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Dante De vulgari eloquentia

Cari amici, ben trovati a parlare oggi del De Vulgari Eloquentia, il trattato sulla vulgar lingua, ossia una intrigante caccia alla pantera. Scopriremo tra pochissimo che cosa significa, però voglio anticiparvi che il viaggio che siamo per fare insieme è davvero affascinante. per le geniali intuizioni linguistiche che Dante dimostra di avere avuto, nonostante non possedesse i moderni strumenti della filologia. Allora, l'argomento è denso e corposo, quindi incominciamo subito senza perdere tempo. Voi però non dimenticate di iscrivervi al canale. Lavagnetta! Incominciamo da una scheda dell'opera, datazione fra il 1303 e il 1305. Ricordate bene queste date perché la Lidieri era stato appena esiliato da Firenze e, come sto per spiegarvi, sotto certi aspetti quest'opera sembra quasi una sorta di vendetta intellettuale del poeta nei confronti dei suoi compatriotti che lo avevano umiliato. Lingua, latino e sì, potrebbe sembrare un controsenso il fatto che uno scritto sul volgare sia stato composto in latino. Ma dovete tenere presente che questa è un'opera accademica, uno scritto scientifico che Dante aveva rivolto, aveva destinato ad un pubblico di italiani e non italiani. E quindi doveva essere scritto in una lingua internazionale che tutti potessero capire. E questa lingua a quel tempo, ma lo sarebbe stata ancora per secoli, era appunto... il latino. Struttura, trattato in quattro libri secondo il progetto originario, ma rimase incompiuto al secondo. Scopo, costruire una teoria della lingua poetica volgare. E qui fate bene attenzione perché Dante parte sì da un'analisi del volgare, lo definisce, ne traccia anche una storia, adesso lo vedremo, ma la sua intenzione non è in realtà quella di scrivere un trattato. sul volgare in sé. Lo scopo della sua ricerca è piuttosto quello di individuare quale fra i diversi volgari parlati nella penisola italica sia il più adatto per fare poesia, individuare cioè quello che Dante chiama il volgare illustre. E la conclusione di questa ricerca, adesso ve ne anticipo solo una pillola perché in realtà non ve lo posso spiegare bene se non avrò... prima ripercorso il ragionamento di Dante, è che questo volgare illustre deve essere una lingua sovrarregionale, cioè quella lingua che verrebbe parlata da una corte d'Italia se esistesse. Una conclusione modernissima e direi quasi commovente perché esprime il sogno dantesco dell'unità linguistica e politica insieme. della penisola italiana e chissà se Dante scrivendo questo trattato immaginava che perché il suo sogno si realizzasse ci sarebbero voluti ben altri sei secoli. Bene andiamo adesso a studiare il contenuto dell'opera e ci soffermeremo sul libro primo che è quello centrale per la ricerca di Dante in quanto il secondo libro è fondamentalmente un trattato. di retorica del volgare. Dunque, per incominciare il suo viaggio linguistico, Dante parte da una affermazione generale. Io, ci dice, ho viaggiato e letto molto e quindi so per esperienza diretta che al mondo esistono molteplici lingue, ma non sempre fu così. E da uomo del suo tempo intriso di cultura cristiana, la Ligieri afferma che in principio vi fu una sola lingua. quella che Dio mise in bocca ad Abramo, l'ebraico. L'ebraico è quindi per Dante la prima lingua naturale parlata dall'uomo e fu così fino all'edificazione della torre di Babele. Anche in questo caso Dante, fedele alla sua cultura, segue il racconto biblico. L'essere umano, presuntuoso ed arrogante, pretendeva di arrivare fino al cielo e a tal fine si mise a costruire una torre. Al suo progetto contribuirono architetti, scienziati, operai di tutti i popoli e le nazioni. Dio volle punire l'arrogante presunzione dell'uomo e fece in modo che i vari gruppi di lavoranti fossero colti da una generale confusione di lingue. Così lasciarono l'opera. e mai più si aggregarono per una intesa comune. E siamo al capitolo settimo del primo libro. E arrivato a questo punto, la Ligieri restringe il campo alle lingue parlate in Europa. E vedete lo schema cerchi concentrici che vi propongo, serve a evidenziare il fatto che il poeta sta procedendo dal generale al particolare, come tipico della sua mente ordinata e in generale tipico della mentalità medievale. Dunque seguite adesso con molta attenzione il ragionamento dantesco. In Europa uno di quegli idiomi che, vi ricordate, erano risultati dalla differenziazione linguistica provocata dalla punizione divina, si era a sua volta con il tempo differenziato in tre diverse lingue. lingua d'Oc, lingua d'Oil e lingua del Si. In altre parole, provenzale, francese antico e italiano. Ora, sulla base di cosa Dante postula che questi tre idiomi discendano da una medesima lingua? Ascoltiamolo dalle sue parole. È chiaro che i volgari di questi tre popoli derivano da un solo ed identico idioma. perché si nota che nominano molti concetti con le stesse parole come Dio, cielo, amore, mare, terra, è, vive, muore, ama e quasi tutti gli altri. Ora, non so se ve ne state rendendo conto, ma tutto questo è davvero stupefacente per il lettore moderno, perché Dante non ha fatto altro che scoprire la comune derivazione di tre lingue neolatine, basandosi unicamente su osservazioni empiriche senza avere a sua disposizione nessuno strumento filologico per effettuare quella che oggi chiameremmo un'analisi di linguistica storica comparata. E questa assenza di strumenti scientifici è proprio il motivo per cui Dante non riesce ad arrivare alla conclusione corretta. e cioè che quella lingua europea, quell'idioma da cui i tre volgari discendono, è proprio il latino. Dante insomma, e questo è il suo limite, non comprende che il latino è la lingua madre dell'italiano, anzi in realtà non comprende nemmeno che era la lingua naturalmente parlata dall'antico popolo di Roma. Anzi, sapete che cosa afferma? che esistono due categorie di lingue, la vulgaris locutio e la grammatica locutio. La prima, la vulgaris locutio, è la lingua volgare, naturale, quella che impariamo appena nati dalla balia, dai genitori. definitori, mentre la grammatica locuzio è, come dice il nome, una lingua dotata di regole grammaticali inventate apposta a tavolino come freno alla naturale mutevolezza delle lingue. L'uomo è infatti un essere del tutto instabile e mutevole, afferma Dante, e questo vale anche per le lingue che cambiano nello spazio e nel tempo. e proprio per frenare, per bloccare questa mutevolezza delle lingue è nata la grammatica, che fissa, cristallizza la lingua una volta per tutte e quindi le impedisce di cambiare. È per questo, pensa Dante, che io dopo 1500 anni posso ancora usare il latino, perché... essendo stato imbrigliato in una serie di regole grammaticali, non è cambiato più dai tempi dei romani. E noi, non c'è neanche bisogno di dirlo, perdoniamo a Dante la sua prospettiva totalmente sbagliata dovuta, come vi ho spiegato, alla mancanza di strumenti scientifici adeguati, che impedisce al poeta di rendersi conto che in realtà il fiorentino che egli parla non è altro. che un latino che si è modificato nei secoli. E Dante arriva così all'obiettivo della sua indagine. Ricordate il mio schema a cerchi concentrici? È partito dalla torre di Babele ed è arrivato al volgare italiano, anzi ai 14 volgari italiani. Dante infatti è perfettamente consapevole che non esiste una lingua italiana nazionale, quella che si sarebbe formata solo secoli dopo, ma una serie di parlate regionali che lui individua in numero di 14 volgari principali. Ecco, fra questi 14 volgari lui si propone adesso di andare a cercare il migliore. lo più adatto ad essere usato come lingua poetica e a questo proposito introduce la cosiddetta metafora venatoria. Vi ricordate la caccia alla pantera? Dunque Dante vuole cacciare, venare in latino, da cui appunto metafora venatoria, una metafora particolarmente cara al poeta che la usa anche in altri luoghi. Ricordate per esempio la profezia del veltro. che caccerà la lupa per ogni villa, inferno, canto primo. Qui però non si cacciano lupe, bensì lingue. E divertente nel De Vulgari Eloquenzia è il modo in cui il poeta sviluppa questa metafora. Sentite cosa scrive, siamo al capitolo 11 del libro primo. Per poter avere una strada transitabile per questa caccia, per prima cosa gettiamo via dal bosco cespugli aggrovigliati. e rovi. Ecco, fuori di metafora, insomma, Dante vuole eliminare i brutti volgari per andare alla ricerca di quello buono. Ora noi seguiamo Dante in questa caccia che è anche la parte più spassosa del trattato, siamo ai capitoli dall'undici al quindici del libro primo. Spassosa perché egli boccia, anzi per usare la metafora venatoria, estirpa. uno per uno tutti i volgari che incontra. Ora non posso qui approfondire le osservazioni di Dante su tutti i quattordici volgari, ma vi fornisco gli esempi più significativi e anche quelli più divertenti, a cominciare proprio dal primo, il volgare di Roma. Sentite cosa scrive. Dico che quello dei romani non volgare ma piuttosto tristiloquio è il più brutto di tutti. tutti i volgari italiani. Non c'è da stupirsene, dato che essi appaiono anche i più fetenti di tutti per la grossolanità dei costumi e dei modi. Romagnolo è così effeminato per la mollezza dei vocaboli e per la pronuncia che un uomo viene scambiato per una donna. Veneto è così rsuto ed ispido per vocaboli e accenti. che una donna viene scambiata per un uomo. Ai genovesi riserva una battutaccia sarcastica, se per un'amnesia perdessero la lettera Z sarebbero costretti a stare zitti. Insomma, come vedete, la lingua affilata di Dante non risparmia proprio nessuno, ma una menzione particolare la regala al volgare siciliano a cui dedica l'intero capitolo XII. Questo volgare è onorato dalla Viglieri perché, come sapete, era il volgare usato da Federico II di Svevia e quindi era la prima lingua volgare con cui si era poetato in Italia e questo la rendeva agli occhi di Dante meritevole di rispetto. Tuttavia, nonostante questa onorabilità, nemmeno il siciliano è giudicato degno di assurgere a volgare illustre. Se infatti avete studiato la scuola siciliana, vi ricorderete che il volgare siciliano usato da Federico II e dagli altri poeti della corte non era la lingua parlata dagli abitanti dell'isola, bensì un volgare... affinato, depurato, cioè dai tratti più rozzi tipici del parlato e arricchito di provenzalismi, francesismi, latinismi. Era insomma un siciliano ingentilito e in un certo senso artificiale, mentre Dante sta cercando un volgare effettivamente esistente e parlato. un volgare naturale. Un'altra menzione particolare, ma stavolta di nuovo in negativo, Dante la dedica ai volgari toscani, a cui riserva l'intero capitolo 13, argomento che sta particolarmente a cuore al poeta, il quale si propone di depompare, secondo il termine latino, cioè stroncare, smontare la presunzione dei suoi compatriotti, i quali, rimbecilliti dalla loro stupidità, mostrano di voler rivendicare per sé il monopolio del volgare illustre. Insomma, il toscanissimo e fiorentino Dante parla dei suoi conterranei come di presuntuosi imbecilli che, ottenebrati dal loro turpiloquio, pensano di parlare il miglior volgare di tutti. E questo è il motivo per cui, come vi dicevo all'inizio, alcuni studiosi hanno ritenuto che dietro il de vulgari eloquenzia ci sia anche una sorta di desiderio di vendetta intellettuale. del poeta nei confronti dei suoi concittadini che lo avevano appena umiliato ed esiliato. E siamo arrivati al termine della caccia. Dante ha estirpato tutti i rovi che ha incontrato nel suo cammino, quindi fuori di metafora ha bocciato e stroncato tutti i 14 volgari italiani e non ha trovato quello illustre. Qual è la sua conclusione? Ce la spiega il poeta stesso al capitolo 16, affermando che il volgare di cui stava andando alla caccia è come una pantera, che manda il suo profumo in ogni città, ma non dimora in nessuna. Adesso capite appieno quello che vi avevo detto all'inizio, che il De Vulgari Eloquenzia è una caccia alla pantera. Insomma, cosa significa? Fuor di metafora che il volgare degno di essere usato come lingua poetica nazionale non è quello specifico di nessuna regione, bensì quello che prende un po'il meglio di tutti. Insomma, per usare ancora le parole del poeta, quello trascelto da tanti rozzi vocaboli degli italiani. da accenti tanto campagnoli, da costruzioni intricate, da tante desinenze erronee. E attenzione, questo punto è veramente importante, il volgare illustre così individuato dalla Ligieri non è una costruzione astratta e puramente teorica ed utopica, ma esiste nella realtà ed è stato già effettivamente usato. Per la precisione è la lingua dello stil novo. come Dante ci vuol significare menzionando Cino da Pistoia, che è uno dei maggiori stilnovisti, e il suo amico, per i frasi con cui normalmente Dante allude a se stesso. E un ultimo aspetto fondamentale, quali sono le caratteristiche di questo volgare poetico sovrarregionale. Dante ne individua quattro attributi, imparateli bene a memoria, illustre, cardinale. aulico e curiale. Vediamo sempre con l'aiuto del poeta cosa significa capitolo 18. Illustre perché brilla di luce e quindi illumina di conseguenza chi lo usa. Cardinale perché svolge la stessa funzione dei cardini di una porta e cioè quel volgare attorno al quale ruotano tutti gli altri. Aulico, aulico da aula, latino che non significa classe, bensì reggia, il volgare illustre e quindi anche aulico perché se esistesse una reggia, cioè una casa comune del regno, esso verrebbe parlato in quella sede. E infine curiale, da curia, corte, il volgare poetico è dotato dell'attributo della curialità per... perché come nelle corti si osservano determinate regole ponderate di comportamento, così anche il volgare illustre, è una lingua d'eccellenza. Bene, questo è tutto, non vi parlerò del secondo libro, peraltro incompiuto e che comunque presenta contenuti meno emblematici e significativi rispetto a quelli che abbiamo ripercorso insieme, si tratta di una serie di capitoli che possiamo definire di retorica del volgare, in cui Dante spiega per esempio quali siano gli stili e i metodi, della poesia volgare, le forme, quali contenuti sia opportuno trattare in volgare, le rime eccetera. E spero anche di avervi fatto apprezzare quest'opera considerata minore rispetto all'immensità della commedia e spesso trascurata nelle scuole, ma che come avete visto contiene i suoi elementi di notevole modernità e interesse. Allora ciao e alla prossima! Grazie a tutti.