Il realismo si sviluppa in Francia. Il termine è usato in contraposizione al sentimentalismo tardo-romantico. Infatti, gli artisti del realismo vogliono rappresentare temi e soggetti presi proprio dalla realtà quotidiana, prevalentemente contemporanea a loro. Questi artisti realisti ritengono che anche il brutto sia un elemento in grado di dare un certo valore all'opera d'arte e quindi decidono di rappresentarlo comunque.
Al contrario invece del romanticismo... che tendeva alla fine a rappresentare solo il bello, le cose armoniche, le cose gradevoli. Il realismo rappresenterà la realtà così com'è, a volte anche con soggetti scandalosi, altre volte invece facendo addirittura satira politica.
Ma come ha origine il realismo? Presto detto, nel 1855 a Parigi c'è l'esposizione universale, che doveva servire proprio per celebrare l'impero di Napoleone III. È un'expo, un'expo d'arte. L'artista di cui parliamo, cioè Gustave Courbet, presenta una serie di sue opere.
Il collegio giudicante le dichiara impresentabili, le rifiuta praticamente tutte. A quel punto, per la prima volta, un artista, in modo autonomo, pagandosi da solo quindi un sistema espositivo, apre un padiglione del realismo. Lo chiama proprio così, si sceglie da solo il nome. E all'esterno appende una targa con scritto Gustave Courbet, esposizione di 40 dipinti, ingresso a pagamento un franco. Attenzione, un franco non era neanche così poco, all'epoca era una bella cifretta, però la gente andrà comunque a vedere questa esposizione parallela a quella ufficiale universale, proprio perché iniziano a parlarne, fa anche un po'scandalo, e quindi tutto ciò che fa scandalo e serve per parlare, parlatene bene o male, ma parlatene, avrà comunque un discreto successo.
L'atelier del pittore, sempre di Courbet, anzi il titolo sarebbe L'atelier del pittore, allegoria reale che determina sette anni della mia vita artistica e morale. È un'opera immensa che ha richiesto anche parecchio studio, parecchi bozzetti preparatori ed è completamente ricca di allegorie e cose simboliche, nulla è messo lì per caso. È un'opera orizzontale ma al centro spicca proprio l'autoritratto di Courbet. Sta dipingendo un paesaggio, mentre due figure lo stanno osservando.
Da destra e sinistra troviamo un bambino. e la modella nuda. Rappresentano la verità, gli occhi del bambino sono la sincerità e la donna nuda è proprio la verità svelata, che richiama moltissimo anche le figure del Rinascimento, i nudi rinascimentali, però attenzione, qui la donna non è proprio bellissima, non è certo una modella, perché? Perché la realtà va rappresentata così com'è, anche quando magari ha un pochino di cellulite, non le forme fisiche proprio perfette.
Di fianco troviamo moltissime persone, un atelier, affollato, come probabilmente era davvero l'atelier dell'artista all'epoca, usava anche andare a vedere gli artisti mentre lavoravano. Sulla destra troviamo gli amici, la parte positiva, sono le persone che sono amiche di Courbet, vanno a trovarlo e sono anche riconoscibili, troviamo Baudelaire, ci sono anche altre persone dei filosofi del momento, degli studiosi, dei letterati, mentre sulla sinistra troviamo quelle che sono le persone negative, la gente che vive della morte, le chiama Courbet. ci sono il mercante, il rabbino, il bracconiere.
Per terra, se guardate bene, c'è addirittura una donna che sta, anche parecchio scomoda, sta allattando un bambino, ha i capelli rossi, quindi è conosciuta come l'irlandese. In pratica allude a una crisi economica terribile, economica e sociale che aveva stravolto l'Irlanda di quell'epoca, diventa proprio il simbolo della miseria, quindi è ovviamente nella parte negativa dello studio. Quest'opera non piacque per niente, troppo grande, troppo scandalosa.
troppo pesante proprio come temi di accusa anche sociale, politica e venne ovviamente rifiutata dal Salon. Questa fu proprio la goccia che fece traboccare il vaso e quindi Courbet per questo rifiuto decise di aprire il suo padiglione del realismo, quindi il suo padiglione personale. Una delle opere di Courbet rifiutate dal Salon è proprio il funerale a Ornans.
Ornans è il paese originario di Courbet. Le persone rappresentate molto probabilmente sono persone che lui conosceva davvero, sono i suoi vicini di casa, i suoi concittadini, non sono persone ricche, non sono persone nobili, non sono neanche persone particolarmente belle. In questo momento sono fra l'altro molto tristi perché sono a un funerale, il funerale di una persona assolutamente non famosa e sicuramente nemmeno ricca. È un funerale normale, è un momento di...
tristezza quotidiana che però viene rappresentato in un formato immenso, è 3 metri per 6 e qualcosa e questa dimensione all'epoca veniva utilizzata solo per opere di particolare interesse, particolare importanza come soggetti mitologici oppure religiosi, in questo caso il soggetto è terribile per cui riceverà moltissime critiche, ci sarà solo un critico d'arte che disse che quest'opera avrebbe simboleggiato nella storia moderna le colonne d'Ercole del realismo, cioè come dire, dopo quest'opera nulla sarà più uguale ed effettivamente è così, è la prima volta che troviamo un dipinto così grande che quindi avrà avuto sicuramente anche un certo costo come realizzazione, anche solo pensare quanti colori saranno stati usati, quanti barattolini di colore saranno stati usati e il soggetto praticamente non c'è, il soggetto è morto, in primo piano, proprio davanti allo spettatore. C'è la fossa, la fossa del morto. Il soggetto è nella bara che è coperta da un telo qua sulla sinistra con il simbolo delle due ossa incrociate e viene portato appunto dalla parte religiosa dei personaggi.
Ma la fossa in primo piano è terribile, è la prima cosa che vede lo spettatore insieme a tutto questo nero. Questo nero perché? Perché sono vestiti a lutto e sono anche molto probabilmente i vestiti della festa, i vestiti della domenica di persone che non essendo ricche si vestivano bene solo per eventi particolari, lieti o tristi che fossero. Abbiamo detto che quindi questi sono molto probabilmente ritratti, ma non sono persone che pagheranno per questo ritratto.
Chi è che si vuole mettere in casa un quadro così grande con un soggetto così triste? Ma nessuno, infatti non avrà incredibile successo all'inizio, anzi proprio per niente. Honoré Daumier, pittore ma non solo, infatti fa anche il litografo e caricaturista, è un artista del realismo che sceglie proprio.
di fare non solo pitture della realtà così com'è, ma opere che sono dei veri e propri atti d'accusa. Contro chi? Contro chi comanda. Chi comanda e sfrutta le persone che lavorano e vivono malissimo per far vivere bene poche persone.
Basti pensare a Gargantua che appunto sta lì immobile, grasso, con la bocca aperta e tutti i poveretti devono continuare a nutrirlo. Oppure come il ventre legislativo dove ci sono i nobili pronti a scegliere e a decidere le leggi e sono lì grassi e mostruosi con queste facce orribili. però sicuramente non patiscono la fame. Del resto i personaggi di Domiè sono spesso dei mostri, a volte per scelta, cioè decidono appunto di vivere sulle spalle dei poveri e quindi la loro anima brutta si vede all'esterno come un aspetto brutto, a volte sembra di risolvere dei rospi.
Attenzione, guardate che Domiè finirà anche in galera un paio di volte proprio perché verrà denunciato, le persone spesso questi nobili si riconoscono e non apprezzano. Però sono mostri anche i buoni. Perché?
Perché i buoni spesso sono costretti a vivere in condizioni terribili, una vita faticosissima, ad esempio quelli del vagone di terza classe non vivono certo bene, sono persone povere, sono persone che stanno andando a lavoro o che stanno tornando dal lavoro, il vagone di terza classe è un vagone dei poveri, non è la prima classe, non è nemmeno la seconda, sono scomodi, sono pigiati, sono panchine di legno, non c'è un buon profumo in questo treno, non c'è freddo. quando magari è piena estate sicuramente non c'è abbastanza caldo, quando invece è inverno. E quindi sono persone invecchiate precocemente, se voi guardate la vecchia probabilmente avrà 30 anni, il bambino sembra un vecchietto solo in misure ridotte, ma sono mostri non per scelta loro, per colpa ad altri che hanno reso la loro vita mostruosamente terribile. Jean-François Millet, artista del realismo.
Non si occupa però di politica come invece aveva scelto di fare Domié. Lui pensa più a un discorso morale, sono opere quasi religiose, sono denuncia sociale sì per la fatica che fanno i contadini. Basti pensare alle spigolatrici, lavoro onesto, quindi tre lavoratrici serie, sicuramente non ricche, però hanno una loro dignità. Perché? Perché stanno facendo un lavoro onesto, lo stanno facendo bene, anche se sicuramente a loro costa molta fatica, viene a mal di schiena solo a guardarle.
Mentre nell'angelo si usa addirittura il discorso religioso. Sono due contadini che al rintocco della campana della chiesa che si intravede sullo sfondo mollano gli attrezzi di lavoro e fanno una pausetta e intanto pregano. Questo si usava proprio per tre volte al giorno perché era anche un modo per ringraziare Dio del lavoro e del raccolto che si poteva fare e, dico io, era anche un modo per prendere un attimo di respiro. Però queste opere non piaceranno al grande pubblico, sono anche abbastanza grandi.
e lo prenderanno proprio un po'come una scelta di sbattere in faccia alla fatica altrui, al grande pubblico dei ricchi borghesi che avrebbe potuto comprarle queste opere, non le comprava, quando proprio decidevano di prenderle si facevano fare anche degli sconti passersi che le pagavano molto poco, proprio perché non erano opere che ritenevano gradevoli. I macchiaioli sono un po'il nostro realismo. In Italia infatti non esiste un movimento realista come quello che nasce invece in Francia. Però fra il 1855 e il 1867 in Toscana, anzi per la precisione a Firenze, attorno al Caffè Michelangelo di Firenze, si riuniscono un gruppo di artisti, tra i quali Adriano Ceccioni, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega.
e si ritrovano, chiacchierano, parlano, sono amici e diventeranno davvero un fenomeno un po'particolare, un po'di passaggio in Italia fra l'altro, fra un periodo artistico e l'altro. Vengono chiamati macchiaioli, però in senso denigratorio, vogliono proprio offenderli, perché il loro stile di pittura viene rappresentato proprio con delle macchie, macchie di colore nette, non usano le velature, non usano gli effetti chiaroscurali e io dico un po'da italiana. che sono davvero i precursori degli impressionisti francesi. Giovanni Fattori. Questi artisti macchiaioli sono accomunati spesso da una militanza, nelle campagne militari risorgimentali, e quindi i militari tornano spesso come soggetti, rappresentati proprio molto spesso da Fattori.
In quest'opera, in vedetta, rappresenta infatti tre militari a cavallo, con pochissimi colori, bianco, nero, qualche ombra un po'azzurrata, un po'grigia. e l'azzurro del cielo. Sono tagli quasi fotografici, infatti nel riposo, che è anche conosciuto come il carro rosso, che è quello conservato a Brera, abbiamo al centro dell'opera non una persona ma addirittura i buoi. Quando mai al centro, anzi per tre quarti dell'opera, vengono rappresentati degli animali e non una persona? La cosa particolare è che il titolo, il carro rosso, rappresenta un carro che però non è intero.
Si intravede, si capisce benissimo che si sta parlando di un carro trainato in legno colorato di rosso, ma se ne vede solo una parte, un po'come se il pittore fosse passato in quel momento, in un momento in cui sicuramente fa caldo, nella maremma toscana, cioè la persona che si sta riposando all'ombra del suo carro, e come se il pittore avesse fatto una fotografia, mettendo al centro i buoi, però chiaro, tagliato di fianco c'è anche il resto della scena. Si capisce proprio che… voleva rappresentare la realtà, la realtà calma, placida, tranquilla, un po'assolata, molto normale della campagna toscana di quell'epoca. Silvestro Lega è probabilmente tra i maggiori rappresentanti del movimento dei macchiaioli, i pittori toscani che sono in pratica i nostri pittori del realismo, il realismo italiano, come loro vuole rappresentare la realtà, la realtà che lo circonda. sono colori della campagna toscana, però attenzione, lui non è sempre stato amico dei suoi colleghi artisti che si trovavano e si riunivano al Casta Michelangelo a Firenze, era molto serio, tra l'altro aveva partecipato nella seconda guerra di indipendenza come artigliere, per questo era un militare, solo tornato dalla guerra si rilassa un po'e inizia davvero a partecipare alla vita artistica della Toscana e quella che rappresenta è una quotidianità, sono momenti molto normali. Ad esempio nel pergolato, che è anche conosciuto come un secondo titolo, è un dopo pranzo.
Effettivamente è un momento molto italiano, quello del pre-pennichel, insomma subito dopo mangiato cosa si prende? Il caffè. È una Toscana dove in estate fa caldo, ci sono queste signore della ricca borghesia che si stanno riposando, magari anche un po'annoiandosi all'ombra di un pergolato, di una vite nella loro proprietà, bella, tranquilla.
La noia è data forse anche dalla bambina sullo sfondo, sembra quasi in piedi, il momento in cui le fanno dire la poesia e tutti dicono mio Dio no ha ricominciato, però è un momento proprio di pace. Aspettano il caffè che viene portato da un inserviente, comunque è vista molto bene, elegante, sono tutte molto tranquille e sono tranquille proprio perché è un momento di tranquillità, sono rappresentate tutte in controluce queste figure, sono tutte donne sedute, si sventolano. perché c'è caldo e quindi questa ombra fa sì che la luce penetri proprio attraverso le foglioline della vite, del pergolato che le rinfresca e diventa quasi immobile, sembra quasi di vedere le ombre sui vestiti che si muovono a secondo del venticello, poco, che però probabilmente c'è e le rinfresca.
Mentre invece nell'altra opera di Silvestro Lega, che si intitola Il canto dello sornello, abbiamo un'immagine in un interno, ma anche questo è un momento in cui non succede nulla di incredibile, sono tre sorelle, sappiamo anche il nome perché una era l'amata del pittore, la Virginia, sono le sorelle Batelli, che stanno suonando insieme, cioè due cantano, una suona il pianoforte ed è un momento in cui proprio si vede la parte della Toscana, quindi il paesaggio toscano, ma si vede attraverso la finestra, questo è proprio un interno. dove ci sono i particolari molto curati, in questo caso non ci sono tante macchie, in questo momento la luce è quella che rende quest'opera tipica dei macchiaioli, perché effettivamente anche vista da vicino è molto particolareggiata, addirittura si vedono le decorazioni sulle gonne, la decorazione del tappeto, la lavorazione del pianoforte. però questa luce calda, molto tranquilla e il soggetto stesso che appunto un momento abbiamo detto non succede nulla di particolare, anzi stanno cantando il canto dello stornello, ne fa proprio un'opera tipicamente dei macchiaioli.