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19 - La casa degli spiriti - Drammi familiari e politici in Cile

Pedro Garcia il Vecchio morì poco prima delle elezioni presidenziali. Il paese era agitato dalle campagne politiche. I treni trionfali andavano da nord a sud, portando i candidati affacciati in coda con la loro corte di proseliti che salutavano tutti allo stesso modo, promettevano tutti le stesse cose, imbandierati e con una sarabanda di cori e di altoparlanti che spaventava la quiete del paesaggio e terrificava gli armenti. Il vecchio aveva vissuto tanto che ormai era solo un mucchio di ossicini di vetro coperti da una pelle giallastra.

La sua faccia era un ricamo di rughe. Scricchiolava camminando con un rumore di nacchere, non aveva denti e poteva mangiare solo pappette da bebè. Oltre che cieco, era diventato sordo, ma non gli era mai venuta meno la facoltà di riconoscere le cose e la memoria del passato e del presente. Morì seduto sulla sua seggiola di vimini al tramonto. Gli piaceva stare seduto sulla soglia della sua baracca a sentire il cadere della sera, che intuiva dal cambiamento lieve della temperatura, dai rumori del cortile, dal fervore delle cucine e dal silenzio delle galline.

Lì lo trovò la morte. Ai suoi piedi c'era il pronipote Esteban García, che aveva già quasi dieci anni, intento a infilzare un chiodo negli occhi di un pollo. Era figlio di Esteban García? l'unico bastardo del padrone che portasse il suo nome ma non il suo cognome nessuno ne ricordava l'origine né il motivo per cui aveva quel nome tranne lui stesso perché sua nonna pancia garzia prima di morire era riuscita ad avvelenare la sua infanzia con la storia che se suo padre fosse nato al posto di blanca di jaime o di nicolas avrebbe ereditato le tre marie e avrebbe potuto diventare presidente della repubblica se lo avesse voluto in quella regione disseminata di figli illegittimi e di altri illegittimi che non conoscevano il proprio padre lui fu probabilmente l'unico che crebbe odiando il suo cognome visse tormentato dal rancore contro il padrone contro la nonna sedotta contro suo padre bastardo e contro il suo inesorabile destino di zotico esteban trueba non lo distingueva dagli altri ragazzotti della proprietà era uno dei tanti nel mucchio di giovani che cantavano l'ino nazionale nella scuola e facevano la coda per il loro regalo di natale non si ricordava di pancia garzia né di aver avuto un figlio da lei e neppure di quel nipote sornione che lo odiava ma che lo osservava da lontano per imitarne i gesti e copiarne la voce il bambino si svegliava di notte immaginando orribili malattie o incidenti che mettevano fine alla vita del padrone e di tutti i suoi figli per poter ereditare la proprietà. Avrebbe trasformato le tre Marie nel suo regno.

Accarezzò quelle fantasie per tutta la vita, anche dopo aver saputo che non avrebbe mai ottenuto nulla per via ereditaria. Rinfacciò sempre a Trueba l'oscura esistenza che l'aveva condannato e si sentì punito anche nei giorni in cui avrebbe raggiunto il massimo del potere e avrebbe avuto tutti in suo pugno. il bambino intuì che qualcosa era cambiato nel vecchio si avvicinò lo toccò e il corpo barcollò pedro garfia cadde a terra come un sacco d'ossa aveva le pupille coperte dalla pellicola lattiginosa che le aveva poco a poco lasciate senza luce nel corso di un quarto di secolo esteban garfia prese il chiodo e stava a perforargli gli occhi quando arrivò blanca e lo gettò da parte con una spinta senza sospettare che quella creatura fosca e malvagia fosse suo nipote e che nel giro di pochi anni sarebbe stato lo strumento di una tragedia per la sua famiglia dio mio è morto il vecchietto inghiozzò chinandosi sul corpo ringobbito del vecchio che aveva popolato di racconti la sua infanzia e protetto i suoi amori clandestini pedro garzia il vecchio venne seppellito con una veglia funebre di tre giorni durante i quali esteban trueba aveva ordinato che non si badasse a spese sistemarono il suo corpo in una cassa di pino naturale col suo vestito della domenica lo stesso di quando si era sposato e che si metteva per votare e per ricevere i suoi cinquanta pesos a natale gli misero la sua unica camicia bianca che gli stava molto larga al collo perché l'età l'aveva rinsecchito la sua cravatta da lutto e un garofano rosso all'occhiello come durante ogni festa gli serrarono la mascella con un fazzoletto e gli misero il suo cappello nero perché aveva detto spesso che voleva toglierselo per salutare dio non aveva scarpe ma clara ne prese un paio di esteban perché tutti vedessero che non andava scalzo in paradiso Jean de Satigny fu entusiasta del funerale, tirò fuori dalla sua valigia una macchina fotografica con tre piede e fece così tanti ritratti al morto che i suoi familiari pensarono che gli poteva rubare l'anima e per precauzione rovinarono le lastre. Alla veglia corsero i contadini di tutta la contrada perché Pedro García nel suo secolo di vita si era imparentato con molti paesani della provincia. Arrivò alla fattucchiera che era ancora più vecchia di lui con vari indiani della sua tribù che a un suo ordine cominciarono a piangere il defunto e non cessarono di farlo finché la veglia non ebbe termine tre giorni dopo la gente si radunò intorno alla capanna del vecchio a bere vino suonare la chitarra e sorvegliare la carne alla brace arrivarono anche due preti in bicicletta a benedire i resti mortali di pedro garfia e a dirigere i riti funebri uno di loro Era un gigante rubicondo dal marcato accento spagnolo, padre José de Ultemaria, che Esteban Trueba conosceva di nome.

Era stato sul punto di impedirgli di entrare nella sua proprietà, ma Clara l'aveva persuaso che non era il momento di anteporre i suoi odi politici al fervore cristiano dei contadini. «Almeno metterà un po'd'ordine, nelle faccende dell'anima», disse lei, «sicché Esteban Trueba finì per dargli il benvenuto». e invitarlo a fermarsi in casa sua col fratello laico che non apriva bocca e guardava sempre in terra con la testa di lato e le mani giunte.

Il padrone era commosso per la morte del vecchio che gli aveva salvato i seminati dalle formiche e la vita dal crollo e voleva che tutti ricordassero quella sepoltura come un evento. I preti riunirono i mezzadri e i visitatori nella scuola per ripassare i dimenticati Vangeli e dire una messa di riposo per l'anima di Pedro Garcia, poi si ritirarono nella stanza della casa padronale che era stata loro destinata, mentre gli altri continuavano la veglia che era stata interrotta dal loro arrivo. Quella notte Blanca aspettò che taccessero le chitarre e il pianto degli indiani e che tutti se ne andassero a letto per saltare dalla finestra della sua camera e prendere la direzione abituale, protetta dalle ombre.

Lo rifece nelle tre notti successive finché i sacerdoti non se ne furono andati. Tutti, meno i suoi genitori, sapevano che Blanca si ritrovava con uno di loro al fiume. Era Pedro Terzo García, che non aveva voluto perdersi il funerale di suo nonno e aveva approfittato della sottana da prete prestata gli per arringare i lavoratori, casa per casa, spiegando loro che le prossime lezioni erano la loro occasione per scrollarsi il gioco sotto cui avevano sempre vissuto. Lo ascoltarono, stupiti e confusi.

Il loro tempo si misurava in stagioni, i loro pensieri in generazioni erano lenti e prudenti. Solo i più giovani, quelli che avevano la radio e ascoltavano le notizie, quelli che talvolta si recavano al villaggio e chiacchieravano con i sindacalisti, potevano seguire il filo delle sue idee. Gli altri lo ascoltavano perché il ragazzo era un eroe perseguitato dai padroni.

Ma in fondo erano convinti che dicesse stupidaggini. «Se il padrone scopre che andiamo a votare per i socialisti, siamo fregati? » dicevano.

«Non può saperlo. Il voto è segreto! » aggiunse il falso prete.

«Questo lo crede lei, figliolo? » rispose Pedro II, suo padre. «Dicono che è segreto, ma poi sanno sempre perché abbiamo votato. Inoltre se vincono quelli del suo partito, ci butteranno in strada.

Non avremo lavoro. Sono sempre vissuto qui. Che farei? » «Ma non possono scacciarvi tutti, perché il padrone ci rimette più di voi se ve ne andate», argomentava Pedro III. «Cambiano i voti», disse Blanca, che assisteva alla riunione seduta fra i contadini.

«Questa volta non potranno», disse Pedro III. «Manderemo gente del partito a controllare i tavoli delle votazioni e a vedere che sigillino le urne». Ma i contadini non si fidavano. L'esperienza aveva insegnato loro che la volpe finisce sempre per mangiarsi le galline, nonostante la ballata sovversiva che girava di bocca in bocca cantando il contrario.

Per questo, quando passò il treno del nuovo candidato del Partito Socialista, un dottore miope carismatico che scuoteva le masse con un discorso infiammato, lo guardarono dalla stazione, sorvegliati dai padroni che si erano messi in cerchio intorno a loro armati di fucili da caccia e di randelli. Ascoltarono rispettosamente le parole del candidato, ma non osarono fargli nemmeno un gesto di saluto. tranne alcuni braccianti che erano accorsi in gruppo provvisti di bastoni e manganelli e l'avevano applaudito fino a sfiatarsi perché loro non avevano niente da perdere erano nomadi della campagna vagavano per la regione senza lavoro fisso senza famiglia senza padrone e senza paura poco dopo la morte e il memorabile funerale di pedro garzia il vecchio blanca cominciò a perdere i suoi colori di mela e a soffrire affanni naturali che non le venivano dal trattenere il fiato, e vomiti mattutini che non erano provocati da salamoglie calde. Pensò che la causa fosse l'aver mangiato troppo, era l'epoca delle pesche dorate, delle albicocche, del mais tenero, cotto nelle padelle di terracotta e aromatizzato con basilico. Era il tempo delle marmellate, delle conserve per l'inverno, ma il digiuno, la camomilla, i purganti e il riposo non la guarirono.

Perse l'entusiasmo per la scuola, per l'infermeria e per i presepi di Creta, divenne fiacca e sonnolenta, poteva passare ore sdraiata all'ombra a guardare il cielo senza interessarsi di niente. L'unica attività che mantenne furono le sue scappate notturne attraverso la finestra quando aveva appuntamento con Pedro III al fiume. Jean de Satigny, che non si era dato per vinto nel suo assedio romantico, la osservava.

Per discrezione passava un certo tempo nell'albergo del villaggio e faceva brevi viaggi alla capitale da cui tornava carico di libri sui cincillà, sulle loro gabbie, sul loro regime, sulle loro malattie, sui metodi riproduttivi, sul modo di conciarne la pelliccia e, in generale, su tutto quello che riguardava quei piccoli animali il cui destino era di trasformarsi in stole. Per la maggior parte dell'estate il conte fu ospite delle tre marie. era un ospite incantevole beneducato tranquillo e allegro aveva sempre una frase garbata sulla punta delle labbra faceva onore ai pasti si divertiva la sera a suonare sul pianoforte del salotto gareggiando con clara nei notturni di chopin ed era una fonte inesauribile di aneddoti si alzava tardi e dedicava una o due ore alla sua personale toeletta faceva ginnastica correva intorno alla casa senza dar peso agli scherzi dei contadini Si lavava nella vasca con acqua calda e impiegava molto tempo a scegliere il vestiario per ogni occasione.

Era uno sforzo inutile perché nessuno apprezzava la sua eleganza e spesso l'unico risultato che otteneva con i suoi completi inglesi da cavallerizzo, le sue giacche di velluto e i suoi cappelli tirolesi con la piuma di fagiano, era che Clara, senza la minima intenzione, gli offrisse indumenti più adatti alla campagna. Jean non perdeva il buon umore, accettava i sorrisi ironici del padrone di casa gli sgarbi di blanca e la perane distrazione di clara che dopo un anno continuava a chiedergli il suo nome conosceva qualche ricetta francese ben cucinata e magnificamente presentata con la quale contribuiva quando c'erano invitati era la prima volta che vedevano un uomo interessato alla cucina ma avevano immaginato che fossero abitudini europee e non osavano prenderlo in giro per non far la figura degli ignoranti dai suoi viaggi alla capitale portava oltre a quanto riguardava i cincillà le riviste di moda gli opuscoli di guerra che erano diventati popolari per creare il mito del soldato eroico e i romanzi romantici per blanca durante le conversazioni a fine pranzo talvolta raccontava con tono di noia mortale le sue estati trascorse con la nobiltà europea nei castelli dell'ichtenstein o della costa azzurra non tralasciava mai di dire ch'era felice di aver cambiato tutto quello con la bellezza Blanca gli chiedeva perché non avesse scelto i Caraibi, o perlomeno un paese con mulatte, palmizi e tamburi, se quello che cercava era esotismo, ma lui sosteneva che non c'era sulla terra un posto più gradevole di quel paese dimenticato in capo al mondo. Il francese non parlava della sua vita personale, se non per fare qualche accenno impercettibile che permetteva al suo interlocutore astuto di rendersi conto del suo splendido passato, della sua incalcolabile fortuna e della sua nobile origine.

Non si conosceva con certezza il suo stato civile, la sua età, la sua famiglia o da quale parte della Francia provenisse. Clara era dell'idea che tanto mistero fosse pericoloso e cercò di dipanarlo con le carte dei tarocchi, ma Jean non voleva che gli indovinassero la sorte né che gli leggessero le linee della mano. Non si conosceva neppure il suo segno zodiacale.

A Esteban Trueba tutto questo non importava. Per lui era sufficiente che il conte fosse disposto a intrattenerlo con una partita a scacchi o a domino, che fosse ingegnoso e simpatico e non chiedesse mai denaro in prestito. Da quando Jean de Satigny frequentava la casa, era molto più sopportabile la noia della campagna, dove alle cinque di sera non c'era più niente da fare. inoltre gli piaceva che i vicini gli invidiassero quell'ospite distinto alle tre marie era corsa la voce che jean avesse chiesto in sposa a blanca trueba ma non per questo aveva cessato di essere lo scapolo prediletto delle madri pronube anche clara lo stimava sebbene lei non ottrisse alcun calcolo matrimoniale da parte sua blanca finì per abituarsi alla sua presenza era così discreto e delicato nel modo di fare che a poco a poco blanca dimenticò la sua proposta matrimoniale arrivò a pensare ch'era stata una sorta di scherzo del conte riprese a tirar fuori dall'armadio i candelabri d'argento ad apparecchiare la tavola con porcellana inglese e a indossare i suoi abiti da città durante le conversazioni della sera spesso jean la invitava ad andare al villaggio o le chiedeva di accompagnarlo nei suoi numerosi inviti sociali in quelle occasioni clara doveva andare con loro perché steban trueba su quel punto era inflessibile non voleva che vedessero sua figlia da sola col francese gli permetteva invece di passeggiare senza sorveglianza nella tenuta purché non si allontanassero troppo e tornassero prima che calasse il buio clara diceva che se si trattava di badare alla verginità della giovane quelle passeggiate erano molto più pericolose che recarsi a prendere il tè alla proprietà vicina Ma Esteban era sicuro che non ci fosse nulla da temere da parte di Jean, in quanto le sue intenzioni erano nobili, ma che bisognava guardarsi dalle male lingue che potevano distruggere l'onore di sua figlia. Le passeggiate campestri di Jean e di Blanca consolidarono una buona amicizia.

Andavano d'accordo, a tutte e due piaceva uscire a metà mattina, a cavallo, con la merenda in un cesto e diverse valigette di tela e cuoio fra i bagagli di Jean. Il conte approfittava di ogni fermata per mettere Blanca contro il paesaggio e fotografarla, nonostante lei fosse un po'corestia perché si sentiva vagamente ridicola. Quel suo modo di sentire era giustificato dalla vista dei ritratti sviluppati dove appariva con un sorriso che non era il suo, in una posizione scomoda e con un'area di infelicità dovuta, secondo Jean, al fatto che non era capace di posare con naturalezza e, secondo lei, al fatto che la costringeva a mettersi storta.

e a trattenere il respiro per lunghi minuti finché la lastra non si era impressionata. In genere, sceglievano un posto all'ombra sotto gli alberi, stendevano una coperta sull'erba e si sistemavano per trascorrere qualche ora. Parlavano dell'Europa, di libri, di aneddoti della famiglia di Blanca o dei viaggi di Jean.

Lei gli regalò un libro del poeta e lui si entusiasmò talmente che ne imparò a memoria pezzi interi e poteva recitare i versi senza incertezze. Diceva che era la cosa più bella che fosse mai stata scritta in materia di poesia e che neppure il francese, la lingua delle arti, non aveva niente che potesse reggere il confronto. Non parlavano dei loro sentimenti.

Jeanne era sollecito, ma non era supplichevole o insistente, bensì piuttosto fraterno e scherzoso. Se le baciava la mano per accomiatarsi, lo faceva con uno sguardo da scolaro che toglieva il gesto a ogni romanticismo. Se le lodava un abito, una pietanza o una figura del presepe, il suo tono aveva una cadenza ironica, che consentiva di interpretare la frase in molte maniere. Se coglieva fiori per lei o la aiutava a scendere da cavallo, lo faceva con una disinvoltura che trasformava la galanteria in un'attenzione d'amico. Tuttavia, per prevenirlo, Blanca gli faceva sapere, ogni qual volta se ne presentava l'occasione, che non si sarebbe sposata con lui, nemmeno morta.

Già de Satigni sorrideva. col suo brillante sorriso da seduttore senza dire niente e blanca non poteva fare a meno di notare che era molto più gentile di pedro iii blanca non sapeva che jean la spiava l'aveva vista spesso saltare dalla finestra vestita da uomo la seguiva per un tratto ma poi tornava indietro timoroso che i cani lo sorprendessero nell'oscurità ma dalla direzione che prendeva aveva potuto arguire che andava sempre verso il fiume Intanto Esteban Trueba non si era ancora deciso sui cincillà. A mo'di prova consentì a installare una gabbia con qualche coppia di quei roditori, imitando su scala minore la grande industria modello.

Fu l'unica volta che si vide Jean de Satigny lavorare con le maniche rimboccate. Tuttavia i cincillà ebbero una malattia tipica dei topi e morirono tutti in meno di due settimane. E non poterono neppure conciarne la pelliccia perché era diventata opaca e si staccava dalla pelle come penne di un uccello bagnato nell'acqua bollente. Jean vide inorridito quei cadaveri spelacchiati con le zampe irrigidite e gli occhi bianchi che facevano naufragare le sue speranze di convincere Esteban Trueba, il quale perse ogni entusiasmo per la pellicceria dinanzi a quella moria. «Se la malattia si fosse diffusa nell'industria modello, sarei completamente rovinato», concluse Trueba.

Tra la malattia dei cincillai e le scappate di Blanca, il conte trascorse molti mesi sprecando tempo. Cominciava a essere stanco di quel trantran e pensava che Blanca non avrebbe mai ceduto alle sue lusinghe. Vide che non era possibile sapere quando si sarebbe concretizzato l'affare dell'allevamento dei roditori e decise che era meglio frettare le cose prima che un altro più furbo catturasse l'ereditiera. Inoltre, Blanca cominciava a piacergli adesso che era più robusta e con quell'anguore che aveva attenuato i suoi modi da campagnola.

Preferiva le donne placide e opulente e non le aveva mai avute. e la vista di Blanca sdraiata sui cuscini a guardare il cielo all'ora della siesta gli ricordava sua madre. Talvolta riusciva a commuoverlo.

Jean imparò a indovinare da piccoli dettagli impercettibili agli altri quando Blanca aveva progettato un'escursione notturna al fiume. In quelle occasioni la giovane non cenava col protesto di un'emicrania. Si congedava presto e aveva una luce strana nelle pupille, un'impazienza e un'ansia nei gesti che lui riconosceva.

Una notte decise di seguirla sino in fondo per mettere fine a quella situazione che minacciava di protrarsi all'infinito. Era certo che Blanca aveva un amante, ma credeva che non fosse nulla di serio. Personalmente Jeanne de Satigny non aveva alcun pregiudizio sulla verginità e non si era posto quel problema quando aveva deciso di chiederla in matrimonio. Quanto di lei gli interessavano altre cose che non potevano andar persi in un momento di piacere nel letto del fiume.

dopo che blanca si fu ritirata nella sua stanza e così pure il resto della famiglia jean de satigny rimase seduto nel salotto al buio attento ai rumori della casa fino all'ora in cui aveva calcolato che lei sarebbe saltata giù dalla finestra allora andò in cortile e s'infilò tra gli alberi ad aspettarla rimase accovacciato nell'ombra più di mezz'ora senza che niente di anormale turbasse la pace della notte stufo di aspettare si accingeva ad andarsene quando notò che la finestra di blanca era aperta e si rese conto ch'era saltata giù prima che lui si appostasse in giardino a sorvegliarla merde masticò in francese pregando che i cani non svegliassero tutta la casa col loro abbaiare e che non gli balzassero addosso si diresse verso il fiume lungo il sentiero che altre volte aveva visto prendere da blanca non era abituato a camminare con le sue scarpe delicate sulla terra arata né a saltare sulle pietre o a evitare Zanghere ma la notte era molto chiara con una bellissima luna piena che illuminava il cielo di uno splendore fantasmagorico e non appena gli fu passata la paura che arrivassero i cani poteva apprezzare la bellezza del momento. Camminò per un buon quarto d'ora prima di avvistare i primi canneti della riva del fiume e allora raddoppiò la prudenza e si avvicinò con più cautela badando a dove metteva i piedi per non pestare rami che potessero denunciarlo. La luna. Si rifletteva sull'acqua con un brillio di cristallo e la brezza agitava dolcemente le canne e le fronde degli alberi. Regnava il più assoluto silenzio e per un attimo ebbe l'idea fantastica di star vivendo un sogno da sonnambulo in cui camminava e camminava senza andare avanti, sempre nello stesso posto incantato dove il tempo si era fermato e dove cercava di toccare gli alberi che sembravano a portata di mano e trovava il vuoto.

Dovette fare uno sforzo per recuperare il suo stato d'animo abituale, realistico e pragmatico. A una curva del paesaggio, tra grandi pietre grigie illuminate dalla luce della luna, li vide così vicini che poteva quasi toccarli. Erano nudi. L'uomo era di spalle, con la faccia rivolta al cielo, con gli occhi chiusi, ma lui non ebbe difficoltà a riconoscere il sacerdote gesuita che aveva servito messa al funerale di Pedro García il Vecchio. La cosa lo sorprese.

Blanca dormiva con la testa appoggiata sul ventre liscio e bruno del suo amante. L'attenue luce lunare dava riflessi metallici ai loro corpi, e Jean de Satigny trassalì, vedendo l'armonia di Blanca che in quel momento gli parve perfetta. All'elegante conte francese ci vuole quasi un minuto per abbandonare lo stato di sogno in cui l'aveva immerso la vista degli innamorati, la serenità della notte, la luna e il silenzio della campagna, e per rendersi conto che la situazione era più grave di quanto avesse immaginato.

Nei gesti dei due amanti riconobbe l'abbandono proprio di coloro che si conoscono da molto tempo. Non sembrava un'avventura erotica dell'estate, come aveva immaginato, bensì un matrimonio della carne e dello spirito e jean de satigny non poteva sapere che blanco e pedro terzo avevano dormito così fin dal primo giorno che si erano conosciuti e che avevano continuato a farlo ogni volta che avevano potuto durante tutti quegli anni tuttavia lo intuì distinto cercando di non fare il minimo rumore che avrebbe potuto svegliarli si voltò e riprese la strada del ritorno pensando a come affrontare la faccenda arrivato a casa aveva già preso la decisione di raccontarlo al padre di Blanca, perché lì era sempre pronta di Esteban Trueba gli era parsa il miglior mezzo per risolvere il problema, che se la vedano tra di loro, pensò. Jean de Satigny non aspettò il mattino, bussò alla porta del suo ospite e prima che lui si risvegliasse completamente dal sonno, gli rifilò la sua versione. Disse che non poteva dormire a causa del caldo e che non e che per prendere una boccata d'aria aveva camminato distrattamente verso il fiume e si era scontrato col deprimente spettacolo della sua futura fidanzata addormentata fra le braccia del gesuita barbuto nudi nella luce della luna per un attimo il fatto disorientò esteban trueba che non poteva immaginare sua figlia a letto con padre josè d'ulfo e maria ma ben presto si rese conto di quanto era successo della beffa di cui era stato oggetto durante il funerale del vecchio e che il seduttore non poteva essere altri che pedro terzo garzia quel maledetto figlio di un cane che gliel'avrebbe pagata con la vita si infilò i pantaloni in fretta e furia si mise gli stivali si gettò il fucile in spalla e staccò dalla parete la sua frusta da cavallerizzo ehi mi aspetti qui signore ordinò al francese il quale non aveva comunque alcuna intenzione di accompagnarlo.