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Lezione sulla Catastrofe di Caporetto

Beh, buonasera a tutti. Vi rendete conto dell'ansia che mette una cosa del genere, vero? Ecco, vorrei vedere voi qui. Allora, tenete conto che io come se non bastasse sono raffreddato e impegno...

La stessa forma fisica, tuttavia facciamo il possibile. In sostanza quello che io farò stasera con voi sarà questo. Cercherò di vedere come in occasione della catastrofe di Caporetto, in Italia nell'opinione pubblica fra i testimoni, fra i giornalisti, fra gli ufficiali e i soldati coinvolti in questa catastrofe, noi vediamo venire fuori degli umori, delle idee, dei punti di vista che visibilmente anticipano quella che sarà poi la svolta autoritaria e violenta del fascismo. La battaglia di Caporetto comincia il 24 ottobre 1917. cinque anni prima della marcia su roma quello che io farò sarà di farvi di leggervi tutta una serie di testimonianze sarà una lezione collage sarà fatta soprattutto di testimonianze di quelli che erano lì coinvolti nella catastrofica ritirata oppure testimoni esterni di quello che succedeva e attraverso le loro voci io cercherò di condividere con voi questa impressione che io ho avuto che in quel momento lo scioglio subito dal paese abbia contribuito a portare a galla appunto umori atteggiamenti impulsi violenti che poi hanno trovato il loro spazio nello squadrismo e nel fascismo Però in realtà prima di arrivare a Caporetto farò un piccolissimo passo indietro perché c'è un altro aspetto di quell'Italia in guerra, ancora prima, d'accordo, della botta di Caporetto.

C'è un altro aspetto di quell'Italia in guerra che a me ha molto colpito perché mi sembrava prefigurare chiaramente certi atteggiamenti del fascismo. E invece forse non era neanche solo questione di prefigurare il fascismo ma era anche una questione di prefigurare il fascismo. era questione di un vizio italiano che ogni tanto si ripresenta e cioè una certa tendenza alla retorica, a una retorica stentorea, gonfia, virile ma poi sotto sotto vuota che è, non so se mi spiego, è una caratteristica che associamo al fascismo. Oggi noi quando vediamo i discorsi di Mussolini rischiamo di trovarli addirittura ridicoli in certi casi per questo eccesso di gonfia retorica per questo linguaggio stentoreo ci sembra perfino difficile capire com'è che i nostri nonni e i nostri bisnonni invece da quella retorica erano affascinati ora a me ha colpito vedere che quella retorica era già per esempio nel linguaggio dei generali italiani durante la prima guerra mondiale ve ne faccio qualche esempio il generale capello Comandante della seconda armata, che è l'armata che verrà investita dall'offensiva nemica a Caporetto, è l'armata che verrà sbaragliata in pochi giorni e che poi resterà nella memoria collettiva italiana come, come dire, la colpevole. Ecco, quelli della seconda armata per molti saranno i colpevoli di Caporetto.

Il generale Carlo, un mese prima, il 24 settembre, scriveva una cirurgia. circolare per i suoi subordinati generali comandanti di corpo d'armata quindi gente già molto avanti nella carriera e ai suoi subordinati il generale cappello si rivolgeva in questi toni io lo leggerò magari con un po di enfasi retorica ma credo che ci voglia dirigo la mia volontà a scolpire nell'animo di tutti questo che è un assioma indiscutibile geometrico Ogni mio ordine deve essere assolutamente eseguito. Ciò importa una concezione morale del proprio ufficio perfetta, un coordinamento assoluto di ogni organo diverso, un fascio indissolubile di volontà concorrenti ad un unico fine. Il comando d'armata, la vibrazione imperiosa di tanto indeclinabile necessità, si trasmetta fino al più lontano soldato nella più lontana trincea.

Ora, a parte la suggestione di quel fascio indissolubile che gli viene fuori evidentemente il termine faceva parte del linguaggio del tempo ma non so se fa a voi la stessa impressione che fa a me cioè di una retorica fine a se stessa che però che però nella testa di questi generali evidentemente non faceva quell'effetto di vuoto di vaniloquio questi formulavano così i loro ordini e si immaginavano che siccome loro formulavano le cose con questo tono formidabile e poi le cose sarebbero andate per forza come come volevano loro e sempre il generale capello tema di una conferenza da proporre alla truppa truppa. Sapete che nel corso della prima guerra mondiale, perfino nell'esercito italiano, si comincia a pensare che forse la truppa non è fatta di automi che sono stati messi in divisa, vengono mandati a morire e obbediscono per forza, ma che magari alla truppa bisogna invece, come dire, con loro bisogna fare anche un lavoro di educazione e di propaganda. Questa è una cosa che dopo Caporetto acquisterà molto spazio e avrà la sua immagine. importanza per far sì che l'esercito italiano battuto a Caporetto pochi mesi dopo resista invece sul piave ma già prima del disastro di Caporetto c'era tra alcuni generali l'idea no bisogna fare dell'attività di propaganda di persuasione con i soldati in realtà viene fuori che veniva fatto in modo abbastanza controproducente cioè tu intruppi qualche centinaio di soldati li chiudi in una sala e mandi un un vecchio ufficiale sopravvissuto alla guerra del risorgimento a parlargli dell'amor di patria, della necessità di morire per la patria, ecco con quanto entusiasmo dei nostri soldati potete immaginare.

Fra i temi di una conferenza da proporre alla truppa il generale Carlo proponeva questo tema, è necessario che l'attacco abbia sempre ed assolutamente il carattere travolgente della valanga. Ora voi capite che a quel punto gli attacchi della seconda armata dovevano per forza essere attacchi incredibili visto che il generale ordinava che fosse così. E i suoi subalterni ovviamente avevano assorbito lo stesso stile. Il generale Cavaciocchi, comandante del quarto corpo d'armata che verrà tagliato a pezzi in poche ore il 24 ottobre. Il generale Cavaciocchi in una circolare sull'uso dell'artiglieria prescriveva.

voleva voglio che il nemico voglio che il nemico preparante sia ad attaccare sia inchiodato sul posto dal nostro fuoco se tenti il nemico di avanzare il fuoco sia sterminatore più per la sua precisione che per il numero dei colpi sparati sottinteso i colpi costano quindi il tiro di sbarramento deve riuscire magistrato Grazie. Ora capite com'è facile fare il generale, tu ordini che gli altri devono fare un tiro magistrale e loro obbediranno naturalmente. Questo aggettivo magistrale gli piace talmente al generale Cavaciocchi che in una successiva conferenza, dieci giorni prima di Caporetto, lo riprende citando se stesso. I tiri devono essere fulminei, li ho definiti magistrali e tali devono essere.

Le mistraglie sono le stesse. agli attrici devono essere appostate con arte con ardire con genialità e cioè come nel concreto vedete voi però dovete appostarle con genialità è chiaro che di fronte a ordini concepiti in modo così meraviglioso la realtà dovrà piegarsi per forza alla volontà dei nostri generali tant'è vero che di fronte a un problema concreto cioè il rischio che quando comincia l'attacco nemico le comunicazioni abbiano dei problemi come infatti avranno perché il bombardamento di artiglieria farà saltare tutte le linee telefoniche per esempio e il generale Cavaciocchi nel suo ufficio il giorno dell'attacco non sarà in collegamento con nessuno dei suoi reparti e non riceverà riceverà notizie di nessun tipo, ma qualche giorno prima aveva mandato una circolare. Avverto che non ammetto per ragione alcuna la mancanza di notizie per interruzioni nelle comunicazioni. E lui non lo ammetteva, e quindi... Allora, appunto, questo genere di retò, di vaniloquio, fa anche parte di un certo uso comunicativo del regime fascista e a me ha colpito questa continuità, che vuol dire che un paese in realtà i suoi vizi se li porta dietro a lui.

Il fascismo è stata ovviamente una rottura molto netta nella storia d'Italia, ma non vuol dire che era tutto nuovo, vuol dire che pescava anche in atteggiamenti, comportamenti, abitudini che erano già quelli del paese. Poi beninteso, c'era già allora chi percepiva il vuoto di questa retorica, come un giovane sottotenente degli Alpini, che si chiamava Carlo Emilio Gadda, che sarà poi uno dei grandi scrittori del Novecento italiano, che serviva proprio sotto il generale Cavaciocchi e che nel suo diario di guerra, il giorno in cui ha occasione di conoscere il generale, annota il generale Cavaciocchi deve essere un asino. E quando qualche tempo dopo arriva notizia di una grande vittoria tedesca sul fronte russo, Carlo Emilio Gadda annota nel suo diario.

I tedeschi, evidentemente, hanno dei generali meno cavaciocchi dei nostri. Dopodiché ci sono anche testimonianze, dopo Caporetto, sul danno che questa retorica ha prodotto. Dopo Caporetto, e quindi dopo una grande catastrofe nazionale, ovviamente cosa si fa in Italia?

Si nomina una commissione parlamentare di inchiesta, la quale in quel caso devo dire ha fatto un grande lavoro, la commissione parlamentare di inchiesta nel 17-18 ha fatto un grandissimo lavoro interrogando, intervistando un'infinità di militari dal generale al soldato semplice per cercare di capire cos'era successo. E davanti alla commissione di inchiesta c'è un generale che dice che il soldato... ai vertici dell'esercito si cercava in tutti i modi di dimostrare che la colpa di Caporetto era dei soldati naturalmente.

Questo generale, generale Sacchero, dice alla commissione che in realtà il soldato italiano è intelligente ed è capace di sacrificio. ma detesta in cuor suo i parolai, disprezza i diffonditori di luoghi comuni e soprattutto poi non vuole essere ingannato il soldato italiano. Ora la seconda armata era piena di predicatori grandi e piccini che tentarono di ingannarlo sempre.

Egli se ne avvide, il soldato, e ciò contribuì molto a far perdere agli ufficiali ogni prestigio. Ecco qua. E quindi anche il dominio sulle masse nel momento di crisi. Ora il generale Sacchero probabilmente era ottimista, perché per l'appunto il ventennio fascista dimostrerà che gli italiani in certe circostanze invece hanno anche una certa voglia di ascoltare i parolai e di credere ai parolai.

Salvo poi accorgersi all'ultimo momento di essere stati presi in giro. Il crollo del fascismo il 25 luglio del 43 nel consenso... senso generale se non nell'entusiasmo generale in un paese che fino a 4-5 anni prima era in maggioranza invece del tutto allineato col regime è proprio uno di quei casi in cui è come se gli italiani sperimentandolo sulla loro pelle e cioè una guerra catastrofica l'Africa, la Grecia, l'Albania, la Russia, i dispersi, le città bombardate ecco a un bel momento gli italiani si dicono ma questi ci hanno sempre presi in giro E di colpo questa rivelazione fa crollare i miti. Dopodiché, secondo il generale Sacchero, già prima di Caporetto i soldati italiani cominciavano a percepire di essere presi in giro dai parolai che li comandavano e questo ha contribuito a fargli perdere la voglia di farsi ammazzare per difendere questo paese e questa classe dirigente. Ma veniamo appunto a quello che succede a Caporetto e durante la ritirata di Caporetto.

di Caporetto. Premessa, tutti sappiamo Caporetto, una catastrofe, va bene, le dimensioni di questa catastrofe sono gigantesche, non tanto per i 40.000 morti e feriti. Perché quelle sono le cifre di perdite che noi avevamo avuto più o meno in tutte le 11 battaglie precedenti dell'isonzo. In qualunque di queste battaglie in cui eravamo noi che andavamo all'attacco, perdere 20, 30, 40, 50 mila, 60 mila morti e feriti era assolutamente normale e nessuno alzava neanche un sopracciglio.

Quindi non è che per i morti e per i feriti che Caporetto è una catastrofe di dimensioni incalcolabili. Già diverso... I quasi 300.000 prigionieri che finiranno nei lager in Germania e in Austria e molti di loro ci moriranno di fame, di tifo, di spagnola. 300.000 prigionieri in un paese di 30 milioni di abitanti. Capite che un italiano su 100 è stato fatto prigioniero a Caporetto.

È una cifra sconvolgente. E ancora di più gli sbandati. Tre o quattrocentomila sbandati, cioè soldati che hanno buttato via il fucile, che si sono strappati le mostrine, che hanno smesso di ubbidire gli ufficiali, cioè l'esercito italiano che in parte, in parte, in parte si dissolve.

in questa gigantesca ritirata, a cui si mescolano anche i civili. Mezzo milione di profughi dal Friuli, dal Veneto, invasi. Mezzo milione di profughi che poi verranno distribuiti in tutto il paese e mantenuti con fatica a spese del governo fino alla fine della guerra, fino a quando torneranno ai loro paesi a trovare le loro case distrutte.

Quindi è davvero una catastrofe nazionale, non è solo l'esercito, è la nazione che è ferita in modo drammatico, col nemico che avanza di 150 chilometri dentro l'Italia e occupa per un anno una fetta. d'italia no ecco allora che la sconfitta avesse queste dimensioni catastrofiche se ne sono accorti tutti subito perché appunto dopo che in due anni e mezzo di guerra con enormi sacrifici si era andati avanti di qualche chilometro nel territorio di questo nemico che noi avevamo invaso, l'Austria, ecco, e poi di colpo comincia una ritirata che ci porta indietro di 150 chilometri, fino al Piave, fino al cuore dell'Italia. Durante la ritirata i soldati, che non sanno niente, ma vedono quello che sta succedendo, in massa l'unico pensiero che riescono a formulare è che la guerra è finita.

finita con una roba del genere che sta succedendo la guerra è finita e qui comincio appunto a citarvi di nuovo qualche qualche testimone il comandante di una brigata della brigata potenza racconta abbiamo attraversato paesi ingombri di soldati avevano invaso le case le botteghe i fienili mangiavano, bevevano, cantavano, dormivano, facevano l'impressione di uomini che si erano finalmente liberati da un grande incubo. Per essi la guerra era finita, il nemico non esisteva più. La stessa commissione di inchiesta parlamentare che vi citavo prima riceve molte conferme di questo, molti testimoni, alti ufficiali dicono i soldati durante la ritirata erano contentissimi non c'era nessuno si rammaricasse per la sconfitta anzi c'erano tanti che la celebravano con trionfante compiacimento con grida e schiamazzi c'era perfino chi si vantava di averla voluta la sconfitta di aver contribuito la pace l'abbiamo fatta noi e di guerra non si parla più Un testimone vide passare per Pordenone folle, disbandati, disarmati, che cantavano addio mia bella, addio, la pace la faccio io.

E in questo contesto chi ha ancora in mente gli avanzi della retorica con cui invece fino al giorno prima si nutriva la propaganda italiana viene viene isolato e sbeffeggiato. In mezzo ai resti della brigata Avellino in ritiramento verso Udine a un soldato così per distrazione viene di mettersi a cantare una delle canzoni che si cantavano fino a poco tempo prima Trieste del mio cuore ti verremo a liberar immediatamente un coro di risatacce lo costringe a smettere e qualcuno che doveva essere un toscano esclama Trieste la in culo noi si va a casa Dopodiché le testimonianze concordano sul fatto che questa folla di soldati in marcia verso l'interno del paese e che in gran parte non obbediscono più agli ordini parentesi C'è tutta la storia di tanti altri reparti che invece hanno continuato a combattere, si sono sacrificati e hanno tenuto lontano il nemico, permesso a tanti di salvarsi, c'è anche questa storia, sia chiaro ed è importante dirla. Però invece l'analisi che faccio io è sull'impressione che il paese ha avuto, gli ufficiali hanno avuto, i politici hanno avuto di fronte invece agli sbandati, a queste centinaia di migliaia di soldati italiani convinti che la guerra era finita. contentissimi che la guerra fosse finita.

Una cosa che però appunto molti osservano stupiti è che tutta questa gente è molto pacifica, non è affatto violenza, sì certo saccheggiano, saccheggiano i negozi, saccheggiano i magazzini, ma non c'è violenza e lo dicono testimoni autorevolissimi. Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio, che è salito da Roma per vedere, ha visto ed è tornato. tornato a Roma a riferire, Orlando dice è qualche cosa di inverosimile quello che sta succedendo, che non si spiega se non in un modo che cioè nella testa di centinaia di migliaia di uomini ad un tratto si sia imposta una sola idea, tornare a casa e non c'è nelle torme in ritirata nessuno spirito di ribellione e sedizione, dice Orlando.

presidente del consiglio io e il re ci siamo trovati in mezzo a una di queste ondate umane avrebbero potuto prenderci come due pulcini e non ci hanno neppure badato Altra testimonianza del generale Giardino, uno dei principali militari italiani, già ministro della guerra. Il generale Giardino, il 7 novembre, fra Treviso e Padova, si trova solo in macchina con il comandante in capo, Cadorna, e... sorpassano, vanno a Passo Duomo anche loro in macchina chiaramente, sorpassano questa strada intasata di fuggiaschi, di sbandati.

Giardino dice non uno che ci abbia fatto un gestaccio, anzi facevano il saluto. saluto eppure erano migliaia tutti senza armi senza distintivi senza ufficiali stavano tutti benissimo nessuno era neanche ferito nessuno schiamazzo molti con la pipa in bocca tutti con un contegno normale di gente che abbandonato il lavoro ritornava con passo tranquillo e con coscienza tranquilla alle proprie case ora A noi possono perfino far simpatia, anzi penso che ce la facciano, è certo che ce la fanno, a noi, oggi. Ma immaginate la classe dirigente italiana, immaginate i generali, immaginate i politici, immaginate i giornalisti, che da due anni e mezzo hanno portato questo...

milioni di italiani in divisa a farsi ammazzare per una causa sacra per l'italia per trento e trieste per il destino del nostro paese cosa per cui bisogna farsi ammazzare e senza discutere immaginate che effetto fa a un'intera classe dirigente vedere di colpo metà dell'esercito che dice a noi non ce ne frega niente di tutto questo ci ritorniamo a casa E'molto interessante vedere che diversi testimoni appartenenti alla classe dirigente paragonano questa cosa a uno sciopero. Lo sopero non è necessariamente un momento violento, anzi è anche un momento festivo per quelli che lo fanno, per gli operai, ancora più per i braccianti, la giornata di sopero può essere anche un momento di distensione, di rilassamento, di festa e molti militari e molti borghesi lo percepiscono questo. Vi cito un testimone.

Vabbè, sono tutti eccezionali, a loro modo questo lo è forse più degli altri, perché all'epoca è un giornalista importante, diventerà un politico importante, si chiama Giovanni Amendola, sarà deputato democratico e fra qualche anno sarà ammazzato dai fascisti. testimone della ritirata da giornalista borghese, liberale sì ma borghese, dice l'impressione che questa fuga, la fuga dell'esercito, mi ha lasciato è assai strana, come di gente che torna al fine a casa da un lungo lavoro ridendo e chiacchierando o di uno sciopero, festaiolo e buonario. Altra testimonianza, a volte si ripetono un po', ma è per farvi, come dire, toccare con mano quello che noi facciamo nel nostro lavoro.

Cioè trovi uno che dice una cosa, va bene, e trovi dieci che dicono tutti la stessa cosa, comincia ad assumere un altro significato, no? Quindi un'altra testimonianza. Si giunse a Porcia di Pordenone.

La prima impressione che provammo fu di trovarci di fronte non a dei ribelli, né a gente che fuggiva, ma a gente che avesse fatto uno sciopero, una festa campestre e che ritornava verso le sue case. Ora, questa faccenda dello sciopero però, attenzione, su questo dobbiamo fermarci, perché ovviamente è un'interpretazione carica di significato. E non a caso si diffonde subito sulla stampa, nel linguaggio dei politici, nel linguaggio dei generali.

Pare che il primo a parlare in quei giorni di sciopero militare sia appunto un politico, Bissolati, politico socialista oltretutto. Ma l'espressione piace, viene subito adottata fra gli altri da Cadorna, comandante in capo. Ora, Cadorna, comandante in capo...

Da molto tempo era ossessionato dal fatto che l'esercito era inquinato dalla propaganda sovversiva. Per molto tempo Cadorna ha scritto a Roma dicendo cosa aspettate a chiudere i giornali. socialisti, a far smettere i deputati socialisti e a volte anche i preti che parlano contro la guerra, che illudono la gente che la guerra possa finire rapidamente, ma fateli smettere. Perché, dice il generale Cadorna, uomo peraltro di grande valore, di grande statura, però anche di enormi difetti e che ha commesso grandi errori, dice il generale Cadorna, io non rispondo di questo esercito, i soldati vanno a casa in licenza, ascoltano i rossi, ascoltano i sovversivi, tornano qui e mi rovinano il morale della truppa.

Finché il paese è in questo stato, con i rossi liberi di far propaganda contro la guerra, io non rispondo di niente. Questo Cadorna prima di Caporetto, figuratevi dopo, è certo, uno sciopero. Vedete cosa succede in un paese pieno di sovversivi, liberi di parlare? Cosa succede in un paese dove gli operai e i braccianti a ogni momento scioperano?

Che anche ai soldati viene in mente di scioperare. Tenete anche conto che tutto questo avviene tra ottobre e novembre del 17 quando dall'estero arrivano notizie terrificanti. In Russia, per esempio, che già è in preda alla rivoluzione fin da febbraio, dove lo Zare è già caduto.

soprattutto adesso a novembre arriva la notizia che i bolscevichi hanno preso il potere no quella che noi chiamiamo la rivoluzione d'ottobre perché in realtà siccome il calendario russo era diverso è a novembre no ecco e immediatamente al comando superiore tutti cominciano a dire eh vedi una specie di sciopero sul genere di quello russo però capite il brivido nella schiena dei generali e dei ministri all'idea che anche in italia rischia di succedere come in russia Tant'è vero che nella storiografia questa interpretazione degli umori della gente in ritirata, come se fosse una specie di sciopero, è stata presa con una certa diffidenza, perché è chiaro che è funzionale alla spiegazione dei generali. è colpa dei soldati, però la verità è che se uno cerca trova anche qualche testimonianza di chi c'era, dei soldati semplici dico, che dice ma effettivamente si può anche dire che noi abbiamo... scioperato c'è una testimonianza rilasciata molto tempo dopo da un soldato romagnolo quindi di una regione già molto politicizzata e questo soldato nei suoi ricordi scritti 50 anni dopo dice hanno scritto poi sui giornali che avevamo fatto lo sciopero militare Io dico che è vero, io sono un bracciante, quando faccio sciopero è perché protesto contro il padrone e allora non lavoro più alle sue condizioni e così è stato, ho smesso di fare la guerra che era il lavoro che mi avevano assegnato nel 1915 perché non volevo più farla alle loro condizioni, ossia non volevo proprio farla più. E indubbiamente, nelle testimonianze su quello che dicevano o urlavano gli sbandati, o sulle canzoni che cantavano, indubbiamente viene fuori anche la sensazione di una qualche politicizzazione di queste masse. Cioè, non è soltanto ci siamo stufati di fare la guerra, è anche proprio una presa di coscienza del fatto che la guerra è la guerra dei signori, è la guerra dei padroni, non è la nostra guerra.

Anche magari in modo molto ingenuo, ben inteso, eh. Un borghese che cercava di tornare a casa sua a Udine e che va controcorrente perché invece la folla degli sbandati viene via da Udine. Questo borghese racconta che i soldati lo prendevano in giro. Ma cosa vai a Udine? Lei crede di andare a casa sua?

Ma non sa che a Udine comanda Carlo? Carlo VI d'Asburgo, imperatore d'Austria. Adesso la guerra è finita.

Si faceva per i signori. Si volevano ammazzare tutti i contadini. Capite, i nostri soldati sono in gran parte contadini analfabeti, alcuni gruppi sono più politicizzati, ma la massa non è pochissimo.

Quello che viene fuori è questa sensazione proprio molto elementare. Ma perché ci hanno mandati a fare questa guerra? A crepare in questa guerra?

Volevano ammazzarci tutti, i signori. E ci sono anche tra le masse in ritirata grida, slogan, che a qualcuno fanno paura proprio come prodromi di rivoluzione. Sempre a Amendola dice, si erano immaginati che in quel modo finiva la guerra e che anzi la guerra era finita. Le grida più frequenti erano, viva la pace, viva il Papa.

Viva Gatti! Cosa c'è di sovversivo in tutto questo? Beh, viva la pace è sovversivo in un paese in guerra, naturalmente, non facciamo paralleli con l'oggi, ma verrebbero facili.

Viva il Papa? Ebbè, in quel paese profondamente cattolico dove tutti vanno a messa, compreso il generale Cadorna che ha due figli e suore, ma che però, ricordiamocelo, l'Italia del 1917 non ci sono ancora stati i patti lateranensi, il concordato. Il Regno d'Italia e il Vaticano non si riconoscono a vicenda. e il Papa ha la gravissima colpa di aver fatto in quell'estate del 17 un intervento, un discorso, in cui ha definito la guerra una inutile strage.

In Italia la reazione del governo, dei generali, è stata di gelo totale. Come si permette il Papa questa guerra, che è la nostra guerra santa per l'Italia e noi da due anni e mezzo stiamo mandando la gente... gente a morire per questo e il papa si permette di dire che questa guerra è una inutile strage ma c'è chi vorrebbe metterlo in galera il papa a quel punto e dunque viva il papa gridato dagli sbandati ha un significato politico molto preciso quanto avviva giolitti giolitti era il politico che più di tutti si era opposto all'entrata in guerra dell'italia e che era stato completamente emarginato da una nuova coalizione politica che invece aveva portato portato il paese in guerra.

Quindi come dire, i sintomi di una presa di coscienza politica ci sono. Poi c'è chi preferisce non vederli perché insomma non vuole approfondire troppo, sempre Amendola, futuro deputato democratico, antifascista e vittima del fascismo, Amendola torna su questa cosa dello sciopero dicendo, è stato anche criminale questa cosa da parte dei soldati, però in parte perché sono incoscienti. Gli sbandati, Amendola eh, gli sbandati venivano giù tranquilli, sorridenti, senza armi, dicendo abbiamo fatto tutto. fatta la pace i nostri contadini sono così asini che gli altri ci hanno creduto capite cos'è la borghesia italiana dell'inizio del novecento e com'è spaccata questa società Ora, il punto è che quando la classe dirigente percepisce che la truppa in ritirata è contenta di quello che sta succedendo e per qualche settimana è davvero così, poi gli fanno capire che non è vero. Una volta passato il piave li rimettono in riga, gli ridanno il fucile e li rimandano a combattere e andranno a combattere.

Sono umori che sono durati qualche settimana, questa illusione che la guerra fosse finita. Però durante quelle settimane tutti hanno visto i soldati che cantavano felicissimi, entusiasti di tornare a casa. E il fatto che la guerra l'abbiamo perduta? La classe dirigente scopre con orrore che apparentemente ai soldati semplici di questo non importa nulla. Vi cito anche qui qualche esempio.

Un ufficiale volontario di guerra che è anche un grande intellettuale, è un filologo, Cesare De Lollis, un grande filologo, professore universitario, grande patriota nazionalista, ripeto volontario in guerra, il quale vede, vede i treni carichi di soldati che si allontanano dal fronte verso il paese, da Pordenone a Treviso per esempio, e inorridisce vedendo l'atteggiamento dei soldati. Treni carichi di soldati ebri di sconfitta desiderata, tre punti esclamativi. Ce n'è fin sui tamponi delle vetture, ce n'è dappertutto, sui prati.

I Nermi hanno buttato il fucile, con un tozzo di pane in mano, odo perfino il grido, viva Gatti, Presidente della Repubblica! Capite, qui c'è il carico da 90, viva Gatti, va ancora bene, ma Presidente della Repubblica nel Regno d'Italia, ecco. E De Lollis conclude, voglion la pace, le canaglie, a qualunque costo. Vergognoso, perché invece gli ufficiali che vengono da una borghesia nazionalista, educata con tutt'altri valori, per gli ufficiali è la sconfitta che è inaccettabile, la sconfitta è la vergogna dell'Italia, è la rovina dell'Italia.

C'è un gruppo di artiglieria che era in posizione di sconfitta, e poi si è sconfitta. in una zona lontana da Caporetto quindi non è coinvolta nei primi giorni poi arriva la notizia che è successo qualcosa di tremendo e bisogna ritirarsi e il comandante del gruppo radunati i suoi ufficiali dà la notizia così come l'ha sentita e si stanno già mescolando i rapporti veritieri e quelle che oggi chiamiamo le fake news, le voci incontrollate, per cui a questi ufficiali di artiglieria del tutto ignari viene detto all'improvviso che i tedeschi erano entrati a Udine, cosa vera, che in Italia era scoppiata la rivoluzione, che era stata domandata la pace, una pace vergognosa, quella dei vinti. Ecco, per gli ufficiali... quello che sta accadendo è una catastrofe spaventosa e vedere che per i soldati invece tutto sommato va benissimo così è una cosa che lascia una cicatrice profonda.

Ci sono testimonianze di ufficiali che noi conosciamo come personaggi che poi politicamente saranno personaggi progressisti, c'è per esempio le memorie di un ufficiale che si chiama il capitano Bracci testasecca di nobile famiglia però un intellettuale raffinato e sarà un antifascista però il capitano bracci testa secca di fronte a quello che vede capitare non riesce a non provare sgomento ecco sgomento per quello che constata degli umori dei soldati capitano bracci testa secca li vede e li vede come mandrie umane senza fucile che vanno raggruppati si trascinano a stento con l'aria affamata amata ma felice perché fiduciosi di aver finito la guerra e il capitano bracci testa secca conclude povera italia che figli naturalmente come dire gli ufficiali invece cercano di ricordare ai soldati che la guerra non è finita e che adesso è in gioco l'italia perché naturalmente la retorica cambia e finché si combatteva appunto nella valle dell'isola in mezzo agli slavi, eravamo noi che eravamo andati lì, ma adesso si combatterà in Italia e gli ufficiali queste cose le ripetono e sono sgomenti di come alla gente di questo non importa nulla. di un tenente noi eravamo impotenti a frenare tutti gli ossessi e gli dèi non ci vogliono bene ragazzi mi dispiace e a convincere i più rivoluzionari che la guerra non era finita e che la popolazione che subiva le violenze i soprusi era italiana un altro ufficiale io durante la guerra mi fidavo dei miei soldati adesso ho perso tutto tutta la fiducia. In questi giorni ho dovuto tirar fuori la rivoltella, i soldati entravano nelle case senza riguardo alle donne, ai bambini, sfondavano le botti di vino, ammazzavano il bestiame e vedendo i borghesi piangenti, dove i borghesi vuol dire i civili qui, i contadini, i contadini disperati perché devono scappare anche loro, abbandonare le cascine, le stalle, i magazzini pieni.

Ottobre-novembre, finita la vendemmia, finito il racconto, colto, è appena stivato tutto, ecco, e davanti ai civili che piangono, dice questo ufficiale, i soldati che gli sghignazzavano in faccia e parecchi che cantavano allegramente, quasi che la ritirata non fosse il funerale d'Italia. Ecco E a dire la verità abbiamo anche testimonianze da parte del popolo che confermano che in effetti poteva esserci questo sentimento molto italiano del dire ma vabbè l'Italia è sconfitta, a me personalmente cosa me ne importa? Non importa proprio nulla. Vi cito un esempio che ho trovato delizioso.

Corrispondenza tra un prigioniero di guerra in un lager austriaco e la sua famiglia a Barletta. Il prigioniero di guerra... E'nei guai perché è stato accusato di aver disertato.

Facciamo una piccola parentesi, forse sapete, forse no, che l'Italia durante la prima guerra mondiale ha avuto un atteggiamento, le autorità italiane, un atteggiamento durissimo nei confronti dei nostri soldati che cadevano prigionieri di guerra. E'fra tutti il paese che li ha assistiti di meno e che gli ha fatto colpa di essere caduti prigionieri. una retorica del governo e degli alti comandi per cui bisogna morire sul posto e se uno invece cade prigioniero vuol dire come minimo un vigliacco se non un traditore risultato questo soldato fatto prigioniero già prima di caporetto e beh in italia gli hanno aperto un bel processo per diserzione e lo hanno condannato la famiglia da barletta scrive al congiunto prigioniero nel lager dice dandogli questa cattiva notizia lui e i suoi compagni sono stati condannati dal tribunale di guerra però dice la famiglia non preoccupatevi perché tanto c'è stato caporetto dunque cito dunque state tranquilli che la vittoria è di austria il nostro re perde lui perde a noi cosa se ne può importare la guerra la guerra del re la sconfitta la sconfitta del re Ora, appunto, sono indubbiamente molto italiani questi umori per cui a un certo punto uno di fronte al disgusto che prova per le cose che vanno male nel paese finisce per dire ma andate tutti al diavolo, il paese se lo merita. E quindi tra le testimonianze che affiorano in questi... giorni della ritirata ci succede tutto dal tenente lombardo che durante la fuga gridava a qualcuno di noi adesso me ne vado a casa sono stufo di battermi per i veneti Oppure quell'altro ufficiale che viene sentito da qualcuno che poi lo racconta la commissione d'inchiesta, quell'ufficiale che in mezzo alla rotta gridava porca Italia!

E fra i soldati, fra i soldati c'è questo umore, chi se ne frega, ma vada pure... tutto a rotoli ci sono ufficiali che lo raccontano i miei soldati c'è un tenente il tenente sironi che ha lasciato un bellissimo libro di memorie tenente sironi ha combattuto fino all'ultimo con i suoi soldati che hanno combattuto fino all'ultimo Poi, quando si sono trovati i tedeschi dietro, si sono arresi. Nell'istante in cui si arrendono, cambiano. I tedeschi li sfottono, come facevano regolarmente con i prigionieri, dicendo adesso noi andare a Milano.

Uno dei prigionieri, un lombardo, ribatte. Andate pure a Milano, bruciate anche la galleria, che me ne importa. Un altro tenente ricorda di aver sentito i soldati dire ma che vadano a Torino, a Milano, purché la guerra finisca!

Allora, tutto questo è talmente sistematico, emerge in talmente tante testimonianze che non c'è dubbio che in quel momento, perlomeno in mezzo al corpo degli ufficiali, si è creata questa sensazione la truppa e quindi il popolo era inaffidabile, non capiscono il patriottismo, non capiscono la santità di questa guerra, sono delle canaglie a cui non importa niente dell'Italia e del suo destino, sono delle canaglie che pensano soltanto a tornare a casa e questi sono umori importanti da tenere presenti in un pezzo della classe dirigente quando sappiamo cos'è successo negli anni successivi in Italia. Al tempo stesso c'è anche però un altro problema, un altro aspetto che emerge nella mentalità collettiva, e cioè la perdita di fiducia nei comandi, nella classe degli ufficiali, che fino a quel momento erano adorati e i comandi venivano presentati dai giornali come tutti i geni, i nostri generali, e all'improvviso molti dicono ma... Un sottotenente del genio, ho perduto tutta la fiducia che avevo nella bontà dei soldati e tutta, tutta la fiducia negli ufficiali e negli alti comandi. Un altro ufficiale, sempre un tenente, voi capite gli ufficiali dei gradi inferiori non sono professionisti, sono ufficiali di complemento, sono studenti, sono professionisti, quindi vedono con un certo distacco la classe degli ufficiali di mestiere da cui vengono fuori i generali.

Un altro tenente racconta questo episodio della ritirata. Esco un po'fuori del paese e mi trovo ad un brutto scherzo. Vedo un capitano che chiama un soldato e principia a maltrattarlo perché aveva lasciato il fucile alla pioggia.

Dalle parole di un capitano, il capitano si è riuscito a rinforzare il suo lavoro. va ai fatti aveva un bastone e principia a bastonare questo infelice dicendogli che la patria gli dà il fucile e lui non lo usa pensare che quel disgraziato aveva fatto tutta la strada fatto io e bagnato come era aveva cercato ricovero e lasciato fuori la porta il fucile a quella vista mi si è drizzato i capelli e sono scappato per evitare la mia rovina avrebbero fatto meglio tutta la classe degli ufficiali a pensare a quello che hanno fatto e non dietro a queste sciocchezze E naturalmente appunto la delusione generale nel paese investe tutto l'esercito e i suoi capi. Il 15 dicembre di quel 17 un deputato, onorevole Gambarotta, deputato di Novara, liberale, giolittiano peraltro, quindi contrario alla guerra, in un intervento alla Camera si lascia scappare. Credevamo di avere un grande generale e un grande esercito. Ed è la stessa delusione incredula che affiora in tante testimonianze dal paese.

C'è un altro giovane ufficiale di cui riparlerò, un capitano, il capitano Marpicati. Chissà se a qualcuno dei più anziani questo nome dice ancora qualcosa, ma poi ve lo dico chi è. Capite Marpicati, tornando a casa a Firenze in licenza dopo la fine della ritirata di Caporetto, trova la mamma che per prima cosa gli dice, ma è dunque un esercito schifoso il nostro? E molti, molti concludono che sì, perché? Perché è l'Italia che è un paese ridicolo.

Torna nelle testimonianze questa angoscia, abbiamo creduto che l'Italia fosse una grande potenza, ecco, e invece scopriamo che l'Italia è quello che è, un paese di mandolinisti. Sapete di questo vecchio incubo nostro di essere identificati col mandolino? Viene fuori, c'è un ufficiale che lo dice, veramente, eravamo mandolinisti.

E naturalmente c'è il risentimento di chi sta facendo la guerra contro i borghesi che l'hanno voluta. C'è una lettera che anche qui ho trovato bellissima di un giovane ufficiale caduto prigioniero a Caporetto che dal lager scrive a casa al papà e lo prende per il bavero. E tu, signor papà? Sei ancora del parere di seguitare la guerra? Non hai fatto il prestito per andare a visitare Trieste e Trento?

Dove ti è andata a finire la tua famosa idea che con l'entrata dell'Italia in guerra in tre mesi tutto fosse finito? La sfiducia nell'esercito e nei comandi... Fa sì, questo è un dettaglio, è una piccola cosa un po'a parte, però molto curiosa, fra i soldati si diffonde la voce che la sconfitta è dovuta al tradimento dei capi.

Naturalmente nelle sconfitte militari... questa cosa siamo traditi viene fuori sempre ma qui è impressionante come ci sono diverse testimonianze di soldati che sono convinti che cadorna in persona si è accordato con gli austriaci che l'hanno pagato e che è per quello che siamo stati sconfitti c'è un bersagliere il quale è convinto perché poi sono convinti sapete che la memoria umana è una cosa strana tu cogli delle impressioni le colleghi e poi quella cosa ti si fissa in testa e sei convinto di averlo sentito sei convinto di averlo visto c'è un bersagliere il quale dice che quando arrivano ai ponti del tagliamento dove per un attimo sembrava che la ritirata potesse fermarsi, no? E poi invece no, non basta, perché i tedeschi hanno passato anche il tagliamento più a nord e quindi la ritirata continua fino al Piave.

E questo bersagliere è convinto che quando siamo arrivati al tagliamento sentivamo gli austriaci che gridavano «Avanti! Avanti! Vi abbiamo pagati fino al po'!

» Ce n'è una ancora migliore, c'è il libro di memorie di un fante, si chiama Giovanni Bussi, scritto anche questo 50 anni dopo. Questo fante aveva assistito al tradimento e lo racconta. Lui faceva il piantone in un ospedale da campo.

E il 3 ottobre alle 10 di sera era nell'orto dell'ospedale che raccoglieva fagioli quando sulla strada arrivano due automobili e scendono un generale italiano, un ufficiale inglese e un borghese col cappello e i baffoni e il fante Giovanni Bussi dice io sono uno che ci ha sempre sentito benissimo E ho sentito bene quello che hanno detto, quel gruppetto sulla strada, ho sentito tutto e quello che si dicevano era, comandante, tutto regolato, il giorno, come d'accordo, il 24, il punto, caporetto, silenziosa l'artiglieria, sguarnire la zona. Dopodiché i tre cospiratori si scambiano una busta di documenti, si stringono la mano, risalgono in macchina, ripartono in due direzioni diverse. Giovanni Bussi è vissuto fino al 1990 e fino a lui... ultimo era sicuro di aver assistito al tradimento con cui i generali italiani avevano venduto l'esercito al nemico. Naturalmente tra le classi dirigenti non possono prendere piede voci di questo genere, però l'idea che la colpa è di chi comanda, che la colpa è di Cadorna, la colpa è dei generali, quell'idea serpeggia nel paese e anche tra i vertici.

C'è un altro piccolo episodio. Il protagonista è un prete che si chiama Don Minozzi. Era un prete molto conosciuto all'epoca, intimo del Orlando Supremo, amico di Cadorna, frequentava il Orlando Supremo e faceva anche molte attività.

aveva inventato le case del soldato cioè sempre nel quadro di questa idea che ai soldati bisogna anche offrire incoraggiamento supporto don minozzi intimo del comando supremo il giorno della fuga rovinosa da udine sede del comando supremo fino a quel momento ma stanno arrivando i tedeschi il giorno della fuga rovinosa da udine don minozzi sale su una macchina insieme a un altro prete famoso padre gemelli fondatore della cattolica di milano e un carico di suore terrorizzate naturalmente questa macchina carica di preti e suore risale appunto anche lei la strada fianco a fianco con la folla a piedi degli sbandati militari e civili incrociano Un deputato, anche qui, il deputato di Tolmezzo, onorevole Gortani, infangato da capo a piedi, il quale vede nella macchina i preti, riconosce Don Minozzi e gli urla, ora lo fucileremo il suo Cadorna, tocca a lui ora il traditore. E il paese era talmente convinto che i generali sarebbero stati presi e fucilati che correvano, anche qui le fake news come diciamo oggi, oggi, più strampalate, ovunque si raccontava, e c'erano i testimoni, c'era chi aveva visto fucilare generali, fucilare colonnelli, c'era chi aveva visto generali ammanettati in mezzo ai carabinieri, c'era chi aveva visto addirittura un treno pieno di ufficiali tutti ammanettati. Un testimone raccontò al Vescovo di Padova, il quale lo riferì al Papa, di aver visto quattro generali ammanettati. Nel paese si parlava di sedici generali fucilati, poi le voci crescevano, crescevano, trenta generali fucilati.

Inutile dire che non è stato fucilato nessun generale e nessun ufficiale superiore e quasi nessun ufficiale, qualche ufficiale di rango infimo, aspirante, sottotenente, giovanissimo, finito nei guai e fucilato durante la ritirata c'è stato. qualcuno pochi ovviamente nessun ufficiale superiore ci mancherebbe soldati semplici invece tantissimi voi sapete che l'esercito italiano fucilava i suoi soldati con una generosità stravagante e dimostrato dalle cifre ci sono i dati l'esercito italiano nella prima guerra mondiale è quello che ha fucilato più soldati I tedeschi non fucilavano nessuno praticamente, gli inglesi neanche, i francesi già di più, ma come noi nessuno. E durante la ritirata, ovviamente, questi ufficiali disgustati per il comportamento dei soldati a ogni occasione fanno fucilare per dare l'esempio.

Ve ne racconto un caso specifico perché qui si incrociano tutte le cose. Il protagonista è quel giovane capitano Marpicati che vi ho citato prima di Firenze. Arturo Marpicati è uno che poi farà carriera nel partito fascista e diventerà segretario nazionale del partito nazionale fascista. E anche lui un uomo di valore, allora era studente universitario a Firenze, era tornato al fronte dopo aver preso 30 elode in storia moderna, niente meno che da Gortani Salvemini, che era allora professore a Firenze e peraltro anche lui richiamato.

e quindi faceva gli esami ai suoi studenti in divisa di tenente, e Marpicati è in licenza quando arriva la notizia che è successo qualcosa di tremendo, deve tornare al fronte, arriva lì in pieno sfacelo, gli affidano un centro di risposta, centinaio di soldati disbandati provenienti dai reparti più diversi lui deve prendere il comando di questi sbandati e condurli nella ritirata prende il comando ha subito la sensazione che questi sono dei sovversivi gente poco affidabile non hanno neanche buttato i fucili e questo è pericoloso vuol dire che pensano di usarli c'è gente che è stata in galera il capitano marpicati studente universitario borghese e futuro gerarca fascista trova che bisogna assolutamente tenere sotto controllo questa gente e pensa a un trucco per disarmarli lui li comanda li sta conducendo nel retrovie e a un certo punto trovano dei carretti e lui dice ma mettete i fucili e gli zaini sui carretti così fate meno fatica in realtà nei suoi memori dice l'ho fatto perché preferivo che non avessero il fucile in mano quei soldati che dovevo comandare e dice però qualcuno si è accorto del trucco alcuni hanno cominciato a sparire si davano nei boschi non li vedevo più e altri li sentivo che mugugnavano e che dicevano agli altri di non darlo il fucile e lui riporta testualmente questa frase che è convinto di aver sentito tra i suoi soldati basta basta compagni e si fa come in russia non consegnate i fucili capite questo si fa come in russia appunto è l'incubo di questi ufficiali risultato poi riesce a mandare a chiamare i carabinieri arrivano i carabinieri fa restare i più facinorosi ne trova due che non solo avevano il fucile ma la pallottola in canna e appena arrivano al posto di tappa li manda davanti a una corte marziale che li condanna a morte e li fucilano quella sera stessa E Marpicati raccolta questo dicendo, certo mi è dispiaciuto dover far fucilare quei due, ma se non si facesse così ora si rinculerebbe fino al volturno e quindi per salvare l'Italia bisogna fucilare perché i soldati da soli e se no questa cosa non la capirebbero. E naturalmente, naturalmente chi ci naviga, chi ci marcia con questa cosa è il generale Cadorna, il quale già convinto prima di comandare un esercito di sovversivi inquinato dalla propaganda pacifista dopo Caporetto non può far altro che dire vedete è quello che vi avevo detto sapete che Cadorna il 28 ottobre quarto giorno della ritirata emana il quotidiano bollettino del comando supremo in cui dichiara che la catastrofe è dovuta, cito, alla mancata resistenza di reparti della seconda armata vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico. Ora, non so se vi rendete conto del comandante di un esercito che sta subendo una grande sconfitta e che dichiara al mondo che la colpa è dell'esercito stesso, che è vigliacco e ignominioso e si arrende.

senza combattere. Il governo a Roma quando riceve questo bollettino si mettono le mani nei capelli e vietano immediatamente la pubblicazione di questo bollettino che avrebbe un effetto politico catastrofico. Peccato che trasmettendolo a Roma ma intanto lo avevano già pubblicato in zona di guerra e mandato all'estero. Per cui viene pubblicato all'estero il bollettino di Cadorna e tutto il mondo apprende dal nostro comando supremo che i soldati italiani si arrendono vigliaccamente e scappano senza combattere. La cosa, poi piccolo mistero che si aggiunge è che cominciano a circolare versioni falsificate, apocrife di questo bollettino in cui si indicano per nome i reparti colpevoli la brigata foggia la brigata roma la brigata pesaro c'è un umore nel paese che vuole i capri espiatori e che vuole sapere chi sono i colpevoli cadorna è sicuro di una cosa lui colpe non ne ha nessuna figuriamoci e il 30 ottobre c'è una lettera di cadorna al figlio impressionante devo dire, in cui dice certo è l'esercito che si è rivelato totalmente incapace ma perché l'esercito di questo paese?

Cito, che adorna il figlio Raffaele che poi sarà comandante del corpo volontario della libertà cioè della resistenza italiana nella seconda guerra mondiale e lì è un giovane ufficiale e il papà con cui si confide gli scrive l'esercito Si dimostra essere un edificio dalle fragili fondamenta, per il quale basta un leggero terremoto per determinare il crollo. Per quanto sia doloroso, questo paese di chiacchieroni, di retori e soprattutto di indisciplinati merita quel che gli capi. Ora io non so se si rizzano anche a voi i capelli in testa come a me sentendo il comandante supremo il quale dice in quei giorni, vabbè questo paese se lo merita, cos'altro vogliono gli italiani? Ovviamente l'importante per Cadorna è chiarire che lui di responsabilità non ne ha, né lui né gli altri generali e anche se la commissione di inchiesta farà un lavoro abbastanza onesto individuando delle critiche eccetera però poi in realtà ad alto livello si preferirà far passare la versione che Cadorna è un grande generale, un eroe e che non ha responsabilità e lui negli anni venti non avrà problemi a dichiarare che il vero colpevole del disastro di Caporetto, sapete chi è?

Il ministro dell'interno, per aver lasciato libero corso alla propaganda disfattista. Ovviamente negli anni venti la propaganda disfattista in Italia non è più permessa e tante altre cose non sono più permesse. E Cadorna è contentissimo, finalmente! Nel 1926 Cadorna si scambia delle lettere con uno dei generali nemici che erano a Caporetto, anzi con il generale che aveva preparato il piano d'attacco a Caporetto, il generale Kraft von Delmenzingen. Si scrivono...

E'bellissimo vedere dopo le guerre i generali nemici che diventano amici, prendono il tè insieme e si raccontano ciascuno le sue cose. E Cadorna scrivendo al generale Kraft in Baviera nel 26, ormai c'è la dittatura, siamo già all'indomani del delitto Gatti, delle leggi fascistissime, Cadorna scrive Se durante la guerra vi fosse stato in Italia il forte governo attuale, il disastro non sarebbe avvenuto. Magari avessimo avuto già Mussolini allora.

E questo, come dire, cosa vuol dire questo? Vuol dire, ed è l'ultimo aspetto che volevo sottolineare con voi in chiusura, che oltre alla diffidenza e anzi al disgusto per un popolo visto come un popolo appunto che non capisce il patriotismo, che è corrotto dalla propaganda sovversiva, ecco, nella classe dirigente militare italiana matura anche un altro atteggiamento. E'il mondo politico che fa schifo, è il sistema politico liberale, il Parlamento, i partiti, fanno schifo ed è colpa loro se questo paese è un paese che fa ridere.

Questa perdita di rispetto nei confronti della politica e del sistema liberale da parte dei generali affiora in modo impressionante negli scritti di quel periodo. Ve ne cito una vignetta. L'autore è un ufficiale molto vicino a Cadorna, si chiama il colonnello Gatti, è il capo ufficio stampa di Cadorna, è un uomo di grande valore anche lui, un intellettuale, ha scritto molti libri interessanti.

Il colonnello Gatti racconta la conferenza di... di Rapallo del 6 novembre. Sono passate neanche due settimane dall'inizio della ritirata e a Rapallo il governo italiano... Abbiamo quasi finito.

Se fossi all'università dopo una cosa così non li riprenderei mai più in mano i miei studenti. Voi confido di riprendervi in mano per gli ultimi cinque minuti. Allora, il 6 novembre del 17 a Rapallo il governo italiano è costretto a convocare gli alleati per provare a giustificare quello che sta succedendo. Quindi arrivano gli inglesi, arrivano i francesi a farsi spiegare dal governo italiano che cosa diavolo state facendo voi italiani.

Cos'è che succede? E ovviamente gli alleati arrivano, come dire, da padroni. Già sono due superpotenze e noi in confronto siamo l'ultima ruota del carro. In più ci sta capitando questa cosa.

e lì con Vittorio Emanuele Orlando, Presidente del Consiglio, con il Ministro degli Esteri, Sonnino, a cercare di giustificare quel che sta succedendo e soprattutto implorare gli alleati che non ci mollino, che ci diano una mano, che ci mandino... di non rinforzi, divisioni, artiglieria, perché se no, ecco, il governo italiano è lì a implorare. I militari, anziché pensare che magari è colpa loro, se siamo in questa situazione, reagiscono con il disprezzo verso questi politici che si prestano appunto a inginocchiarsi davanti agli alleati, costretti ad attendere alla porta, dice Gatti, come servitori che gli altri decidessero.

Tra l'altro gli alleati, gli inglesi, i francesi, chiederanno una garanzia. Cadorna lo mandate a casa. Mettete un altro. Dal punto di vista di Cadorna stesso e degli ufficiali del suo comando questa è un'altra infamia del governo, naturalmente, che cede a queste pressioni. E Gatti fa questa vignetta, che non so se mi sbaglio, io l'ho trovata memorabile, raffigura il Presidente del Consiglio la sera di questo incontro umiliante con gli alleati.

Vittorio Emanuele Orlando che è lì, nella stanza da letto del suo segretario, il commendator Petroziello, e si sforza di giustificare ai giudici. i generai militari questa vergogna di essere stato trattato come un domestico e cerca di spiegare che non si poteva fare diversamente e che cadorna deve andare via ma gli daranno un altro incarico di grande prestigio E Gatti lo descrive e dice appunto, e lui parla, parla, continua a dire, noi lo stiamo a guardare e capiamo ciò che dice. Piglia di tanto in tanto tabacco, presa di tabacco, no? Si mette seduto con la gamba sul letto, infiora il discorso con un cazzo di tanto in tanto.

È una cosa pietosa e obrobriosa. Ecco, l'idea... che un alto ufficiale del comando supremo descriva il presidente del consiglio in carica in questi termini che quello è il modo in cui questi alti ufficiali stanno cominciando a guardare i politici della vecchia italia liberale ecco secondo me è molto sintomatico E dunque, da un lato i politici screditati, pietosi e obrobriosi, dall'altro il popolo italiano che si è rivelato vergognoso e infame e che ha bisogno di essere curato.

Per chiudere vi cito due esempi di come appunto molti si sono convinti in quei giorni che il popolo italiano aveva bisogno di essere curato. La prima testimonianza di Rilvero è addirittura precedente a Caporetto, ma è la testimonianza di un ufficiale che già prima di Caporetto aveva maturato l'impressione che la truppa facesse schifo per mancanza di patriottismo e che avesse appunto bisogno di energiche cure. E'particolarmente interessante questa testimonianza perché è di un personaggio noto, Ottone Rosai, pittore famoso e anche squadrista e manganellatore della prima ora. ufficiale della brigata tortona poco prima di caporetto già prima quindi annotava la brigata è imbastardita le perdite subite sono state colmate con l'invio di nuovi elementi aperte nell'occasione le galere gli ospizi i manicomi ci capita su un nuvolo di gente malfatta zoppicante contorta e soprattutto mal disposta il medico di battaglione deve riceverne tutte tutte le mattine delle frotte che vanno a marcar visita dal dottore, ma l'ordine è di non riconoscere in loro alcun male e l'olio di ricino e il bastone han trovato lavoro.

Io trovo meraviglioso vedere Ottone Rosai, futuro squadrista, che nell'estate del 17 dice per questa gente ci vogliono l'olio di ricino e il bastone. prevedere l'olio di ricino ci voleva un grande artista come rosai il bastone ne parlano tanti altri unica citazione che rifaccio una lettera da mauthausen mauthausen è uno dei lager dei prigionieri di guerra italiani non è ancora il campo di sterminio che diventerà sotto il nazismo ma è già il luogo dove c'è un immenso campo di concentramento per prigionieri italiani. Ora, dopo la disfatta di Caporetto, arrivano a Mauthausen, già pieno di prigionieri italiani catturati in precedenza, i prigionieri catturati a Caporetto e vengono accolti malissimo.

dagli altri, vengono accolti dagli altri con aperta ostilità perché perfino nei campi dei nostri prigionieri si è diffusa la sensazione che si era diffusa in tutto il paese che la colpa di tutto è dei soldati. questi soldati della seconda armata che si sono arresi vigliaccamente come dice cadorna per cui gli altri italiani fatti prigionieri prima accolgono con enorme disprezzo questi qua che arrivano presi a caporetto e uno di questi vecchi scrive a casa appunto una lettera piena di insulti contro questa maledettissima seconda armata che ha abbandonato le armi e racconta alla famiglia l'arrivo di questi bis Bisognava vedere con quale spudoratezza si erano presentati qui i primi giorni. Vi abbiamo portato la pace, dicevano.

Torna tutto, come vedete. Questi fatti prigionieri durante la tirata hanno ancora questa illusione, la pace. Speriamo che i tedeschi arrivino a Milano e anche a Roma. Anche questo torna, abbiamo già sentito.

Adesso sono pentiti. Sacramento se sono pentiti. E si mangiano le dita.

perché si sono accorti che altro che pace in lager si crepa di fame e conclude questa lettera è doloroso ma purtroppo noi siamo un popolo che abbiamo bisogno di 50 anni di bastone ecco poi come sapete non sono stati 50 anni sono stati solo 20 però comunque gli umori sono quelli i politici liberali pietosi e obrobriosi e il popolo italiano bisognoso uso di manganello. In quei mesi cominciano a pensarlo prima alcuni, poi tanti e insomma fra pochissimi anni queste cose daranno i loro frutti. Grazie.

Grazie mille. Vi ringrazio tantissimo, volevo soltanto dirvi questo e questo vi rimangerete tutti gli applausi per quello che sto per dire ma io so che tanti di voi vorrebbero magari fermarmi e fare un selfie, una firma io però sono stanco morto, molto raffreddato e quindi mi scuserete, io adesso me la svigno mi faccio portare via, arrivederci a tutti, buona serata