Benedetto Croce lo considera uno dei più grandi statisti italiani, accanto a Cavour.
Gaetano Salvemini lo definisce "ministro della malavita".
Giovanni Giolitti è considerato il fondatore dell'Italia moderna, specialmente nei primi dieci anni del 1900.
La carriera di Giovanni Giolitti
Febbraio 1901: Entra nel governo Zanardelli come Ministro dell'Interno.
Rimane influente nella politica italiana fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale (1914).
Questo periodo è noto come l'"età giolittiana".
Innovazioni e riforme
Sviluppo delle industrie, costruzione di ferrovie, nazionalizzazione delle assicurazioni.
Introduzione dell'istruzione obbligatoria e gratuita fino a 12 anni.
Giolitti come figura politica
Giolitti aspira a un'Italia più stabile e solidale, una monarchia legata al popolo.
Ha il governo più lungo nel Regno d'Italia.
Si oppone alla partecipazione dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale e al fascismo.
Contesto personale e formazione
Giolitti è un uomo schivo e riservato, orfano di padre a un anno.
Cresce in un ambiente liberale a Torino, conosce Cavour e la classe dirigente dell'epoca.
Ha una carriera burocratica prima di entrare in politica a 40 anni, diventando esperto nei meccanismi statali.
Il Giolitti del Novecento
La sua prima esperienza come Presidente del Consiglio è breve (1892-1893) ma segna il suo approccio politico riformista.
A inizio 1900, il movimento dei lavoratori inizia a prendere piede: Giolitti cerca di mediare tra capitale e lavoro.
Introduce leggi a tutela del lavoro e delle condizioni di vita dei lavoratori.
Le crisi e le agitazioni
Durante le agitazioni sindacali, Giolitti evita di usare la forza militare, cercando di mantenere l'ordine pubblico.
Le sue decisioni di non reprimere gli scioperi mostrano un cambiamento nell'approccio liberale.
Emigrazione italiana
L'emigrazione diventa un grande fenomeno, con circa 3 milioni di meridionali che partono tra il 1900 e il 1910.
Giolitti considera l'emigrazione un fattore positivo per aumentare i salari in Italia.
Critiche alla politica giolittiana
Giolitti è criticato da Salvemini per il suo approccio considerato spregiudicato.
Le accuse di manipolazione elettorale, specialmente nel Sud, sono ricorrenti.
Tuttavia, Giolitti sostiene che il governo deve adattarsi alla natura dell'umanità.
Espansione coloniale e Libia
1911: Italia invade la Libia, vista come una necessità per affermarsi come potenza europea.
L'occupazione si rivela più difficile e costosa del previsto.
Verso la Prima Guerra Mondiale
Giolitti è contrario all'intervento italiano nella guerra, ma il clima politico cambia rapidamente.
La sua visione democratica e liberale non riesce a sostenere le nuove pulsioni nazionaliste.
Fine della carriera di Giolitti
Le sue dimissioni nel 1915 sono il risultato di una perdita di autorità in un'Italia cambiata.
Muore nel 1928, con un'assenza di riconoscimento pubblico significativo da parte dello Stato.
Conclusione
Giolitti rappresenta un'epoca di trasformazione e riforma in Italia, ma alla fine non riesce a adattarsi ai cambiamenti sociali e politici che conducono al fascismo.