Il dramma delle torri e la successiva invasione dell'Afghanistan, reo di aver ospitato e dato rifugio a Bin Laden, rese sempre più reale l'idea di attaccare il regime di Saddam. L'Iraq era un candidato papabile, aveva vaste riserve di petrolio, un'ottima posizione centrale per le basi militari in tutto il Medio Oriente e l'uso di armi chimiche di Saddam contro i curdi, come anche le purghe interne, avevano drasticamente calato il consenso del dittatore nel paese. Inoltre era una nazione senza difese, con tecnologie ormai arretrate.
Infatti gli americani avevano già neutralizzato tutte le difese aeree terrestri irachene nel corso dell'operazione Desert Storm. Agli uomini di Bush venne detto che, tolto Saddam, l'Iraq si sarebbe consegnato come nuovo alleato. Thomas Friedman scrisse molto semplicemente l'obiettivo dettato dall'invasione.
In Iraq non costruiremo una nazione, la creeremo. Il fatto era però che l'Iraq non era uno spazio vuoto su una cartina, era una nazione, con una cultura vecchia tanto quanto l'essere umano, con un forte nazionalismo panarabo, una religione profondamente radicata e sfaccettata. Se la previsione di Friedman era cre... creare una nazione da zero, che fine avrebbe fatto quella già presente? La risposta l'avrebbe data l'entourage di Bush.
Politici come Cheney e Rumsfeld non ricoprivano i loro ruoli di alto livello così a caso. Cheney, quando Ford era ancora presidente, era suo capo di gabinetto, mentre Rumsfeld, segretario della difesa. La filosofia di entrambi era praticamente la stessa, poteva riassumersi nel motto America First, Second, Third and Fourth.
Prima l'America, poi ancora l'America, e ancora, e ancora. Entrambi avevano alle spalle un'esperienza non indifferente, cioè quella di aver supportato e finanziato le giunte militari di estrema destra sudamericane, dall'Argentina al Cile. L'Iraq, per loro, sarebbe stato un nuovo esperimento dove giocare.
Qui Rumsfeld mise in pratica tutta la sua rozza filosofia bellica. La dottrina dello shock and awe, colpisci e terrorizza, ideata dal consigliere Harlan Ullman. Nella guerra del Golfo, Nel 1991, più di 300 missili Tomahawk vennero sganciati in appena cinque settimane. Nel 2003, in Iraq, ne furono lanciati più di 380 in un solo giorno.
Tra il 20 marzo e il 2 maggio, gli americani sganciarono più di 300.000 bombe sul suolo iracheno, oltre che 20.000 missili cruise. Colpisci e terrorizza. Appunto.
Rumsfeld e compagni non speravano soltanto di colpire le forze militari irachene, ma la società in generale. La paura di massa era una parte fondamentale della strategia. Nel saggio La dottrina dell'1%, Ron Susskind spiegava che l'invasione era stata ideata per dare un messaggio concreto al mondo, ma soprattutto per spezzare il morale e intimorire i nemici storici, primi fra tutti Iran e Cina. Una cosa molto simile a quella che facevano gli stessi terroristi che Ramsfeld e Millantà. di voler affrontare.
Come parte di questa strategia del terrore, i medi americani vennero tutti o quasi ingaggiati dal Pentagono per spaventare l'Iraq, per condurre trasmissioni con minacce velate. Nei salotti veniva spesso invitato il padre della dottrina, Ullman. che spiegava con entusiasmo quanto fosse simile all'esplosione di Hiroshima l'effetto generato dalla detonazione di così tanti missili tutti quanti insieme. Era tutto parte della strategia del Dipartimento della Difesa, la paura.
O, per citare un saggio del filosofo danese Kierkegaard, timore e tremore. E come è normale che fosse al momento. dell'invasione in Afghanistan, Saddam si allarmò. Sentiva di avere il fiato degli americani sul collo. E infatti in neanche un anno cominciarono a comparire le prime accuse pubbliche.
Saddam aveva fatto comunella con i terroristi di Al-Qaeda. Con lui al potere, come dicevano da Washington, non si potevano escludere altri attacchi. Era un processo all'intenzione, visto che l'establishment americano non portò mai fatti concreti a supporto dei presunti legami tra Al-Qaeda e Saddam. Anzi, a dirla tutta, le due parti non è che si tollerassero granché, neanche seguendo la teoria del nemico comune.
Fu così che, per guadagnare il consenso decisivo, il Pentagono puntò tutto sulla questione delle armi di distruzione di massa. La CIA imbastì diverse investigazioni, senza però trovare prove concrete, neanche quelle che sembravano portare all'acquisto di uranio direttamente in Niger da parte degli iracheni. Ma questo non fermò Bush dal proporre un intervento militare ai suoi alleati internazionali.
Se il regime iracchese vuole la paura, finirà immediatamente con il supporto per il terrorismo e il fatto di supprimerlo. Gli Stati Uniti d'America faranno questo. Ovviamente non era necessario il loro consenso.
Gli americani potevano muoversi anche senza il mandato diretto delle Nazioni Unite. Ma per avere un caso Sbelli più solido, provarono comunque a persuadere l'ONU per dare l'idea di agire secondo il diritto internazionale. Meno di un tispo di anthrax secco, un po' di... Dietro Colin Powell sedeva un uomo, l'allora direttore CIA, George Tenet.
Tenet era il burattinaio, Powell la marionetta. Powell fu semplicemente utilizzato, fu sfruttato, per ripetere un copione già scritto davanti all'ONU. Un agente di questo tipo è la forma più letale per gli esseri umani. Quella boccetta di antrace non convince nessuno.
Era la scusa inventata in cinque minuti da un bambino di terza elementare, non la prova di armi di distruzione di massa. Qualche anno più tardi Powell si sarebbe pentito per quelle dichiarazioni mendaci. Ma è successo, come abbiamo scoperto più tardi, che molti dei sforzi che avevano stato attestati dalla comunità intellettuale erano errori.
Immagino come mi sento il giorno in cui finalmente arrivano e mi hanno detto che non avevamo quattro fonti independenti per quel van di guerra biologica. È un ragazzo, e lui è lupi, e è in un giallo germano, e non abbiamo mai parlato con lui. E sei mesi dopo, la comunità intelligenza è ancora a posto dietro i loro giudici originali, anche se nulla è stato trovato.
Ho capito le conseguenze di questa fallita e, come ho detto in molte occasioni, ho un po' di regredo che alcune delle informazioni, non tutte, alcune delle informazioni che ho presentato, che sono multisource, fossero erronee. Ma il dado ormai era tratto. Anche senza l'ufficialità del mandato ONU, il 20 marzo 2003, gli Stati Uniti e il Regno Unito, al rifiuto di Saddam di andarsene dall'Iraq, aprirono le danze.
Fin dai primi bombardamenti, gli abitanti di Baghdad furono sottoposti a uno shock sensoriale. Il primo ad andarsene fu l'udito. La notte del 28 marzo 2003, il ministero delle telecomunicazioni venne raso al suolo dai missili e con lui altre quattro centrali telefoniche della capitale. Senza più televisione, radio e telefoni, nessuno poté comprendere cosa stesse accadendo. Poi, toccò agli occhi.
Niente più luce in una città con più di 5 milioni di abitanti. La resistenza irachena fu praticamente inesistente, fiaccata, danni di embargo e assenza di rifornimenti, e Saddam si diede alla latitanza. Sarebbe stato catturato molto presto, a fine 2003, in una fattoria di Tikrit. E infine, impiccato come criminale di guerra tre anni più tardi. In tempo due mesi Bush già esultava con un discorso alla nazione sulla portaria ai Lincoln.
Missione compiuta, recitava lo striscione alle sue spalle. Nella realtà dei fatti, la missione vera e propria iniziava in quel momento. Per debatificare la nazione, fu piazzato come governatore temporaneo Paul Bremer. Per sua stessa missione, Bremer sapeva poco dell'Iraq e in diverse interviste lo scambiò persino con l'Afghanistan.
Ma proprio come le politiche espansioniste dell'impero romano tanto care all'immaginario americano, con Bremer l'Iraq era diventato a tutti gli effetti uno stato cliente. Prima dell'invasione si parlava di diffondere la democrazia. Ecco, già dopo il suo secondo mese come governatore, Bremer bloccò qualsiasi elezione con parvenze democratiche. A Najaf, ad esempio, la città più sacra per gli sciiti iracheni, Bremer era fortemente preoccupato che con le elezioni potesse emergere un candidato islamico poco amichevole. e quindi ordinò al Maggiore Generale della Marina, Jim Mattis, di cancellare le elezioni e scegliere di prima mano i vari leader locali.
Alla fine della storia Bremer scelse come sindaco di Najaf un vecchio colonnello che aveva militato per Saddam. L'ironia proprio. Perché mentre gli iracheni comuni, dagli insegnanti ai medici che avevano aderito al partito Baath per sopravvivere professionalmente, persero tutti il lavoro a causa della debatificazione, i ufficiali militari dell'ex regime noti. per le loro violazioni di diritti umani, vennero comunque ri-arruolati per portare ordine nelle varie province.
Togliamo Saddam per rimettere altri piccoli Saddam, insomma. E infatti il primo governo sovrano, tra molte virgolette, dell'Iraq, sarebbe stato incaricato, non eletto. Gli americani e il nuovo governo provvisorio che tra il 2003 e il 2004 cambiò 12 volte il suo presidente Burattino, si stabilirono nella cosiddetta zona verde, una fascia di territorio di circa 10 km quadrati a Baghdad schiacciata tra il fiume Tigri e il centro della città.
Il mese successivo al suo arrivo, Bremer annunciò l'immediata confisca delle imprese statali irachene. Per invogliare gli investitori stranieri a partecipare all'asta di privatizzazione e a costruire nuove aziende, Bremer promulgò una serie di leggi, descritte dal The Economist come la lista dei desideri che tutti gli investitori sognano per i mercati in via di sviluppo. Bremer impose una aliquota fissa al 15% sulle società e concesse alle compagnie straniere di possedere il 100% degli asset iracheni, evitando che in questo modo si creasse quanto avvenuto in Russia con il crollo e la privatizzazione dell'Unione Sovietica, quando i principali beni di Stato finirono essenzialmente nelle mani degli oligarchi locali.
Le autorità occupanti poi presero possesso di circa 20 miliardi di dollari stazionati nelle casse della compagnia petrolifera nazionale irachena. Di questi, 8 miliardi sono finiti in un buco nero. scomparsi nel nulla senza lasciare traccia, neppure nelle inchieste successive sarebbero riemersi. La ricostruzione, se così vogliamo chiamarla, dell'Iraq fu avviata con un'enorme quantità di denaro pubblico. 38 miliardi di dollari inviati con il consenso del congresso, 15 miliardi di dollari presi da altri paesi e 20 miliardi derivanti dal già menzionato tesoretto del petrolio iracheno.
Bush si azzardò a definirlo un secondo piano Marshall. Un insulto alla storia, perché... Più che un piano per aiutare una nazione distrutta dalla guerra, fu un piano che servì soltanto a minare ulteriormente l'economia irachena, a far schizzare alle stelle soprattutto la disoccupazione. Disoccupazione perché si fece di tutto per attirare aziende e forza lavoro statunitense direttamente in Iraq, basando il tutto anche su presupposti di superiorità, semplicemente perché agli occhi della Casa Bianca gli iracheni, corrotti come erano, non sarebbero stati in grado di ripartire da zero. Il governo americano quindi stava facendo un favore all'Iraq.
Neanche una banconota di questo presunto secondo piano Marshall finì in un'azienda irachena. Non ci fu l'impegno a formare le basi per un'economia sostenibile, creando posti di lavoro e soprattutto finanziando una rete di sicurezza sociale. Gli iracheni non avevano praticamente alcun ruolo in questo piano.
Al contrario, i contratti firmati dal governo federale americano, la maggior parte dei quali erano emessi da USAID, commissionarono una sorta di paese matrioska. un'estensione degli Stati Uniti progettata in Virginia e in Texas, per essere poi assemblata in Iraq. Anche la manodopera irachena a basso salario non era richiesta per il processo di assemblaggio, perché i maggiori appaltatori statunitensi come Halliburton, Bechtel e il gigante californiano dell'ingegneria Parsons preferivano importare lavoratori al di fuori dell'Iraq. I ruoli cruciali nella ricostruzione erano già stati tutti esternalizzati a KPMG e alla Halliburton, nella quale Cheney, tra l'altro, deteneva centinaia di quote societarie.
E stando al giornalista di inchiesta Jeremy Scahill, in Iraq, società di sicurezza private come la Blackwater assoldarono più di 700 soldati cileni. molti dei quali avevano prestato servizio sotto il regime di Pinochet in Cile. Tra questi, sul campo venne convocato pure il caro James Steele, ex consigliere di diversi squadroni della morte salvadoregni, gli stessi squadroni colpevoli di aver ucciso più di 12.000 civili nel corso della guerra salvadoregna degli anni Ottanta. Anche l'esportazione della stessa democrazia venne privatizzata e lasciata in gestione a un istituto, il Research Triangle Institute, con sede nel North Carolina.
e con un contratto di 466 milioni di dollari. La responsabilità operativa in Iraq era in mano a mormoni di alto livello come James Mayfield, che pensava di poter persuadere i musulmani a sposare gli insegnamenti del libro di Mormon e abbandonare quelli del profeta. In un'email Mayfield scrisse di credere fermamente che gli irachemi avrebbero eretto una statua in suo onore come fondatore della loro nuova democrazia.
Le email del mormone fuoriuscirono insieme quasi 400.000 report degli Iraq War Logs pubblicati da Wikileaks nel 2010 Ricordiamoci di un dato quasi 67.000 morti civili taciuti all'opinione pubblica ne abbiamo già parlato nell'approfondimento dedicato da Assange Chi dia che raggio ferisce, dia che raggio perisce In fin dei conti, gli americani avevano sfruttato le loro competenze informatiche per interferire con i computer degli iracheni, nelle prime fasi dell'invasione, nella battaglia di Fallujah e anche per sabotare i sistemi del Ministero dell'Interno di Saddam. La raccolta di informazioni cruciali e sensibili è da decenni ormai l'arma di governi, soprattutto di criminali. In un mondo sempre più interconnesso, un nostro valido alleato in questa guerra digitale è NordVPN.
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Nel novembre 2006, Ralph Peters, ufficiale dell'esercito americano in pensione, scrisse sul quotidiano USA Today, «Abbiamo dato agli iracheni una possibilità unica di costruire una democrazia basata sul rispetto della legge». ma gli iracheni hanno preferito lasciarsi andare alla violenza. Le società arabe non possono sostenere la democrazia come noi la conosciamo. Insomma, la colpa era degli iracheni.
Le divisioni etniche e settarie erano ovviamente presenti in Iraq ben prima dell'invasione, ma lo erano in misura minore rispetto al periodo post-bellico. 18 mesi dopo l'invasione, in una ricerca condotta dal Oxford Research International Poll, il 70% degli iracheni desideravano un ritorno a uno stato fondato sulla legge islamica, una percentuale che, appena sei mesi prima, era stata invece del 21%. Questa radicalizzazione è stata una cosa che non si sapeva fare.
Tolto di mezzo Hussein, l'errore fatale fu il non lasciare agli iracheni il processo di riparazione del paese. Un processo che soltanto loro potevano condurre. E invece l'Iraq venne lasciato a se stesso.
Venne trasformato in un laboratorio politico-economico, in un campo di battaglia che aveva polarizzato gli uni contro gli altri, tra disoccupazione e violenza. Se magari in sei mesi, non so, dall'invasione agli iracheni si fossero trovati a bere acqua pulita dalle tubazioni costruite dalla Bechtel, Se avessero avuto le case illuminate con sistemi elettrici della General Electric, le strade sorvegliate da un corpo di polizia addestrato dalla DynCorp, oppure i malati curati in ospedali costruiti dalla Parsons, molti avrebbero sicuramente messo da parte la rabbia. Ma le cose non andarono così. Parsons ricevette 186 milioni di euro.
milioni di dollari per costruire 142 cliniche sanitarie. soltanto sei furono completate. Di sistemi di purificazione per l'acqua neanche l'ombra e il banditismo dilagava per le strade. Chi approfittò della situazione per radicalizzare la popolazione furono i furbi, uno fra tutti il libanese Muqtad al-Sadr, chi è ricosciita che si dimostrò subito abile nel mettere in luce i fallimenti della ricostruzione americana e nel dirigere la propria di ricostruzione. Una ricostruzione parallela nei bassi fondi delle principali città, Bassora.
Questo gli fece guadagnare rispetto, ma soprattutto un certo seguito. Finanziati con le donazioni delle moschee e poi con il supporto dell'Iran sciita, i centri gestiti da al-Sadr riempirono un vuoto politico che era stato generato dagli statunitensi, perché davano cibo, lavoro e protezione agli iracheni. Il risultato fu la creazione di un esercito fedele, l'esercito del Mahdi, una forza paramilitare di matrice sciita che, dal 2004 in poi, avrebbe iniziato a muovere attenzione. attacchi contro la coalizione occidentale.
L'emergere di gruppi di resistenza e di guerriglia armata spinse gli americani ancora di più sulla difensiva. Alcuni dei guerriglieri più di spicco erano portati in una zona protetta vicino all'aeroporto internazionale di Baghdad, gestita da una task force militare della CIA e tenuta nascosta alla Croce Rossa. L'esistenza della struttura segreta divenne pubblica soltanto quando un sergente che lavorava lì, utilizzando lo pseudonimo di Jeff Perry, si rivolse a Human Rights Watch. Rispetto al carcere caotico di Abu Ghraib, la struttura della CIA era spaventosamente pulita e ordinata. Come riportato su RefWorld.
Le guardie potevano scegliere i metodi di tortura attraverso un computer e una lista di controllo, una sorta di menu delle torture. E sempre più avanti si cita, le guardie privavano i detenuti del sonno, li esponevano ad altissime temperature e li costringevano a stare con la faccia contro il muro per 24 ore di fila in un container metallico con poca ventilazione. Convenzione di Ginevra, scansati proprio. E uno dirà, ma se erano lì dentro è perché se lo meritavano, perché erano dei criminali.
Non ne sarei così sicuro. Uno dei prigionieri posti continuamente all'elettroshock ad Abu Ghraib era Haj Ali, un ex sindaco locale. Come migliaia di altri prigionieri, Ali fu rilasciato da Abu Ghraib senza accuse, spinto giù da un camion, dopo che gli fu detto ...
sei stato arrestato per errore. La stessa Croce Rossa ha detto che gli ufficiali militari statunitensi avrebbero ammesso che in Iraq tra il 70 e il 50% delle detenzioni erano errori. Saddam aveva sempre fatto affidamento alla tortura per mantenere il potere, non è che l'Iraq fosse il bel paese dove ti trattavano con i guanti di velluto, però che cosa fece il Pentagono? Adottò la sua stessa strategia, perché sapeva che soltanto la violenza poteva battere la violenza. Gli effetti di questo disintegro nazionale?
Registrati tutti nei dettagli. Secondo l'ONU, nel 2007, 2 milioni erano gli iracheni sfollati, fuggiti da rapimenti, estorsioni e attentati delle cellule esterne. estremiste, ma non solo. Gli assedi di Sadr City e di Najaf, le mattanze a Fallujah e Ramadi, dove l'esercito americano sganciò indiscriminatamente bombe al fosforo bianco sui civili per stanare i nemici, dimostrarono a tutti soltanto una cosa. il fallimento dell'elite politica statunitense, la sua hubris, la sua tracotanza.
Questo è quello che succede quando si crede di poter esportare un modello politico non previsto da altre culture. La violenza che ha travolto e che tuttora travolge l'Iraq è il frutto di architetti fatalmente ottimisti. Una creazione prestabilita, apparentemente innocua, persino idealistica all'inizio. Un modello per un nuovo Medio Oriente.
La disintegrazione dell'Iraq ha le sue radici nell'ideologia di questi architetti. Implicava formattare da zero una nazione per riscriverne un'altra. E quando si sono resi conto che ciò non era possibile, quegli stessi architetti si sono adoperati in tutti i modi per fare letteralmente tabula rasa dell'Iraq, nella speranza di creare una nuova terra promessa. Una terra promessa.
e soprattutto benedetta dalla democrazia, ma con la morte di 650.000 persone. Mr. Bush, when are you going to apologize for the million Iraqis that are dead because you lie? You lie about weapons and mass destruction. You lie about Iraq being a threat. You sent me to Iraq.
You sent me to Iraq in 2003. My friends are dead. Jassim al-Kassim. You kill people.
You lie. You lie about WMD. A million Iraqis are dead because you lie.
My friends are dead because you lie. You need to apologize! Apologize!