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La flagellazione di Piero Della Francesca

La flagellazione di Piero della Francesca Dove andiamo? Siamo ad Urbino, uno dei più importanti centri del Rinascimento Italiano. Alla metà del 1400 Federico II, conte di Montefeltro e duca di Urbino, fa edificare il Palazzo Ducale. Ci vivrà con la sua sposa, Battista Sporza. La sua corte diventerà uno dei centri della cultura del tempo. Federico da Montefeltro, condottiero e capitano di ventura particolarmente abile nelle strategie militari, è anche uno dei principali mecenati del Rinascimento. In questo dipinto, Federico è raffigurato con la sua splendida armatura e con un grande libro, a ribadire anche il suo interesse per la letteratura. La sua famosa biblioteca conteneva più di 1700 manoscritti. Piero della Francesca, l'artista. Alla Corte del Duca lavorarono molti artisti, tra cui Piero della Francesca, nato a Borgo Sansepolcro, un piccolo centro non lontano da Urbino. Piero applica con rigore la regola prospettica imparata da maestri come Masaccio e Paolo Uccello. I suoi dipinti si distinguono per la luminosità che avvolge ogni forma. Un dipinto enigmatico. L'opera. Nel palazzo di Federico si trova La flagellazione di Piero della Francesca, uno dei dipinti più misteriosi del Quattrocento italiano, che da sempre ha incuriosito per il soggetto difficile da decifrare. È una tempera su tavola non molto grande, misura infatti circa 60x80 cm. Il dipinto raffigura Cristo legato alla colonna mentre viene flagellato. su ordine di Ponzio Pilato. Ma osservate bene il dipinto. Dove si trova questo episodio? In primo o in secondo piano? La flagellazione si trova sulla sinistra, in secondo piano. Il tema della tavola, quindi, è in posizione molto arretrata, quasi fosse di secondaria importanza, a differenza di altre opere con lo stesso soggetto. Il dipinto di Piero raffigura architetture di un periodo antico. Quale? Egizio? Etrusco? Greco-romano? Le architetture a sinistra ricordano il periodo greco-romano. Sotto un portico dalle forme classiche, con un soffitto a cassettoni retto da colonne corinzie, sta un personaggio seduto con le braccia abbandonate sulle ginocchia. Dovrebbe essere Pilato. che osserva la scena davanti a sé. Dietro di lui, una porta lascia scorgere una scala che conduce al piano superiore di quello che potrebbe essere il suo palazzo. Al centro del portico, Cristo è legato alla colonna, affiancato da due uomini che stanno per flagellarlo. Di fronte a loro c'è un personaggio, che ci dà le spalle, con abiti orientali e un bellissimo turbante. Sulla colonna c'è la statua dorata di un idolo. Chi potrebbe essere? Forse un dio greco? L'architettura e le figure Fuori dal portico l'ambiente è molto diverso. Le architetture non ricordano più l'antichità classica, ossia il periodo in cui è vissuto Gesù. Gli edifici a destra sembrano quelli di una cittadina umbra del Quattrocento, proprio come Urbino. Palazzetti con logge e una pavimentazione in cotto con grandi riquadri, tipica delle piazze di questo periodo, e che si ritrova anche nel cortile del Palazzo di Federico da Montefeltro, dove ha lavorato Piero della Francesca. La torre bianca ricorda il campanile rinascimentale del Duomo di Ferrara. Ora, osservate come la luce entra nel dipinto a illuminare architetture e figure. Quante sono le fonti di luce? Una o più di una? Le fonti di luce sono almeno due. Una È all'esterno ed è una luce naturale e diffusa fuori dal portico. Un'altra fonte, però, sembra interna e illumina con un forte bagliore il soffitto sopra Cristo. Vediamo ora chi sono i tre personaggi principali sulla destra in primo piano. A sinistra, un uomo con il cappello, la barba bruna e un abbigliamento orientale conversa con un altro uomo che gli sta di fronte. È ricco, con un abito molto prezioso, in tessuto d'oro. Tra di loro, un giovane, scalzo, porta una semplice veste rossa, ha lo sguardo fisso davanti a sé e sembra assorto in un suo mondo. Anche se le due scene ci appaiono lontane l'una dall'altra, in realtà sono unificate dalla raffigurazione dello spazio. Con quale tecnica è raffigurato lo spazio? Attraverso il fondo oro? Attraverso la prospettiva? Attraverso la prospettiva, con punto di fuga centrale che accentua una visione unitaria dello spazio. Qualche grafico può aiutarci a comprendere meglio il significato della costruzione prospettica. In questo schema possiamo capire come Piero ha collegato i due gruppi in un unico spazio. La scacchiera del pavimento e il soffitto a cassettoni del porticato sono le due griglie che danno l'effetto della profondità. Ecco come il pittore ha immaginato lo spazio reale della scena. Il quadrato è il modulo base dell'intera composizione. Ora, se lo spazio è lo stesso, le due scene risultano collegate anche nella vicenda narrata nel dipinto. Restano alcune domande. Chi sono i tre personaggi in primo piano? Di che cosa stanno discutendo? Cosa o chi osserva il giovane biondo? Chi è l'uomo vestito all'orientale di spalle? Chi è davvero l'uomo seduto? Che senso ha una statua d'oro pagana in una scena evangelica? Purtroppo tutte queste domande sono ancora oggi senza una risposta. Gli studiosi hanno fatto molte ipotesi. Eccone una. Un'ipotesi di lettura. L'uomo barbuto in primo piano sarebbe il cardinale Bessarione, arcivescovo di Nicea, che venne in Italia nel 1439 per partecipare ad un concilio. Il giovane potrebbe essere Buonconte da Montefeltro, figlio di Federico, duca di Urbino. L'uomo dai capelli grigi forse è Giovanni Bacci, un erudito e ricco personaggio dell'epoca. Probabilmente i due uomini discutono dell'ultimo imperatore di Bisanzio, Giovanni VIII Paleologo, ritenuto responsabile delle sofferenze inflitte ai cristiani dei turchi con la conquista di Costantinopoli nel 1453. L'imperatore, riconoscibile da una medaglia del tempo, è qui rappresentato come Pilato, seduto e impassibile di fronte al supplizio di Cristo. Anche la statua dorata sulla colonna richiama Costantinopoli, dove una statua uguale rappresentava il dio sole. Secondo questa ipotesi, la tavola potrebbe essere stata donata da Enrico e Derudito Bacci, che conosceva bene Piero della Francesca, a Federico da Montefeltro, per convincerlo a partecipare ad una crociata contro i turchi, sostenuta anche dal cardinale Bessarione. La presenza del giovane figlio Buonconte, morto a 17 anni di peste, avrebbe dovuto richiamare l'attenzione del signore di Urbino. Buonconte, infatti, guarda con sguardo limpido verso chi osserva il quadro, presumibilmente il padre Federico. come per esortarlo. Il personaggio di schiena, con il turbante così ben disegnato, ricorda ancora una volta la minaccia turca per la fede cristiana. Ma ci sono altre interpretazioni e il quadro di Piero è ancora un enigma. Lo stile di Piero. Alla corte di Urbino, Piero conosce opere dei pittori fiamminghi, dalle quali riprende la raffigurazione dettagliata dei particolari e il modo raffinato di stendere il colore. Piero è un grande conoscitore della matematica e della geometria, che applica con rigore in ogni suo dipinto. A riguardo, scrive addirittura un trattato, il De Perspectiva Pingendi, che spiega come usare la prospettiva per dipingere. Nella flagellazione, Piero applica queste regole per disegnare colonne, travi e cassettoni del soffitto, pavimentazione, linee di gronda dei tetti, così come le vedrebbe un osservatore seduto di fronte alla scena. Anche le figure sono raffigurate prospetticamente. Quelle lontane sono più piccole di quelle più vicine e questo contribuisce in modo decisivo a dare il senso della profondità e a rendere reale la scena. Infine, la luce, assieme al colore, contribuisce a dare corpo e dettaglio alle forme. Guardate come scolpisce le vesti dei personaggi a destra o come mette in risalto le colonne bianche. Per tutti questi fattori, la scena appare molto reale, ma l'immobilità dei personaggi e il nitore dei dettagli la rendono sospesa nel tempo, come in attesa della risposta a una domanda muta, non esplicita ma solo suggerita, come si conviene nel mondo di una corte e come solo un grande pittore poteva esprimere.