La Boston di fine ottocento è una città ricca e vivace, ha un'industria fiorente, traffici commerciali marittimi con l'Europa e ha un'università Harvard che forma l'elite intellettuale del paese. A Boston ci sono musei, città, culturali sale da ballo e naturalmente c'è un'intesa vita mondana. Di quella vita mondana si occupano molti giornali che ne riportano cronache piuttosto saporite. Fra i protagonisti di queste cronache c'è anche la signora Warren.
moglie di un giovane avvocato di Boston che inizia a comparire spesso sulle colonne della Evening Gazette. La signora, riferisce il giornale, frequenta bali notturni, rientra tardi la sera e spesso è accompagnata da gentiluomini che non sono il marito. L'avvocato Warren ovviamente non apprezza, anche perché la Evening Gazette marcia al ritmo di 80.000 copie al giorno. L'avvocato Warren decide che si è superato il limite.
Va bene che gli Stati Uniti sono la patria della libertà. di espressione, ma ci dovrebbero essere dei limiti. E così fa causa al giornale, insieme a un suo giovane collega, socio nello stesso studio legale di Boston, Lewis Brandes. C'è un brillante futuro che lo aspetta, Lewis Brandes diventerà giudice della Corte Suprema Americana.
Poiché sia Warner sia Brandes non sono soltanto brillanti avvocati, ma sono anche fini giuristi, decidono che su questo caso scriveranno un saggio. Questo saggio, colto, ingegnoso, tutto... tuttora citatissimo, viene pubblicato nel 1890 sulle pagine della Harvard Law Review.
Il saggio si intitola The Right to Privacy e segna l'atto di nascita del diritto alla privacy. Nel saggio, i due giuristi definiscono la privacy con un'espressione suggestiva. The right to be let alone, il diritto di essere lasciati soli per godere in pace della propria vita.
È un po'la stessa logica che ritroviamo nel diritto di proprietà privata, che ci dà appunto il diritto di non subire intromissioni nella nostra abitazione. oppure il diritto di non subire intromissioni nella nostra corrispondenza privata. È evidente qui la matrice liberale di questo diritto, con quest'idea di libertà in senso negativo, come non interferenza nella sfera dell'individuo. A meno che... ci avversano Warren e Brandis, non si rivesta un ruolo pubblico, perché in questo caso deve prevalere la libertà di cronaca, perché c'è un interesse pubblico di mezzo.
Per esempio un uomo politico non può invocare il diritto alla privacy per sottrarsi al controllo democratico sulle sue azioni. Questo inquadramento è tuttora attuale. Il diritto alla riservatezza da un lato e la libertà di cronaca e di espressione dall'altro rappresentano ancora oggi le ascisse e le le ordinate in cui si inscrive la disciplina della privacy, con i dovuti bilanciamenti fra gli opposti interessi in gioco.
Lasciamo gli Stati Uniti e spostiamoci in Europa. Con una ventina d'anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti, anche in Europa si inizia a parlare di diritto alla privacy. Per tutto il Novecento il diritto alla privacy continua la sua corsa, dapprima incerta e lenta, e poi a partire dagli anni Sessanta sempre più tumultuosa fino all'attuale consacrazione. Una consacrazione coronata già con la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea del 2000 che inserisce la privacy fra i diritti dei cittadini europei e poi più...
più recentemente con il General Data Protection Regulation, il GDPR, cioè il Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali del 2016. Ne parleremo diffusamente del GDPR, ma prima ci restano altre due cose da dire. Abbiamo visto l'esordio del diritto alla privacy come diritto di essere lasciati soli. Ebbene, nel corso del tempo il diritto alla privacy si arricchisce di tutta una serie di significati ulteriori e alcuni di questi sono per certi aspetti davvero sorprendenti. Possiamo identificare in particolare due nuclei fondamentali. Il primo, lo conosciamo già, è quello che corrisponde al nucleo originario della privacy, e cioè la tutela della riservatezza della nostra vita privata e familiare.
È questa accezione che troviamo nell'articolo 7 della Carta dei Gritti Fondamentali dell'Unione Europea. La giurisprudenza italiana inizia ad occuparsene già negli anni 50. Il primo caso ad arrivare in Cassazione nel 1956 riguarda il grande tenore Enrico Caruso. Pochi anni prima infatti era uscito nelle sale un film, Enrico Caruso, leggenda di una voce, con una giovanissima Gina Lollobrigida che raccontava la vita del grande tenore napoletano. Caruso era popolarissimo fra la gente e il film aveva avuto molto successo, ma non era per niente piaciuto agli eredi di Enrico Caruso.
Secondo loro infatti il film gettava impasto alla curiosità del pubblico alcuni aspetti intimi e riservati della vita del tenore e così avevano fatto causa alla casa produttrice del film. La Cassazione però non accoglie la richiesta di risarcimento ad anni presentata dagli eredi, cosa che invece farà qualche anno dopo quando condannerà la rivista Il Tempo a risarcire gli eredi di Claretta Petacci, la storica amante di Benito Mussolini, per una serie di articoli lesivi della sua riservatezza in assenza di interesse. pubblico.
Ma c'è dell'altro. Col tempo i giudici hanno iniziato a leggere quel riferimento alla riservatezza della vita privata in senso più ampio, come diritto a fare le nostre scelte di vita al riparo dal controllo pubblico e dalla stigmatizzazione sociale. E qui vi voglio citare un'applicazione celeberrima di questa lettura estensiva della privacy, la legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti. Nei primi anni settanta la gran parte degli stati americani puniva l'aborto come un reato. Ma nel 1973 la Corte Suprema si riunisce per esaminare il ricorso di una donna, Jane Roe, che rivendica il suo diritto di abortire.
Il caso, noto come Roe vs Wade, si conclude con una storica sentenza. La Corte Suprema legalizza l'aborto e lo fa proprio sulla base del diritto alla privacy, inteso come diritto alla libera scelta della donna per ciò che attiene alle scelte. più intime e private della vita.
Vedete il percorso interpretativo che fanno i giudici? Prendono quel diritto a essere lasciati soli, a non subire interferenze nella propria vita privata e lo applicano all'ambito delle scelte di vita individuale. Qualcosa di simile lo troviamo anche nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che per esempio ha applicato il diritto alla riservatezza della vita privata e familiare alla tutela della libertà di scegliere con chi formarsi una famiglia. Veniamo ora al secondo nucleo del diritto alla privacy, la protezione dei dati personali.
tutelata all'articolo 8 della Carta dei diritti dell'Unione Europea, nonché terreno di gioco del nostro GDPR. Quando parliamo di tutela dei dati personali ci muoviamo su un piano diverso da quello che abbiamo chiamato primo nucleo della privacy, cioè la tutela della vita privata e familiare. Infatti il primo nucleo della privacy ha una valenza per lo più escludente, quella non interferenza di cui ci parlavano già Warren e Brandis.
Qui quando parliamo della tutela dei dati personali ci muoviamo su un altro livello perché si tratta anche di stabilire come gestire questi dati, come conservarli, per quali scopi trattarli e tanto altro ancora. E qui veniamo a un punto importante. La tutela dei nostri dati personali è sicuramente un mezzo per proteggere la nostra vita privata da indebite interferenze e quindi esiste senz'altro un collegamento fra il primo e il secondo nucleo della privacy. E tuttavia è perfettamente possibile che si ponga una questione di tutela dei dati personali.
personali, a prescindere da una violazione della nostra vita privata e familiare. Pensate per esempio al tema dell'archiviazione dei nostri dati sanitari, o al nostro diritto di sapere per quali fini vengono usati i dati che forniamo, o quali nostri dati personali sono nelle mani di un certo ente, e così via. A questo punto dovrebbe essere chiaro che la privacy e la protezione dei dati personali Per quanto siano due cose collegate fra di loro, non sono esattamente sinonimi, anche se spesso la prassi sembra suggerirlo.
Molto spesso infatti le persone parlano genericamente di privacy quando in realtà intendono specificamente riferirsi alla protezione dei dati personali. Al punto che lo stesso garante per la protezione dei dati personali si è dovuto adeguare. Il garante, lo ricordiamo, è un'autorità amministrativa indipendente istituita nel 1996 e che si occupa, come suggerisce la denominazione, della tutela dei nostri dati personali.
Se però andate a vedere il sito del garante scoprirete che come nome di dominio ha scelto garantedellaprivacy.it proprio per farsi trovare più facilmente i risultati dei motori di ricerca. Grazie a tutti.