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Funzioni a valori vettoriali e trasformazioni

Ok, quindi stiamo studiando funzioni a valori vettoriali, quindi funzioni che vanno da Rn in Rm. dove in generale n e m sono due numeri naturali maggiori o uguali in realtà noi ci interesserà sostanzialmente il caso in cui siano entrambi maggiori di 1 fino ad adesso abbiamo visto un po'di proprietà preliminari quindi definizione di continuità, limite, continuità, differenzialità e poi il teorema della catena che riguarda lo jacobiano della trasformazione composta. Oggi vediamo una particolare classe di funzioni a valori vettoriali, che sono in realtà quelle che a noi interessano, che sono le trasformazioni di coordinate. Vediamo subito la definizione.

Una funzione f da rn in rn, cioè in quel caso m uguale ad n, si dice una trasformazione di coordinate. Quindi, si dicono trasformazioni coordinate quelle funzioni a valori vettoriali in cui la dimensione dello spazio di arrivo è la stessa dello spazio di partenza. In qualche modo perché possiamo pensare che stanno trasformando Rn in se stesso, cioè partono e arrivano allo stesso spazio.

Un esempio che avete già sicuramente visto è quello in geometria. quando prendete le trasformazioni lineari, quindi quelle funzioni che vanno da Rn in Rn, che ha un vettore x associato a un nuovo vettore y uguale ad Ax, dove A è una matrice data, dove A è una matrice n per n data. Quindi questi sono il caso lineare e sappiamo che in RN corrisponde a un cambiamento di base dello spazio ambiente, quindi a esprimere i punti nelle nuove coordinate, poi ci possono essere appunto le lenghezze, possono essere... allungate.

Quindi, vedete, questa è una particolare trasformazione di coordinate, infatti è una trasformazione, una funzione del tipo, appunto, che va Rn in Rn e quindi associa f di x, diciamo, questo y, non l'ho scritto nella maniera classica della geometria, questo sarebbe f di x uguale a per x. Sappiamo, sapete anzi dalla geometria, che La trasformazione f di x uguale a di x è invertibile se, solo se, è una condizione necessaria e sufficiente, a è non singolare. Cioè, questo vuol dire determinante di a diverso da zero.

Quindi, se la matrice è non singolare, io posso definire una nuova trasformazione. Quindi, in questo caso, invertibile cosa vuol dire? Posso definire una f alla meno 1 che andrà da Rn in Rn, a sua volta, tale che...

Se applico f alla meno 1 alla f di x, torno nel vettore di partenza, torno esattamente ad x. In questo caso sappiamo anche di più perché sappiamo com'è fatta f alla meno 1. Nel caso di un'applicazione lineare, f alla meno 1 di x è data proprio, nel caso di una trasformazione lineare non singolare, questo è fondamentale, f alla meno 1 di x è dato proprio dalla matrice inversa, diciamo, chiamiamolo y per dire che sono nella trasformazione inversa, è dato da a alla meno 1 di y, ovvero a alla meno 1 è la matrice inversa di a. che sappiamo che è ben definita se il determinante sia non singolare.

Quindi nel caso di una trasformazione lineare di coordinate sappiamo in realtà tutto, perché sappiamo qual è la condizione necessaria e sufficiente per cui sia invertibile e anche possiamo costruire proprio la trasformazione inversa, quella che mi fa tornare al punto di partenza. Allora il problema adesso che vogliamo studiare è data una trasformazione di coordinate generale, quindi non necessariamente lineare. Sotto quali condizioni si può definire una trasformazione?

Si può definire la trasformazione inversa? F alla meno 1 con le proprietà inversa, F alla meno 1, andrà sempre da Rn in Rn, tale che F alla meno 1 di f di x è uguale ad x, quindi qui alla fine di tutto c'è un punto interrogativo, sotto quali condizioni posso definire questa trasformazione inversa. E quindi adesso ci occuperemo di risolvere questo problema. Prima di vedere il teorema diamo una definizione.

Una trasformazione di coordinate F da RN in RN si dice una trasformazione regolare di coordinate trasformazione regolare di coordinate quindi sto aggiungendo l'aggettivo regolare Se f di classe c1 nel suo dominio, dove è definita, diciamo per semplicità, in Rn, supponendo che sia definita in Rn, e inoltre, quindi deve essere regolare, nel senso che le derivate parziali di tutte le funzioni devono esistere, Inoltre, il determinante della matrice giacobiana è diverso da zero, eccetto al più qualche punto. Ok, adesso mi chiarificherò che cosa vuol dire eccetto più al qualche punto che non è una definizione matematica, ovviamente è soltanto perché c'è un problema per definire questa cosa e quindi adesso lo spiego. Innanzitutto vediamo alcune cose. F si dice di classe C1.

in un dominio o in Rn, diciamo in Rn per semplicità, se solo se df con i in dx con j, quindi la derivata parziale della componente i-esima rispetto alla variabile j-esima appartiene a c1 è continua per ogni i che va da 1 ad m, perché le componenti sono n, questa è una trasformazione regolare di coordinate, quindi m è uguale ad n e j che va da 1 ad n. perché come abbiamo richiamato l'altro giorno, una funzione da Rn in Rn in realtà può essere identificata dalle sue coordinate. Quindi questa fa corrispondere a x, f di x, che avrà certe componenti, f1 di x, fn di x, due nuovamente, Ciascuna di queste f1 e fn è una funzione da Rn in R, quindi dare una trasformazione di regola di coordinate vuol dire dare n grande funzioni definite da Rn in R. Allora sto chiedendo se è di classe c1 se tutte queste funzioni sono derivabili con continuità, cioè la derivata parziale è continua. E questo spiega appunto questa definizione di C1R1.

Osservate che in particolare, per esempio, la continuità delle derivate parziali, come abbiamo visto a suo tempo, implica la differenziabilità. Quindi è una proprietà più forte della differenziabilità. L'altra cosa, eccetto al più qualche punto, sostanzialmente qui il problema è che per definire correttamente eccetto al più qualche punto, Bisognerebbe dare un concetto di misura di insiemi in Rn. Dovrei poter dire che gli insiemi, questo lo faremo più avanti con gli integrali doppi, però per adesso accontentiamoci di dire questo.

Vorrei dire che un insieme, un sottinsieme di Rn è una certa misura. Allora, eccetto al più qualche punto, vuol dire sostanzialmente eccetto un insieme che ha misura zero. E allora, scrivo qui. eccetto al più qualche punto, vuol dire in sostanza a meno di un insieme, vuol dire a meno di un insieme di misura nulla a meno di un insieme di misura nulla metto fra virgolette di misura, perché misura noi non l'abbiamo ancora definita cosa vuol dire una misura di insieme e allora questo che cosa vuol dire?

gli insiemi di misura nulla sono i sottinsiemi di dimensione più bassa cioè per esempio in R3 In R3, o facciamo in R2, gli insiemi di misura nulla, insiemi diciamo, non tutti, insiemi di misura nulla, sono i punti e le curve. Punti. le curve eccetera, perché in R2 noi sostanzialmente stiamo misurando delle aree quindi se prendiamo un punto oppure una curva, queste non hanno un interno, quindi non hanno un'area quindi non misura nulla in R2 in R3, quindi se misura nulla, sono punti, curve e superfici quindi in sostanza, perché non hanno volume, non hanno un interno e quindi non hanno volume Quindi questo, poi si possono studiare insieme misure a nulla più complicate, però non è importante, quindi accontentiamoci di pensare con questo eccetto al più qualche punto, vuol dire per esempio in R, insieme di dimensione più bassa dell'insieme ambiente in cui siamo. Allora a questo punto possiamo enunciare il teorema di invertibilità locale.

Quindi il teorema, questo si chiama invertibilità locale. Sia F, supponiamo adesso che sia definita in un insieme D, potrebbe anche non essere, anzi gli insiemi che vedremo tipicamente non sarà definita su tutto Rn. Definita da un sottotenzione D di Rn, a valori in Rn, e x con 0 interno a D. nel senso che abbiamo detto che ci sono intorno al punto interamente contenuti in D, tale che il determinante, non ho richiamato cos'è la matrice di Jacobiano, adesso magari dopo lo richiamo, il determinante della matrice di Jacobiano nel punto is con 0 è diverso da 0. Allora questo si dice allora un punto non singolare.

Ok, allora esiste un insieme U contenente X con 0 e un insieme V E senza V è V contenente Y0 uguale a F discon 0, tale che F è invertibile da U in V. Cioè, esiste una funzione f alla meno 1, che sarà definita da v in u, tale che F alla meno 1 di f di x è uguale a x per ogni x in d, quindi esiste la trasformazione inversa, per ogni x in u, F alla meno 1 è una trasformazione regolare di coordinate in v, E infine vale questa formula. E lo jacobiano della trasformazione inversa nel punto y, lo jacobiano di f alla meno 1 nel punto y, è l'inverso della jacobiana nel punto x, calcolato per x uguale a f alla meno 1 di x. Ok, spieghiamo un po'tutto quello che... Ok, scusate, qui mi sono reso conto che non ho messo un'ipotesi fondamentale.

f deve essere una trasformazione regolare di coordinate, eh? Quindi lo aggiungo qui, trasformazione regolare di coordinate. Allora, adesso spieghiamo il teorema, che ovviamente non dimostreremo perché è abbastanza complicato.

Però a noi ci serve questo risultato essenzialmente negli integrali doppi, come vedremo più avanti. Allora, innanzitutto richiamiamo che questo è lo jacobiano di una funzione. Prendiamo, facciamo un esempio, facciamo un esempio, allora, in generale lo jacobiano di una funzione derivabile, una funzione da rn in rn derivabile. E la matrice n per n è così definita.

Prendete la matrice di tutte le derivate parziali prime, quindi nella prima riga c'è df1 in dx1, df1 in dx2, eccetera. Tutto calcolato nel punto x. df1 in dxn nel punto x.

Quindi la prima riga praticamente contiene il gradiente della prima componente, nella seconda riga c'è il gradiente della seconda componente, infine arrivare all'ennesima riga c'è il gradiente dell'ennesima componente. Quindi, le righe praticamente contengono i gradienti delle componenti, quindi è una matrice n per n. Allora, il teorema asserisce la seguente cosa.

Supponete che avete un certo dominio D. E all'interno di questo dominio un punto x con 0 che è un punto non singolare, cioè il determinante in quel punto è diverso da 0. Quindi, determinante è la matrice di Jacobiano, quindi vedete la matrice Jacobiano calcolata in punto x con 0 a quel punto, quella è una matrice... di numeri come una matrice in senso ordinario, quindi il determinante di questa matrice n per n è diverso da 0, pensate alla condizione che avete, poi vedremo nel caso lineare. Allora, posso trovare un intorno di questo punto, un insieme contenente questo punto, non necessariamente un intorno circolare, quindi ci sarà un insieme contenente questo punto, x con 0, E poi, diciamo, il punto x con 0 viene mandato in un punto y con 0, diciamo che questo è il dominio, che questo sia f di d, e questo è d.

Quindi la trasformazione mi prende questo insieme e me lo manda in quell'insieme, quindi ci sarà un punto x con 0, punto y0 che è l'immagine del punto x con 0. Quindi posso trovare questo insieme u contenente x con 0 e questo insieme v contenente y0 tale che, quindi questa è la f qua, così, Tale che se adesso io considero soltanto la F ristretta a questi due insiemi, quindi la considero soltanto ristretta a questo insieme e a questo insieme, allora posso invertirla, posso creare una trasformazione inversa che mi consente di tornare indietro. Soltanto però relativamente, non globalmente su tutta l'immagine, ma soltanto vicino a quell'insieme. Inoltre posso dire, allora, questa trasformazione inversa è una trasformazione di regolare di coordinate, cioè derivabile con derivate continue, e il determinante di Jacobiano è diverso da zero in quasi ogni punto.

E infine vale questa regola. Se io voglio calcolare lo Jacobiano della trasformazione inversa, devo prendere la matrice inversa, questa è una matrice, quindi faccio la matrice inversa, La matrice inversa dello Jacobiano di F, calcolata nel punto però x che è uguale al punto immagine, che sono, diciamo, quindi questi due punti y ed x devono essere legati dalla relazione che uno si trasforma nell'altro. quindi perché appunto terema di esistenza, vedete, di invertibilità locale, perché in generale io non riesco globalmente a invertire la trasformazione da tutto l'insieme D a tutto l'insieme F e D, ma posso farlo solo vicino ai punti non singolari. Quando ci sono dei punti singolari, qui la trasformazione non è più possibile invertirla e quindi non riesco a costruire una mappa globale che mi inverte la trasformazione.

Vediamo alcuni esempi, alcuni esempi in particolare perché poi li utilizzeremo negli integrali doppi. Ah no, prima di vedere gli esempi, volevo farvi osservare che in realtà questo teorema contiene come caso particolare il teorema di derivazione della funzione inversa. Quindi nel caso è n uguale a 1. Questo è esattamente il teorema di derivazione della funzione inversa che abbiamo fatto ormai molto tempo fa Infatti, se ricordate, la condizione, allora, nel caso 1 per 1 di una matrice 1 per 1, lo jacobiano di f di x è una matrice 1 per 1 dato dalla sua derivata, no? Cioè, una componente e una variabile indipendente, quindi lo jacobiano diventa una matrice 1 per 1. La condizione che il determinante della matrice jacobiana sia diverso da 0 è equivalente a dire che la derivata in quel punto sia diversa da 0. che forse ricordate è proprio anche equivalente a dire, questo è anche nel teorema di derivazione della funzione inversa, posso trovare la derivata della funzione inversa nei punti che corrispondono a punti in cui la derivata della f è diversa da zero.

E infine questa regola diventa semplicemente la derivata della funzione inversa, quindi questa regola di derivazione, è equivalente a dire che la derivata della funzione inversa f alla meno 1 primo y è uguale alla matrice inversa, ma nel caso 1 per 1 la matrice inversa è proprio il reciproco, è 1 su f primo di x calcolato per x uguale a 1 f alla meno 1 di y. In una matrice 1 per 1 devo trovare quella matrice che moltiplicata per il numero mi dà 1, ma questa allora coincide proprio con il reciproco del numero. E quindi, vedete, questo teorema più generale contiene, come è caso, e un po'diciamo tutti i teoremi in realtà sono... pensati sempre, spesso in questo modo, si ha un certo risultato in una dimensione e si pensa di generalizzarla a più dimensioni.

Però in più dimensioni poi la cosa diventa più complessa, perché ci sono dei fenomeni che non si vedono in una dimensione, quindi magari i risultati hanno certe limitazioni che non si trovano nel caso delle variabili reali. Vediamo alcuni esempi, in particolare come dicevo, gli esempi significativi che ci servono per gli integrali doppi. Il primo esempio è in realtà quello che abbiamo già visto, cioè ritroviamo con questa tecnica il risultato che voi avete visto in geometria, che avete fatto in geometria, no?

Quello della trasformazione, che alla meno uno di y è l'inversa, cioè se ha una trasformazione lineare y è uguale a x e questo è uguale a scrivere che x è uguale alla meno uno di y. L'avete visto questo? Ok, sono sicuro perché è in programma, quindi l'avete visto. anche se a voi non sembrerà, ma l'avete visto. Ok, ritroviamo questo risultato in questo contesto.

Allora, pensiamo che la f, come abbiamo detto, è una trasformazione, la pensiamo come trasformazione f, va da Rn in Rn e questa associa al vettore x, che sarà un vettore colonna 1xn, il vettore colonna y, che è dato da Ax. Quindi se a noi adesso ci andiamo a calcolare la f di x, cioè sviluppiamo questo prodotto e troviamo le componenti della maestra, quindi sviluppando il prodotto, per adesso è lasciato diciamo in forma di prodotto, questo che cosa avviene? Viene, scrivo sotto. A prima riga per prima colonna, A 1 x1 più A 2 x2 più A n xn e poi A2 1 x1 eccetera più A2 2 x2, puntini puntini, più a2n xn e infine nell'ultima riga avremo a n1 x1 più puntini puntini a nn xn. Quindi queste adesso sono le componenti f1 di x, f2 di x, quindi queste sono esattamente le componenti f1 di x, f2 di x.

Punti. puntini fn di x. Andiamo a calcolare la matrice di Jacobiano di questa trasformazione.

Allora, quindi devo derivare le componenti per componente e calcolo la matrice di Jacobiano. Quindi, jf di x è uguale. La derivata della prima componente rispetto alla prima variabile, quindi adesso sto concentrandomi sulla prima briga di questo vettore, quindi sarebbe la prima componente, df1 in dx1, ma quando derivo df1 in dx1 rimane solo a11 perché quest'altro dipende da altre variabili, quindi trovo a11.

e quindi sarebbe df1 in dx1. Quando faccio df1 in dx2 rimane soltanto a12 e così via. Quindi alla fine, puntini puntini, a1n.

E alla fine quello che si vede è che lo jacobiano della trasformazione y uguale a x è nient'altro che la matrice della trasformazione. proprio con la matrice A da cui ero partito. Quindi nel caso di una trasformazione lineare di questo tipo, lo Jacobiano della trasformazione è proprio dato dalla matrice della trasformazione. D'altra parte adesso, se voi pensate nel teorema, c'è la condizione determinante che il determinante della matrice Jacobiano in un punto sia diverso da zero. Ma allora in base a questa osservazione Questo vuol dire proprio determinante di A diverso da zero, cioè A non singolare.

Allora, però, vedete, poiché questa condizione è indipendente dal punto, vediamo che questa trasformazione, se non è singolare in un punto, non è mai singolare, è sempre, diciamo, regolare in tutti i punti, perché, appunto, lo Jacobiano è un'indipendente. costante rispetto alla variabile indipendente quindi se non è singolare in un punto x non sarà mai singolare e allora quindi in particolare posso applicare quindi diciamo sono verificate le condizioni quindi le condizioni del teorema di esistenza locale di invertibilità locale si riducono alle condizioni classiche le condizioni di invertibilità locale In questo caso si riducono alla non singolarità della matrice A, cioè quindi alla condizione già conosciamo dalla geometria. E quindi, diciamo, sotto questa ipotesi il teorema possa avere un risultato di invertibilità locale se applico il teorema che ho appena visto, ok?

Però in realtà in geometria sappiamo di più perché il teorema è non solo locale ma è globale perché io posso sempre invertirlo globalmente. Quindi dal teorema trovo un... e quindi diciamo ho un risultato...

di invertibilità invert locale in realtà dai risultati la geometria i risultati è globale Metto così, anche se non ha molto senso, dai risultati in geometria, quindi diciamo dallo studio delle proprietà delle matrici, vale un risultato di invertibilità globale, cioè per ogni coppia di punti. Beh, diciamo, questo non è perché la geometria è più scaltra o più furba dell'analisi, perché, diciamo, il problema dipende dal fatto che la geometria si occupa di trasformazioni lineari, che sono un caso molto particolare di una qualsiasi trasformazione regolare. coordinate, quindi occupandosi di una classe ristretta di trasformazione ottiene un risultato molto più forte, invece il risultato dell'analisi di questo teorema di invertibilità locale vale per sia sui trasformazioni coordinate, quindi anche in un locale, anche con punti singolari.

E quindi, diciamo, si ottiene un risultato più debole, ma molto più generale. Quindi, diciamo, uno paga un po'impegno dal fatto di considerare una classe più generale di trasformazioni, però ottiene un risultato, diciamo, più generale. Vediamo altri esempi.

L'altro esempio che andiamo a considerare sono le coordinate polari. Allora, le coordinate polari, abbiamo parlato più volte di coordinate polari durante questo anno. Vediamo le coordinate polari come una trasformazione, adesso le interpretiamo come una trasformazione di coordinate.

Quindi pensiamo che questa è una trasformazione dall'insieme 0 più infinito, prodotto cartesiano 0,2π, in R2, che associa alla coppia di variabili ρθ f di ρθ che è uguale a ρ sinθ ρ cosθ, che sono nient'altro che cosθ sinθ. Queste sono nient'altro, ricordate, che le formule di passaggio dalle coordinate polari alle coordinate cartesiane. Allora, queste formule di passaggio da coordinate polari a coordinate cartesiane la penso come una trasformazione regolare di coordinate che mi manda questo insieme, questo è il mio piano ρθ, in questo insieme piano ρθ individuo una striscia 0 più infinito per 0,2π. Quindi questa è la variabile ρ, questa è θ, questa è 0, 2π.

In realtà, diciamo, dovrei fare così, nel senso che il valore 2π non lo considero, perché tanto lo ritrovo in 0. E questa, quindi, attraverso questa trasformazione f, vado nel piano cartesiano, nel piano xy. E quindi la penso come una trasformazione di coordinate da questo insieme al piano cartesiano. Andiamo a vedere quali sono i punti singolari di questa trasformazione.

Quindi per vedere i punti singolari devo calcolare lo jacobiano della trasformazione. Quindi mi vado a calcolare lo jacobiano di f rispetto alle variabili ρθ. Quindi devo derivare la prima componente rispetto alla variabile ρ, quindi rimane cosθ.

Poi devo derivare la prima componente rispetto alla variabile ρ, quindi meno ρ senθ. Poi devo derivare la seconda componente rispetto alla variabile ρ, la prima delle due variabili, quindi rimane senθ, e derivare la seconda componente rispetto alla variabile θ, quindi ρ cosθ. Quindi questa è la matrice jacobiana della trasformazione.

Andiamo per cercare i punti singolari. Devo calcolare il determinante di questa matrice. Allora, quindi viene il prodotto incrociato, ρ cosθ²θ più ρ senθ²θ. ρ senθ²θ.

E quindi alla fine rimane ρ. Ok? Allora, quindi quali sono i punti singolari determinanti? dello Jacobiano f di ρθ è uguale a 0 se e solo se ρ è uguale a 0. Quindi i punti singolari della trasformazione coincidono al valore ρ uguale a 0. Quindi a questo insieme qui. a questo segmento.

E vedete che in effetti, se adesso riguardiamo questa trasformazione, tutto questo segmento ρ uguale a zero del piano ρθ viene trasformato in un solo punto. viene trasformato nell'origine. Tutti i punti, i valori ρ uguale a 0 e θ arbitrario, corrispondono ad un unico punto.

E quindi chiaramente la trasformazione là non è iniettiva perché fa corrispondere tanti punti a un solo punto. e quindi non è iniettiva e pertanto non è invertibile. In tutti gli altri punti, quindi comunque se prendete un punto qualsiasi fuori da questo segmento, allora potete trovare un insieme contenente il punto e un corrispondente insieme di arrivo in cui la trasformazione è localmente invertibile.

Questo adesso diciamo così vi sembra un po'risultato un po'assestante, però in realtà noi, diciamo, come nell'integrazione... per una variabile c'è il cambiamento di variabili, quindi passo da un integrale a un altro integrale facendo un cambiamento di variabili. Per gli integrali doppi che vedremo fra oggi e la prossima settimana, c'è quello che si chiama il corrispondente dell'integrazione per sostituzione, cioè il cambiamento di variabili negli integrali doppi. Allora, molti integrali vedremo che, complicati da calcolare nel piano x e y, diventano immediati, quasi banali, nel piano rotte.

Quindi faremo una trasmissione. trasformazione di regolare di coordinate che ci porterà dal piano xy al piano ρθ, ma per fare questo a noi serve l'invertibilità della trasformazione, cioè serve che localmente questa matrice sia diversa sia non singolare quindi questo risultato determinante è lo Jacobiano trasformato La trasformazione valerò, ricordatelo perché la utilizzeremo. Vediamo adesso, questo è in R2, ci sono altre trasformazioni di coordinate più complicate che utilizzeremo, ma le vedremo volta per volta. L'analogo in R2 delle coordinate polari, cioè se voglio passare ad R3 e trovare un analogo delle coordinate polari, ho due possibilità, le coordinate cilindriche e le coordinate sferiche. Quindi adesso voglio portare, trovare come generalizzare le coordinate polari ad R3.

Allora, ci sono due possibilità sostanzialmente. Le coordinate cilindriche, diciamo due possibilità naturali almeno possiamo dire, Allora, questo praticamente consiste nel rappresentare un punto di R3 in questo modo. Prendo un punto di R3, prendo la sua proiezione sul piano XY, quindi questo è XYZ, Allora, la proiezione sul piano xy, quindi questo sarebbe il punto xy0, la rappresento in coordinate polari, cioè prendendo l'angolo θ che il vettore posizione forma con l'asse x e la lunghezza del segmento ρ. Quindi il punto xy0 lo rappresento con le coordinate polari e in più o meno. metto la quota rispetto all'altezza, rispetto al piano di riferimento xy.

Quindi in sostanza le coordinate cilindriche sono delle terne ρθt appartenenti a 0 più infinito. Il prodotto scalare è 0,2π, e queste sono le coordinate polari nel piano x,y, e poi la quota può essere sia positiva che negativa, e quindi per r. E le formule di passaggio da coordinate cilindri a coordinate cartesiane sono le seguenti.

ρ cos θ, y ρ sen θ. e z uguale a t. Z rimane uguale a t. Quindi, in sostanza, la terza variabile è proprio la quota rispetto al piano xy. Prendo la proiezione, il punto lo rappresento in coordinate polari e poi mi rimane di dire qual è la quota rispetto al piano di riferimento e quindi coincide esattamente.

con Z Allora, quindi queste formule come prima di passaggio da coordinate cilindri a coordinate cartesiane possono essere interpretate come una trasformazione regolare di coordinate, proprio per la ragione che vi dicevo perché a noi servono per gli integrali e quindi ci interessa vedere quali sono i punti singolari della trasformazione. Allora, quindi adesso mi scrivo, la penso appunto, queste le penso come una trasformazione dall'insieme 0 più infinito per 0, per 0,2π per r, in R3, che associa alla terna ρθt il valore x, y, z uguale ρ cosθ, ρ senθt. Ok, niente, leggo soltanto, diciamo, le formule di passaggio, le leggo come una trasformazione di R3 in se stesso o di un sotto insieme di R3 in R3. Allora, vediamo, calcoliamoci la matrice jacobiana di questa trasformazione.

rispetto alle variabili ρθt. Quindi questa è una matrice 3x3. Devo derivare, allora, ho tre variabili indipendenti, ρθt. Derivata della prima componente rispetto a ρ cosθ.

Derivata della prima componente rispetto a... quindi è derivata rispetto a ρ cosθ, meno ρ sinθ. Infine, derivata della prima componente rispetto a t, 0, perché non dipende da t. Poi stessa cosa per la seconda componente, derivata della prima componente rispetto a ρ sinθ.

Derivata della seconda componente rispetto a θ, ρ cos θ. Infine derivata della seconda componente rispetto a t, 0, perché non dipende da t. E poi l'ultima riga, devo derivare la terza componente rispetto a ρ, 0, rispetto a θ, 0 e rispetto a t, 1. E allora vado a calcolare adesso il determinante di questa matrice, determinante della matrice F di ρθT. Che cosa trovo? Sviluppo rispetto, per esempio, a questa colonna, a questa riga, quindi devo fare 1 per il determinante di questa matrice, che è esattamente la matrice della trasformazione in coordinate polari sul piano xy, quindi alla fine mi viene ρ cos 4θ più ρ cos 4θ, cioè ρ.

Quindi questo è il determinante della matrice di Jacobiano di trasformazione cilindriche che è uguale a zero per trovare i punti singolari e quindi questo è uguale a zero se e solo se è uguale a zero quindi i punti singolari della trasformazione coincidono con i punti che diciamo vengono ρ uguale a 0. E quali sono i punti che si trasformano, che corrispondono a ρ uguale a 0? Quando è nel piano x, y, z ρ uguale a 0? È l'asse z. Quindi i punti singolari della trasformazione è tutto l'asse z.

Cioè, questi sono i punti che corrispondono a punti singolari della trasformazione. Punti singolari. della trasformazione.

Come al solito, perché a un singolo valore ρ uguale a 0 corrisponde tutta una retta di punti e quindi la trasformazione non è iniettiva fa corrispondere a un punto infiniti valori e quindi chiaramente non è invertibile perché non posso tornare indietro. Quindi, diciamo... ρ uguale a 0 che corrisponde appunto a questo insieme, corrisponde ai punti singolari da trasformare. A noi in generale ci interessa vederlo sul piano x, y, z a quale insieme corrisponde.

Quindi vedremo per esempio che il nostro insieme non potrà contenere i punti dell'asse z per fare la trasformazione inversa. Quindi potremmo fare una trasformazione inversa perché il nostro insieme non contenga questi punti qui, perché noi passeremo da x, y, z a rotta eta t. Questo vedremo la prossima settimana. E infine, quindi, questo è un primo modo di passare da coordinate polari nel piano a coordinate, fra virgolette, polari nello spazio.

L'altro modo, pure classico, è le coordinate sferiche. Questo dipende un po'dalle esigenze, da quali insiemi vogliamo rappresentare. Quindi vedremo alcune volte che conviene usare un tipo di coordinate, altre volte un altro tipo.

Quindi l'altro esempio sono le coordinate sferiche. Ok, qui l'idea è simile ma leggermente diversa. Prendiamo sempre un punto nello spazio, quindi questo sarà un punto di coordinate x, y, z.

e facciamo, uniamo il punto con l'origine, ok? Uniamo questo punto con l'origine e facciamo anche la proiezione del punto nel piano xy. xyz. Quindi questo è il punto xyz0.

Allora, chiamiamo qui questo angolo. Φ, l'angolo che il vettore posizione forma con l'asse z, ρ, la lunghezza del segmento che congiunge il punto con l'asse z, scuotete con l'origine, lo chiamo ρ, e infine θ, questo angolo, l'angolo che la proiezione xy0 forma. con l'asse x.

Quindi questa volta ho 3 val... rho che è la lunghezza del segmento, di questo segmento. Poi, phi che è l'angolo che il segmento forma con l'asse z e teta questa proiezione. Allora adesso se ragioniamo un po'in termini di angoli...

Una cosa che sicuramente possiamo scrivere facilmente è che ρ è uguale a x² più y² più z². È nient'altro che la distanza del punto dall'origine. La lunghezza di questo segmento è la distanza del punto dall'origine. Gli antetetifi sono più complicati, fare il passaggio da coordinate cartesiane a coordinate polari è più complicato e onestamente neanche me lo ricordo. Però invece vediamo quello inverso che a noi interessa, come si passa.

Ci sono delle formule che non mi ricordo. Vediamo come si passa, invece a noi interessa soprattutto questo, come si passa da coordinate sferiche a coordinate cartesiane. Allora, z è la lunghezza di questo segmento, no?

Z è questo. È esattamente pari a questo, alla lunghezza di questo. E allora è nient'altro che ρ per il coseno di φ.

Quindi scriviamoci. Ok, quindi, perché se φ è questo angolo, adesso vedetelo come se fosse su un piano, ρ cos φ è proprio questo segmento. Poi questo segmento invece è a lunghezza, questo segmento qui, ρ sen φ.

ρ seno di φ e adesso se voglio proiettarlo nuovamente sugli assi x e y devo fare rispettivamente quindi ρ sen φ per il coseno di θ e ρ sen φ per il seno di θ. Controllo per sicurezza, eh? Sì, perfetto. Ok.

Quindi queste sono le formule di passaggio. Da qui con un po'di divisioni si potrebbe ricavare, per esempio, che tangente di teta... Qua si può ricavare... Con un po'di pazienza si ricavano quelle inverse.

è tangente di teta y fratto x, perché se divido y fratto x e rosa in phi si semplifica, rimane sen teta su cos teta, che quindi è y fratto x. E vediamo un po', è z, phi lo vedo più complicato. F bisogna sempre dividere tra qualcosa, però mi viene, quindi Z su I, però mi rimane senteta. F bisogna fare una trasformazione che non mi ricordo.

C'è un'opportuna formula anche per F. Vediamo quindi adesso, facciamo nello spirito di quello che abbiamo fatto prima per le coordinate sferiche, facciamo lo stesso discorso per le coordinate cilindriche, facciamo lo stesso discorso per le coordinate sferiche. Innanzitutto dove variano questi parametri? ρ varia fra 0 e più infinito.

θ varia come prima fra 0 e 2π. E φ varia fra 0, che sarebbe la parte positiva dell'asse Z, nella parte positiva dell'asse Z, φ uguale a 0, fino alla parte negativa dell'asse Z, fino a π. φ varia fra 0 e π, estremi inclusi. Quindi se un punto è del tipo 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, z, con z positivo avrà fi uguale a 0. Se invece ho un punto 0, 0, z, con z negativo, vuol dire che ho tutto l'angolo e quindi pi greco.

Quindi fi varia fra 0 e pi greco. Notate che per fi uguale a pi greco mezzi ritroviamo esattamente nel piano xy, quindi per fi uguale a pi greco mezzi, ritroviamo esattamente le coordinate polari, ρ, cosθ e ρ, senθ, nel caso quindi del piano xy. Allora, quindi scriviamocelo come trasformazione.

Quindi abbiamo detto 0 più infinito, prodotto cartesiano, 0, 2pi greco, Prodotto cartesiano 0, pi greco incluso, a valore in R3. Quindi questa è la trasformazione che alla terna ρθφ associa quella trasformazione ρ sen φ cos θ. ρ sen φ sen θ.

Prentesi di troppo e ρ coseno di φ. Notate dall'altro che se voi ragionate a ρ fissato, cioè quindi prendete per esempio ρ uguale a 1, e siete sulla sfera, prendere ρ costante vuol dire che sono su una superficie sferica, queste sono nient'altro che longitudi, e latitudine, no? Sono esattamente la...

adesso non mi ricordo mai qual è longitudine e latitudine, però una individua i meridiani e l'altra i paralleli. Fi costante individua un parallelo sulla sfera, no? Fi costante individua un parallelo sulla sfera. individua un parallelo, mentre θ costante individua un meridiano, quindi qual è la longitudine per i meridiani o per i paralleli? Quindi a ρ fissato sono nient'altro che la longitudine e la latitudine del punto sulla crosta terrestre.

Se volete andare all'interno della crosta terrestre mettete anche ρ. Ok, quindi calcoliamoci lo Jacobiano di questa trasformazione. Con un po'di pazienza perché questo adesso contiene tanti termini. Allora, derivata della prima componente rispetto a ρ, cioè senfico steta.

Cancelliamo questo se no mi rimane... Poi derivata della prima componente rispetto a θ è meno ρ sen φ sen θ. Ok, sto derivando questa prima componente rispetto a ρ e ho trovato sen φ cos θ. Rispetto a θ mi viene ρ sen φ meno sen θ. E poi infine la devo derivare rispetto a φ e quindi ρ cos φ cosθ questo è un coseno poi seconda riga senφ senθ Sarebbe la derivata di questa seconda componente rispetto a ρ.

Poi la derivo rispetto a θ e mi rimane ρ sen φ cos θ. ρ sen φ cos θ. Infine la derivo rispetto a φ e quindi derivata rispetto a φ mi rimane ρ cos φ sen θ.

E infine devo derivare rispetto alla terza riga, quindi cosφ, quando derivo rispetto a ρ, 0 perché non dipende da θ, e meno ρ senφ. Ok, adesso dobbiamo calcolare il determinante per trovare i punti singolari. Questo magari lo lascio. Allora, per esempio, sviluppando rispetto alla terza riga direi che conviene.

Quindi vediamo un po', se sviluppo... Vediamo dove ci conviene farlo. Perché questo mi dà questo... Ok, direi... sì.

Sviluppiamo rispetto alla terza riga. Quindi il determinante della trasformazione allora viene cosφ che moltiplica meno ρ quadro Vediamo, dovrebbe cancellarsi questo termine. Meno rho sen quadro teta cos phi sen phi. Per favore controllate se sto scrivendo giusto i termini. Poi, quindi sto facendo il determinante di questo, quindi meno rho quadro, e non l'ho messo, per esempio.

sen quadro teta cos phi sen phi meno, non mi si cancella, preoccupante, meno rho quadro sen quadro teta. Questo per questo mi dà un seno in quadro teta. Poi c'è un meno rho quadro sen phi cos phi cos quadro teta. sen fi cos, quindi cos quadro teta, sen fi cos fi. Poi c'è zero che moltiplica e poi devo fare meno rho sen fi.

che moltiplica questo determinante. Allora, questo determinante è seno fi al quadrato coseno quadro teta quindi è giusto, controlliamo, seno fi al quadrato quindi c'è un ρ seno fi al quadrato coseno quadro teta più ρ Sino quadro fi, sino quadro teta. Ok, quindi andiamo avanti, si dovrebbe cancellare quasi tutto se abbiamo fatto i conti bene. Questo è un termine che mi dà... coseno quadro teta più coseno quadro teta rimane da 1 e quindi mi viene il rosso in cubo fi, quindi vediamo il termine sopra, quindi sopra mi viene coseno e fi, allora meno ro quadro, seno quadro teta, questo vediamo un attimo, Allora, il termine frapparente si può sommettere in evidenza un seno fi cos fi rho quadro e poi rimane sen quadro teta più cos quadro teta.

Quindi rimane il meno, l'ho messo, due meno cos fi che moltiplica. meno ρ quadro, e a questo punto sono costretto a cancellare anche la trasformazione, quindi meno ρ quadro, meno due volte ρ quadro cos φ sen φ, no, senza il 2, meno ρ quadro cos φ sen φ. Vi torna questo termine? Perché ho fatto seno quadro teta più coseno quadro teta mi da 1 e quindi mi rimane sen fi meno rho quadro sen fi coseno fi e poi meno questo termine che ho già discusso, rho sen fi per rho seno quadro fi. E allora dovrebbe sì tornare, perché c'è un meno, però c'è un segno che non mi torna.

Quindi c'è un ρ quadro sen φ che posso raccogliere in evidenza. e all'interno mi rimane ho quadro sen phi che raccolgo in evidenza e all'interno mi rimane più, però c'è un segno sbagliato perché mi dovrebbe venire dunque coseno quadro phi più seno quadro phi c'è un segno sbagliato che non mi torna meno meno, meno raccolgo, no c'è un meno dappertutto forse, ci dovrebbe essere perché anche il primo termine ha un meno, no eccolo qui, è questo che non c'è, non c'è questo segno meno qui. Ok, quindi mi torna meno ρ quadro, alla fine tutto meno ρ quadro sen φ.

Questo è lo Jacobiano della trasformazione, il determinante della matrice Jacobiano. Quindi, adesso devo andare a cercare i punti singolari della trasformazione. I punti singoli, quindi il determinante della matrice jacobiana ρθφ è uguale a 0 se se lo se allora posso il meno in influente, quindi posso dire ρ² sinφ è uguale a 0 Ma questo è vero se e solo se, diciamo, mi dà due possibili soluzioni. O ρ uguale a 0, ma ρ uguale a 0 corrisponde all'origine, ρ uguale a 0, questo punto, corrisponde a x, y, z uguale a 0, 0, 0. L'unico punto che ha distanza 0 dall'origine è l'origine stessa. Oppure, φ è uguale a 0 e φ è uguale a π.

Chiamiamolo così. Quando è che il seno di φ si annulla in 0 e π? O se φ è uguale a 0 o φ è uguale a π.

Allora, questo φ è uguale a 0 corrisponde a tutti i punti del tipo x, y, z uguale a 0, 0, z con z maggiore di 0, abbiamo già detto prima, con z maggiore di 0. Quindi è la parte positiva dell'asse z. Mentre phi uguale a pi greco corrisponde a tutti i punti del tipo x, y, z uguale a 0, 0, z con z minore di 0. E quindi, nuovamente, anche in questo caso, i punti singolari della trasformazione corrispondono all'asse z, perché sono questi appunto, se voi fate la proiezione, Questa è φ, φ uguale a 0 corrisponde alla parte positiva dell'asse e φ uguale a π alla parte negativa. Quindi l'asse Z corrisponde ai punti singolari della trasformazione. Ok, ormai noi riniziamo un argomento nuovo, da lunedì vedremo gli integrali doppi con l'ultima settimana di lezione. Buon weekend!