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Teodorico: regno e impatto culturale

Teodorico, figlio del re ostrogoto Teodemiro, apparteneva alla stirpe Amala, una dinastia nobile di cui facevano parte guerrieri valorosi fra cui si sceglievano i sovrani goti. Nel 488 Teodorico e l'imperatore d'Oriente Zenone stipularono un trattato in virtù del quale Teodorico era autorizzato a scendere in Italia e a sostituirsi all'usurpatore Udoacre, che sin dal 476 occupava Ravenna, antica capitale dell'impero. Teodorico partì dalla traccia antica regione balcanica, comprendente parte delle odierne Grecia, Bulgaria e Turchia. Seguito dalle sue genti per raggiungere Ravenna, giunto alle porte della città, Teodorico dovette porre un lungo assedio che durò quattro anni. Il 5 marzo 493 Teodorico entrò ufficialmente in Ravenna dopo aver formalizzato un accordo con Odoacre che prevedeva che i due avrebbero dovuto governare congiuntamente. Tuttavia, pochi giorni dopo, durante un banchetto, Teodorico uccise Odoacre e prese il potere che mantenne fino alla morte, avvenuta nel 526. Le tribù gote seguivano l'arianesimo, una dottrina cristologica sviluppata dal sacerdote Alessandrino Ario, vissuto tra la seconda metà del III e prima metà del IV secolo, che rifiutava la divinità di Cristo. in quanto questi non sarebbe della stessa natura di Dio. L'Arianesimo fu condannato dal concilio di Nicea del 325 e anche dal successivo concilio di Costantinopoli del 381, presieduto dall'imperatore Teodosio. In seguito, per non essere perseguitati, i sostenitori di tale dottrina dovettero spostarsi ai confini settentrionali dell'Impero d'Oriente. dove, grazie alla predicazione del sacerdote Ulfila, diverse popolazioni nomadi di origine germanica conobbero e mantennero l'arianesimo per lungo tempo, anche durante le migrazioni nell'impero d'Occidente nei secoli V e VI. Nonostante le differenze religiose e linguistiche, la convivenza tra goti e romani durante il regno di Teodorico Fu senz'altro pacifica. Sicuramente la cultura classica esercitava un grande fascino su molta parte dell'elite gota. Sappiamo ad esempio che Amalassunta parlava correntemente oltre al goto sia il latino che il greco, mentre Teodato, nipote del re, era amante della filosofia platonica e della letteratura latina. Le fonti testimoniano un rapido processo assimilativo tra i due gruppi. Un indicatore assai interessante è quello dei nomi di persona. Papiri e documenti ci riportano casi di coppie miste, di individui noti con due nomi, uno romano e uno goto, o di genitori goti che danno nomi romani ai propri figli. L'aforisma del VI secolo dell'anonimo valesiano, attribuito allo stesso Teodorico, recitava, mentre il ricco goto imitava il romano, Il povero romano si comportava come il goto. All'inizio del regno di Teodorico furono importanti le separazioni funzionali tra goti e italici nei vari ambiti di governo dello Stato e nella sfera militare, in particolare per l'esercito regolare. All'arrivo in Italia l'esercito dei goti era composto da molte altre etnie come rugi, sciri, sarmati che si integrarono con i resti dell'armata di Odoacre. Secondo alcuni storici mantenere un'identità differenziata in questa prima fase fu utile per regolarizzare i rapporti tra l'esercito invasore e la popolazione italica. I civili identificati come romani vennero considerati come portatori della grande cultura, la civilitas appunto. Mentre i goti furono individuati come loro protettori armati, capaci quindi di rinverdire quelle virtù militari tanto apprezzate da Roma ma ormai dimenticate. I romani non erano comunque esclusi dal mestiere delle armi, anche se arruolati principalmente nelle forze di difesa locali più che nell'esercito vero e proprio. In seguito l'esercito goto iniziò comunque a reclutare alle armi tutta la popolazione, facilitando la fusione di un popolo che da etnicamente separato divenne in breve indistinguibile all'interno della popolazione stanziale. Anche nell'amministrazione della giustizia Sussisteva inizialmente, se non una vera e propria separazione, una differenziazione delle strutture giuridiche. Le questioni legali che riguardavano i goti erano discusse di fronte a un funzionario nominato dal re, il comes gotorum. I casi che coinvolgevano solo romani erano portati davanti a funzionari romani. e quelli con entrambe le parti richiedevano una consulenza tra comes e giuristi esperti di diritto latino. Nel 487 Sidonio Apollinare, vescovo di Clermont-Ferrand, visitò Ravenna. La descrizione che ne diede in una lettera a un amico ci fa capire che la città soffriva per la mancanza di manutenzione alle principali infrastrutture. Ravenna non è che una palude, dove tutte le forme della vita si presentano alla rovescia, dove i muri cadono e le acque stanno, le torri scorrono giù e le navi si piantano fisse, i bagni gelano e le case bruciano. I vivi muoiono di sete e i morti nuotano galeggiando sull'acqua. Pensate ora che specie di città contiene i vostri dei lari, una città che può avere un territorio, ma che non si può dire che abbia terra. Il porto di classe e i canali erano parzialmente interrati, molti terreni impaludati e l'approvvigionamento di acqua potabile era molto difficile. Quando Teodorico giunse a Ravenna, con gran parte delle infrastrutture organizzate dai sovrani all'inizio del secolo, necessitavano di radicali interventi di recupero e restauro. Il primo intervento fu rivolto al restauro del vecchio acquedotto, che era stato costruito dall'imperatore Traiano e che portava acqua dalla zona di Galeata, dove Teodorico aveva una residenza, fino a Ravenna, attraverso le colline forlivesi. Dopo aver ridato acqua alla città, Teodorico si dovette interessare anche al problema della bonifica di molti terreni circostanti l'abitato, recuperando spazi coltivabili e al risanamento dei bacini d'acqua interrati. Ma non solo. Seguendo la tradizione degli imperatori romani, Teodorico riservò molti investimenti all'attività finalizzata a restituire alla collettività il decoro urbano e la centralità dell'edilizia pubblica religiosa. Teodorico si dedicò al restauro e alla costruzione di importanti edifici, fece restaurare un'ala della residenza imperiale e vi fece costruire una nuova cappella palatina, la chiesa che oggi chiamiamo Santa Pollinare Nuovo. L'edificio fu dotato di arredi e decorazioni musive molto ricche, poi diede ai goti residenti in città una cattedrale con battistero, quelli che oggi chiamiamo Chiesa dello Spirito Santo e Battistero degli Ariani, e altre chiese come ad esempio la basilica che fu atterrata nel XV secolo per fare spazio alla rocca della città, dalla quale provengono i capitelli con il monogramma di Teodorico e impiegati nel palazzetto venestiano. della piazza del popolo. Sicuramente l'edificio che nell'immaginario collettivo ricorda i 30 anni del regno di Teodorico che vanno dal 493 al 526 è il suo mausoleo. Le discussioni in merito all'edificio sono ancora numerose e riguardano il periodo di realizzazione. quando era ancora in vita il sovrano o dopo la morte per volontà della figlia malassunta, le strutture che lo completavano soprattutto nell'ordine superiore, le tecniche costruttive e in particolare la complessa collocazione in opera della cupola monoblocco. Il mausoleo non trova è uguali sia nell'impero d'Oriente sia in quello d'Occidente, infatti è interamente costruito con conci di pietra aurisina, stratta nell'area alto adriatica, perfettamente squadrati e posti in opera con precisione millimetrica. Il mausoleo di Teodorico non solo esula dall'architettura ravennate, che sin dall'antichità utilizzò il laterizio realizzato con argilla cotta, ma anche dalla cultura classica e cristiana. La soluzione architettonica abbandona gli ordini classici che hanno distinto qualsiasi tipo di architettura pubblica, civile e religiosa dal IV-III secolo a.C. alla fine dell'Ottocento. Ma non solo. La stessa scelta dello spazio in cui realizzare questa straordinaria costruzione fuori dalle mura cittadine e accanto alla necropoli gota, visibile da chi arriva dal mare e dal centro culturale, politico e religioso urbano, celebra lo spirito del contesto e della città che rappresenta ed esplicita l'interazione del luogo con l'identità del genio, ciò che in sintesi si individua con la locuzione genius loci.