque lo vogliamo chiamare, debba essere pensato, sia pensato da Spinoza in una prospettiva che deve essere compatibile con quella politica.

Cioè credo che non possiamo pensare che la risposta politica è una risposta di carattere metafisico, come ha detto, ontologico. siano due risposte, credo che si debba cercare una risposta di tipo unitario, della quale probabilmente l'aspetto ontologico costituisce la radice, poi quello politico può costituire una sorta di applicazione o di dimensione accessoria. Credo che l'uscita da questa gabbia che siamo che noi siamo a noi stessi, sia possibile certo attraverso l'amore intellettuale di Dio, che però non è altro che scoperta di una comunanza con gli altri, cioè con la natura, con le leggi della natura, che ci pone nella condizione di far questo, cioè di capire che ogni nostra azione che tende al comune è un'azione che tende a una condivisione pure, è un'azione che è vantaggiosa per noi stessi, si tratta di persuaderci, di scoprire che ciò che è egoismo, ciò che è una ricerca dell'utile individuale, dell'utile nostro proprio, non è altro che è perfettamente in linea con la ricerca di un utile comune. in sostanza si tratta di superare la convinzione che io sia opposto agli altri globalmente, cioè che le mie azioni e quelle degli altri siano sempre, come dire, che il mio utile e l'utile altrui siano conflittuali in modo assoluto, cioè a livello di sistema, a livello globale, se vogliamo, a livello metafisico per usare questo stesso aggettivo. Credo che la risposta a questo sia nella proposizione 18 della parte quarta, perché lì ci dice una cosa molto importante, spinosa, cioè che ciò che ci dà gioia e ciò che ci dà tristezza, cioè la cupidità che nasce dalla gioia e la cupidità che nasce dalla tristezza, non sono...

di eguale potenza, perché se la cupidità che nasce dalla gioia, essendo un rafforzamento della mia propria potenza di esistere, rafforza la stessa cupidità, per cui è un processo che si autoalimenta, cioè la gioia fa provare una maggiore potenza e questa maggior potenza si rivela in una maggiore capacità di percepire gioia. Viceversa, la cupidità che nasce dalla tristezza, dal conflitto, dall'ostilità con gli altri e quindi da quel sentirsi in gabbia, quella cupidità ha una caratteristica invece opposta, cioè se quella della gioia si rafforza da sola, quella della tristezza si indebolisce da sola, cioè data un'esperienza lunga, data una lunga conoscenza degli altri, un lungo vivere con gli altri. Si scopre che, si può arrivare a scoprire che la nostra opposizione, il nostro situarci in antitesi a ciò che è esterno, quindi agli altri, alla natura, al mondo, si tende a spegnersi da solo, cioè tende a indebolire questa stessa tendenza alla misantropia, o comunque all'opposizione.

Io non so dirvi se questo sia vero. parlando chiaramente di una risposta che teoreticamente mi convince, però credo che per Spinoza sicuramente sia importante comprendere che la via di uscita, quindi per rispondere proprio da questa gabbia, sia la scoperta progressiva della coincidenza del mio vantaggio con un vantaggio comune, e cioè la scoperta del fatto che essendo sostanzialmente guidati dalle medesime leggi, una condizione di condivisione sia più vantaggiosa di una condizione di contrapposizione. Ed è quello che secondo me rende appunto non obsiano il pensiero da questo punto di vista l'antropologia spinoziana e quindi in un certo senso apre la via a quella che molto correttamente l'ha detto e poi la risposta, cioè la risposta la mordente intellettualismo.

Io non potrei amare la natura. Dio, il mondo e quindi gli altri, se pensassi che contrastano il mio utile. Devo prima capire che mi è utile amarli, cioè devo scoprire che quando faccio qualcosa di positivo per qualcun altro non sto indebolendo me stesso, sto anzi rafforzandomi. Poi che questa sia una risposta del tutto convincente non ve lo so dire, però penso che sia la linea in cui si muove Spinoza. Comunque veramente grazie, le domande difficili però.

Grazie. Professore scusi ma... Posso fare?

Ah scusi, scusi, scusi, prego parli. Prego, prego. Avevo digitato un altro pulsante quindi mentre facevo quella domanda di prima non si è sentita.

La mia era una semplice curiosità e volevo sapere una sua opinione. La parte terza di affetti in busto ovviamente si fonda sugli affetti e come è noto c'è una prima definizione, la terza, sull'affetto e poi c'è quella della definizione generale degli affetti che poi è al plurale, però ovviamente Spinoza ne parla al singolare. Le due definizioni non sono ovviamente identiche tra loro, fanno quasi presagire un percorso da una prima concezione dell'affetto e secondo me l'ultima definizione è preparatoria alla quarta parte. Però su tutto ciò che lei ha detto, ovviamente, noto che la forza di esistere del corpo viene ovviamente, la mente è determinata a pensare piuttosto questo che quello, proprio per validare la sua potenza di esistere. Però nella stessa definizione lui parla di idea confusa, cioè l'affetto lo chiama idea confusa.

Ecco, lo sa che è solamente una piccola... curiosità perché aggiunge questa cosa sì certo allora io sto molto anche questo è sottile perché anche questo non è molto sottile perché ma io credo questo che ritengo questo che allora la il carattere confuso a che viene attribuito appunto di idea confusa che viene attribuita agli affetti credo che sia legato a un problema molto preciso. Tutte le volte che noi agiamo, cioè in base a un affetto noi agiamo, noi facciamo una sorta di scommessa sul futuro, cioè prevediamo un futuro che scaturirà dalla nostra azione.

Ogni persona che agisce, agisce in base a una... presunzione, una previsione, un'assunzione, come vuole, di come la sua azione modificherà lo stato di cose, di come sarà lo stato di cose dopo. Se io rispondo male a una persona, probabilmente mi immagino che questa persona, che è una persona che mi sta antipatica, penso magari che questa persona dopo essere… stata apostrofata da me mi tratterà meglio ecco questo è sbagliato un'idea confusa è un'idea confusa perché perché io sto cercando come dire di ottenere qualcosa per esempio diciamo di rimettere a posto che so un maleducato che mi ha che mi ha fatto che mi ha trattato male e credo che questo come dire mi restituirà qualche cosa che mi ha tolto poniamo l'essere stato trattato in modo poco gentile ma è un'idea confusa Perché io in realtà potrei ottenere tutto l'opposto, potrei ottenere, io non so esattamente, come la mia risposta mossa dall'affetto, dalla stizza, del sentirsi offesi eccetera eccetera, che secondo me dovrebbe restaurare quello che ho sentito offeso, la mia dignità eccetera, in realtà potrebbe produrre esattamente il risultato opposto. perché in qualche modo non lo posso sapere con certezza chi ho di fronte quali sono come dire gli esiti delle mie azioni ogni azione tende a volta a ottenere uno scopo futuro un fine futuro che però può essere non ottenuto e quindi se noi consideriamo che l'affetto nasce dal passato cioè nasce dal passato ed è una situazione come dire che ci caratterizza adesso ma che la sua il suo effetto poi si consiste in una in un mutamento delle mie relazioni con gli altri, quindi in un fare qualcosa che potrebbe non essere quella che io mi aspettavo, ecco che diventa un'idea confusa. E questo è inevitabile, è inevitabile perché appunto ci troviamo all'interno di un sistema di relazioni, di relazioni con persone, con individui, con una natura che...

Non è per noi prevedibile per la sua complessità, perché è troppo complesso immaginarsi il futuro in modo corretto. In questo senso una persona guidata da ragione, cioè una persona la cui esperienza, la cui previsione degli affetti futuri, di cosa produrrà una mia azione, eccetera, quindi una persona che riflette attentamente e che soprattutto ha vissuto stando attento agli altri, È più probabile che abbia degli affetti, come dire, non dico magari perfettamente chiari, ma comunque meno confusi, perché saprà meglio cosa aspettarsi dagli altri, dal mondo e dalla natura. E quindi la natura confusa degli affetti è inevitabile perché il mondo è troppo complicato, perché esiste un'infinità di variabili che non sappiamo governare, però chi ne governa un po', chi ne governa di più è in grado di avere una chiarificazione dei propri affetti e quindi anche di prevedere in modo più efficace. ciò che risulterà dalle sue azioni. Non so se ho risposto alla domanda, non glielo so dire.

Va bene? Sì, sì, professor. C'era qualcun altro che voleva intervenire, se li mancheremo a Giovanni che stava provando.

Michele, prego. Intanto salve professore, grazie mille per la lezione davvero fantastica. Io le vorrei fare una domanda riguardo l'epistemologia contemporanea. Sono fresco di argomento perché ho dovuto scrivere un paper sulla neurobiologia e le volevo chiedere se la neuroscienza di oggi, in particolare la neuroendocrinologia, mi viene in mente per esempio il lavoro di Robert Sapolsky, che è un professore di Stanford.

che si è soffermato molto su questo aspetto, sull'aspetto comportamentale, e in particolare lui parla di assenza di libero arbitrio nei termini di una neurobiologia, del comportamento umano. La neuroscienza di oggi ci fornisce una teoria della mente che è molto esaustiva, quantomeno a parer mio è molto esaustiva. E incredibilmente quel signore olandese del XVII secolo ci aveva azzeccato praticamente su tutto, sia per quanto riguarda ciò che ci dicono oggi le neuroscienze, sia, mi viene in mente per esempio, il determinismo, diciamo più da un punto di vista fisico, è stato un genio assoluto, nulla da dire.

Io la mia risposta alla domanda che sto per fare ce l'ho, cioè secondo me... Ha senso totalmente studiare Spinoza? Perché io la penso esattamente come Daniel Dennett, che riguardo questo argomento dice che non esiste una scienza privata della filosofia.

Al massimo può esistere una scienza dove il bagaglio filosofico o epistemologico è stato portato a bordo senza alcun esame preliminare. La mia domanda è, ha senso ancora studiare i classici, in questo caso Spinoza? E ripeto, io ho le mie buone ragioni per crederlo, però vorrei sentire il parere di un esperto del campo che sicuramente mi saprà dare una risposta molto esaustiva. Grazie. Grazie, grazie anche per questo.

Allora, io credo che… Nel caso di Spinoza, come nel caso di alcuni autori che in qualche modo sono sulla sua linea precedenti o successivi, parlo ovviamente dei famosi, quelli che lui cita anche se solo molto rapidamente in una lettera, dei Democrito e degli Epicuro, diciamo credo che una filosofia come quella di Spinoza che… chi esclude, chimere, è una parola molto spinoziana quella di chimera, chimere come appunto la libertà intesa come facoltà di scelta tra due opposti, sia l'unica compatibile con quella aumentata, approfondita conoscenza del mondo. e anche del cervello, del sistema nervoso che abbiamo ora. E che questo, io dicevo un po'scherzando, quando parlo con qualche studente che mi dice ma come possiamo salvare l'Ivè?

Dico ma perché? Cioè io mi autodefinisco un po'un determinista becero per essere, vabbè adesso si può scherzare, becero nel senso così che non sento la... Nessuna diminuzione, non sento un problema di perdita di qualcosa, se mi si afferma che la mia mente funziona secondo delle leggi che non sono certo stato io a porre, non mi sento in questo meno valido, meno nobile o meno semplicemente attaccato alla mia piccola persona, lo ritengo una...

semplicemente così, una condizione di cui si può prendere atto lasciando tranquillamente valere su un piano più simbolico una serie di altre cose. Quello che voglio dire è questo, e qui faccio una piccolissima puntata critica verso gli autori che lei ha citato, in particolare verso Dennett, ma critica di una persona che li ammira, li stima, però ricordo questo, che se Spinoza ha avuto questa intuizione e se la nostra conoscenza della mente, o se vogliamo obsianamente del cervello, è una conoscenza più approfondita, però non siamo ancora, ancora, a un livello al quale possiamo, come dire, trarre delle conclusioni di carattere anticipatorio, previsorio, per esempio su cosa farò io una volta chiuso questo collegamento, eccetera. Cioè, non siamo ancora a livello di una capacità di previsione e quindi dei comportamenti umani.

Io non lo so se questo accadrà. ritengo impossibile da un punto di vista teorico. Ritengo però che Spinoza abbia eliminato dal campo della filosofia una serie di risposte che semplicemente non stavano in piedi, quindi l'idea di una totale libertà di agire indipendentemente dal contesto, dall'ambiente, abbia eliminato dalla... dalla filosofia una serie di chimere.

E credo anche che ci abbia mostrato la possibilità di vivere il concetto di la vita in modo estremamente sereno senza queste chimere e senza sentirsi appunto sminuiti dal fatto di sapere che non potremo mai ergerci al di sopra della natura umana o dell'universo. Credo che ci abbia mostrato che è perfettamente compatibile la coscienza del determinismo e della necessità è perfettamente compatibile con una vita vissuta operosamente, modestamente e comunque in piena soddisfazione. E questo mi sembra importante come esempio, se vogliamo, anche come modello.

Il problema è che, perché ritengo a maggior ragione che sia utile leggerlo? Perché ritengo che per quanto ci si possa essere avvicinati ad alcune spiegazioni, l'ossitocina, la noradrenalina, una serie di conoscenze che ci abbiano fatto capire meglio i meccanismi attraverso i quali noi proviamo determinati stati danni. Non siamo ancora a un livello in cui si può dimostrare una corrispondenza bionivoca tra un certo livello di presenza di un certo ormone nel sangue e un comportamento, non siamo ancora a questo.

E quindi, a maggior ragione, Io vedo il lavoro della neuroscienza moderna come un tentativo di mettere in atto il quadro teorico spinoziano come degli altri grandi deterministi. Credo però che in questo lavoro più di dettaglio e quindi un lavoro tecnico inevitabilmente si perda di vista questo punto a volte e cioè quello che Spinoza riesce a dire in un modo… più efficace di qualunque attuale neuroscienziato o filosofo come Dennett, cioè il fatto che non abbiamo nulla da temere da questa rivoluzione nella conoscenza del funzionamento del sistema nervoso. Non abbiamo da temere nulla, perché non è che diventeremo Non è che il determinista è diventato una macchina o che se si afferma una certa concezione diciamo neurobiologica allora perdiamo qualcosa, non perdiamo niente, noi siamo esattamente quello che eravamo prima, non abbiamo perso la nostra convinzione di quello che siamo perché non so Darwin ci ha spiegato che originariamente non c'era Adamo, non abbiamo perso niente.

anzi abbiamo guadagnato in chiarezza nei nostri pensieri, nelle nostre conoscenze, quello che io temo a volte di alcune affermazioni di autori contemporanei è il fatto che usino queste loro ricerche con un intento demolitorio. Mentre mi sembra che Spinoza le metta al servizio di una ricerca socialmente coesiva, insomma positiva, questo mi sembra molto importante. Per questo ritengo che non solo si debba, sia bene studiare Spinoza insieme a tanti altri autori, ma ritengo anche che Spinoza, nel senso anche che dicevamo prima dell'imitazione, costituisca uno straordinario modello, così come altri pensatori, del fatto che non dobbiamo temere eventuali progressi, sviluppi, anche scoperte sconcertanti, potremmo dire così, a prima vista sconcertanti, che le scienze, la biologia o altro possano proporci. Non le dobbiamo temere perché non offendono, non ci tolgono nulla, se ci tolgono qualcosa ci tolgono delle chimere.

delle cose che non ci hanno mai fatto molto bene. Questo mi sembra un motivo in più, non dico che sia diverso, sbagliato, quello che proponevi tu, dico che è un motivo in più, secondo me, per dire che una filosofia come quella di Spinoza è estremamente utile e va continuata a studiare. Mi trovo molto d'accordo con... Grazie, grazie.

Grazie a te, grazie davvero. Grazie mille. Se non c'è nessun altro, se c'è qualcun altro può intervenire, ma se non c'è nessuno io terminerei qui che abbiamo preso abbastanza tempo al professore che ringrazio nuovamente per questo bellissimo incontro e anche molto partecipato, quindi ringrazio anche tutti gli ospiti che spero di vedere anche i nostri prossimi incontri. Grazie a tutti ancora e buona serata. Buona serata a tutti, arrivederci.

Buon lavoro per il futuro, grazie, grazie, ciao. Arrivederci. Grazie, arrivederci. Arrivederci.