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Racconto del rapimento di Aldo Moro

Buonasera, buonasera. C'era una volta a Roma un fioraio che si chiamava Antonio Spiriticchio. Era un fioraio ambulante, era uno che aveva un posto fisso dove parcheggiava il furgone e poi apriva la serranda e dal furgone vendeva i suoi fiori.

Un giorno di marzo del 1978, scendendo in strada al mattino per andare a lavorare, il fioraio trovò che qualcuno gli aveva bucato una gomma. Avrà detto qualche parolaccia, ha cambiato la gomma e alle 9 del mattino era puntuale al lavoro. Un paio di giorni dopo, scendendo al mattino per andare a lavorare, il fioraio trovò che il furgone aveva tutte e quattro le gomme tagliate. Deve aver detto molte parolacce quella mattina.

Si è messo lì, ha provato a cambiare le gomme, alla fine ci è riuscito, però niente da fare. Quel mattino, al lavoro, ha fatto tardi. Era la mattina del 16 marzo 1978 e il luogo dove il fioraio di solito lavorava dal furgone parcheggiato era via Stresa, angolo via Mario Fani.

Non so se la data e il nome vi ricorderebbero qualcosa, se non fosse che sapete qual è l'argomento del nostro incontro di stasera. Quello era il giorno in cui le Brigate Rosse avevano progettato di rapire Aldomoro. E l'angolo tra via Stresa e via Mariofani è il punto preciso in cui avevano deciso di bloccare le macchine di Moro e rapirlo. Per cui al processo delle BR in seguito venne fuori che loro, studiando la... la scena dell'agguato, si erano accorti che il fioraio stava proprio nel punto in cui si sarebbe fermata la macchina di Moro e soprattutto quella dietro della scorta.

Il fioraio si sarebbe trovato nella linea di tiro del gruppo di fuoco che doveva sterminare la scorta e i brigatisti non avevano voglia di fare vittime inutili, perciò avevano deciso che quel mattino il fioraio non doveva esserci. Avevano fatto una prova generale qualche giorno prima tagliandogli una gomma. Niente, quello alle nove era lì lo stesso.

Allora il giorno dell'adguato hanno deciso di andarci giù pesanti. Gli hanno tagliato tutte e quattro le gomme. Mario Moretti racconterà poi, o meglio racconterà, dirà, capite in che situazione eravamo?

Se per caso quel mattino qualcosa andava storto e dovevamo rimandare a un altro giorno, quell'altro giorno di nuovo dovevamo tagliargli tutte e quattro le gomme. E dice Moretti, quante volte potevamo farlo? A parte che a spiriticchio sarebbe venuto l'esaurimento nervoso, dice Moretti.

E comunque prima o poi qualcuno avrebbe cominciato a sospettare qualcosa. Ecco, la storia che racconteremo stasera è fatta anche di questi particolari. Ha scritto uno storico che si è occupato a lungo del caso Moro, che studiare questa pagina di storia italiana significa immergersi in una dimensione orribile, fatta quasi esclusivamente di morti ammazzati e di menzogne.

È vero, però è anche vero che ricostruire questa vicenda, cioè come le BR hanno progettato ed eseguito il rapimento di Moro, perché questo è il tema di stasera, vuol dire anche scoprire tante cose inaspettate, tanti dettagli inattesi su cosa voleva dire essere una rete clandestina di terroristi e preparare un attentato nell'Italia degli anni 70. E'il caso di fare una premessa anche oggi, facciamola. Io cercherò di raccontarvi dei fatti accertati. I fatti accertati, indiscussi, permettono di ricostruire quasi tutta la dinamica del rapimento.

di Moro. Poi al di là di questo ci sono le illazioni, ci sono i teoremi, ci sono le teorie tirate per i capelli, ci sono le testimonianze contraddittorie su cui qualcuno ha costruito ipotesi alternative. Io personalmente credo che il problema di Moro sia il fatto che il credo molto poco a quasi tutte le dietrologie che sono state pubblicate intorno all'azione delle Brigate Rosse in quei giorni.

Quello che vi racconterò oggi è quello che viene fuori dalle testimonianze, dai processi, dai verbali, dai libri che i protagonisti hanno scritto. Rimangono molte piccole zone d'ombra, rimangono molte piccole zone di rispetto, ma sono molte piccole zone di rispetto. molti dettagli contraddittori, io non credo che nella sostanza che veramente ci importa rimangano molte cose che non si sanno. C'è gente in Italia che pensa invece di sì, che ci siano grandi segreti ancora da scoprire.

Io non ci credo tanto. Comunque questa è la versione che si può mettere insieme, mettendo in fila le cose di cui siamo abbastanza sicuri. E cominciamo con le Brigate Rosse.

Che cos'erano le Brigate Rosse? Mario Moretti, che citerò ancora molto spesso, sono giorni che mi dico devi stare attento a non chiamarlo Nanni Moretti, mi scapperà di sicuro, Mario Moretti che è uno dei protagonisti e il regista del delitto Moro, ha raccontato molto, ovviamente ha raccontato quello che voleva lui, non dobbiamo pensare che la sua testimonianza sia candida come non sono candide le testimonianze di ministri dell'interno o di generali dei carabinieri. Ma comunque Mario Moretti ha raccontato molto e secondo lui le BR erano un'avanguardia ristrettissima, erano in pochi, molto pochi, però in fabbrica avevano un vasto consenso, Moretti è sicuro.

Erano pochi perché avevano deciso che i militanti, irregolari come li chiamavano loro, che è un termine militare, E'interessante questo, le Brigate Rosse usano una terminologia militare, si sentono un esercito. I regolari, è stato deciso che vivranno in totale clandestinità, nomi falsi, documenti falsi, ovviamente questa è una cosa complessa, perciò i regolari sono molto pochi, qualche decina al massimo in ognuna delle grandi... grandi città in cui le BR sono presenti, però hanno una vasta rete di fiancheggiatori, ci sono un sacco di compagni che vivono la loro vita normale alla luce del sole, ma in segreto guardano con simpatia le BR e quando possono danno una mano. Le BR sono organizzate, come ci ricordiamo da quei tempi, in colonne, è un altro termine militare.

In ogni città l'organizzazione delle BR si chiama la colonna romana, la colonna genovese. Ogni colonna è completamente autonoma, risponde sia a un esecutivo centrale, ma non sa niente delle altre colonne. E questo è un principio fondamentale per sopravvivere in clandestinità. Meno sai e meno racconterai quando ti arresteranno. Si chiama la compartimentazione.

Le colonne nascono in una città quando si è sicuri che in quella città c'è un terreno favorevole, anzi, raccontano loro, quando da quella città ci mandavano a chiamare. Quando c'è una rete di gente che ci guarda con simpatia, così fitta, che riescono a trovarci, riescono a contattarci, ci chiedono di andare lì, allora noi mandavamo dei compagni in città e verificavamo se era possibile mettere in piedi una nuova colonna. La colonna romana, che è quella che gestisce il delitto Moro, e cioè l'azione più eclatante delle BR, non è una delle più forti. La forza delle BR stava nelle grandi città industriali, a Milano, a Torino, a Genova. Mario Moretti sostiene che anche a Roma, in realtà, una certa forza alla fine l'avevano.

Anche a Roma c'era qualche fabbrica. Moretti dice c'era una fabbrica dove avevamo un nucleo, una brigata dicono loro, una fabbrica di Pomezia. Altri nuclei erano imposti, come dire, che sono più quelli che ci potremmo aspettare in una grande città come Roma, alla SIP, negli ospedali, e poi nuclei nei quartieri popolari, nelle borgate, al Tiburtino, a Centocelle, a Prima Valle. Moretti racconta che le BR a Roma in realtà erano forti. Altri brigatisti hanno raccontato una storia un po'diversa.

In particolare c'è un testimone importantissimo, Valerio Morucci, bisogna stare attenti a non confonderli, Moretti e Morucci. Morucci, saranno tutti e due in via Fani al momento dell'agguato a Moro. Però poi le loro strade si sono divise, Morucci si è dissociato ed è molto critico nei confronti di quel periodo, Moretti molto meno.

E dunque Morucci dice, Moretti esagera, non è mica vero che le Brigate Rosse erano forti a Roma, erano quattro gatti. E Valerio Morucci dice, io lo so perché quando io e la mia fidanzata abbiamo chiesto di entrare nell'EBR, fidanzata di un'altra, Adriana Faranda. Morucci e Faranda avevano militato in un'altra organizzazione, i NAP, i Nuclei Armati Proletari.

Poi nell'estate del 76 hanno chiesto di entrare nelle BR e Morucci dice ci hanno subito presi, non solo ci hanno subito presi, ci hanno subito fatti entrare come militanti a tempo pieno, regolari, clandestini. E dice Morucci, cito Se ci facevano entrare subito come regolari, spocchiosi come erano, voleva dire che non stavano messi poi tanto bene. Morucci è uno che appunto è entrato nelle biere dopo aver fatto altre esperienze e poi si è dissociato e nel suo ricordo tende a insistere, ci siamo noi che siamo arrivati dopo e poi c'erano i brigatisti veri e quelli erano spocchiosi.

E'una cosa che è importante perché fa emergere una delle tante cose che bisogna ricordare, che le BR non sono monolitiche. Ci sono i militanti della prima ora, i puri e duri, e poi ci sono quelli che sono arrivati dopo, ci sono quelli che hanno fatto altre esperienze, che col tempo maturano dei dubbi. Sono tutto meno che monolitiche le BR.

Però al tempo del rapimento di Moro quei dubbi non sono ancora venuti fuori. A un certo punto le BR decidono che devono dimostrare la loro forza. Devono dimostrare la loro forza...

rapiranno e processeranno uno dei capi della dc è una decisione che matura fra il 76 e il 77 su questo le testimonianze sono un po contraddittorie devono averne parlato a lungo quello che è sicuro è che in quel momento a torino è in corso il processo al cosiddetto nucleo storico delle br renato curcio e gli altri franceschini lo stato sta processando le br perciò le br decidono di processare lo Stato. Secondo la loro analisi, lo Stato vuol dire la DC. La DC possiede e gestisce integralmente lo Stato. È un'analisi forse non del tutto sbagliata, a essere sinceri, diciamolo pure.

Certo, troppo rigida. In ogni caso loro hanno questa idea, è la DC che bisogna colpire per colpire lo Stato. Ma la DC vuol dire tante cose.

C'è Andreotti, c'è Fanfani, c'è Moro. Bisogna decidere. E allora Valerio Morucci e Adriana Faranda sono incaricati di fare qualche indagine per verificare fra questi dirigenti dell'ADC chi è il più vulnerabile.

E cominciano ad andare in giro per Roma a verificare. Andreotti abita in centro, a Corso Vittorio. Trovarlo è facilissimo. Addirittura c'è una trattoria dove la sua scorta si ferma a pranzo tutti i giorni e per parecchi giorni Morucci e Faranda vanno a pranzo anche loro nella stessa trattoria tanto che alla fine quasi fanno amicizia con la scorta di Andreotti quando si trovano lì a pranzo si fanno segno col capo entrando una volta viene a pranzo lì con loro anche Mario Moretti Il quale si mette le mani nei capelli quando si accorge che loro si salutano con la scorta di Andreotti.

Però Andreotti, anche se è facile da trovare, è difficile da portare via. Abita in centro, a Roma. Le strade sono strette.

Bloccare il centro è facilissimo. I controlli di polizia, siamo nel 78, vi ricordate quanti ce n'erano? Anche prima del rapimento Moro.

I controlli di polizia sono fittissimi. Insomma, Andreotti non va bene. C'è Fanfani, andiamo a vedere. Hanno un indirizzo di Fanfani al Trionfale.

Morucci e la Faranda vanno a vedere a quell'indirizzo, suonano il campanello, Fanfani no, non abita qui. Dato che non l'hanno trovato, non sanno bene come fare e di conseguenza anche Fanfani rinunciano a rapirlo. Questa è un'altra cosa che vale la pena di ricordarci, le BR non sono mica dei super uomini, sono una coppia di fidanzati in questo caso, Morucci di 29 anni e Faranda di 27, che vanno a vedere su un citofono se c'è scritto Fanfani. Non c'è scritto Fanfani e le BR non sono in grado di andare avanti.

rimarrebbe Moro e in una riunione uno dei brigatisti dice sapete io Questo è Franco Bonisoli, detto il Rossino, che sarà nel gruppo di fuoco dell'attacco a Moro e che è uno dei capi dell'EBR, sta nell'esecutivo. Franco Bonisoli dice, sapete, io un po'di tempo fa, un mattino, passavo davanti alla chiesa di Santa Chiara alla Camilluccia e ho visto parcheggiate due auto blu. Un buon brigatista a quel punto si ferma a controllare cosa sta succedendo.

Sono fermato e sapete cosa ho visto? Ho visto che Moro... Andava lì a pregare in chiesa, prima di andare in ufficio, alle nove del mattino. Erano le sue le auto blu, con la scorta.

E racconta Bonisoli la mattina dopo, sono tornato a vedere. Erano di nuovo lì, alla stessa ora. Lui fa sempre lo stesso percorso e si ferma a pregare alla chiesa di Santa Chiara. Moro abita fuori dal centro storico, questa è una cosa importante, abita a Montemario, lì il problema del traffico è diverso, e si ferma alla Camilluccia a Santa Chiara a pregare.

Vi do un esempio adesso su questo dettaglio di come i brigatisti hanno saputo che Moro tutte le mattine si fermava alla chiesa di Santa Chiara, vi do un esempio dei piccoli dettagli frustranti su cui esistono versioni contraddittorie, su cui non possiamo essere sicuri al 100%. Tutti loro raccontano appunto, sì, Bonisoli l'ha visto, Valerio Morucci racconta una storia diversa. Valerio Morucci dice che questa storia che Moro andava a pregare tutte le mattine a Santa Chiara era già saltata fuori in una riunione tre anni prima.

Era la prima volta che quelli del nord, come dice Valerio Morucci, erano venuti a Roma per fondare la colonna romana. Lui non c'era ancora in quella riunione, è entrato dopo, chissà se dice la verità. A Morucci i brigatisti venuti da Milano stanno molto antipatici. Dice, su Roma la pensavano più o meno come i leghisti. E comunque quelli del nord scesi a Roma, secondo Morucci, si erano portati dietro come una reliquia, un ritaglio di giornale, in cui si raccontava che l'onorevole Moro tutte le mattine andando a lavorare si ferma a sentir messa alla chiesa di Santa Chiara.

A questo punto è molto difficile sapere se questa storia è vera, Morucci è uno che scrive bene, ha scritto tanti libri, gli piace romanzare, ma insomma, a noi non importa, era solo per darvi un'idea delle mille piccole cose su cui lo storico fa fatica a dire qual è la verità. Ma in ogni caso la sostanza è chiara. Moro è l'obiettivo più facile. Nell'autunno del 77, a livello nazionale, le BR decidono il rapimento di Moro. E il comitato esecutivo delle Brigate Rosse incarica la colonna romana di studiare l'azione.

Oh, come sono organizzate le Brigate Rosse al vertice! Chi dirige tutto è il comitato esecutivo, sono in quattro, Moretti, Azzolini, Micheletto, Bonisoli. Al di sopra di loro c'è la direzione strategica dell'EBR, ma la direzione strategica è un organismo pesante in cui ci sono i rappresentanti di tutte le colonne, 15 persone che si trovano, quindi la direzione strategica non si può riunire a tutti i momenti, arriva gente da tutta Italia, è un organismo di indirizzo, la direzione strategica discute, prepara i famosi documenti con cui si dà la linea, nel febbraio del 78, Un mese prima del rapimento Moro, la direzione strategica dell'EBR si riunisce in una villetta a Velletri, messa a disposizione della colonna romana, e preparano la risoluzione in cui dichiarano che la DC è il nemico numero uno.

Questa risoluzione strategica delle Brigate Rosse, tanto per dare un'idea della loro capacità di diffusione delle loro idee, viene stampata in 10.000 copie che vengono distribuite nelle fabbriche italiane. Dopodiché, una volta presa la decisione, la direzione strategica esce di scena. Adesso entra in campo l'esecutivo e il legame fra l'esecutivo e la colonna romana è Mario Moretti.

Cosa si fa concretamente? Dobbiamo decidere, vogliamo rapire Moro, benissimo. Dove?

Dobbiamo pedinarlo, studiare le sue abitudini e capire dove rapirlo. La prima idea è la chiesa di Santa Chiara. Hanno già questo elemento in mano.

Perciò Valerio Morucci e Adriana Faranda, due fidanzatini che si tengono per mano, vanno a passeggio alla mattina davanti alla chiesa di Santa Chiara. Passano così vicini e tutte le mattine le auto della scorta di Moro sono lì. I due fidanzatini passano accanto alle auto della scorta, così vicini che sentono i poliziotti che chiacchierano. Uno di loro dice, hai visto sono arrivate le rondini, fra poco è primavera.

Molti anni dopo Adriana Faranda racconterà a Valerio Morucci che quella frase le è rimasta impressa e che le provoca ancora un groppo in gola perché loro stanno passando accanto a quei poliziotti e devono decidere come rapire Moro e quanta gente bisognerà ammazzare. La chiesa di Santa Chiara per un po'sembra un luogo ideale, perché Moro entra, va al primo banco a pregare, sui cinque uomini di scorta solo due entrano e si fermano all'ingresso della chiesa, gli altri tre restano fuori. Per cui, insomma, se entriamo in forze, possiamo immobilizzare i due poliziotti che sono entrati, non c'è bisogno di sparare, prendiamo Moro, lo portiamo fuori. Da dove?

C'è un'uscita laterale della chiesa di Santa Chiara. Morucci va, viene in quella chiesa, come fosse a casa sua alla fine, se la studia in tutti gli angoli, è convinto che si può fare. Solo che quell'uscita laterale della chiesa...

Da lì si vede un'edicola che c'è sulla strada, quindi dall'edicola si vede l'uscita e tutte le mattine i poliziotti della scorta che restano fuori a un certo punto vanno a comprare il giornale all'edicola e quindi non andrebbe tanto bene, ma poi viene fuori un'altra cosa che l'uscita laterale dà sul cortile di una scuola. E'il cortile di una scuola e alle nove del mattino è il momento in cui entrano ed escono i bambini e le mamme. Quando si discute di questo all'esecutivo si dice no, non si può fare.

Noi non ci mettiamo a rapire Moro e portarlo fuori in mezzo alle mamme e ai bambini col rischio che la scorta reagisca e che comincia una sparatoria. Non se ne parla neanche. Allora, allora dove andiamo a prenderlo? Moro insegna all'università. Vanno a vedere all'università studiare i suoi orari, le aule.

Ci va Antonio Savasta, che poi sarà uno dei famosi pentiti delle Brigate Rosse. Segue Moro, va a lezione, prende i tempi, poi torna e dice no ragazzi non si può mica fare. Primo, lì è sempre pieno di studenti, è sempre pieno di gente. Secondo, e questo è interessante, In quel luogo pericoloso che è l'università, in mezzo a quella gente pericolosa che sono gli studenti, i poliziotti della scorta di Moro sono sul chi vive, attentissimi col dito sul grilletto. Quindi quello è l'ultimo posto dove si può andarlo a prendere.

E allora c'è un'unica soluzione, bisogna prenderlo per strada, bisogna bloccare le auto a un certo punto e portarlo via. Certo in quel caso bisognerà uccidere la scorta. Tutto questo avviene ad opera di un gruppetto ristrettissimo, una decina di militanti, non sono mica di più la colonna romana delle Brigate Rosse, una decina di militanti che vivono, come dicevamo, in clandestinità.

Vivere in clandestinità non è facile. La prima difficoltà è che ci vogliono i documenti falsi. Ci sono controlli continui in Italia in quegli anni.

Devi avere le carte a posto e devi averne tante. Mario Moretti ha raccontato sapete quanti documenti falsi ci vogliono per venire via puliti se ti fermano su una macchina rubata? Ce ne vogliono otto.

Se non li hai è meglio girare in tram. altrimenti non duri neanche tre giorni dunque ci vogliono i documenti falsi e bisogna fabbricarli così come si fabbricano le targhe false per le macchine che vengono rubate ci vogliono officine tipografie e operai capaci E ci sono. Le biere sono composte soprattutto da operai.

E i simpatizzanti, quelli che vivono liberamente alla luce del sole, e che però danno una mano, sono quasi tutti operai, tecnici. Per cui non c'è difficoltà, si trovano quelli che ti fanno le cose. C'è il compagno tipografo, che accetta di aprire una tipografia sua alla luce del sole, e poi però, quando ce n'è bisogno, ti stampa di nascosto i comunicati delle biere.

Poi certo ci possono essere degli incidenti, a un certo punto comprano una stampante, la comprano da un rigattiere. Questa cosa darà luogo a dietrologie sbalorditive perché salterà fuori un bel giorno che questa stampante usata dalle BR in tipografia era stata dismessa dai servizi segreti. Il fatto che loro usano una stampante che viene dai servizi segreti, ovviamente, ecco, Mario Moretti dirà quella stampante avremmo fatto meglio a mangiarcela bullone per bullone, ci dava meno grane.

La tipografia dunque è fondamentale, la tipografia servirà per esempio, pensate ai dettagli di una storia come questa, servirà la tipografia per stampare durante il sequestro Moro, per falsificare una ricetta che serve per comprare un farmaco di cui Moro ha bisogno e che non gli possono dare, non gli possono comprare in farmacia senza la ricetta. Ora è chiaro che per fare tutto questo ci vogliono dei soldi, tutta questa gente vive in clandestinità a tempo pieno senza lavorare e perciò prendono uno stipendio, le BR a ogni regolare pagano uno stipendio, loro lo chiamano così, sono stipendiati e naturalmente lo stipendio è quello di un operaio, non una lira di più. Anzi Valerio Morucci. che come avete capito nei confronti dei puri è un po'allontanato, Morucci racconta sapete i puri riuscivano a non spenderlo neanche tutto quello stipendio da operaio che gli veniva versato ogni mese e se avanzavano qualcosa riportavano indietro, erano fuori di testa dice Morucci. Da dove vengono questi soldi?

All'inizio facevano rapine, rapine in banca, negli uffici postali, loro li chiamano espropri, ma è molto rischioso ed è molto impegnativo perché la rapina rende poco, bisogna farne tante. Moretti dice in pratica facevamo una rapina in banca ogni mese, non si poteva andare avanti così, non facevamo nient'altro e non basta, molti compagni non erano contenti. Molti compagni dicevano ma io non voglio entrare in una banca e gridare mani in alto questa è una rapina, noi non siamo delinquenti, siamo comunisti. Perciò ci ragionano su e decidono che bisogna cambiare sistema. Bisogna rapire dei grandi industriali e farsi pagare il riscatto.

Molti di noi ricordano che in quell'epoca i rapimenti erano abbastanza frequenti in Italia, la malavita comune rapiva contro il riscatto, lo fanno anche le BR, ne fanno più di uno, poi ne fanno uno grandioso che li mette a posto per sempre. Pietro Costa della famiglia di armatori genovesi Costa Crocere avete presente no? Ecco questo rapimento Costa io adesso ci perderò un pochino di tempo perché è una storia che meriterebbe di essere raccontata in un'ora anche quella la storia del rapimento Costa. Pietro Costa è un membro giovane della famiglia le birre lo rapiscono e chiedono il riscatto I Costa, armatori genovesi, vecchi a scuola, cominciano a negoziare. Negoziano per tre mesi, costringendo le BR ad abbassare progressivamente la richiesta del riscatto.

Quando la cifra chiesta dalle BR coincide con l'importo dell'assicurazione, i Costa pagano. Hanno raccontato i brigatisti che quando rilasciano Pietro Costa dopo tre mesi di prigionia gli ridanno il portafoglio lui controlla che ci sia tutto e poi dice c'era un biglietto dell'autobus timbrato da una sola parte Il fatto è che i brigatisti sono deliziati, li ammirano tantissimo, questi sono i veri nemici con cui vale la pena di combattere. I brigatisti adorano questi industriali vecchio stile che sanno qual è il valore del denaro e gente con cui si capiscono. Del resto Moretti lo dirà proprio, quando noi rapivamo un industriale o un dirigente d'azienda Con lui ci capivamo subito, parlavamo la stessa lingua e parlavamo della stessa cosa.

Noi gli dicevamo il punto di vista degli operai e lui ci rispondeva col punto di vista dei padroni. Mentre, dice Moretti, quando rapivamo, o comunque dovevamo interloquire con un magistrato o con un politico, non ci si capiva per niente. Sapete che con Moro non si sono capiti per niente, è stato uno dei drammi del rapimento Moro, la fatica di capire.

capirsi e invece con gli industriali si capiscono. Questa storia del sequestro Costa, vabbè c'è ancora questo, è un dettaglio ma anche questo, raccontiamolo. I Costa pagano due valigie piene di soldi, i brigatisti sono lì in un garage con queste due valigie piene di soldi, chiuse, e hanno paura ad aprirle perché hanno paura che ci sia il trucco, la bomba, si sono procurati delle maschere anti gas. e si mettono le maschere antigas e a quel punto non le aprono le valigie, tagliano il coperchio, le valigie sono piene di soldi.

Grande sollievo, ci sono i soldi, si tolgono le maschere antigas e poi appena li maneggiano si rendono conto che questi soldi, queste banconote, due valigie di banconote, sono state tutte cosparse di una strana polverina fosforescente. Tuttora i brigatisti quando raccontano questa cosa non sanno se ridere o piangere, dicono ma cosa pensava di fare la polizia? Comunque fatto sta che le banconote sono tutte cosparse di polverina fosforescente per cui i brigatisti passano le settimane successive a lavare una per una le banconote con una spugnetta e poi le appendono in bagno con le mollette ad asciugare. Come in un film di Totò, dice Mario Moretti.

Il sequestro costa rende un miliardo e mezzo di lire, che basta a mantenere le BR per quattro anni. Tutti i soldi sono presi in consegna dal comitato esecutivo, che li distribuisce alle varie colonne secondo il bisogno. Il comitato esecutivo tiene i conti e, in teoria, ogni militante ha il diritto di chiedere di vedere i conti. Moretti dice che non è mai successo, dei soldi non fregava niente a nessuno e credo che possiamo anche credergli su questo.

Uno degli usi principali dei soldi consiste nel pagarsi degli alloggi, bisogna affittare degli alloggi, capite? Chi vive in clandestinità il punto debole è la casa e fra l'altro lo Stato lo sa e cerca di stringere proprio sulla casa. Subito prima del sequestro Moro... Passa una nuova legge secondo cui il padrone di casa che affitta un alloggio deve comunicarlo alla polizia con i dati dei documenti dell'inquilino. Ora le Brigate Rosse a Roma hanno come sede principale un ufficio in via Chiabrera all'Ostiense che Valerio Morucci ha preso in affitto sotto falso nome, fingendo di essere un ingegnere che doveva mettere su un'impresa.

Quando esce questa legge della segnalazione alla polizia, Morucci si preoccupa. Non è che adesso la padrona di casa viene a chiedermi i documenti, la fotocopia. Com'è, com'è non è, decide di giocare d'anticipo, telefona alla padrona di casa.

Dice, signora, ha visto la nuova legge? La signora non sapeva niente. Morucci le spiega, c'è la nuova legge, dovrebbe compilare dei moduli, portarli alla polizia. Ma guardi signora, se vuole venga qua un momento, ne parliamo. La padrona di casa va a casa da Morucci, a Via Chiabrera.

Morucci le dice, guardi signora, ho controllato bene, la legge non è retroattiva, quindi noi siamo a posto, però se lei vuole essere proprio tranquilla, se vuole compilare i moduli, li ho già presi. Ma no, dice la padrona di casa, ma si immagini, lei è una così brava persona e dice la padrona di casa, non sa chi c'era qui prima di lei. C'erano due studenti calabresi. Avevano perfino una bandiera con la falce e il martello appesa al muro.

Secondo me erano delle brigate rosse. Ora, i padroni di casa sono sempre un problema, quindi quando vuoi essere veramente sicuro sicuro l'alloggio devi comprarlo. L'alloggio in cui sequestrare Moro lo comprano. Appena deciso il rapimento, Mario Moretti cerca un alloggio da comprare con i soldi del sequestro Costa.

Ci sono dei criteri. Deve essere in un posto anonimo, una via anonima, una palazzina qualunque, senza portineria, nessuno che tenga d'occhio chi entra ed esce, e ci vuole il garage con i box. con i box da cui si possa salire all'alloggio rapidamente senza farsi vedere.

Trovano un alloggio che andrebbe proprio bene in una via minuscola che non conosce nessuno, alla Magliana. Non è vicino alla zona in cui abita Moro e dove probabilmente avverrà il rapimento a Montemario, però è dalla stessa parte del Tevere. E questo è fondamentale, quando hai Moro nel bagagliaio non puoi rimanere bloccato in un ingorgo al ponte.

La via si chiama via Montalcini. L'alloggio lo compra una compagna non clandestina, Laura Braghetti, che fa l'impiegata. Dopo che ha comprato l'alloggio decidono che per essere proprio sicuri deve avere anche un fidanzato, Laura Braghetti.

Perciò Germano Maccari, un altro brigatista, compare come suo fidanzato e loro insieme cominciano a frequentare questo alloggio per creare un'apparenza di totale normalità. Comprano la gabbia con i canarini, la vasca con i pesci rossi, Laura Braghetti fa amicizia con la signora anziana del piano di sopra, le va a fare la spesa ogni tanto e neanche loro sanno a cosa servirà l'alloggio. E'sempre la compartimentazione, meno sai e meglio è. Sanno soltanto che devono aspettare.

E poi alla fine del 77 arriva Mario Moretti e gli avvisa che nell'alloggio bisogna fare dei lavori in segreto. per ricavare una stanzetta nascosta, insonorizzata, nascosta dietro una finta parete e una libreria, come nei romanzi gialli. E allora anche i due capiscono che si prepara un rapimento, ma non sanno mica che sarà Moro. Fino alla fine, fino alla fine, ci saranno solo quattro brigatisti che conoscono l'indirizzo di via Montalcini.

Sono Laura e Germano che ci abitano e Mario Moretti e Prospero Gallinari. Il muro per nascondere la stanzetta segreta lo tirano su loro, Moretti e Gallinari, sono operai, sanno fare tutto. Tirano su il muro, siccome non c'è una finestra mettono una ventola per l'aerazione, poi problemi ce ne sono sempre. La prima notte che Moro rimane prigioniero lì si accorgono che la ventola fa un rumore bestiale, di notte crea sospetti.

Perciò fanno un accordo con Moro. Loro ogni sera terranno aperta la porta per mezz'ora per cambiare l'aria e Moro si impegna in quella mezz'ora a non fare rumore. Beh, ma così siamo andati avanti, chiaramente, no?

Il rapimento non è ancora avvenuto. Devono ancora decidere dove esattamente rapirlo. Perciò studiano il percorso che Moro fa con le due auto tutte le mattine. Il percorso è sempre lo stesso. Esce di casa prima delle nove, lui abita a Via del Forte Trionfale.

lo dico per i romani, va via Trionfale, via Fani, via Stresa, via della Camilluccia, si ferma alla chiesa di Santa Chiara. Lungo tutto questo percorso c'è un unico stop, via Fani, angolo via Stresa. È una via in salita, dove quindi le macchine rallentano per forza, e in cima c'è lo stop. Da una parte della strada c'è un bar, ma è chiuso per fortuna perché è fallito. Dall'altra parte lavora il fioraio, ma quella mattina il fioraio non ci sarà.

Calcolano quanta gente ci vuole. Questo è un altro degli aspetti su cui non siamo sicurissimi, anzi, premessa. Saprete sicuramente che proprio su quanta e quale gente ha partecipato all'agguato le dietrologie non si sono mai fermate.

C'erano i tedeschi dell'Est, il KGB, i palestinesi, i marziani, ogni sorta di cose. Non sappiamo esattamente quanta gente c'era, ma in realtà io sono abbastanza sicuro che non c'erano né i tedeschi dell'est, né gli israeliani, né i palestinesi. C'erano 11 brigatisti di sicuro. Poi non si può escludere che uno o due siano sfuggiti e che i compagni non li abbiano mai denunciati, per cui sono quelli fondamentalmente. 11 ne conosciamo di sicuro, di cui tre donne.

Mario Moretti ha detto che nelle BR le donne erano importantissime ed assolutamente alla pari con gli uomini. e se l'è un po'presa con la stampa maschilista che invece parlava sempre di passionarie o di fidanzatine io ricordo anche di aver visto un'intervista a un brigatista ma non ricordo più chi era il quale racconta che queste compagne erano veramente delle dure e che siccome in clandestinità ti manca un po'il rapporto con una donna uno magari avrebbe anche voluto avere una storia con queste compagne ma non era cosa ecco non era proprio il caso di lasciargli capire che avevi certi pensieri 11 dunque, ci vogliono tutti, ci vuole il gruppo di fuoco, ci vogliono gli autisti delle varie automobili, ci vogliono delle vedette, dei gruppi di controllo, 11 uomini e sono troppi, le Brigate Rosse a Roma non hanno 11 militanti, perciò ne fanno venire giù due dal nord, uno da Milano e uno da Torino, vengono giù in treno e ripartiranno in treno un'ora dopo l'agguato. 11. Il più giovane ha 23 anni, il più vecchio ne ha 31. Quelli che devono sparare sono 4. E sono tutti uomini, che ne dica Mario Moretti, però quelli coi mitra sono 4 uomini, tra cui Valerio Morucci e Prospero Gallinari. Quel mattino si decide che saranno travestiti da piloti della Litalia. Questa è una cosa che di nuovo ha scatenato dietrologie, perché si è detto, ma perché devono travestirsi da piloti della Litalia?

E allora qualcuno ha detto, dovevano essere in divisa perché non si conoscevano. C'era il super killer mandato dal Mossad, supponiamo, e siccome non si conoscevano dovevano essere in divisa. I brigatisti hanno detto, ma figuratevi un po'.

E'per un altro motivo che eravamo vestiti da piloti della L'Italia, perché voi immaginate in quel momento, in quel contesto storico a Roma, quattro giovanotti che se ne stanno fermi all'angolo di una strada. Quanto tempo ci vuole secondo voi perché un vicino telefoni alla polizia? E se poi la cosa quel giorno non dovesse andare in porto, dobbiamo tornare lì il giorno dopo? Invece quattro piloti della L'Italia tutti li vedono e nessuno li nota. Pensano che stiano aspettando il pulmino dell'aeroporto.

Poi ci sono anche altri particolari. L'impermeabile del pilota dell'Alitalia nasconde benissimo il giubbotto antiproiettile. I quattro hanno il giubbotto antiproiettile. E nel borsone dell'Alitalia ci sta il mitra.

Poi naturalmente ci sono anche i problemi imprevisti perché quella mattina, pochi minuti prima che arrivi la macchina di Moro, i quattro piloti dell'Alitalia sono lì all'angolo della strada, arriva una signora, li vede e avrebbe giusto bisogno di alcune informazioni su dei voli. Perciò va lì e comincia a chiedere e i quattro fanno una gran fatica a liberarsi della signora. Quanto alle armi invece non sono un problema, o meglio lo sono, ma non procurarsene, procurarsene è uno scherzo.

Ancora Moretti, cosa credete? Le armi girano sul mercato come la Coca-Cola. Però le BR hanno degli scrupoli, cercano di non comprarle dalla criminalità organizzata, ogni tanto capita, però loro preferirebbero evitare.

Preferiscono rubarle, oppure si stampano dei permessi e vanno in armeria e le comprano regolarmente. La tipografia di nuovo è decisiva. Poi c'è qualche vecchio partigiano che ha ancora lo steng nascosto in cantina e che si convince a imprestarlo.

E poi ci sono anche i palestinesi, quello è l'unico contatto internazionale che le BR hanno sempre riconosciuto, con i palestinesi dell'OLP noi dei contatti li avevamo e qualche arma ce l'hanno data loro. Però sono armi scadenti spesso, vecchie, malconce. Secondo Morucci, che l'avete capito è molto critico, e lui e Moretti non si amano per niente, secondo Morucci era addirittura una posa per certi capi delle BR andare in giro con armi scassate, Moretti andava in giro con una pistola mal ridotta e arrugginita e secondo Morucci era così appunto, per posa, per eleganza. Poi ci vogliono le macchine. Ci vogliono molte macchine e vengono tutte rubate nelle settimane precedenti da gente, da compagni che non sanno a cosa serviranno chiaramente.

Sanno solo che devono rubare una macchina e consegnarla a qualcun altro. Rubano macchine dei modelli più anonimi ovviamente. Le consegnano a qualcun altro, uno che magari ha un'officina, oppure semplicemente uno che se la parcheggia sotto casa. Poi di nascosto si mette una targa falsa.

Chi ha la macchina in consegna dopo qualche giorno la sposta in un'altra via per non dare nell'o. L'importante è che quel giorno ogni macchina sia al posto giusto e l'autista la possa prendere in consegna. Tra le macchine rubate nelle settimane precedenti c'è anche la famosa R4 rossa in cui sarà poi trovato molto tempo dopo il cadavere di Moro.

La macchina più importante di tutte è una 128 bianca. che dovrà restare parcheggiata in via Fani e quando le due macchine di Moro si mettono in via Fani la 128 Bianca deve uscire dal parcheggio e immettersi nella via davanti a loro e poi arrivata allo stop dovrà fermarsi questa macchina la guida Mario Moretti e la macchina l'attenzione al dettaglio Emerge molto spesso questa attenzione maniacale al dettaglio che però è quella che ti permette di sopravvivere o comunque che aumenta le chance di successo. Su questa macchina rubata che dovrà, voi avete capito, sta arrivando la macchina di Moro, all'improvviso vede una macchina parcheggiata lì che si mette in un'auto.

davanti a loro. Questa macchina avrà una targa del corpo diplomatico, che è stata anch'essa rubata qualche mese prima, perché al poliziotto alla guida la targa del corpo diplomatico gli darà automaticamente sicurezza e eviterà che gli vengano dei sospetti. E poi serviranno altre tre macchine per andare via.

Hanno previsto una 132 per caricarci moro e altre due 128, una blu e una bianca, perché tutto il gruppo di fuoco possa allontanarsi. Così arriviamo al 16 marzo 1978. La notte prima sono arrivati due compagni dal nord e si sono incontrati tutti, perché bisogna riconoscersi effettivamente, poi sono andati a dormire. Moretti naturalmente come tutti quelli che raccontano poi queste cose dopo, Moretti dice non abbiamo mica dormito, c'era troppa tensione, stavo lì a ripassare tutti i dettagli, dice Moretti la solitudine comincia la sera prima. Quel mattino del 16 marzo è ancora Moretti che ha il compito più delicato, mezz'ora prima delle nove passa in macchina sotto casa di Moro per vedere se le auto della scorta sono lì come tutti gli altri giorni.

Sono lì. Allora Moretti fa il giro di tutti gli altri dieci compagni, ognuno sta andando al posto prefissato e li avverte tutti e dieci che l'operazione si fa. L'ansia ce l'han dentro tutti, l'hanno detto dopo ma penso che sia credibile. Moretti ha raccontato che quando arrivava uno che voleva entrare nelle BR, lui gli diceva, guarda, lo sai cosa stai facendo, le statistiche sono quelle che sono.

Tra sei mesi, se ti va bene, sei in galera. Se ti va male sei morto. I pentiti, solo i pentiti hanno raccontato questo, devo dire. Hanno raccontato che la tensione era tale che c'è stato qualcuno che si è sentito male subito prima, qualcuno che si è sentito male subito dopo, c'è uno che subito prima ha dovuto andare al bar a prendersi un cognac, c'è uno che subito dopo quasi sveniva ha dovuto andare al bar a prendersi un caffè, la cura italiana per tutti i problemi ovviamente.

Va a sapere, lo raccontano solo i pentiti che hanno un po'il dente avvelenato a volte, ma comunque, chiaro che la tensione si tagliava col coltello. L'attacco in sé è questione di pochi secondi. Però bisogna che tutto si incastri esattamente. Moretti è parcheggiato in via Fani sulla 128 Bianca.

Ci deve essere qualcuno che gli fa un segnale per avvertirlo quando le macchine di Moro stanno svoltando. È una donna, la vedetta. Si chiama Rita Algranati.

Se ne sta all'incrocio con via del Forte Trionfale, da cui devono arrivare le due auto blu, e ha un mazzo di fiori in mano. I brigatisti hanno studiato e si sono resi conto che una ragazza ferma che non fa niente può essere notata. Una ragazza ferma con un mazzo di fiori. Tutti la vedono, nessuno la nota.

È normale. Perciò Rita ha in mano un mazzo di fiori. Moro viaggia su due macchine.

Lui sta su una 130 blu, con l'autista e col comandante della scorta, il maresciallo Leonardi. Gli altri tre poliziotti sono dietro, su un'alfetta. Quando arrivano, la ragazza fa il segnale. Poi sale in vespa e se ne va, lei ha finito, non ha nessuna idea di cosa succederà, non ha nessuna idea di dove porteranno Moro, come non ce l'ha nessuno.

La 128 Bianca guidata da Moretti si mette in via Fani, proprio davanti alla macchina di Moro, e poi inchioda allo stop. E qui mi fermo un attimo su un altro di quei piccoli misteri stupidi. che non hanno nessun senso, nessun significato, e che però ci ricordano ogni volta come noi stiamo lavorando su testimonianze e le testimonianze a volte sono contraddittorie in un modo che allo storico mette il nervoso a dire la verità, ecco perché dice ma che ti frega di questa cosa, dite la verità maledizione.

No, allora, secondo molti, venne fuori al processo, Un'altra finezza, la 128 bianca che si mette e poi frena allo stop per bloccare dietro di sé la macchina di Moro, aveva le luci degli stop disattivate, apposta, perché così quando frena l'autista di Moro non se ne accorge subito e tampona. Questa cosa al processo è stata accreditata. Moretti ha detto ma siete scemi ma perché dovevamo tamponarla anzi farci tamponare scusate non ci serviva mica niente il tamponamento creava solo problemi una roba del genere non l'abbiamo fatta assolutamente Moretti dice guardate che io anzi so perfettamente che non c'è stato in quel momento nessun tamponamento, io ho fermato allo stop e mi ricordo perfettamente che ho visto nello specchietto retrovisore l'autista di Moro che si è fermato dietro e che poi siccome non ripartivo mi ha fatto segno con la mano di andare, dice Moretti, in quell'istante i compagni aprirono il fuoco. Ma i giudici del processo per qualche motivo a questa faccenda del tamponamento ci tenevano enormemente, sono andati a vedere. Particolare e surreale, la 130 su cui viaggiava Moro oggi è esposta in un museo.

È al Museo della Motorizzazione Civile a Roma. Si va a vederla e si vede che ci sono i segni di tamponamento. Perciò al processo hanno deciso che era vera questa storia. Moretti ha detto, ma neanche per sogno, mi hanno sì tamponato, ma dopo. Quando l'autista di Moro è stato ucciso e ha mollato i piedi dai pedali e la macchina ha fatto uno scatto in avanti.

Di nuovo, come capite, non credo che possa dipendere il destino di qualcuno da questo particolare. Non si capisce perché neanche queste cose si riesce a metterle in chiaro. Poi il resto invece si sa abbastanza bene, tutto sommato. Sono in quattro, tutti dallo stesso lato del marciapiede, ovviamente, i quattro aviatori.

Anche lì mille dietrologie sostengono che in base alle traiettorie dovrebbe esserci stato un altro che è sceso dalla 128 Bianca di Moretti e ha sparato dall'altra parte. Tutti i brigatisti unanimemente hanno detto ma siete scemi, ma sapete cosa vuol dire sparare da due parti della stessa strada? È ovvio che quelli che sparavano stavano tutti dalla stessa parte.

Nella prima macchina l'autista e il maresciallo Leonardo sono seduti davanti, Moro è dietro. è abbastanza facile non colpirlo. Anche per i brigatisti che non sono affatto dei tiratori scelti. Questa è una cosa che di nuovo è il caso di sottolineare perché molti di noi si ricorderanno le formule che circolavano allora, la geometrica potenza del gruppo di fuoco delle BR. Tutte le testimonianze ci hanno detto il contrario.

Noi non sparavamo quasi mai, dice Moretti. Io avrò sparato due volte in vita mia col mitra. Come si fa, secondo voi, a allenarsi all'uso del mitra?

Dov'è che trovi il posto dove puoi allenarti a usare un mitra? Perciò, dice Moretti, noi eravamo dei principianti, dei dilettanti, e i nostri mitra facevano schifo. Su quattro, due si sono inceppati durante l'azione. Solo che anche la scorta è armata male.

Il maresciallo Leonardo ha la pistola in un borsello sotto il sedile, l'autista ha la pistola in un borsello nel cruscotto, l'unico mitra in dotazione è nel bagagliaio dell'alfetta, lo trovano i brigatisti quando in quei pochi secondi dopo aver trascinato Moro nella macchina frugano ancora le due macchine alla ricerca delle borse di Moro. Altro aspetto che, come sapete, darà poi luogo a infinite discussioni. Sono saltate fuori tutte le borse di Moro?

Oppure no? Chi le ha prese? Chi le ha nascoste?

Fatto sta che i brigatisti le cercano, non le trovano tutte, però nel cofano trovano questo mitra. E se lo prendono, ovviamente. Il pentito Patrizio Peci dirà poi, il mitra che abbiamo preso alla scorta di Moro era arrugginito, quasi inutilizzabile. Del resto lo dirà anche Moro. che durante la prigionia, come sapete, scrive, scrive tante lettere.

Il 4 aprile, dalla prigionia, Moro scrive a Zaccagnini se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui. Due mitra su quattro dei brigatisti si inceppano e uno dei poliziotti della seconda macchina riesce a scendere, a tirar fuori la pistola e comincia a sparare, si chiama Raffaele Iozzino. Ovviamente tutti lo prendono di mira, i due brigatisti che hanno ancora il mitra, gli altri con le pistole. Raffaele Iozzino è crivellato da 17 colpi.

Secondo le perizie sono sparati 91 colpi in tutto, di cui 45 colpiscono i cinque uomini della scorta. Uno degli agenti è ancora vivo, in realtà morirà all'ospedale, ma insomma possiamo dire che la scorta è stata sterminata. A quel punto Mario Moretti tira fuori Moro dal sedile posteriore. Gli hanno chiesto se Moro ha reagito.

Ma no, dice Moretti, non ha detto una parola. Eravamo sotto sciocca anche noi, figuriamoci lui. Lo caricano sulla 132 che intanto è arrivata da Via Stresa e se ne vanno con quella e con le altre macchine, quattro macchine in tutto.

Oh, prima di lasciare l'angolo tra Via Stresa e Via Fani un dettaglio che io non conoscevo e che ho trovato incredibile anche se irrilevante. Fra tutte le persone che abitano lì e che sentendo sparare si affacciano alla finestra c'è l'onorevole Pino Rauti. neofascista estremista famosissimo all'epoca che abita lì in via stresa e quel mattino si affaccia e vede le macchine che ripartono i morti per terra non vuol dire niente però è una di quelle cose di quei dettagli che ti lasciano stupefatto Le macchine filano tutte, sono tre ma se neanche una quarta, hanno previsto una macchina di copertura che si mette in testa alla colonna. Filano via alla massima velocità, quattro macchine una dietro l'altra. Gli hanno detto ma è non farvi vedere e Moretti ha risposto ma figurati, in quel momento non era importante non farsi notare.

La sparatoria si sente a un chilometro, l'essenziale era andare via di lì in fretta. Si allontanano alla massima velocità, si fermano un po'più in là, a Piazza Madonna del Cenacolo. controllano di esserci tutti, anche voi controllate l'orologio giustamente, ma siamo quasi alla fide.

A quel punto lì si dividono, i due del nord vanno alla stazione Termini e prendono il treno per tornare a casa. Quasi tutti gli altri filano a casa attaccati alla televisione e alla radio per sentire cosa diranno. Le auto vengono tutte abbandonate e saranno ritrovate nei giorni seguenti.

Lì, a piazza Madonna del Cenacolo, Moro viene trasbordato su un furgone preparato in precedenza. Nel furgone c'è un cassone di legno che hanno fabbricato. Ci può stare un uomo dentro, scomodo. Moretti racconta che quando poi l'hanno tirato fuori dal cassone per portarlo nell'alloggio segreto, a Moro gli hanno chiesto scusa perché il cassone era scomodo.

Sono quelle stranezze della natura umana. Comunque il furgone riparte, guida Moretti e davanti c'è un'altra macchina con due compagni di scorta. Fra tutti quanti solo Moretti e Gallinari sanno dove si sta andando.

La via Montalcini, ma non subito, c'è tutto un percorso. Si avvicinano alla zona su un percorso calcolato in precedenza per stradine di periferia, quasi di campagna. A un certo punto prendono addirittura una stradina privata, che sulle carte non c'è neanche e che loro hanno individuato in precedenza, perlustrando. Questa stradina privata è chiusa da una catena. Loro tagliano la catena con una tronchese e si infilano di lì.

La previsione del dettaglio. Hanno una tronchese su ogni veicolo, perché non si sa mai cosa succede, ma chiunque arrivi lì deve poter passare. E il calcolo si rivela esatto. Moltissimi testimoni hanno visto filare via le quattro macchine.

Dal momento in cui prendono questa stradina, nessuno li ha più visti. Lungo il percorso hanno addirittura parcheggiato un'altra macchina rubata con un autista che sta lì solo nel caso che ci sia bisogno di qualcosa. Invece non c'è bisogno di niente.

Arriva a una destinazione, e cioè al parcheggio sotterraneo della standa dei Colli Portuensi. Una grande standa, grande parcheggio sotterraneo, è pieno di gente che carica e scarica roba e nessuno nota un cassone che viene scaricato da un furgone e caricato su una macchina. È la macchina di Laura Braghetti, l'inquilino di via Montalcini. È l'unica macchina che non è stata rubata, è davvero la sua macchina.

Lei abita lì, i vicini la conoscono. Quella macchina non sospettisce nessuno. Vanno dritti al garage di via Montalcini.

Non sono ancora le dieci, un'ora dopo, e Moro è già nella stanza segreta. E qui la nostra storia è quasi finita. Perché ovviamente ne comincia un'altra che non racconteremo stasera e che non è ancora facile raccontare. La storia che vi ho raccontato è una storia, è una meccanica di avvenimenti, lo vedete, si può ricostruire.

La storia della prigionia di Moro, delle trattative segrete, della linea della fermezza, delle lettere di Moro, è una enorme storia italiana che va ancora studiata. E la storia delle ricerche. che non approdano a niente, dei misteri non ancora risolti, noi non lo raccontiamo.

Vi racconto qualche dettaglio giusto per darvi un'idea del clima, come il Telex che quel mattino appena informato del rapimento di Moro, il capo dell'UCIGOS, l'ufficio centrale per le investigazioni generali e le operazioni speciali, che sarebbe l'FBI italiano in sostanza, Quel mattino il capo del Lucigos, Antonio Fariello, manda a tutte le prefetture e le questure un messaggio cifrato. Attuare immediatamente il piano zero. In tutte le prefetture e le questure d'Italia si grattano la testa. Cos'è il piano zero?

Vanno a vedere nei cassetti, vanno a vedere in cassaforte. Piano zero nessuno sa cosa sia. L'unica questura dove sanno cos'è è la questura di Sassari, dove fino a poco tempo prima era questore il dottor Fariello, adesso capo del Lucigos, il quale a Sassari aveva trovato in cassaforte un piano di mobilitazione delle forze dell'ordine. sassari in caso di sequestro di persona, cosa che come sapete all'epoca in Sardegna avveniva spesso. Dopodiché il dottor Fariello era convinto che il piano zero esistesse in tutte le questure d'Italia, quindi manda quest'ordine.

Poi però appunto ci sono delle reazioni immediate dello Stato che sono meno comiche, anzi che si, o meglio che possono esserlo, ma che possono essere viste in due modi. Ve ne faccio un esempio. Quello stesso pomeriggio il ministro Cossiga, ministro dell'interno, comunica alla stampa i nominativi e le fotografie di 20 sospettati. E questa cosa si può raccontare appunto in due modi opposti. Se vogliamo continuare sulla storia del piano zero, allora vi dirò che su 20 nominativi, due sono di persone che sono già in carcere.

Altri due, con relative fotografie, sono tutte e due di Prospero Gallinari. Una senza baffia, col nome vero, una con i baffia, col nome falso. Un altro ancora è un informatore dei Carabinieri, ma il Ministro non lo sapeva.

Però se guardiamo la storia da un altro punto di vista, fra quei 20 nominativi ci sono 5 dei veri responsabili del sequestro Moro. C'è Moretti, c'è Gallinari e c'è tutto il resto dell'esecutivo, Bonisoli, Azzolini, Michaletto, insomma non partivano proprio da zero. Tanto che rimane aperta la questione di come mai non hanno trovato niente. Nonostante le norme e con uno storico...

L'ha chiamato l'insensato dispiegamento di forze di quelle settimane, con una media in Italia ogni giorno di 1300 posti di blocco e ogni giorno 700 perquisizioni domiciliari. Alla fine risulteranno perquisite 6 milioni di persone in Italia e ovviamente il fatto che non abbiamo trovato niente, anche lì, alimenta le dietrologie. Poi però io volevo finire...

No, ecco, era incerto fra due finali, ma ve li do tutti e due. Una cosa che a me è sembrata interessante, e tutte e due sono legate all'unico successo che hanno avuto le forze dell'ordine in quel periodo, la scoperta del cosiddetto covo di via Gradoli, che era effettivamente una base delle BR a Roma, dove dormivano Moretti e Barbara Balzerani, e viene scoperta durante quel periodo. Una cosa che io ho trovato affascinante è l'elenco, l'inventario.

di ciò che è stato trovato nel covo di via Gradoli. Un cassetto dell'armadio contiene una pistola mitragliatrice, un fucile da caccia, una pistola calibro 6.35, una pistola FFCK, altra pistola FCK, una pistola beretta, un'impugnatura per pistola, caricatore, eccetera. È solo un cassetto dell'appartamento. Poi però naturalmente nel frigorifero Porzioni di salame, mortadella, provolone, sulla mensola barattolo di marmellata, burro, scatola di dadi, star, valigetta 24 ore, un giubbotto antiproiettile e una borsetta di plastica con un SSR da toilette per donna. L'elenco di tutti i senatori della settima legislatura, libri gialli, libri di fantascienza, fumetti di Charlie Brown.

Documenti di identità falsi, timbri falsi di uffici di ogni genere, targhe di auto rubate, divise e palette della polizia, pacchetti di sigarette, Goloise, Caporal, MS, fumavano forte, copie di quotidiani, il Corriere della Sera aperto alla pagina in cui si racconta la vittoria di Moser a non so più quale gara. Pomodori star, piselli de rica, fagioli cirio. Ecco, questa è una cosa che per lo storico forse non è così significativa, non lo è per niente, però dà un'idea dell'atmosfera italiana che si poteva respirare anche nel più pericoloso covo delle BR, dove appunto... Ah, pasta buitoni naturalmente e barilla, entrambi i tipi, pasta corta, niente spaghetti.

L'altra cosa connessa al covo di via Gradoli e con cui veramente stavolta finiamo è la storia che, anche qui non so dove ci porta ma è troppo bella per non raccontarla, della seduta spiritica. È il 2 aprile, domenica, Moro è in mano alle BR, le ricerche continuano frenetiche e in una casa di campagna fuori Bologna si incontrano a passare la domenica un gruppo di amici con le famiglie. Siccome piove, decidono di fare una seduta spiritica e di chiedere agli spiriti dove è nascosto Moro.

Non sono degli amici qualunque, sono tutti professori dell'Università di Bologna. Uno di loro si chiama Romano Prodi. Fanno la seduta spiritica, siccome sono tutti cattolici di sinistra, evocano gli spiriti di Don Sturzo e di Giorgio Lapira. Gli chiedono dove si trova Moro. e il piattino si muove e forma una parola Gradoli cos'è Gradoli?

Cos'è Gradoli? Vanno a vedere, Gradoli è un paesino in provincia di Viterbo mettono sul tavolo una carta geografica il piattino guidato dalla pira si muove e finisce sulla provincia di Viterbo Ora, questa è già una cosa, se vogliamo, abbastanza bizzarra, ma la cosa più bizzarra è come mai noi sappiamo tutto questo. Perché il giorno dopo, il professor Prodi, tornato a Bologna, va alla Digos e racconta di questa seduta spiritica da cui è venuto fuori il nome Gradoli. Il giorno dopo ancora, il professor Prodi va a Roma...

e parla di questa faccenda al capo dell'ufficio stampa della DC. Il capo dell'ufficio stampa della DC va al ministero e ne parla a un collaboratore di Cossiga, ministro dell'interno. Il collaboratore di Cossiga parla della seduta spiritica al capo della polizia, il dottor Parlato, e il giorno dopo il dottor Parlato ordina un rastrellamento al paese di Gradoli, sulla base della seduta spiritica. La notizia, ovviamente non viene fuori niente, la notizia della seduta spiritica circola talmente tanto fra gli intimi che anche Eleonora Moro, la moglie di Moro, viene a saperlo e lei racconterà che ha detto a un funzionario della polizia ma non è che magari invece è il nome di una via.

Il funzionario di polizia ha risposto alla signora Moro a Roma non risulta nessuna via Gradoli. Poi se ne ricorderanno tutti due settimane dopo, quando in una palazzina in periferia i vicini chiamano i vigili del fuoco perché c'è una perdita d'acqua, i vigili del fuoco sfondano la porta, c'è davvero una perdita d'acqua ed è quell'alloggio di via Gradoli di cui vi ho descritto il contenuto un attimo fa, l'alloggio di Moretti e Balzerani. Chi dice che le coincidenze non esistono dice Università di Bologna. Lì l'autonomia operaia era molto forte, le voci circolavano, qualcuno dei professori avrà sentito questo nome, Gradoli, non voleva compromettersi, ha pensato alla seduta spiritica per trasmettere l'informazione senza che si sapesse da chi veniva.

Io non so se non è peggio il tacon del buso, come si dice, perché in ogni caso l'idea che poi... La polizia va a fare i rastrellamenti perché gli hanno detto che una seduta spiritica è venuto fuori, un nome, ci dice qual era la situazione in quel momento in Italia e ci dice forse qualcosa, e qui davvero abbiamo finito, su questo nostro paese dove anche la tragedia è sempre a un pelo dal finire in farsa. Grazie.