Cari amici, continuiamo a parlare di Ennio, quinto Ennio, dedicandoci oggi all'opera che, per usare le sue stesse parole, lo avrebbe fatto volitare vivus, volteggiare vivo per le bocche degli uomini, anche dopo la sua morte, gli annales. un vasto poema epico in 18 libri che narrava la storia di Roma dalle origini all'età contemporanea e che egli cominciò a comporre alla tenera età di 67 anni, che per quell'epoca dovevano essere davvero tanti. Sarebbe infatti morto tre anni dopo, nel 169. A questo impegno storico e letterario Ennio dedicò dunque gli ultimissimi anni della sua vita.
Una fatica nei confronti della quale purtroppo il tempo non è stato generoso. L'opera ci è infatti giunta in stato frammentario, ne possediamo circa 600 versi sparsi, ma comunque sufficienti per farci una idea delle sue caratteristiche e del motivo per cui fu così importante. Iniziamo dunque a parlare delle caratteristiche generali degli annales.
Intanto il genere. epica storica. Epica lo sapete perché si tratta di narrazione in versi, storica perché narrazione di eventi non mitologici bensì realmente accaduti. Argomento storia romana dalle origini all'età contemporanea. Dai frammenti che ci sono pervenuti sappiamo che Ennio partì proprio dall'inizio, cioè dalla leggenda della fuga di Enea da Troia e del suo arrivo nelle coste del Lazio.
Per poi passare alla fondazione di Roma e alla storia dei settere, la prima età repubblicana con le prime guerre di espansione di Roma in Italia, quindi guerre sannitiche, guerra contro Pirro, la prima guerra punica che però Ennio trattò in breve perché Gian Nevio pochi anni prima le aveva dedicato il suo... poema monografico, il Bellum Penicum, grande spazio invece alla seconda guerra punica che Ennio aveva vissuto di persona e infine le prime guerre in Oriente fino al 171. Tutto rigorosamente in ordine cronologico, il che spiega il titolo di Annales. Ennio si ispirò infatti per quanto riguarda la composizione, l'organizzazione del contenuto della sua opera agli Annales Maximi, quelle raccolte di origine antichissima compilate dal Pontifex Maximus in cui venivano annotati anno per anno annales tutti gli avvenimenti degni di rilievo e da questa tradizione degli annales prende appunto il nome l'opera di Ennio. Il metro l'innovazione più importante, ve ne ho già accennato nel video precedente, Ennio scalzò il Saturnio.
l'antico verso indigeno italico che era stato usato fino ad allora per comporre epica latina. Lo aveva adottato Livio Andronico per tradurre l'Odissea di Omero in latino, lo aveva usato solo pochi anni prima Nevio per comporre il Bellum Penicum, il suo poema epico sulla Prima Guerra Punica, Ennio fece una scelta. diversa e volle introdurre nella letteratura latina l'esametro, il verso principe dell'epica greca.
Una scelta della cui importanza Ennio stesso evidentemente era consapevole e di cui si vantò in un passo del poema in cui si proclama superiore a Nevio che aveva scritto il Saturni. E sicuramente una scelta felice perché da allora anche nella letteratura latina l'esametro divenne il verso principe. dell'epica ed uno dei metri più usati.
Queste dunque le caratteristiche generali degli Annales. Passiamo però adesso al valore storico e letterario di quest'opera, che possiamo sintetizzare in questo modo. Passione per la romanità nel solco della tradizione greca.
La cultura greca, lo abbiamo detto la scorsa volta, Egno Rudino ce l'aveva nel sangue, come avevano già fatto altri letterati, trapiantando a Roma. la commedia e la tragedia greca, così Ennio volle collegare alla grande tradizione greca anche il genere epico che a Roma si era già sviluppato. La scelta dell'esametro, di cui abbiamo appena parlato, rientrava sicuramente in questo progetto. Ma i grandi modelli dell'epica greca, Omero e Silvodo, furono di ispirazione ad Ennio anche sotto altri aspetti.
Leggiamo per esempio insieme il primo verso. del proemio che ci è fortunatamente pervenuto. Muse, quepe di...
Pus magnum pulsati solumpum, muse che con i piedi battete il grande Olimpo, alludendo con quel battere i piedi ad un ritmo di danza. Avrete riconosciuto il ritmo dell'esametro, vi ho anche segnato gli accenti e adesso soffermate la vostra attenzione su quel muse, un particolare che a noi potrebbe sembrare scontato, avendo in mente... l'invocazione alle Muse di noti poemi epici dall'Odissea all'Iliade, passando per l'Eneide fino a Dante. O Muse, o alto ingegno, or maiutate, inferno canto secondo.
Per Ennio e per i romani del suo tempo, invece, le Muse non erano scontate affatto, anzi Livio Andronico, che se vi ricordate qualche decennio prima aveva tradotto in latino l'Odissea di Omero, Trovandosi di fronte al famoso Ennepe Musa, cantami o Musa, eliminò la Musa e scrisse Camena, che era la divinità indigena italica più o meno equivalente alla Musa greca. Virum mii Camena in seceversu tum, cantami o Camena l'uomo astuto. E questo è un Saturnio. Come quindi in nome della tradizione greca Ennio scalzò il Saturnio e introdusse l'esametro, così allontanò le camene e presentò al pubblico romano le muse. Ma Ennio andò ancora oltre.
Nel prosieguo del proemio, ispirandosi chiaramente ad Esiodo e a Callimaco, racconta di aver avuto un sogno. Ecco che gli si presenta. il fantasma di Omero, il quale dapprima gli espone la dottrina pitagorica della trasmigrazione delle anime, dopodiché gli confida di essersi reincarnato inizialmente in un pavone, simbolo di immortalità, e adesso in lui.
Alter Omerus si autodefinisce Ennio, il secondo Omero, reincarnazione del più grande poeta epico di tutti. L'operazione di Ennio è a noi chiara. L'esametro, il motivo esiodeo e callimacheo del sogno, l'investitura poetica da parte niente di meno che di Omero, uno stratagemma ben noto alla cultura greca che serviva agli autori, agli scrittori per affermare la propria eccellenza poetica. Motivazione di Ennio?
Inserire l'epica latina nel solco. di quella greca. Ennio era però anche un romano e orgoglioso di esserlo. Quando gli fu conferita la cittadinanza, ricordate ve l'ho raccontato la volta scorsa, egli con orgoglio disse «Nos sumus Romani». Questa passione per la romanità emerge anzitutto dalla scelta stessa di comporre gli annales.
Pensate, quest'uomo ormai anziano, ex combattente di guerra, una vita intensa alle sue spalle. sentì lo spirito e l'energia per comporre un poema epico che raccontava la storia di Roma. E questa è sicuramente passione per ciò che si vuole comunicare.
Quello che dobbiamo chiederci è perché Ennio, un magno greco, si sentiva così attratto dalla res pubblica romana. Perché credeva nei valori morali che l'avevano resa grande, valori per i quali aveva anche combattuto di persona militando in Sardegna con l'esercito romano alla fine della Seconda Guerra Punica. Valori che si possono sintetizzare in un concetto a voi sicuramente ben noto, il mos maiorum o mos anticus, per usare le parole di Ennio stesso.
Moribus antiquis res stat romana virisque. La res romana, la potenza di Roma, poggia, stat, si regge, sui costumi moribus e sugli uomini viris antichi. Un bellissimo esametro il cui ritmo severo e il cui carattere virile rispecchiano il suo contenuto con quello stat ancorato al centro del verso come una torre incrollabile.
E qual era insomma questo mos anticus, questo costume degli antichi? Beh, l'insieme dei valori su cui si fondava l'etica del buon romano. Allora, Forza, coraggio, sobrietà, amor di patria, virtù guerriera, disponibilità a sacrificare i propri interessi individuali in favore di quelli collettivi.
Un tratto tipico, quest'ultimo, della Roma repubblicana del buon tempo antico, il senso della collettività. Ecco, questi erano i valori. che a giudizio di Ennio avevano reso Roma grande e che egli intendeva celebrare con il suo poema. Dunque forza, dedizione alla patria, virtù guerriera, tutte qualità sicuramente fondamentali in uno stato che in pratica non faceva che passare da una guerra all'altra, anche gestendone più di una contemporaneamente.
Ennio era però una persona intelligente. ed equilibrata e in alcuni passi del poema ci ha voluto ricordare che anche in guerra la forza deve essere sempre e comunque sottomessa alla razionalità e alla saggezza. In un frammento del poema per esempio Ennio parla con sprezzo della stirpe di Pirro dicendo che i suoi antenati sono più belli potentes che sapienti potentes.
Due aggettivi composti coniati da Ennio stesso su un modello tipicamente omerico, aggettivi che Ennio ha posizionato in modo perfettamente simmetrico e antitetico ai due estremi del verso. Da un lato i belli potentes, coloro che la potenza la esprimono con la guerra, e dall'altro i sapienti potentes che la potenza la esprimono con la saggezza ed il... pensiero.
E ancora in quest'altro passo Ennio depreca il modo in cui viene affrontata una situazione. Pellitur re medios sapientia vi geritur res, spernitur rator bonus horridus miles amatur. La sapienza viene tolta di mezzo, la situazione geritur vi viene gestita, risolta con la forza. L'orator bonus il buon politico è disprezzato, si adora il rozzo soldato.
Vedete valori e idee sempre attualissime e tenete anche bene a mente il concetto di orator bonus, il buon politico. Lo riprenderemo bene la prossima volta parlando di Catone. E a proposito di Catone, mentre come vedremo secondo la sua concezione della storia...
Le singole personalità dovevano scomparire dalla menzione e dal ricordo per lasciare spazio alla res pubblica intesa come collettività indistinta. Al contrario per Ennio la storia era celebrazione di singole personalità, quei viri di cui parla nel verso che vi ho citato, cioè i personaggi che con le loro gesta eroiche apparivano la incarnazione. del Mos Anticus.
E anche a questo proposito vediamo che l'ispirazione di Ennio vola alla Grecia perché anche l'epica omerica, pur all'interno di una narrazione che coinvolgeva una coralità, lascia però emergere i singoli personaggi. e le loro gesta eroiche, che sono poi quelle entrate nella nostra memoria collettiva. Ed io, dopo queste due chiacchierate su Ennio, vi aspetto la prossima volta per parlare di Catone, di storia, di politica e stavolta anche di prosa.
Quindi vi aspetto, non mancate e iscrivetevi al canale.