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Lezione su Augusto e la sua ascesa

A 19 anni di mia iniziativa e a mie spese ho arruolato un esercito con il quale ho liberato la Repubblica oppressa dal dominio dei faziosi. Siamo a Roma in via di ripetta e chi passa di qua non si sofferma mai su questa frase folgorante, la frase con cui iniziano le res geste di V. Augusti, le imprese del D. Augusto, il testamento politico del primo imperatore.

Era contenuto in un documento aperto soltanto dopo il suo funerale e quelle parole, a 19 anni a mie spese ho arruolato un esercito, segnano la rivendicazione orgogliosa dell'inizio di un nuovo ordine, il primo passo per la fondazione dell'impero. È un giorno di fine agosto del 14 d.C. e qui, nel mausoleo di Augusto, stanno per arrivare le ceneri del primo imperatore, Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto. Per dare un'idea delle dimensioni della sua figura proviamo a usare soltanto numeri e fatti. 57 anni ai vertici del potere, 45 anni al potere da solo, è un'epoca storica.

Se noi calcoliamo i presidenti degli Stati Uniti in carica negli ultimi 57 anni, vediamo che il numero è 11, da Eisenhower a Obama, passando per Kennedy, Nixon, Reagan e tutti gli altri. Oggi, nel giorno del suo funerale, vediamo come quel ragazzo di 19 anni è riuscito ad accumulare un potere tanto grande. La sua scalata si può riassumere in quattro mosse.

Prima mossa. Il futuro imperatore si chiama ancora Gaio Ottavio. È figlio di un ricco signore di Velletri, che ha avuto la buona idea di sposare la pronipote di Giulio Cesare. Il grande prozio ha intuito le qualità del nipote, se lo è tenuto vicino, gli ha insegnato i trucchi della politica e lo ha mandato anche a fare un corso di perfezionamento all'estero, in una città greca nell'attuale Albania, a Pollonia. Gaio Ottavio ha 18 anni ed è proprio ad Apollonia che viene a sapere dell'assassinio di Giulio Cesare.

Le lettere di sua madre Azia, i consigli dei suoi amici che sono lì con lui a Grippa e Mecenate, tutti gli dicono di andare a nascondersi, di non tornare a Roma, che è troppo pericolosa, specie per i parenti di Cesare. Lo storico Svetonio ci dice cosa decide di fare il giovanissimo Gaio Ottavia. In quella città, appena saputo che Cesare era stato ucciso e lo aveva nominato suo erede, rimase a lungo in dubbio se chiedere l'aiuto delle vicine legioni, ma poi, abbandonato questo proposito come precipitoso e immaturo, tornò a Roma e prese possesso dell'eredità.

Nell'eredità di cui Gaio Ottavio prende possesso non c'è soltanto una ricchezza immensa, c'è anche il nome, perché Giulio Cesare lo ha adottato come figlio. Quindi Gaio Ottavio può prendere il nome del padre adottivo e diventa Gaio Giulio Cesare Ottaviano, cioè che viene dalla famiglia degli Ottavi. Il nome è importantissimo e Ottaviano lo capisce. Infatti da subito si fa chiamare Cesare, nonostante tutti un'altra volta gli consiglino di non farlo.

Però quel nome, Cesare, gli consente di catturare da subito la simpatia delle legioni fedeli al padre e di mettere insieme un esercito personale. Nonostante questo, a Roma tutti lo sottovalutano. Perché? Musica Era bellissimo e di aspetto particolarmente avvenente in tutte le età.

Aveva gli occhi chiari, lucenti e i capelli leggermente ondulati e castano chiari. La sua statura era un po' bassa, ma nascondeva la mediocrità della statura con l'eleganza. Durante tutta la sua vita soffrì per malattie gravi e pericolose.

Bello, malaticcio e molto giovane. Ottaviano sembra quasi fragile, per questo quando arriva a Roma i politici di lungo corso lo prendono sotto gamba, non gli danno importanza. Ma com'è la Roma che trova Ottaviano?

È una Roma lacerata. La morte violenta di Cesare ha lasciato delle ferite profonde. Da una parte ci sono i difensori delle vecchie istituzioni, il partito dei congiurati.

La figura più rappresentativa è Cicerone, che addirittura per definire gli assassini di Cesare dice i nostri eroi. Dall'altra invece ci sono gli amici di Cesare, i cesariani, il cui capo è Marco Antonio. In questo clima convulso, Ottaviano, cosa fa?

Arrivato a Roma, Ottaviano spiazza tutti. A sorpresa si schiera con i nemici di suo padre, con il Senato. In particolare ottiene la fiducia di Cicerone, che lo definisce un ragazzo mandato dal cielo.

In questo modo ottiene un primo riconoscimento istituzionale per sé e per l'esercito che ha ruolato. Raggiunge i consoli in carica, Irzio e Pansa, e combatte insieme a loro contro Marco Antonio a Modena. Marco Antonio è sconfitto, ma i due consoli muoiono.

Ottaviano viene sospettato di averli fatti fuori lui, per sostituirli. Infatti, armi in pugno, si fa nominare consoli. Ha 19 anni, mentre l'età minima è 42. Nello sconcerto dei senatori, fa...

dichiarare nemici dello Stato Bruto e Cassio, gli assassini di Cesare. È un atto politico che anticipa il cambio di fronte. Ottaviano passa ai cesariani e li ricompatta in un triunvirato con Marco Antonio e Lepido.

Un piano acrobatico, con capovolgimenti di fronte molto rischiosi, che potevano costargli la vita da un momento all'altro. Ma quel piano, Ottaviano ce l'aveva chiaro in testa, sapeva dove voleva arrivare, cioè alla... la riunione dei cesariani? Sembra di sì, perché dopo aver sconfitto Antonio in una battaglia, cattura un suo ufficiale, un suo amico e lo lascia libero di andare, libero di tornare da Marco Antonio. E quando questo stupefatto gli chiede ma devo dire qualcosa, devo riferire quali sono le tue intenzioni?

Ottaviano risponde così Ho dato abbastanza indizi a chi è in grado di capirli Se uno è stupido non serve aggiungerne altri La seconda mossa nella scalata al potere di Ottaviano è la più oscura, l'eliminazione fisica degli anticesariani, una strage che toglie di mezzo gran parte della vecchia aristocrazia e che è compiuta secondo l'arbitrio dei triunghi. Lo strumento per questa liquidazione della classe dirigente romana sono le proscrizioni. Le proscrizioni funzionavano così. Qui sotto nel foro si esponevano delle liste di nomi e le persone che trovavano il loro nome iscritto in quelle liste perdevano immediatamente ogni diritto civile.

Chiunque poteva ammazzarle e incassare una ricompensa. I loro beni venivano confiscati. Marco Antonio, Lepido e Ottaviano pubblicano una lista con i nomi di 300 senatori e di 2.000 cavalieri. mette suo fratello in lista, Marco Antonio suo zio. I tre sono consapevoli dell'impopolarità del loro gesto e sentono il bisogno di giustificarlo.

Il documento con cui spiegano le loro motivazioni è arrivato fino a noi. Che nessuno, vedendo quello che Cesare e noi stessi abbiamo subito, consideri la nostra azione ingiusta, crudele e smodata. Stiamo per intraprendere una guerra contro gli assassini di Cesare in terra straniera e non è sicuro, né per noi né per voi, lasciarci dei nemici alle spalle. Cesare è stato clemente con i nemici sconfitti e loro lo hanno ammazzato.

Noi non ripeteremo lo stesso errore. Appiano, che scrive in greco, riporta anche un listino prezzi in dracme. Se un cittadino libero consegna la testa di un proscritto riceve 25.000 dracme.

Se lo fa uno schiavo ne riceve 10.000, con in più la libertà e la cittadinanza romana. Il primo nome della lista è Cicerone. Sistemate le cose in Italia restano da eliminare Bruto e Cassio che sono in Oriente. Sconfitti a Filippi in una delle battaglie più cruente della storia romana, i due cesaricidi si tolgono la vita. Anche in questo caso Ottaviano si comporta molto male.

Non dimostrò nessuna moderazione nella vittoria. Mandò a Roma la testa di Bruto perché venisse deposta ai piedi della statua di Cesare. È il 42 a.C., sono passati due anni dalle idi di marzo e la Repubblica Romana non esiste più.

I triunviri si spartiscono l'impero. A Lepido va il Nord Africa, a Antonio l'Oriente, a Ottaviano l'Occidente e Roma. Gradualmente Lepido si ritira a vita privata e sparisce di scena. A questo punto i protagonisti restano due, Ottaviano e Antonio. C'è una moneta, coniata dopo la battaglia di Filippi, che li racconta a questo punto delle loro vite.

Da una parte c'è Antonio, è un uomo adulto, forte, sicuro di sé, un comandante militare, il vero vincitore della battaglia. Dall'altra c'è Ottaviano, piccolo, esile, un ragazzo, quindi è in una posizione di inferiorità, per questo all'inizio non è ostile verso Antonio, poi la fortuna e la sua abilità gli forniranno i mezzi per farlo. per la terza mossa, sbarazzarsi dell'ultimo rivale, appunto Antonio. Innanzitutto insiste molto sulla divinità del suo padre adottivo, di Giulio Cesare.

Così lui può essere e farsi chiamare Divi Filius, cioè il figlio del Dio. È un titolo che può avere solo lui. Poi lega a se stesso Antonio, gli fa sposare sua sorella Ottavia e infine sceglie questo terreno in cima al Palatino per costruire la sua casa. La scelta di questo luogo è importante perché qui vicino c'è la capanna di Romolo, quindi Ottaviano si mette in una linea di continuità diretta con il fondatore di Roma. E poi c'è la casa, questa dove mi trovo ora, che è una casa da ricco ma non da ricchissimo.

Ottaviano è molto attento nella scelta dei materiali, che sono preziosi, e nelle decorazioni, che sono eleganti, ma le stanze sono piccole. E questa casa, che ha vissuto varie fasi di costruzione, non è mai stata lo strumento per ostentare il suo potere. Casomai è stata lo strumento per comunicare la sua semplicità di vita.

L'arredamento era modesto, come quello di un privato cittadino. Si dice che dormisse su di un letto semplice e non molto soffice. Indossò quasi sempre abiti fatti in casa, confezionati dalla sorella, dalla moglie, dalla figlia e dalle nipoti.

Insomma, in questo modo Ottaviano si propone come erede della morale sobria dei romani antichi e incomincia piano piano a rosicchiare consenso ad Antonio, che invece ha uno stile di vita completamente diverso. A cominciare anche dalle sue scelte personali. Antonio abbandona Ottavia, che non è solo la sorella di Ottaviano, è anche una virtuosa nobildonna romana e l'abbandona per una regina straniera, Cleopatra. La loro storia d'amore ha dei contorni leggendari. A quanto dicono, la sua bellezza in sé non era del tutto incomparabile, né tale da colpire chi la guardava.

Ma la sua conversazione aveva un fascino irresistibile. Plutarco descrive così Cleopatra, una donna colta, che parla molte lingue e non ha mai bisogno di interpreti. Antonio invece è un soldato, bevitore e donnaiolo.

L'incontro decisivo è nel 41 a.C., apparso nell'odierna Turchia. L'idea di Cleopatra è di ridare energia attraverso l'uomo forte della giovane potenza romana. al decadente regno egizio.

Per fare colpo su Antonio la regina si presenta in modo spettacolare a bordo di una nave dorata con le vele rosse e i reni d'argento sotto un baldacchino in tessuto d'oro vestita come afrodite in un dipinto. Sedotto da questa visione e secondo le voci messe in giro da Ottaviano, da filtri magici, incantesimi e stregonerie, Antonio lascia progressivamente Roma e si abbandona ad eccessi orientali. La coppia ha tre figlie, Alessandro Elios, il Sole, Cleopatra Selene, la Luna e Ptolomeo, nomi che non hanno niente di romano.

Un'altra arma per la propaganda di Ottaviano. Questa è la casa di Livia, la moglie di Ottaviano. Anche Livia fa parte del piano di demolizione dell'immagine di Antonio. Perché Livia viene da una famiglia romana molto vecchia e molto nobile.

Per la sua formazione, per la sua estrazione familiare e anche per le cose che le sono capitate nella vita, la padrona di queste stanze dovrebbe odiare Ottaviano. Invece i due si conoscono, si innamorano e si sposano. Livia Drusilla fa parte della potente famiglia dei Claudi. È figlia di Marco Livio Druso Claudiano, un anticesariano convinto, che combatte a Filippi assieme a Bruto e Cassio e come loro si toglie la vita dopo la sconfitta.

Anche il suo primo marito, Tiberio Claudio Nerone, è anticesariano. È nella lista dei prospetti e deve scappare da Roma. E Livia lo accompagna nella fuga. Quindi il padre di Livia è morto perché è nemico di Ottaviano e per la stessa ragione lei e suo marito hanno vissuto da esoli.

Oppure, dopo l'armistia e il ritorno a Roma, Livia e Ottaviano si conoscono, si innamorano e si sposano. Il giorno del matrimonio lei ha già un figlio del primo marito, il futuro imperatore Tiberio, ed è incinta del secondo. Anche Ottaviano è già sposato e aspetta una figlia da sua moglie. Anzi, si dice che le abbia fatto avere il contratto di divorzio proprio il giorno del parto. Il significato politico è chiaro a tutti.

Ottaviano, il figlio di Cesare, il figlio dell'uomo che ha sconvolto la Repubblica, sposa una donna dei Claudi, una delle famiglie più in vista dell'anzian regime repubblicano. Per di più figlia ed ex moglie di nemici. La loro unione esprime l'armonia ritrovata tra le fazioni.

Quindi Ottaviano e Livia rappresentano le vecchie energie e le nuove energie di Roma che si ricompongono nel solco della tradizione, in contrapposizione con Antonio, che secondo la propaganda di Ottaviano è in Oriente ed è vittima degli incantesimi di una strega. Antonio però non capisce la portata di questa guerra di propaganda che è in atto contro di lui e continua a sottovalutare quello che lui aveva definito il bambino che deve tutto al suo nome. Anzi, prova anche a fare la pace con lui e gli scrive una lettera, amichevole e scherzosa, e anche molto audace.

Che cosa ti ha cambiato? Il fatto che vado a letto con una regina? è mia moglie e non lo è forse da nove anni e tu vai a L'hai letto solo con Livia Drusilla? Ti auguro di godere buona salute, così che quando leggerai questa lettera ti sarai già fatto Tertulla, o Terentilla, o Rufilla, o Salvia, o tutte quante.

Ad ogni modo, mentre Antonio scrive lettere, Ottaviano continua ad adoperarsi per screditarlo. Non è un'operazione semplice, perché Antonio è molto popolare a Roma e per di più nessuno vuole un nuovo conflitto civile. Per dichiarargli guerra apertamente ci vuole qualcosa di più della propaganda, ci vuole un documento ufficiale ed è qui che salta fuori il testamento di Antonio.

E' un altro colpo di mano di Ottaviano, che se n'è impadronito, lo ha sottratto alle vergini vestali che lo custodivano. Forse lo ha addirittura falsificato e lo legge in Senato. E' un'operazione illegale e disgustosa, lo dice chiaramente lo storico Plutarco. Parve è infatti assurdo ed enorme che un uomo dovesse rendere conto da vivo delle cose da lui volute per dopo la sua morte. Taviano si appigliò specialmente alla clausola riguardante la sepoltura.

Infatti, Antonio disponeva che il suo corpo, in caso di morte a Roma, dopo il corteo nel foro, fosse spedito ad Alessandria, a Cleopatra. È una clausola scandalosa. Un romano per bene non può pretendere di essere sepolto ad Alessandria, da Cleopatra, da una regina barbara. Ma c'è dell'altro.

I domini di Roma in Oriente vengono smembrati. e distribuiti da Antonio alla sua famiglia. È una minaccia troppo grande.

Roma dichiara guerra all'Egitto. Antonio e Cleopatra vengono sconfitti nella battaglia navale di Azio e per loro non c'è più via d'uscita. Inseguiti ed assediati ad Alessandria saranno costretti a togliersi la vita. Ottaviano si mostra clemente coi figli della coppia, li porta a Roma e li alleva in casa sua. Cesarione invece, che all'epoca ha 17 anni, viene tolto di mezzo.

Eliminati Antonio e Cleopatra, Ottaviano resta l'unico padrone del campo e con un gesto di correttezza istituzionale restituisce formalmente al Senato le sue competenze. Il Senato lo ringrazia, gli dà il titolo di Augusto. nel 27 avanti Cristo, Augusto cioè sacro, venerabile.

In realtà Augusto mantiene nelle sue mani tutte le leve del potere. Innanzitutto l'imperium, cioè il comando degli eserciti, e poi crea una nuova classe amministrativa per le province e per lo Stato che risponde solo a lui. Prende anche il titolo di princeps, primo cittadino, colui che ha il diritto di votare per primo in Senato. Il ragazzo che era arrivato a Roma a 19 anni con un esercito privato, ora di anni ne ha 35 e sa benissimo la quantità di sangue che ha versato per arrivare dove è e l'odio che ha suscitato in molti. Quindi sa benissimo che per mantenere quel potere ha bisogno del consenso.

Ecco la quarta mossa, la costruzione del monumento di se stesso. Il cambio d'immagine è radicale ed è evidente nei suoi ritratti. Ottaviano, il giovane inquieto, con l'espressione accigliata e lo sguardo combattivo, lascia il posto all'autorevolezza del primo imperatore, alla figura di Augusto. Nel più famoso dei suoi ritratti, l'Augusto di prima porta, ha lo sguardo sereno, pacato, il braccio sollevato in un gesto di dominio. La costruzione del monumento di se stesso continua e non ci sono solo i ritratti, ci sono anche le grandi opere pubbliche e questa è la più imponente, il Foro di Augusto.

Tutto il foro era una galleria di simboli della grandezza di Roma e Augusto, come a casa sua, E' molto attento alla scelta dei materiali. Le pietre con cui sono costruiti i pavimenti, le colonne, i portici, arrivano dai vari angoli dell'impero, dall'Africa, dall'Asia, dall'Europa. E' come se qui, nel foro che porta il suo nome, Augusto volesse riassumere tutti i domini di Roma.

Al di là dello stile dei ritratti e della grandiosità delle opere pubbliche, c'è un centro attorno a cui ruota tutta la politica dell'immagine di Augusto, la pace. Nella Rapacis è come se ci fossero due linee narrative. La prima inizia con Enea, l'antenato mitico, prosegue con Romolo e Remo, i gemelli, Romolo il fondatore della città, e dall'altro lato c'è una personificazione di Roma. Lungo i lati c'è il popolo di Roma che in processione va a compiere un sacrificio. La seconda linea narrativa è la vita che torna e quindi fiori, piante, frutta, animali grandi e piccoli un bosco che nasce alla base dell'altare e che converge sulla Tellus, la madre terra, la dea che dona prosperità e abbondanza.

Le due linee si incrociano nella figura di Augusto. Lui è l'erede di Enea, di Romolo, lui fonda di nuovo la città e grazie alla sua pace la riporta in vita dopo il coma delle guerre civili. Augusto è pace, abbondanza, prosperità.

Augusto è Roma. Nell'Arapacis non c'è solo tutta questa solennità trionfale, c'è anche, come in un album di fotografie, il racconto del naufragio personale di Augusto. Lui è in testa alla processione, dietro di lui...

c'è Agrippa, che è il suo grande amico, il vincitore di tutte le sue battaglie, il compagno di scuola fin dai tempi di Apollonia. Agrippa è anche suo genero e morirà molto presto. Poi c'è Giulia, sua figlia, la sua unica figlia, adorata, a cui tutto è concesso.

Giulia lo tradirà, parteciperà a un complotto contro di lui, verrà esiliata e non le verrà neppure permesso di essere sepolta accanto al padre. Poi ci sono i due nipoti, i figli di Giulia e da Grippa, Gaio Cesare e Lucio Cesare. Qua sono dei bambini, moriranno anche loro, giovanissimi. Come era morto giovanissimo il primo dei nipoti, il primo degli eredi, Marcello.

L'unica che resterà al suo fianco tutta la vita è la moglie, Livia. Ma su di lei c'è il sospetto che la regia di tutte queste morti precoce Ora torniamo alla cronaca di quel giorno di fine agosto di duemila anni fa, il giorno del funerale di Augusto. E anche in quel giorno l'imperatore non tradisce se stesso e la sua ossessione per l'immagine pubblica.

Ha lasciato quattro documenti. Uno è il suo testamento personale, poi c'è il breviarium imperii, un resoconto delle risorse finanziarie e militari dell'impero, poi ci sono le res geste di via Augusti e c'è un quarto documento, le istruzioni su come deve essere il suo funerale, una specie di regia della cerimonia funebre. C'era una lettiga d'oro e d'avorio, adornata d'oro e di porpora.

Il suo corpo era sotto, nascosto in una bara, ma un'immagine di cera in abiti trionfali era visibile. Non mancano i prodigi, i centurioni accendono il rogo funebre e quando le fiamme si sono consumate, da sotto le braci un'aquila si leva in volo verso il cielo, portando con sé lo spirito dell'imperatore.