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Riflessioni sull'odio e la cultura

Ok, allora possiamo cominciare. Grazie di essere qui, grazie a tutti, benvenuti. Cominciamo questo incontro tutti insieme con la senatrice a vita Liliana Segre che fa un intervento. Quindi la colleghiamo e sentiamo che cosa ci può dire. Benvenuta.

Buongiorno a tutti. Buongiorno. Inizio salutandovi con vero piacere.

Saluto tutte le partecipanti e partecipanti all'incontro della Fondazione Corriere della Sera su discorsi d'odio. Saluto... direttori Fontana e De Bortoli e tutti i presenti, ma in particolare mi rivolgo alle ragazze e ai ragazzi delle scuole collegati, perché loro sono i destinatari naturali di questa iniziativa.

Lo studio della storia, la cultura e la formazione sono infatti elementi irrinunciabili dell'opera di fronteggiamento dei discorsi d'odio e dell'humus nel quale proliferano. Come sapete, il contrasto delle forme di ignoranza e mistificazione nei riguardi della tragedia della Shoah è stato il centro del mio impegno di testimoni negli ultimi trent'anni. Da alcuni anni però sono anche la presidente della commissione monocamerale per il contrasto ai fenomeni di razzismo, antisemitismo, discriminazione e appunto discorsi d'odio nel Senato della Repubblica e questo ha allargato l'orizzonte del mio impegno. Può essere utile ricordare che la commissione da me presieduta ha approvato nel 2022 un documento che raccoglie gli esiti di un'indagine conoscitiva proprio su natura, cause e sviluppi recenti del fenomeno dei discorsi di odio, con particolare attenzione ai social media e all'evoluzione della normativa europea in materia. Si è trattato di un lavoro lungo e impegnativo, fatto di decine di audizioni, di approfondimenti, di discussioni al nostro interno con una molteplicità di interlocutori che ha prodotto materiali di primario interesse dal punto di vista giuridico e legislativo, oltre che per la migliore conoscenza dei discorsi d'odio.

Massima è stata l'attenzione in particolare nei riguardi dell'universo dei social media dell'impatto che questi hanno sui diritti individuali e collettivi, sulla dignità delle singole persone e di specifiche comunità. Va considerato peraltro che il quadro internazionale di questi anni è mutato. Il Consiglio d'Europa ha costituito la No Hate Parliamentary Alliance, mentre il Parlamento europeo ha approvato nel luglio 2022 Tanto la legge sui servizi digitali e DSA, quanto la legge sui mercati digitali e DMA, innovazioni e normative importanti che cambiano il quadro di riferimento generale e forniscono strumenti aggiornati e più adeguati per contrastare meglio la diffusione dei discorsi di odio. Del resto il fatto che non si sia ancora giunti a una definizione normativa adeguata e condivisa di hate speech deve spingerci come parlamentari, ma poi come ricercatori, come insegnanti, giornalisti, cittadine e cittadini a un impegno indefesso perché conoscere sempre meglio il fenomeno e prendere provvedimenti adeguati. La realtà non aspetta i nostri ritardi.

Il mondo va avanti, spesso in direzioni sbagliate e discutibili. Occorre che l'opinione pubblica, tutta, mobiliti le sue energie migliori per essere pronti alle nuove sfide. Naturalmente un tema importante anche per una commissione come la nostra è quello dell'intelligenza artificiale, proprio per come essa è in grado di implementare i mezzi per la diffusione, già tanto preoccupante, dei discorsi d'odio e delle pratiche di discriminazione, di violenza eccetera.

Il combinato fra diffusione dei social media e sviluppo dell'intelligenza artificiale merita tutta la nostra attenzione. Esso deciderà infatti dello sviluppo prossimo e futuro delle nostre società, delle relazioni sociali, della qualità stessa della nostra vita civile. Naturalmente negli ultimi drammatici mesi Anche una commissione come la nostra ha dovuto rivolgere attenzione alla sanguinosa guerra in corso in Medio Oriente, per il modo in cui, oltre a migliaia di vittime da ambo le parti, ha favorito il proliferare di episodi di antisemitismo in Europa e non solo.

Certo, la commissione ha continuato nel suo dovere. istituzionale di monitorare fenomeni quali razzismo, islamofobia, omofobia, discriminazione sessuale, neofascismo, allargando lo sguardo ad altri ambienti problematici, quali sono le tifoserie calcistiche e in genere sportive. I ritrovi di movimenti fondamentalisti e radicalizzati, quelli delle sette estremistiche. Comunque la Commissione ha continuato anche a monitorare con regolarità la situazione dei media tradizionali, tv e giornali.

O di ambiti come scuola. Si pensi solo, per esempio, al bullismo. E mondo di lavoro, dove seri e preoccupanti sono i rischi di discriminazione e di umiliazione per i lavoratori, specie se immigrati, sottotetulati, ecc.

Infine, ma certo non ultimo, è anche l'universo carcerario. È oggetto di attenzione da parte di una commissione come la nostra. interessata a conoscere e approfondire la condizione e la dignità delle persone soggette all'imitazione della propria libertà. Benvengano dunque iniziative come questa, di fondazione Corriere della Sera e di S.Lung, perché vanno proprio nella direzione giusta, contribuire a diffondere in primis fra le giovani generazioni, la cultura dei diritti costituzionali, civili e del lavoro, perché la libertà e la dignità di ciascuna e di ciascuno sono la condizione per un migliore e superiore livello di umanità e di civiltà. Grazie.

Grazie mille. Noi cogliamo anche l'occasione di averla qui perché le domande che stanno già arrivando e che saranno poi rivolte al professor Antonelli, poi a Martina Pennisi e a me, ma insomma soprattutto al professor Antonelli, tra queste ce n'è una che invece è rivolta a lei senatrice. colgo l'occasione di averla qui per per porgliela è una specie di extra insomma perché è una domanda che arriva da Udine di questa studentessa che si chiama Alcea Giuliana di Agostini che chiedeva come è riuscita a coniugare le emozioni che ha provato nel periodo della prigionia con la parola perdono beh lei mi fa una domanda allora La mia risposta non so se accontenterà la persona che me l'ha fatta questa domanda perché vede lo sterminio della mia famiglia.

E quello che io ho visto con i miei occhi di adolescente e la mia prigionia ad Auschwitz e altri lager è stato così orribile che io quello non l'ho mai perdonato. Quello che mi ha permesso poi nella mia vita, e per fortuna questo è avvenuto, ero giovanissima, è stato l'amore. Perché ho incontrato l'amore a 18 anni, per fortuna ricambiata, e quell'amore ha permesso di farmi diventare una donna diversa di quella che sarei stata se non l'avessi incontrata.

Ma non ho mai perdono. Grazie mille delle sue parole. Adesso noi avviamo un po'questo incontro qui, che è un incontro fisico, quindi siamo qui, è un incontro con tantissimi studenti che sono collegati, tantissime scuole che sono collegate. Io ricomincio da alcune parole tra quelle che ha detto la senatrice, perché c'è un appello che mi sembra importante, soprattutto per tutti voi, per tutti noi, con ruoli diversi, mentre facciamo cose diverse. Perché la senatrice diceva, la realtà non aspetta i nostri ritardi, il mondo va avanti in direzioni spesso sbagliate o quantomeno discutibili e occorre che tutti noi mobilitiamo le nostre energie migliori per essere pronti a nuove sfide.

E queste sfide... Sono queste, o quantomeno parte di queste sfide, sono quelle di cui parliamo oggi. E di cosa siamo qui a parlare?

Qual è il punto della questione che proveremo ad affrontare oggi? Noi viviamo in questo momento, un momento storico, in cui il linguaggio viene spesso utilizzato come se fosse un'arma. Come un veicolo di odio, fondamentalmente, no?

Viene utilizzato in modo strutturato, a volte coordinato, orchestrato, per colpire dei gruppi. o per colpire dei singoli. E il motivo per cui noi ci troviamo qui questa mattina è per provare a parlarne insieme e a capire cosa possiamo fare per fare in modo che la realtà non aspetti i nostri ritardi e noi non accumuliamo ritardi, cerchiamo di arrivare là dove c'è bisogno di noi. E io proprio pensando a queste cose che diceva la senatrice, mi sono collegato a una storia recente di questa situazione.

settimane che ho trovato strana ma anche significativa. Tutti voi sapete che ci sono le elezioni presidenziali negli Stati Uniti che stanno per arrivare. Alcune settimane fa c'è stato il dibattito presidenziale tra Donald Trump e Kamala Harris che sono il candidato repubblicano e la candidata democratica alla presidenza e durante questo dibattito presidenziale Donald Trump ha detto una frase che per moltissimi ascoltatori, per moltissimi osservatori è suonata Stranissima, incredibile, perché ha detto... Stava parlando di una città che si chiama Springfield in Ohio, che sembra quella dei Simpson, ma non lo è.

O forse non si sa. Sta di fatto che a un certo punto lui stava parlando e ha detto che a Springfield c'è una comunità vastissima di immigrati haitiani. E ha detto le politiche migratorie di Biden e Harris, Biden presidente attuale e Harris la candidata, ha detto le politiche migratorie di Biden e Harris sono così fallimentari, pensate, che questa comunità haitiana è così disperata che sta mangiando animali domestici. È arrivata a mangiare animali domestici, è arrivata a mangiare cani e gatti.

Ora, questa informazione è completamente priva di fondamento. Nessuno l'ha confermata, non l'ha confermata il sindaco di Springfield, non l'ha confermata il governatore dello Stato, non c'è uno sceriffo che abbia confermato questa cosa. È completamente infondata.

Da dove arriva questa informazione? Da dove sbuca questa informazione? È servito del lavoro per capirlo, non l'abbiamo fatto noi, l'hanno fatto i giornalisti locali, hanno sommesso a cercare da dove diavolo sbucasse questa informazione, da dove sbucava.

Da un post su Facebook in cui un uomo diceva, attenzione, in cui un uomo diceva che un'amica della figlia del vicino aveva perso il gatto e l'aveva ritrovato appeso un albero in una casa di un rappresentante della comunità haitiana. Da qui è partita la slavina che è arrivata fino a... al palco del dibattito presidenziale. Questa cosa è arrivata prima al candidato alla vicepresidenza, che si chiama Vance, e poi è arrivata al candidato presidente, che si chiama Trump, che potrebbe diventare di nuovo presidente degli Stati Uniti. Ora voi direte, vabbè, è una storia, passerà, ce ne sono tante, se ne dicono di cose sbagliate, no?

No. Perché? Perché questa storia, partita così, ha generato realtà, è diventata azione.

Cioè ci sono state... moltissimi casi di scuole chiuse, locali chiusi, minacce fatte alla comunità haitiana di Springfield, Ohio. Una comunità che lì c'era e che ad un certo punto è iniziato ad essere minacciata perché perché mangiavano i gatti dei vicini, mangiavano i cani dei vicini, erano pericolosi. Facevano una cosa sbagliata.

Non solo, Trump ha detto che se dovesse venire eletto una delle prime cose che farà sarà fare una deportazione di massa di questi haitiani dal Springfield Ohio, tutto partendo da una cosa che non ha nessun contatto con la realtà. Ok, se pensate che questo avvenga su un pianeta distante che avviene negli Stati Uniti, perché Trump è un po'così, occorre ripensarci, perché la politica ovunque, in Europa, negli Stati Uniti, da noi, dappertutto... utilizza un certo tipo di linguaggio che può diventare un linguaggio d'odio può generare può far partire quella slavina magari non è voluta ma fa può far partire quella slavina perché perché in un certo senso funziona arriva è immediato no poi difficilissimo da smontare quanto tempo ci vuole per andare a smontare quella bugia per andare a dire da dove partita e perché falsa e provare a dire guardate che è falsa ma nel frattempo sta viaggiando è già diventata azione C'è un ulteriore elemento che può essere interessante, poi dopo lo vedremo. Il candidato alla vicepresidenza ha ammesso che quella cosa è falsa. Ha detto, va bene, potrebbe anche essere falsa.

Facciamo anche che è falsa. Resta vero che la comunità haitiana lì sono troppi, portano le malattie, sono disperati, eccetera, eccetera. Quindi si è staccato completamente da quello che è stato detto, no? Però quella cosa continua a girare, è nella testa di tantissime persone.

Il problema è che questo non è solamente il linguaggio della politica, questo è un linguaggio che fa parte delle vite di ciascuno di noi, fa parte di discorsi che sentiamo, fa parte a volte anche, ed è più doloroso dirselo, fa parte anche di discorsi in cui prendiamo parte o che ascoltiamo senza dire niente, o a volte, ed è dolorosissimo, in cui siamo oggetto o siamo vittime. Fa parte di battute, di canzoncine, di meme. Fa parte delle nostre vite ed è faticoso perché arriva, perché è facile per chi lo fa e poi è difficilissimo da smontare. Ora, questa mattinata vuol provare a offrire una risposta a tutto questo e avrà bisogno del fatto che voi contribuiate con le vostre domande.

Proveremo a parlarne non tanto con me, ma con il professor Giuseppe Antonelli che è linguista, che è docente dell'Università degli Studi di Pavia perché è linguista ed è importante che sia linguista perché le parole sono veramente importanti. in questo tipo di discorsi. E poi lo faremo accompagnato da Martina Pennisi, che è una mia collega, lavora con me, è una vice caporedattrice, è responsabile della SEO editoriale del Corriere della Sera ed è un'esperta di come questo tipo di meccanismi, di come questi meccanismi lavorino sulle piattaforme. Per cui adesso io lascio la parola al professor Antonelli e andiamo avanti con quello che lui ci può raccontare.

Allora, intanto io ci tengo molto a ringraziare e... personalmente la senatrice Segre per quello che fa, che ha fatto e che continua a fare con la sua testimonianza e anche per quello che ha detto oggi, grazie, perché ha messo immediatamente in chiaro alcune questioni. E parto dalla fine del suo discorso, quando la senatrice Segre ha parlato di umanità e civiltà. Partiamo da questo.

Troppe volte ci viene inculcata un'idea per cui... Stare attenti alle parole, evitare parole che feriscono altre persone, singolarmente ma più spesso come comunità, come appartenenti a una determinata comunità, diciamo vera o presunta, perché a volte è un gruppo nel quale noi, insultando, mettiamo come in un recinto le persone, ma insomma, le parole. Si pensa che starci attenti sia qualche cosa politicamente corretto.

Ecco, io vorrei cominciare a smontare questa definizione, perché questa definizione tende a dividere... Mi fermo solo un secondo perché lasciamo andare la senatrice Segre, che ha un altro appuntamento, per cui la ringraziamo di nuovo e la lasciamo andare. Grazie ancora, buon lavoro.

Grazie. Questo tende a dividere in una maniera che è molto utile perché la divisione crea polarizzazione, la divisione crea senso di appartenenza, di appartenenza politica, di appartenenza a un gruppo. Quando noi siamo vittime...

di queste parole che feriscono siamo quasi sempre in una situazione di minoranza siamo o soli o in pochi contro tanti questa divisione funziona funziona tantissimo nel social network gli algoritmi tendono a mettere in evidenza i post in cui ci sia qualche cosa che crea contrasto se non proprio odio perché quello mette in moto l'algoritmo fa sì che più persone reagiscano e siano coinvolte ecco, io credo che bisogna cominciare a smontare questa cosa politicamente corretto non c'entra non c'entra perché non è una questione politica ma è appunto una questione di civiltà e di umanità, quindi se vogliamo di politica nel senso più alto della parola non di appartenenza a destra sinistra, centro, a quello... a quell'altro partito. Voi saprete che politica è una parola che noi dobbiamo alla grande cultura greca della democrazia, soprattutto quella del quinto secolo, viene da polis, città, quindi è il senso di appartenenza a una comunità e di partecipazione alla vita della comunità. Allora forse in questo senso è politico, non nel senso di tu stai attento a quelle parole e quindi sei di una determinata parte, nella fattispecie stare attenti a non usare parole che ormai sono parole.

sono parole intollerabili per la società, perché sono parole che evidentemente feriscono, come negro, mongoloide, invertito, per ridere. Perfetto, qualcuno dice dalla sala per ridere, ma secondo voi c'è molto da ridere nel parlare di mongoloide quando ci sono persone che vivono in una condizione che certamente magari non hanno scelto, che è quella della disabilità, perché poi noi lo diciamo magari al nostro amico scherzando, però è vero che c'è È proprio lì il punto. Si comincia da uno scherzo e pian piano si comincia ad abituarsi all'idea che quella parola tutto sommato non fa male. Ma io stavo scherzando.

Questo, guardate, l'abbiamo visto anche in titoli di giornali, nelle testate di giornali nazionali, dei titoli a tutta pagina, in cui si diceva, vabbè, ma che problema c'è, io sto scherzando. E non vale neanche l'idea di dire, ma si è sempre detto così. E vi garantisco che questo è un discorso che conosco bene, perché l'ho fatto tante volte a persone della mia famiglia che sono più anziane.

E quindi dicono, ma come? Negro si è sempre detto, perché quella parola non aveva ancora il significato che nel tempo ha acquisito, cioè di nigger inglese, che è il modo offensivo, insultante, razzista per parlare di persone che hanno, anche lì di colore, diciamo che hanno la pelle più scura della nostra, perché poi è tutto relativo da quello che guardiamo, dal punto di vista. Quindi cominciamo da questo, è un fatto di sensibilità collettiva. di civiltà, di umanità.

E'anche corretto, io credo che sia una definizione leggermente pericolosa, perché dà l'idea che ci sia come una griglia, per cui ci sono delle parole che non possono essere usate perché sono, come posso dire, come fare un errore di ortografia. E invece no, perché quello non funziona, questo irrigidisce la questione e ci toglie il senso della responsabilità della scelta. Quelle parole non vanno usate perché... perché se le usiamo facciamo del male a altre persone, così come noi non andremo in giro a dare pugni alla gente, mi auguro.

Esattamente lo stesso discorso, le parole fanno male, le parole colpiscono, le parole feriscono. Allora parliamo piuttosto, e riprendo proprio le due parole utilizzate da Liliana Segre, di un linguaggio, come potremmo definirlo, civilmente responsabile, umanamente rispettoso. Quello che semplicemente noi facciamo perché...

perché abbiamo cura delle parole e attenzione verso le altre persone. Il discorso che faceva prima Davide Casati introducendo questo incontro, secondo me è molto interessante perché dimostrava come una volta che una parola abbia cominciato a circolare, in questo caso era non una parola ma una falsa notizia, ma noi possiamo fare l'esempio anche con una parola, poi è difficilissimo tornare indietro, perché le parole, ecco. Ci dicono spesso questa cosa, fatti non parole.

Ora d'accordo, la concretezza, tutto quello che volete, ma attenzione, attenzione, perché noi siamo fatti di parole, la nostra vita, la nostra storia, la nostra relazione con tutto quello che ci circonda, persino con il nostro umore, è fatta di parole. Dipende da quello che noi ci raccontiamo. E come ce lo raccontiamo? Dunque attenzione perché le parole fanno tantissime cose. Le parole comunicano, d'accordo, ma le parole anche evocano, creano realtà, stabiliscono che cosa è bene e che cosa è male.

Vi faccio solo qualche esempio. Se io rispetto a un certo tipo di comunità dico che sono migranti o di persone o anche di una singola persona, sto dicendo una cosa, sono persone che hanno bisogno di spostarsi da un luogo all'altro perché la loro vita, le loro condizioni, le loro necessità lo richiedono. Se io dico che sono clandestini, sto dicendo che sono dei fuorilegge.

Immediatamente io ho inquadrato con una parola una visione del mondo, io ho attaccato a queste persone un'etichetta. Per esempio, quando io sentivo prima la parola deportazione, immediatamente la parola deportazione non implica delle persone che si spostano da una parte all'altra, ma che sono... obbligatoriamente spostate con la violenza.

La deportazione ci riporta all'esperienza di Liliana Segre, la deportazione nei campi di sterminio. Per dire, noi sappiamo che il nostro pianeta sta vivendo un momento molto difficile, che è in pericolo. Questo per una cosa che è evidente, da dati scientifici accumulati nel tempo, che è il riscaldamento globale.

La temperatura media del pianeta si sta alzando. E questo provoca gravi danni sul clima e dunque sulla vita delle persone, perché già c'è, siccità, d'altrove invece acque che invadono le terre. Bene, per esempio chi vuole negare questo fatto ha cominciato a utilizzare al posto di cambiamento climatico, questo è successo nella destra degli Stati Uniti alla fine del secolo scorso, al posto di riscaldamento globale, cambiamento climatico.

Cambiamento climatico, il clima è sempre cambiato, oggi piove, domani ci sarà il sole, le temperature ci sono state più fredde, state più calde. Un altro nome che immediatamente, come posso dire, sterilizza la questione, che è un punto di vista sulla questione e potremmo andare avanti a lungo. Ma chiudo cercando di farvi capire come le parole incidono, perché arrivano direttamente al nostro cervello e dal nostro cervello poi mettono in moto azioni. emozioni, sentimenti. Questo lo faceva uno psicologo cognitivo, George Lakoff, che negli Stati Uniti è stato tra quelli che più di altri ha descritto il potere delle parole, anche il potere delle parole in politica.

Per esempio a proposito di Trump diceva proprio he weaponizes words, cioè tratta le parole come armi, le usa come armi. E l'esperimento che George Lakoff faceva La prima volta che incontrava studenti e studentesse era questo che vi chiedo di fare adesso, le persone che sono qui e le persone che ci stanno seguendo a distanza. Non pensate a un elefante. Vi ho chiesto di non pensare a un elefante.

Non pensate a un elefante. A cosa stiamo pensando? Non riusciamo a non farlo.

Allora, voi immaginate se al posto della parola elefante ci fosse un insulto, ci fosse una delle parole per ferire, ci fosse un'esortazione alla violenza. Una volta che la parola è arrivata, è molto difficile tornare indietro. Non basta neanche negarla grammaticalmente, esplicitamente, sintatticamente.

D'accordo? E questo... Dunque, ci devo invitare a una cosa, alla responsabilità delle parole.

Prima di usarle, prima di lanciarle come se fossero pietre che fanno male, fanno male, allora magari pensiamoci. Abbiamo appunto la scena... La scelta possiamo modulare a seconda della situazione, magari per dimostrare anche che quella situazione ci mette a disagio, che non siamo d'accordo con un'altra persona, che in quel momento quell'altra persona secondo noi non si sta comportando. come dovrebbe per carità, non è che stiamo dicendo un Eden in cui tutti ci amiamo tutti ci vogliamo bene, nessuno litiga mai ma la capacità e proprio torniamo a civiltà, umanità e aggiungerei democrazia è nel saper scegliere le parole in modo tale che queste parole rendano l'idea ma evitino di ferire grazie mille grazie Se lascio la parola a Martina, perché proverà a raccontare un po'come tutto questo si concilia con una realtà che è una realtà in cui noi non tematizziamo neanche più che quella di vivere sulle piattaforme, no? E di come questo si concili con alcune piattaforme e venga...

moltiplicato da questa realtà. Grazie, si sente sì. Ringrazio la senatrice che non è più collegata, il professore per gli spunti, anche Davide Casati che è caporedattore centrale del Corriere ed è il capo del sito del Corriere. Immaginate quanto la homepage di Corriere.it ha un ruolo importante nel diffondere parole e concetti e Davide Casati è la persona responsabile di questo. Allora, anch'io parto dalla senatrice che ci ha ricordato che per studiare il fenomeno dei discorsi d'odio bisogna porre attenzione all'universo, all'impatto dei social media e poi guardando presente e anche al futuro dell'intelligenza artificiale.

Approfitto del fatto che qui ci sono molti ragazzi e ragazze, oltre a quelli collegati a casa, per farvi, faccio la classica alzata di mano, però quanti di voi trascorrono, pensano di trascorrere più di due ore al giorno sui social network, social media? dite la verità sono onestissimi sono stata bassa perché voi foste onesti grazie questo punto curiosità mia scusate a casa TikTok Instagram Ok, questo era per me, va bene, grazie. Quindi questo sappiamo tutti di che cosa stiamo parlando, d'accordo?

Quindi proviamo a entrare un po'. Cito anche una cosa che il professore mi ha detto. mi ha detto in questi giorni in cui ci siamo sentiti e ha anche scritto in alcuni dei suoi articoli quando si è iniziato a parlare di odio online si è adottato, prendendo dagli Stati Uniti come molte altre cose, il termine hate speech che è un po'l'esempio che lui ha fatto sul cambiamento climatico, cioè dare, appunto mi spiegava, un altro nome, un nome che sembra richiamare qualcosa di tecnologico, qualcosa di avanzato, di buffo, addirittura un meme, che toglie molto del valore della negatività, sterilizza, come ha detto adesso il professore, in parte il concetto, quindi no, non è un meme, l'odio online non è un meme, e ancor peggio è una delle colonne, le colonne fondanti del modo in cui si è sviluppata internet e l'economia digitale, come accennava anche questo professore prima, perché i termini forti, le opinioni polarizzate, i commenti che a loro volta scatenano valanghe di commenti indignati, spaventati, curiosi, sono una delle chiavi di successo di quello che pubblichiamo tutti, online e della viralità dei contenuti.

A cosa serve la viralità dei contenuti? Fa gola un po'a tutta la filiera di attori che è presente su internet. quindi tutte le piattaforme, alcune di quelle che abbiamo citato e tutte le altre, chi pubblica contenuti, quindi dai singoli utenti alle grosse aziende, agli editori, i comunicatori, chi lavora nella politica, quindi l'esempio che Davide Casati ci ha fatto prima.

Allora, quando ragiono su questo punto c'è un passaggio di un libro che continua a sembrarmi il migliore da citare, che è edito nel 2017, si chiama Supernova. e racconta la nascita del Movimento 5 Stelle, ma non lo sto citando in quanto movimento politico, ma soltanto appunto in quanto una fotografia, uno spaccato molto importante. E riporta uno scambio tra Gianroberto Casaleggio, stratega anche tecnologico, e un dipendente della Casaleggio Associati. E appunto è un dialogo molto importante perché ci fa comprendere molte cose. Allora, questo dialogo da che cosa parte?

Parte da un post che è stato pubblicato su Facebook. Facebook, molti di voi non lo ricorderanno, nel 2014 da Beppe Grillo. Lui pubblica, condivide sulla sua pagina Facebook, quindi molti seguaci, molti follower, il video di un attivista, un ragazzo che si era messo alla guida di una vettura e aveva messo un cartonato di Laura Boldrini a fianco, che era presidente della Camera, e scriveva a Beppe Grillo, cosa fareste se vi trovaste Laura Boldrini in macchina?

Ovviamente sotto questo post si è scatenato un numero enorme di commenti, la maggior parte dei quali erano insulti a lei, soprattutto in quanto donna e anche al di là del suo ruolo politico. Tra l'altro quello che accade negli anni successivi è stato molto condizionato da questa cosa, nel senso che il suo ruolo nella comunicazione è stato quasi più condizionato da questi attacchi che poi appunto dalla sua attività politica. Allora cosa succede poi dentro l'azienda?

Il dipendente dice questa cosa non deve più accadere. Fare satira è una cosa, aizzare i buzzurri della rete è un'altra. Il movimento, noi, cerchiamo competenze, non sta robaccia. Risponde Casaleggio. Delle conseguenze ora non ti preoccupare, e questo non lo giudichiamo in questo momento, ma noi dobbiamo imparare a canalizzare il sentiment della rete e a usarlo.

Oggi abbiamo sbagliato, ma il risultato che ne è venuto fuori ci dice che... la rete è dalla nostra parte, è la rete che decide la reputazione delle persone, quindi decide chi è e come va definita e catalogata Laura Boldini in quel caso specifico. Per il futuro noi dobbiamo essere in grado di canalizzare questo.

questo sentiment, senza apparire direttamente governandolo. Perché vi dicevo che non li cito in quanto partito? Perché ovviamente quest'ultima cosa è una cosa che fanno tutti noi nella comunicazione politica. Quindi cercare di sfruttare il funzionamento della rete per promuovere i messaggi positivi, negativi o meno costruttivi che siano.

Quindi gli algoritmi, le piattaforme, premiano un certo tipo di contenuti. Nel caso specifico una domanda retorica, diciamo, che lanciava, apriva a eventuali insulti. Poi c'è la rete, che cos'è la rete? Sono gli utenti, gli utenti siamo noi che reagisce. Alimenta a sua volta l'algoritmo, perché fa capire all'algoritmo che ok, il sasso è stato lanciato e lo stagno, il mare, si è effettivamente aperto come ci si aspettava che succedesse.

In molti casi c'è chi appunto può avere interesse a cavalcare con lui. questo fenomeno. Quindi l'odio, il linguaggio d'odio è uno strumento potente che tuttora funziona e tiene in movimento, in circolo molti meccanismi. Siamo tutti coinvolti tutti i giorni, quotidianamente, per le ore che ci stavamo riconoscendo che trascorriamo davanti a questi schermi e siamo tutti contemporaneamente vittime e carnefici, non sempre come singoli per fortuna, nel senso che...

Non attacchiamo tutti e tutte e non siamo tutti e tutte bersagli, però come abitanti della società digitale, che ormai non ha più confini con quella fisica, lo siamo. Allora, è un discorso enorme, quindi perdonatemi se adesso io provo a cominciare a dare qualche piccola risposta, poi ci saranno le vostre domande, ci sarà il professore, ma ci provo, no? Allora, proviamo a ricordarci che tutto è governato da formule e numeri.

Per esempio noi come giornalisti, io Davide Casati, lavoriamo al sito. Non so se sapete come è fatta una redazione di un giornale in questo momento, ma noi siamo esposti a una grande quantità di dati, di report, di numeri, anche in tempo reale. Sappiamo cosa leggono i lettori, quanto, perché.

E questi dati quindi ci dicono anche che cosa può essere letto di più, no? Articoli, titoli, cosa può appunto arrivare più ai nostri lettori. Nel 2018... Nel 2019 il Corriere ha fatto una ricerca con la London School of Economics e l'Università di Ca'Foscari, ad esempio, che ha dimostrato che i contenuti pubblicati sui social all'epoca, quindi nel 2019, che ricevevano più interazioni, erano quelli che parlavano.

Parlavano di una presunta emergenza sull'immigrazione, presunta perché all'epoca i dati dicevano che non c'era un'emergenza reale, ma soprattutto ancora quelli che generavano più interazioni erano quelli che ospitavano nel titolo i commenti del politico, dei politici che potevano avere interesse a cavalcare il tema e lo facevano con toni che sapevano che avrebbero acceso a loro volta commenti e avrebbero portato il tema. in cima. Quindi io vi parlo adesso da giornalista ma anche da utente. Il nostro lavoro e la nostra responsabilità come abitanti di questa città digitale e reale in questo momento storico è proprio quello di usare questi dati e queste informazioni in modo controintuitivo, quindi esattamente al contrario. Sapere che quello che può arrivare a più persone possibile...

che può anche riguardare un gruppo di persone, un gruppo di amici, di amiche, perché è forte, perché è un termine forte, perché divide, perché accende la curiosità, accende la rabbia, accende la paura, va invitato. Quindi a volte i dati ci mettono una buccia di banana, a noi tutti, perché il numero di like è un dato. Pubblichiamo una foto, adesso non c'entra con il linguaggio d'odio, ma per capirci, sapete tutti benissimo che se pubblichiamo una foto del volto è diversa che una foto su Campolungo, no? Avrete molti più like perché arriva di più.

Ecco, quello è un dato. Quando si tratta di dati che riguardano categorie più deboli o comunque appunto che possono generare odio in qualche modo, bisogna guardarli esattamente al contrario e evitare di attuare quei comportamenti che sapremmo che funzionerebbero. per usare insomma un termine che comprendiamo tutti. Quindi sono dati che ci dicono che cosa non fare, non che cosa fare.

Perché le decisioni che prendiamo ogni giorno, ogni minuto, con lo smartphone in mano in realtà sono uno dei pochi poi... col professore vedremo anche gli altri, reali antidoti. E chiudo con un rapidissimo passaggio sull'intelligenza artificiale che la senatrice ha citato come ulteriore abilitatore di problemi, ma sappiamo anche che fallisce per sua natura anche come soluzione, perché nonostante sia sempre più efficace nel segnalare i contenuti che non vanno e aiutare a far sì che vengano rimossi, non può che commettere errori e replicare dei pregiudizi. Questo perché, immagino lo sappiate, l'intelligenza artificiale in realtà risponde soltanto in base alla probabilità che la risposta sia corretta rispetto ai dati che le sono stati messi in pancia. Quindi altro non fa che replicare la realtà su cui è stata addestrata.

Quindi può replicare pregiudizi o banalmente prendere decisioni sbagliate, usa il termine. allucinazioni perché appunto i dati possono anche dare informazioni divergenti e lo sappiamo benissimo non esiste una verità unica quasi su niente quindi la prima risposta che è la più mi rendo conto è la più facile è che sta a noi la fortuna di avere questi momenti e persone come Come il professore per ragionarci sopra è appunto capire come e fermarsi a riflettere. Io volevo partire da queste riflessioni e attaccarmi a quello che diceva anche prima il professore perché a un certo punto parlava del politicamente corretto cercando di smontare questa espressione che è un'altra espressione che si sente dire molto spesso è che non si può più dire niente.

No? Siamo arrivati al punto in cui non si può più dire niente che qualcuno si offende. Ecco, proviamo a capire se è così o si può smontare anche questo argomento, perché è un argomento che magari anche voi sentite dire quando magari qualcuno dice qualcosa di sbagliato, uno alza, uno prova a dire vabbè, magari cerchiamo di non usare questa espressione qui, e uno risponde vabbè, ma allora non si può più dire niente.

Allora adesso ci arriviamo perché è ovvio che non è vero che non si può più dire niente. È meglio, è consigliabile, è decisamente più civile, umano e rispettoso evitare di utilizzare certe forme, parole o espressioni. Però mi interessava il discorso dei dati perché c'è un gruppo di lavoro che è organizzato da una serie di università che è Vox Osservatorio sui diritti, che tiene d'occhio quello che succede nei social, in realtà è un social che qui non è stato neanche nominato, perché un po'come Facebook non è un social da persone giovani, cioè su Twitter, che però è un social dove c'è molto dibattito politico ancora adesso, e forse negli Stati Uniti anche più di quello che succede oggi, si chiama X adesso, perché il suo proprietario ha deciso di chiamarlo X.

in questo modo, l'X-factor, vabbè, comunque, a proposito di scelte di nomi e di parole. I dati riguardano un paio d'anni fa, sono dati che riguardano il 2022, e osservavano quando veniva utilizzato un linguaggio offensivo, violento, di esortazione all'odio in rapporto a determinati gruppi. Perché cominciamo da questo.

da questo fatto che non dobbiamo mai tralasciare hate speech appunto, come tante espressioni inglesi, sembra un po'come dire, ammorbidire il concetto intanto ci sono molte persone che in realtà l'inglese non lo conoscono questo riguarda soprattutto le generazioni più anziane e poi molto spesso l'inglese è anche una forma di eufemismo, ecco, un modo per rendere accettabili cose che altrimenti non sarebbero accettabili o sarebbero considerate sgradevoli? In realtà viene dal francese, ma insomma attraverso l'inglese escort dico per dire, no? è un modo per definire una cosa che la società fatica ad accettare, anche su questo poi potremmo discutere, ma insomma... oppure quando a un certo punto hanno cominciato ad andare di moda le nobilitazioni inglesi di determinate professioni, sell door to door.

il venditore porta a porta, però sembrava che fosse meglio anche se magari lo stipendio era esattamente lo stesso. Quindi cominciamo a ricordarci che cos'è l'hate speech. L'hate speech è, direi proprio tecnicamente, un linguaggio fatto di parole ed espressioni di odio e violenza rivolto soprattutto alle persone che vengono attaccate in quanto appartenenti a determinati gruppi sociali. L'ho già detto.

Ma adesso vedere quali sono i gruppi sociali che sono maggiormente, più di spesso, oggetto di questo tipo di linguaggio, secondo me ci dice qualcosa in più. Perché guardando su Twitter questo linguaggio è adottato soprattutto in ordine di frequenza nei messaggi, nei post che riguardano le donne, 43,21%, le persone con disabilità, 33,95%. le persone omosessuali 8,78%, le persone migranti 7,33%, le persone di religione ebraica 6,58%, le persone di religione islamica 0,15%. E'chiaro che era due anni fa, poi le cose che succedono nel mondo, le citava anche la senatrice Segre, probabilmente cambiano, per esempio questo risveglio dell'antisemitismo molto pericoloso e molto preoccupante. Al primo posto ci sono le donne, magari noi non ci pensiamo a questa cosa, però pensiamo a un altro dato impressionante che viene dalla realtà, quello sulla quantità e la frequenza dei femminicidi.

E allora, forse non è un caso che... la quantità di parole d'odio rivolte verso le donne in quanto altro dall'uomo poi abbia un riscontro in uomini che considerano una specie di proprietà privata le donne fino ad ucciderle quando queste non... rispettano quello che dovrebbe essere il loro volere, il femminicidio, le parole e i fatti, la violenza verbale e la violenza fisica, credo che ci sia molto da riflettere e sono dati e sicuramente il primo ad aver riflettuto su tutto questo è il nostro Presidente della Repubblica, perché il Presidente Mattarella già nel 2016 nel discorso di fine anno cominciò a fare una riflessione sulle parole d'odio nella fattispecie. spesso lui si riferiva al dibattito politico, che entrano nella società intossicandola. È bello, è intossicare, avvelenare l'atmosfera, avvelenare i rapporti tra le persone, per tutto quello che abbiamo detto.

Cioè purtroppo chi ha interesse a fare sì che i rapporti tra le persone siano peggio, che domini la violenza, la diffidenza, l'odio, la paura, è un grandissimo strumento di controllo che il potere ha sempre utilizzato. Dunque, nel 2000... 1923, perché era l'ultimo discorso di Capodanno, è tornato sulla questione.

Ha fatto un discorso, secondo me tra l'altro bellissimo, sulla violenza che c'è in giro, le guerre, e quindi tutto un quadro anche internazionale preoccupante, e poi ha detto, vado a memoria, ma insomma il senso era questo, penso anche alla violenza verbale, al modo in cui le parole possono essere utilizzate in maniera violenta. Il Presidente della Repubblica si dice preoccupato, e questo io credo sia un altro campione. campanello d'allarme. Allora ricordiamoci che hate speech è odio letto, io cerco di renderlo come una parola italiana fatta con due pezzi di parole, come apericena per capirsi, perché da una parte c'è hate, hate è odio, odio, in questo senso appunto teniamolo bene a mente perché l'odio non è qualche cosa di irrilevante, l'odio è un sentimento che intossica la società e la vita delle persone e i rapporti tra le persone. E poi c'è questo speech che è il discorso, è il modo in cui articoliamo questo odio attraverso le parole.

Però l'odio letto non è semplicemente quando noi ci arrabbiamo con qualcuno, è quando usiamo le parole per fare del male e soprattutto quando in gruppo accerchiamo qualcuno verbalmente. Pensate a quella incitazione all'odio che era stata fatta da... le 5 stelle verso Laura Boldrini, pensiamo anche che questo poi successe, se mi ricordo bene, sul palco della Lega, una volta in un altro comizio, l'incitazione all'odio, è qualcosa di specifico, di tecnico, è come dire, è il dialetto dell'odio, è nel senso di la lingua specializzata, specifica, per comunicare, trasmettere, veicolare e esortare.

le persone all'odio. Dunque, io credo che odio letto, che può essere una parola che funziona o che non funziona, sia però un modo per ricordarci che cosa è. questo rischio e questo pericolo che oggi viviamo nella società è ovvio che i social network c'entrano anche solo per una ragione che ricordo anche se è talmente banale che è quasi superfluo quello che noi potevamo dire a una persona nella nostra classe nella nostra scuola, nel nostro cortile, all'oratorio, nel tipo di vita comunitaria che ancora ai miei tempi era ristretta alle persone fisiche con cui avevamo contatto, al limite potevamo insultare qualcuno per telefono, ma era una persona, oggi è moltiplicato all'infinito, è moltiplicato all'infinito e anche lì, attenzione, quante storie ci sono di persone che hanno scelto di mettere fine alla propria vita, persone giovani, persone anziane, persone che hanno vissuto un'agonia, che sono state messe alla berlina, che sono state additate all'odio, al disprezzo, che hanno vissuto la loro ripresa.

reputazione distrutta, anche lì parliamo di una violenza che non è verbale, c'è poco da scherzare, c'è poco da appellarsi allo scherzo, dunque tornando a non si può dire niente, non è assolutamente vero, nel senso che la lingua è uno strumento straordinariamente ricco che ci mette a disposizione intanto una serie di sinonimi che possono essere utilizzati per dire delle cose in maniera diversa, fermo restando che non sono neutri, insisto, cioè clandestino e migrante, non sono sinonimi. non mi sono solo apparentemente perché giudicano etichettano e quindi immediatamente creano un effetto nelle persone che le ascoltano e poi abbiamo anche una serie di possibilità che riguardano l'aspetto decisivo ci sarei tornato dopo magari per parlare di quelli che sono i possibili antidoti o rimedi che è il dialogo è il dialogo cioè in altre parole io non devo utilizzare la lingua solo per prevalere o prevaricare su qualcun altro altro, io posso utilizzare la lingua per far valere, guardate la differenza, le mie ragioni, quindi posso cominciare a dire, secondo me questa situazione delle persone che vengono da altri paesi in Italia non è sostenibile per ragioni qualitative, per l'impatto che queste hanno, non è il mio pensiero, ma posso benissimo ascoltare con attenzione una persona che intenda articolare un ragionamento su questo. ascoltarla, cercare di capire perché quel discorso non mi convince e articolare con le mie capacità di argomentazione, con gli elementi che ho, un altro discorso che va nella direzione opposta. E a quel punto non siamo alla cosa un po'preistorica e animalesca del lanciarci parole e insulti come pietre e vedere chi fa più male all'altro, siamo invece a una cosa che di nuovo è civile, democratica, ragionevole e responsabile dell'esercitare la nostra capacità, però bisogna saperlo fare, bisogna conoscere le parole, non è solo una questione di cura, quando noi sappiamo dai dati che un terzo grosso modo della popolazione italiana e attenzione perché le persone più giovani stanno messe meglio di quelle meno giovani, ha grosse difficoltà a capire che cosa significa un articolo di giornale, perché questi sono i test Oxepisa sull'analfabetismo funzionale, questo ci dice uno che è molto più sensibile e vulnerabile a a qualunque fake news, a qualunque fandonia, bugia, perché anche lì fake news sembra riducolare, ma insomma parliamo proprio di cose false messe in giro ad arte.

Perché? Perché capisce e non capisce. E poi figuriamoci se ha la capacità di articolare, come fa un articolo di giornale, il proprio ragionamento in modo tale da convincere altre persone.

Dunque io credo che, uno, la parola dialogo che ha in sé logos, logos vuol dire discorso, ma vuol dire anche ragionamento. ma vuol dire anche ragione, è una parola che nel corso dei secoli di nuovo viene da quella storia dell'antica Grecia, ma ha assunto tantissimi significati, tutti legati però a qualcosa di complesso, di articolato. E di A è attraverso, cioè attraverso la parola possiamo arrivare magari a rimanere ognuno della sua opinione, ma esserci confrontati. E questo io credo che si faccia sempre più spesso anche nelle scuole, me lo auguro, è qualcosa che abbiamo importato dalle scuole anglosassoni, però si fa da molto tempo anche nelle scuole francesi, infatti ha un nome inglese che è debate, cioè sostanzialmente il dibattito. Ci sono due squadre che discutono su un tema in base a determinate regole, un po'come quelle dei confronti tra Trump e Kamala Harris, quindi hanno un certo tempo, non possono ovviamente insultare, devono cercare di utilizzare le parole e le espressioni dell'avversario in modo tale che possano servire invece al proprio ragionamento e poi alla fine c'è una giuria che dice chi dei due è un gruppo.

è stato più convincente, è il dibattito. E quindi anche cose che sono considerate di solito estremamente negative, la retorica, quello è un discorso retorico, ma venga una retorica del ragionamento, dell'argomentazione, del dialogo, perché anche insultare è una forma di retorica, è la più rozza, è quella più disperata. C'è un saggio, e su questo concludo, del filosofo Schopenhauer.

che è stato tradotto in Italia come l'arte di avere ragione, in cui lui, dopo aver spiegato tutte le varie tecniche di retorica, cioè di uso della parola, per cercare di avere ragione, dice se proprio vi vedete alla fine in difficoltà con le spalle al muro, cominciate a insultare l'avversario. Però, ripeto, è la disperazione quella. Mentre parlava di incitamento all'odio mi è venuta in mente una cosa. Tutte le sentenze di questi anni che riguardano appunto l'odio sui social, sia sul ruolo delle piattaforme, ma anche sul ruolo di utenti o superutenti come Trump stesso dopo quello che è accaduto dopo l'attacco al congresso, si concentrano sul fatto che è reato, comunque c'è un problema nel momento in cui alla parola segue azione di qualcun altro quindi se c'è ci sono post d'odio, parole d'odio se poi succede qualcosa nel mondo reale, allora è punibile, sanzionabile, le pagine vanno cancellate, i commenti vanno cancellati mentre l'ascoltavo però io mi sono domandata ma è giusto questo? Si deresponsabilizza forse la parola quando rimane tale, quando poi non si arriva alla tragedia anche nel caso di singoli con suicidi o insomma persone che vivono un dolore tangibile e registrabile in qualche modo?

Allora, è un argomento molto delicato, su cui io credo i giuristi, anche i gruppi di lavoro, come quello coordinato dalla senatrice Segre, stanno ragionando, perché qui il dilemma è un dilemma notevolissimo, è quello tra censura e libertà di espressione. Che cosa succede? Il non si può più dire niente, a volte è un uso strumentale della libertà. di espressione, sta succedendo anche nei giganti dei social network, è un po'l'argomento adesso rozzamente di Elon Musk, io non posso censurare i discorsi di odio, i discorsi razzisti, i discorsi antisemiti, i discorsi contro i migranti perché questo sarebbe violare la libertà di espressione, quindi il confine tra la libertà di espressione e il riconoscimento giuridico di un reato nell'utilizzare determinate espressioni.

è qualcosa di molto delicato, io non ho gli strumenti e certo non è cosa che possiamo definire noi in questa situazione in poco tempo, dobbiamo tenerlo presente, ma dobbiamo tenere presente che molto spesso comunque quel tipo di censura meccanica, per quello dico non mi piace l'idea di politicamente corretto, ma di civilmente responsabile, quel tipo di censura meccanica non fa che alimentare il senso di persecuzione. di chi usa quel tipo di violenza verbale o di chi ha quelle posizioni violente dal punto di vista politico. Quindi è un circolo vizioso a cui bisogna stare molto attenti. Io su questo non me la sento di dare una risposta, ma io credo che il problema non sia... soltanto arginare in maniera istituzionale, cosa che va fatta, va fatta e ripeto la commissione presieduta dalla senatrice del Siglo lo sta facendo, lo si sta facendo a livello europeo, a livello internazionale, ma sia davvero una educazione, una educazione che non si può educazione alla parola, che è anche un'educazione al rispetto per gli altri, che è anche un'educazione al fatto di accettare le opinioni diverse degli altri, questa polarizzazione fa sì che, questo Martina ce lo puoi raccontare meglio, meglio tu, che ognuno di noi è in una bolla in cui sente solo altre persone che dicono le stesse cose e pensano le stesse cose e viene a mancare completamente il confronto con le idee altrui, per cui alla fine ci si convince che chi non la pensa così è una persona che ha dei problemi, è assurdo non pensarla come me, tutte le persone con cui parlo, tutte le persone con cui interagisco in rete, tutte le persone che anche se non le sento e non le vedo so che esistono, la pensano come me, com'è possibile non pensarla come me?

Ecco questa cosa qui è l'intolle. intolleranza, questa cosa qui, l'intolleranza è questa cosa qui, immediatamente porta ad un aspetto di violenza verbale o fisica, io credo che proprio il lavoro sia molto più profondo, il rapporto tra pensiero, parola, azione, relazione dovrebbe essere fatto proprio per educare per prima cosa al dialogo, insisto, al confronto, esistono opinioni diverse tra le nostre, non le condividiamo, sono dannose, possono essere anche nefaste, però con quel rispetto... argomentazione, noi possiamo cercare di fare in modo che emerga il fatto che sono inaccettabili, che sono nefaste, insomma io credo che questa polarizzazione porti a delle esasperazioni a volte anche grottesche, racconto un aneddoto, prima tu raccontavi del fatto che poi gestito e Davide Casati è responsabile della pubblicazione degli articoli online del Corriere della Sera. Un po'di anni fa una persona sul palco di Sanremo disse che lei non voleva essere chiamata direttrice d'orchestra ma direttore d'orchestra.

Ecco io su questo dissento totalmente. Penso che è una cosa molto bella, che oggi dei mestieri, dei ruoli che erano soltanto maschili, siano finalmente, e su questo l'Italia è persino in ritardo, anche occupati, ricoperti da persone di sesso femminile, è che questo semplicemente è qualcosa di cui prendere atto. Prima c'era l'infermiere e l'infermiera e non c'era l'ingegnere e l'ingegnera semplicemente perché le ingegnere erano poche o addirittura per lungo tempo non c'erano.

Ma dire infermiera e dire ingegnere è esattamente la stessa cosa. E qui è lo stesso, nessuno di noi direbbe che... io ho avuto una bravissima maestra alle elementari, la maestra Faralli, nessuno ha mai detto ho il maestro Faralli, perché la risposta è ma è il ruolo, ma il ruolo è al maestro, allora come la mettiamo su questa cosa? È solo questione di abituarsi e di accettare, una parte non si abitua perché non ce la fa abituarsi, una parte non l'accetta questa cosa, attenzione, anche qui bisogna partire da lì, non è sempre ingenua questa posizione, comunque la faccio breve, io cercai di raccontare come direttrice esisteva già da secoli, nella lingua italiana, prima non riferito a persone, la linea direttrice per esempio, poi riferito solo a persone che potevano dirigere enti femminili, quindi la direttrice di una scuola femminile, perché? Perché non si accettava l'idea che una persona di sesso femminile potesse dirigere delle persone di sesso maschile e che comunque già dall'Ottocento, adesso non mi ricordo la data esatta, si trovavano documentate, oggi grazie a Google Libri possiamo tornare indietro.

cercai in una marea di documenti e c'era un titolo di giornale, di un giornale ligure che diceva di un concerto con una direttrice d'orchestra. L'articolo esce, cominciano ad arrivare commenti sotto a questo articolo violentissimi, violentissimi e chiudo proprio perché me lo ricordo molto bene, io ho una figlia che si chiama Maddalena che adesso ha più o meno la vostra età, 14 anni, è il primo anno di linguistico, quindi qualche anno fa era un po'più piccola. Lesse questo commento, che diceva vi verremo a prendere e ve la facciamo vedere noi, e cominciò a piangere per la paura. D'accordo?

Questa è la situazione. Cioè, invece di articolare qualche cosa che poteva essere una posizione diversa, rispetto a un ragionamento che ho fatto sulla base delle mie competenze, di quello che è il mio mestiere, andando a studiare, a cercare, a capire, per cui ben pronto a sentire un ragionamento opposto, arrivavano minacce, ovviamente astratte. poi cercai di spiegare a mia figlia che non c'era da avere veramente paura, ma lei si era messa a piangere.

Ecco, questo è il livello, ma voi lo conoscete meglio di me, dei commenti anche a un giornale che cerca di non esasperare le posizioni contrapposte. Io prendo una domanda che è arrivata adesso da un istituto di Ascoli Piceno, perché introduce il tema del contesto delle parole e dice come reputate il dissing tra rapper? Perché quello è un momento in cui si usano delle parole, se fate caso sono delle parole spesso molto violente, in un contesto.

Questo contesto consente qualunque cosa oppure diventa... comunque problematico allora bellissima domanda e da papà di una ragazza adolescente insomma so bene di cosa si parla perché ogni tanto in macchina dice metto la musica che che ascolto io e Allora, la situazione è difficile, non mi sento di assumere una posizione netta, quindi vorrei sentire anche qualcun altro su questo fatto. Uno, esiste sicuramente un codice interno a quel genere che è il rap, che in Italia è diventato la trap, in questo codice un certo linguaggio è come dire cristallizzato, è come utilizzare delle parole che fanno parte di un genere letterario.

Però non ci dimentichiamo che nella tradizione di persone che facevano parte della scena rap ci sono molti episodi violenti. Negli Stati Uniti ci sono stati molti rapper che sono rimasti uccisi in scontri a fuoco, ci sono casi anche nella cronaca italiana di persone di quella scena che hanno subito processi, credo siano in prigione, insomma non c'è sempre un distacco. Mi rendo conto che sta succedendo una cosa però, che ha un nome tecnico, si chiama desemantizzazione. Che cosa vuol dire? Vuol dire che alcune parole, è un meccanismo pericoloso, mi limito a descriverlo, non so se sia una cosa, come posso dire, accettabile o comunque sta succedendo, bisogna prenderne atto, alcune parole si stanno scaricando del significato originario e stanno diventando cose che si usano con un significato meno forte.

Io sinceramente fatico ad accettare, trovo molto pesante, molto offensivo, proprio per quello che dicevo della violenza sulle donne, della violenza verbale sulle donne, il fatto che in questo tipo di gergo le ragazze siano definite bitch. Correggetemi se sbaglio, ma in maniera abbastanza, non sempre a quello che ho potuto capire da poco che ho sentito, deliberatamente offensiva. Io credo che questo da un lato possa essere vero, cioè la parola perde una carica di violenza proprio perché è usata tante volte in tanti contesti, ma io vedo più che altro l'altro rischio, cioè che ci abituiamo all'idea di un'equivalenza ragazza uguale bich, giovane donna di sesso femminile uguale bich.

E io credo che questo sia molto pericoloso, proprio perché torniamo al punto di partenza, a forza di abituarci a questo tipo di equazione, Quindi io non penso solo al dissing, penso proprio al messaggio complessivo, al linguaggio complessivo, in cui molto spesso, tra l'altro, e anche questo secondo me torna con quello che ho cercato di dire fino adesso, queste parolacce, queste parole violente, sono utilizzate in inglese, perché l'inglese tutto sommato le rende più accettabili, tutto sommato le rende, come posso dire, le maschera, le mimetizza, le nasconde. Però ecco, se devo dare il mio punto di vista... è una cosa sicuramente che non mi piace ed è una cosa che alla lunga può farci tornare indietro proprio in alcune conquiste che sono state fatte per esempio nei confronti della donna nel rispetto della donna nel rapporto tra persone che abbiano una relazione sentimentale e sessuale quindi la mia risposta è attenzione perché da un lato si arriva spesso alla violenza fisica da quella parte là tra le persone della cerchia Dall'altro alle persone che ascoltano arriva un messaggio per cui queste parole sembrano diventare normali e secondo me questo può essere alla lunga un rischio.

Io penso a due piani, uno quello artistico e come ha detto giustamente il professore ci sono anche tanti rimandi dagli Stati Uniti quindi provo, metto da parte l'opinione personale. Io sono mamma per fortuna, hanno solo due anni, quindi me ne dovrò occupare molto più avanti e speriamo che ci sia altro. Quindi il lato artistico, l'unica cosa che mi viene da dire è che spero che le donne rapper, e ce ne sono molte di successo, queste state in classifica su Spotify, i primi posti, due o tre brani erano di donne, insomma si facciano sentire allo stesso modo, eventualmente con un linguaggio che risponda in modo equivalente.

E questo è il lato artistico. Invece sul lato degli effetti che questi dissing possano avere, ma io la guardo dal punto di vista della mia professione e mi viene soltanto da pensare, soprattutto nell'ultimo caso che ha coinvolto il noto rapper Fedez, che gioca, lui e l'interlocutore hanno giocato con quei meccanismi di cui parlavamo prima. Quindi lui sapeva... Loro sapevano benissimo che questa dialettica gli avrebbe consentito di avere una determinata copertura mediatica. E tra l'altro, secondo me, quanto affondare il colpo con i termini, con le volgarità, con gli attacchi, era proprio ponderato per renderlo minimamente accettabile affinché se ne parlasse alle masse.

Perché ovviamente se invece avessero esagerato, se fossero andati oltre una linea che... Per me non può essere che immaginaria perché non ho idea di dove si possa posizionare, però probabilmente avrebbero avuto anche meno copertura, quindi il mio pensiero è questo, che sia anche tanto e soprattutto un gioco mediatico, questo forse aiuta tutti noi e tutte noi a dargli il valore giusto che ha. Posso fare una domanda alle ragazze e ragazzi?

Anna, usa anche lei questo tipo di termini, di terminologia, di codice verbale? o ho sentito male troppo di sfuggita Si definisce così? Eh sì. Anche lei. Quindi quando intendo dire che poi diventa un codice condiviso, no?

Anche una re per quella che forse in questa estate ha avuto più successo usa quella stessa definizione senza prenderne le distinzioni. come parte del codice questo ripeto da un lato potremmo dire la indebolisce dall'altro secondo me la rende più pericolosa però appunto volevo sentire loro perché poi ho sempre paura di fare affermazioni non ho mai io sono rimasto a vasco rosso in liga b quindi quindi diciamo è molto di rimbalzo però mi era sembrato di avvertirlo anche nei testi di una rapper come anna Prendo un'altra domanda tra quelle arrivate, che è questa arrivata da Caravaggio, da un liceo artistico, e si pone un altro tema che è interessante e di cui abbiamo sentito parlare parecchio. Cioè, che ruolo ha la definizione di un genere fluido nelle parole e nelle desinenze, ad esempio la schwa oppure l'asterisco finale, fin dall'ambito scolastico?

Sono tutte domande molto belle e su temi molto delicati, direi una sequenza da far tremare le vene e i polsi, per cui cerco sempre di essere molto prudente, forse la parola giusta è questa, non si può essere altro che prudenti. Sta succedendo una cosa di cui la società sta prendendo atto e che io credo trovi come sempre per le nuove sensibilità più... più attenzione tra le persone più giovani, ed è l'idea di un rapporto con il genere che non si identifica soltanto nei due generi, chiamiamoli tradizionali, adesso qui devo stare molto attento a parlare, ma insomma riprendo la parola che è stata utilizzata nella domanda, esiste questo fluido, questa fluidità.

La lingua sta ancora facendo fatica a prendere atto del fatto che il genere femminile ha fatto una serie di conquiste sociali. Quindi siamo già in ritardo su quello, perché la lingua arriva sempre dopo. Purtroppo, essendo un fatto sociale, prima che la società prenda atto davvero in maniera condivisa di qualcosa che è successo, ci vuole sempre del tempo, e quel tempo può essere anche non breve. In questo quadro...

appare una nuova esigenza che io credo sia notevolmente sentita e faccia parte del rispetto che noi dobbiamo a persone che quantomeno statisticamente rappresentano una minoranza, ma hanno delle esigenze, hanno una sensibilità. Quindi la questione c'è. è che è una questione linguisticamente ancora più difficile da risolvere di quella del maschile femminile, perché il maschile e il femminile ci sono, bisogna solo abituarsi ad utilizzarli. Io mi ricordo quando ci furono i campionati di calcio del mondo, appunto quelli femminili con una squadra maschile che non si qualifica ai campionati del mondo ormai da ben due giri, ci fu molta attenzione per le telecroniche, ma non c'era modo di convincere le persone che ci poteva essere anche una portiera, se c'era un portiere, perché dicevano ma la p***a! la portiera è quella della macchina, ma il portiere può essere quello del palazzo, dipende sempre cosa ci vogliamo vedere.

E qui la situazione è più complicata, perché le soluzioni che sono state presentate, la SVA, l'asterisco, la U, possono essere utilizzate solo in alcune parti dell'uso della lingua, per esempio nel rivolgersi a qualcuno. Lì, no, questa è una cosa che può funzionare abbastanza bene, ma gli esperimenti che sono stati fatti, anche da persone che in questa cosa credono molto e per la quale si sono battute molto, penso a una collega linguista, a Verageno, poi quando si va a scrivere un intero libro ci si rende conto che cominciano ad esserci dei problemi, gli articoli, le preposizioni articolate, le concordanze. Perché?

Perché è un tipo di forzatura che si fa rispetto alla lingua che va ben oltre l'abituarsi ad utilizzare in maniera diversa le strutture linguistiche che abbiamo. E questo spiega anche perché istituzioni che, devo dire, senza pregiudizi, che guardano all'antico ormai come l'Accademia della Crusca, mentre siano molto a favore dell'uso del femminile professionale di ruolo, quindi ingegnere e ministra, siano contrarie all'uso di queste soluzioni. Quello che mi pare di poter dire è che esiste una questione, esiste una sensibilità che secondo me va rispettata.

Secondo me bisogna ancora capire come fare attraverso la lingua a tener conto di questa sensibilità. Ecco, ho la sensazione che questi esperimenti, ormai anche molte delle persone che li hanno sostenuti, cominciano a sostenere che sono come una provocazione per far vedere che questo bisogno c'è nella comunicazione e nella lingua, ma non abbiano ancora individuato la soluzione. E ripeto, siamo comunque a un passo ancora ulteriore, perché questo implica intanto un'accettazione che è sul piano proprio del riconoscimento, come posso dire, che viene prima della lingua, che molte persone faticano ad accettare, sappiamo quante polemiche ci siano sull'idea stessa di gender, la cosiddetta fantomatica ideologia. gender.

Però secondo me un lavoro di sensibilizzazione va fatto e pian piano, la lingua è straordinaria perché è vero che arriva lenta, fatica, ma tendenzialmente trova la soluzione e una grande lingua di cultura come quella italiana ha già mostrato nei secoli di vincere tantissime sfide. Faccio solo un esempio che riguarda però una parte del nostro discorso. appena sono arrivati questi nuovi strumenti di comunicazione telematica ha preso i piedi un nuovo modo di scrivere, una nuova moda di scrivere che era quella appunto dei simboli, delle abbreviazioni X al posto di per, la K al posto di CH a volte venivano usati i numeri al posto delle parole C6 scritto con la lettera dell'alfabeto e il numero e ci fu tutta un'alzata di scudi E proprio il dibattito giornalistico, ecco vedete ancora una volta la paura della novità, si comincia a dire ah questi mezzi di comunicazione stanno rovinando la lingua italiana, la stanno deturpando, dove andremo a finire?

Poi che cosa è successo? Queste abbreviazioni sono passate di moda, per un po'le hanno usate quelle che venivano chiamate bimbi minchia, scritti con la k, venivano considerate da bambini troppo piccoli, quindi gli adolescenti già smettevano. Ma...

Sono passate di moda un po'perché non servono più, perché sono cambiati i mezzi di comunicazione, un po'perché proprio non c'è più nessuna novità, non c'è più bisogno di scrivere in questa maniera. E invece la lingua italiana si è rafforzata, perché tantissime persone che fino al 2000 non scrivevano mai, mai. Ci sono dei sondaggi statistici dell'anno 2000 in cui semplicemente c'era un 38% di persone che scriveva che cosa?

La lista della spesa... e le cose da fare sull'agenda, che non sono esattamente testi più complicati di un post o di un messaggino di whatsapp e semplicemente la gente smetteva di scrivere, perché? Perché per comunicare tra persone c'era il telefono e per informarsi c'era la televisione o la radio si andava verso quella che veniva chiamata l'oralità secondaria, insomma addirittura c'era chi diceva, vedete che fare profezie è sempre pericoloso, che scrivere non sarebbe più servito avremmo avuto una specie di casta degli scrivi come l'antico egizio e le altre persone avrebbero smesso.

Bene, tutto ad un tratto, pochi anni dopo che venivano fatte queste profezie, arrivano le poste elettroniche da noi prima degli sms e la gente ricomincia a scrivere. Poi, dal mio punto di vista, il modo in cui noi scriviamo su questi mezzi di comunicazione è diverso dalla scrittura vera, articolata, di un testo che abbia un inizio, una compiutezza, un'argomentazione. Infatti io direi che Questo è digitare e scrivere è un'altra cosa. E il digitare ci sta facendo perdere anche qui l'abitudine a un testo compiuto e l'abitudine all'argomentazione. E l'abitudine all'argomentazione è l'abitudine al dialogo e al confronto.

Quindi anche questa brevità chiaramente mette un po'a rischio. Però è un fatto che la lingua ha avuto nuovissime prospettive e nuovissimi spazi di utilizzo e di espansione. grazie a questi mezzi che venivano accusati. Quindi anche un po'di ottimismo.

L'antidoto, raccontava prima la senatrice Segre, per lei all'odio è stato l'amore. Io credo che uno degli antidoti all'odio, inteso come seminare paura, diffidenza, contrasto verso le altre persone, possa essere un certo ottimismo di fondo. Non pensiamo sempre che ogni cosa nuova debba per forza essere una cosa pericolosa, che ogni persona nuova che arriva o che si presenta in maniera diversa metta in pericolo, uso una parola che viene usata secondo me, troppo, la nostra identità.

No? È proprio nel confronto con le altre persone che questa identità si arricchisce. Allora, anche sulla lingua, diamo fiducia alla lingua, lasciamo che la lingua cambi rispetto a come cambia la società, a come cambia la sensibilità e secondo me pian piano si riusciranno a trovare delle soluzioni linguistiche che vadano incontro anche a questioni che oggi ci sembrano difficili da risolvere a livello di parole o desinenze.

Volevo cogliere anche l'occasione che arrivava da questa domanda che arriva dal liceo Russell di Kless. È una domanda che probabilmente è veramente... si aggiunge a una serie di domande molto complicate che è cosa fare quando si conosce qualcuno che è vittima di questo linguaggio d'odio, cioè come possiamo reagire.

Provo a declinarlo sia fuori sia dentro le piattaforme perché probabilmente ha senso anche provare a ragionare su come si può reagire o cosa fare, se ha senso reagire e come possiamo chiedere a loro, voi cosa fareste? qualcuno che ha voglia di raccontare, magari è già capitato Perché l'ho scritto e principalmente è il cambiamento della sensibilità alla insensibilità, tra parentesi, nella differenza nell'aspetto singolare e nell'aspetto di massa. quanto influisce il suo parere? il mio parere purtroppo o per fortuna non influisce tanto non sono gli intellettuali oggi le persone più ascoltate sono gli influencer le influencer per esempio Per questo è molto importante che quelle persone a cui voi guardate come persone che vi parlano in continuazione, io non so se siano dei modelli per voi, però vi parlano in continuazione. Io credo che quello che noi possiamo fare qui è cercare di dare un impulso e soprattutto di ragionare, io cerco appunto di non dare risposte apodittiche, una parola difficile, ma per dire sicure, certe, definite, ma di invitarvi.

di invitarci e di ricordarci sempre di usare un ragionamento critico che tenga conto delle varie forze in campo, delle varie possibilità. Per influenzare le vostre posizioni, credo che il nome di nuovo è inglese, ed è influencer, ma è questo, cioè sono persone che hanno in questo momento la capacità di far passare determinate mode, determinati modi di pensare e io credo che come riescono a far passare un certo modo di vestirsi, possono riuscire a far passare. un certo modo di parlare.

Quindi ti rispondo, se vuoi ci diamo del tuo va benissimo, dicendoti non sono le persone come me, le persone come me possono studiare e cercare di impostare il problema, ma poi per arrivare alle grandi masse ci vogliono altre figure che nel tempo sono cambiate, non sono più le stesse. Oggi abbiamo queste figure, però c'è qualcuno che invece ha voglia di dire cosa farebbe o cosa ha fatto quando è successa una cosa del genere. del genere, c'è una persona che voi conoscete, adesso non dico voi in prima persona, ma la domanda era su questo, che è vittima di questo atteggiamento, la difendete reagendo con le altre persone, ne parlate con una persona adulta di riferimento di cui fidate, un genitore, un insegnante? Non c'è una risposta giusta o una sbagliata, però un'altra cosa che succede troppo spesso è che noi parliamo al posto vostro. Ecco, questa secondo me è la tipica domanda a cui è bene non rispondere al posto loro.

Non so se si stava stiracchiando. Prego, delle risposte. Io credo ci sia forse troppa indifferenza. Grazie.

Credo forse ci sia troppa indifferenza quando avvengono cose di questo tipo. Quindi che vediamo con i nostri occhi che succede un... che viene usato linguaggio d'odio contro qualcuno e però c'è tanta indifferenza secondo me. Però in concreto che cosa faresti?

Perché di nuovo non è facile, sono tutte domande davvero dilemmatiche. allora mettiamolo così da adulto, da padre, da educatore a me piacerebbe che questa cosa mi fosse riportata per parlarne insieme, per cercare insieme una soluzione che può essere anche istituzionale nel senso che poi esistono reati come lo stalking o altre cose oppure se ne parla insieme però ecco, questo lo dico io da adulto e da papà e da professore c'è una... Una cosa che si può fare, ed è possibile più o meno su tutti i social e anche su YouTube, tutte le piattaforme Google, è la segnalazione. Se ci sono tante segnalazioni rispetto a quel post, quel commento o anche su un account, a un certo punto, per forza di cose, la piattaforma deve agire bloccando...

bloccando quello che è stato segnalato. È una possibilità. Ovviamente devono esserci abbastanza segnalazioni.

Però sicuramente è una cosa da fare. Mi sembra un'ottima cosa, un ottimo suggerimento. Se però riguarda una cerchia ancora più vicina, cioè tu sai chi sono le persone e sai perché lo fanno. Diceva prima il ragazzo l'indifferenza.

però non è facile quando si è coinvolti perché la segnalazione tendenzialmente è qualcosa che viene dall'esterno un commento prego Buongiorno, allora io rispondo alla sua domanda in quanto padre perché spesso ci insegnano che l'indifferenza è l'arma migliore contro il bullismo che sia online o dal vivo e rispondo più alla cerchia stretta di amici, quando sai chi sono le persone che comunque ti giudicano. Io penso che l'indifferenza non sia l'arma migliore, bensì lo è parlare. Per quanto possa essere difficile, per quanto possa far paura. Ci vuole tanta forza quando ci sono persone che comunque ti giudicano perché fa male, quei giudizi poi ti restano incollati per tutta la vita a volte.

Però penso che veramente le parole siano un'arma, come ha detto lei, che può essere positiva ma anche negativa, nella maggior parte dei casi negativa. Ma la comunicazione per me, e questo è quello che farei io ovviamente, è alla base. Quindi quello che farei nel caso ho persone che mi giudicano online o dal vivo sarebbe andare faccia a faccia.

con loro, a parlare, confrontarmi, capire la motivazione dietro, il motivo per cui io devo sentirmi dire queste cose, cosa ho fatto di male, perché spesso poi la colpa ce la diamo a noi stessi, non pensiamo che magari sono gli altri che stanno sbagliando ma che siamo noi stessi e quindi io penso che alla fine parlare, avere tanta forza nelle parole che usi Capire le motivazioni che ci sono dietro, magari è la persona stessa che ti insulta, che ha un'insicurezza, sia la cosa migliore, perché l'indifferenza non fa bene. Se posso aggiungere una cosa, la cosa giustissima, bellissima che hai detto, come sono d'accordo con te che indifferenza è difficile considerare un termine corretto, quando si parla di insulti online anche nella cerchia... Stretta forse quello che possiamo dire è che la soluzione è esattamente quella che dici tu, che tu sia la vittima o qualcuno che conosci che sia la vittima, nel senso che rispondere online, anche per difendere un amico o un'amica, Altro non fa che alimentare la conversazione.

Quindi a differenza di quello che accade offline, in cui il dialogo è subito la prima e giusta soluzione, offline, fermare le bocce, sia immagino in un thread pubblico ma anche in un chat di gruppo di WhatsApp, stare in silenzio e affrontare al di fuori esattamente come hai detto tu, è la prima cosa da fare. L'altra è quella che ha detto assolutamente lei, competenza digitale. e poi come ha detto il professore parlare con un adulto che sia un professore o un familiare perché a volte si innescano dinamiche che per chi è più giovane sono difficili da disinnescare anche un piccolo consiglio può essere utile da parte di un adulto comunque grazie per la bella testimonianza io vorrei aggiungere una cosa secondo me una delle cose migliori da fare è quella di saper pesare da parte di chi viene fatto un certo commento.

Spesso sui social media un sacco di persone fanno dei commenti senza in realtà pensare a ciò che stanno scrivendo e appunto procurando anche dei danni alla persona. Sui social media appunto bisogna fare più attenzione soprattutto secondo me parlarne, ignorare il commento, al massimo segnalare ma non continuare a rispondere perché altrimenti si genera, a mia opinione, continua ira e non si arriva a nulla. Al massimo piuttosto che rispondere con un'altra rabbia, se non si riesce proprio ad ignorare, la cosa migliore è rispondere con una risata, perché secondo me rispondere con rabbia non porta a nulla di positivo.

E comunque parlarne con gli amici e pesare appunto il commento che viene da parte di un amico, di una persona che sai che tiene a te. Una persona sui social media non sa neanche chi tu sei e spesso usa proprio questo mezzo per mascherarsi e non mostrare quella che è la sua vera debolezza. Siamo in chiusura, nel senso che mancano 20 secondi, 20 secondi che ci servono solamente, servono a me per ringraziare per voi innanzitutto per avere partecipato a questa discussione, per ringraziare Martina Pennisi che ci ha dato una mano veramente a provare anche a capire come ragionare online, offline di fronte a tutto questo, tutto quello che può avvenire e ringraziare il professor Antonelli che ci ha aiutato a ragionare e ad avere uno spazio di pensiero su tutto quello che sta succedendo.

che succede e tutta questa tematica e probabilmente tutto questo rimarrà inizierete a parlarne tra di voi, non fermate il dialogo perché probabilmente è qualcosa che continuerà e vivrà nelle parole che scambierete anche tra di voi in classe e fuori dalla classe grazie a tutti