Transcript for:
Introduzione al Diritto Commerciale in Italia

Diritto commerciale video lezione numero 1. Questa serie di video lezioni è a cura di Davide Tutino, avvocato del Foro di Catania, dottore di ricerca presso l'Università degli Studi di Catania. Il testo di riferimento è il compendio di diritto commerciale Simone. Sono stati consultati altri testi quali Utet Pluris Walter Clover Italia SRL, Campo Basso manuale di diritto commerciale, Cottino diritto commerciale e Ferri manuale di diritto commerciale.

In questa video-lezione tratteremo l'argomento l'imprenditore, specificamente la libertà di iniziativa economica, l'evoluzione storica del diritto commerciale, la nozione giuridica dell'imprenditore, l'attività produttiva, l'organizzazione, la professionalità e le professioni intellettuali. L'imprenditore, la libertà di iniziativa economica. La libertà di iniziativa economica privata è prevista all'articolo 41,1 della Costituzione, cioè in quella parte della Costituzione italiana che disciplina i rapporti e La norma stabilisce infatti al primo comma che l'iniziativa economica privata è libera. La libertà di iniziativa economica genera a sua volta la libertà di intraprendere l'attività di impresa, la libertà di svolgere l'attività di impresa senza condizionamenti, la libertà di cessare l'attività di impresa senza interferenze, la libertà di concorrenza.

Il secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione chiarisce tuttavia che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. In ultimo, il terzo comma dell'articolo 41 della Costituzione stabilisce che è compito della legge determinare i programmi e i controlli opportuni affinché l'attività economica pubblica e privata possano essere indirizzate e coordinate a fini sociali. I precetti di cui al secondo e al terzo comma devono essere considerati indicatori di rotta che il costituente ha voluto dare al legislatore ordinario e quindi anche alle imprese proprio perché queste non possono rinunciare di farsi carico di una serie di problemi che riguardano la comunità in cui operano. Evoluzione storica del diritto commerciale. Il diritto commerciale si sviluppa come diritto di classe durante l'età comunale come necessità per i mercanti di regolamentare gli scambi commerciali marittimi.

Ciò in quanto, sul finire del medioevo, a causa della rinascita dei commerci mercantili. e la scoperta dei nuovi continenti, vi fu un incremento significativo delle attività commerciali. Vi fu dunque l'esigenza di disciplinare i rapporti commerciali.

Tale situazione è rimasta immutata sino alla Rivoluzione Francese, quando, con l'abolizione delle corporazioni e dei privilegi, il diritto commerciale è rilasciato. perde. Il diritto commerciale perde appunto la sua caratteristica di diritto di classe e trova per la prima volta nel codice Napoleone l'oggettività che ancora oggi lo contraddistingue. Tuttavia solo con il codice del commercio del 1882 scompare l'aspetto classista del diritto commerciale il quale si afferma come un sistema di norme autonomo contrapposto al diritto civile. Successivamente il diritto commerciale mercantile fu integrato dal legislatore all'interno del diritto privato.

Questo lungo processo di unificazione del diritto privato trova il suo apice in Italia con il Codice Civile Italiano del 1942. La nozione giuridica di imprenditore. Ai sensi dell'articolo 2082 del Codice Civile è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. L'imprenditore è quel soggetto che esercita un'attività qualificata, ovvero un'attività connotata da quelli che tradizionalmente vengono indicati come i requisiti. necessari per l'acquisto della qualità di imprenditore, e cioè l'economicità, la professionalità, l'organizzazione. Altri requisiti, quali lo scopo di lucro, la liceità e la spendita del nome, vengono da parte della dottrina accostati alla definizione di imprenditore, essendo controverso se debbano ritenersi indispensabili.

ai fini della qualificazione giuridica di imprenditore. L'attività produttiva, lo scopo di lucro, requisito indispensabile per l'acquisizione della qualità di imprenditore, è l'esercizio di un'attività produttiva e cioè il compimento di una serie di atti coordinati e finalizzati allo scopo della produzione o dello scambio di beni. beni e servizi. È implicito che tale attività abbia natura economica.

L'articolo 2082 del Codice Civile non richiede requisiti particolari circa la natura dell'attività svolta, ben potendosi considerare imprenditoriali anche attività di tipo assistenziale, ricreativo e culturale. L'attività economica e imprenditoriale deve essere destinata al mercato. Tuttavia l'attività non deve avere necessariamente un mercato perché potrebbe in realtà esserne sprovvista.

Si pensi ad esempio ad un'attività economica priva di clientela o destinata a pochissimi clienti. Il concetto di attività economica deve dunque essere inteso in un'accezione più ampia. L'attività economica deve essere destinata a proiettarsi all'esterno quali che siano i risultati della sua proiezione concreta.

In realtà è discusso se lo scopo di lucro costituisca il requisito essenziale dell'attività di impresa. Autorevole dottrina il Campo Basso ritiene che per aversi un'impresa è necessario che l'attività produttiva sia condotta con metodo economico, cioè secondo modalità che consentano quantomeno la copertura dei costi con i ricavi ed assicurino l'autosufficienza economica. Per la giurisprudenza lo scopo di lucro non è connaturato all'imprenditore, il quale deve essere individuato in base alla natura dell'attività da lui svolta, da valutare secondo gli ordinari criteri che fanno riferimento al tipo di organizzazione e ai criteri di economicità della gestione, a prescindere dalla esigenza.

esistenza di un vero e proprio fine lucrativo. Lo scopo di lucro invece, data la nozione di cui all'articolo 2247 del codice civile, è tipico per le società. Alla luce di quanto sopra appunto la giurisprudenza ritiene che non si può considerare imprenditoriale l'attività che si pone come obiettivo principale quello della erogazione gratuita o a prezzo di un'attività. prezzo politico di determinati beni o servizi, in quanto in questi soggetti prevalgono finalità assistenziali, educative, umanitarie eccetera, che portano in secondo piano l'obiettivo minimo di coprire i costi con i ricavi e dunque il perseguimento del metodo economico.

L'attività di impresa dunque di fatto è solo quella con condotta con metodo economico. Il requisito minimo essenziale dell'attività di impresa è l'economicità della gestione e non lo scopo di lucro. È impresa anche chi produce beni o servizi destinati ad uso e consumo personale, la cosiddetta impresa per conto proprio, ma è impresa in mero senso giuridico, ma non rientra nella qualifica dell'attività imprenditoriale di cui è all'articolo 2082 del Codice Civile. L'organizzazione.

Perché si abbia impresa è necessario che l'attività economica sia organizzata. L'attività economica deve dunque essere attuata attraverso l'organizzazione dei fattori lavoro e o capitale. La dottrina ha cercato di stabilire quale livello di organizzazione è necessario per acquisire la qualifica di imprenditore. È stato precisato che non è necessario che altre persone lavorino alle dipendenze dell'imprenditore, per cui può essere imprenditore qualificato anche chi non si avvale della collaborazione di altri soggetti e si limita ad utilizzare il proprio lavoro ed il proprio capitale. In più, vedo dire che sia la dottrina che la giurisprudenza assegnano un'accezione riduttiva all'organizzazione, intendendo per tale anche l'organizzazione del solo lavoro altrui o dei soli beni.

Quanto alla necessità di organizzare i beni capitali, quali ad esempio beni strumentali, documentali tangibili come locali, macchine eccetera, dottrina e giurisprudenza concordano sul fatto che l'attività di impresa può essere svolta anche senza alcuna organizzazione di beni materiali, ad esempio imprenditori artigiani che operano con il lavoro personale. La professionalità, il requisito della professionalità comporta che l'attività venga svolta in modo stabile e non occasionale, dunque è considerato imprenditore il soggetto che svolge l'attività economica in modo sistematico ed abituale. Non è imprenditore, ad esempio, chi pone in essere un'attività occasionale e non continuativa.

In vero, al contrario, è imprenditore chi realizza un unico affare se esso si concretizza in un'attività protratta nel tempo che richiede l'impiego di un'adeguata organizzazione di merito. come ad esempio la costruzione di un edificio e la relativa vendita degli appartamenti realizzati. Le professioni intellettuali, nel nostro ordinamento, a differenza della legislazione comunitaria, il professionista intellettuale non è considerato un imprenditore.

Sul punto, l'articolo 2238 del Codice Civile stabilisce che si applica la disciplina civilistica dell'imprenditore. solo se l'esercizio della professione costituisce elemento di un'attività organizzata in forma di impresa. Ne consegue dunque che l'esercizio di una professione non è sufficiente per acquisire la qualità di imprenditore.