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Guido Cavalcanti e la visione dell'amore

Cari amici, Cavalcanti e lo Stil Novo recita il titolo di questa nuova video lezione e infatti sempre di un poeta stilnovista stiamo parlando così come abbiamo fatto con l'altro guido Guinizelli e il Dante della Vita Nova. Personalità aderenti alla medesima corrente ma ciò non significa che avessero la stessa visione del mondo e in particolare la stessa concezione dell'amore, che è quello che più ci interessa in quanto esso fu la tematica pressoché esclusiva della poesia stilnovistica. Proprio a proposito di amore vi anticipo anzi subito che Cavalcanti ebbe una visione diametralmente opposta a quella di Guinizelli e soprattutto di Dante, tant'è che mentre... In principio i due furono grandi amici, anzi il primo degli miei amici, come lo definisce Dante nel secondo capitolo della Vita Nova, in seguito si allontanarono proprio per queste divergenze di vedute intellettuali e anche, come vedremo tra poco, per questioni legate alla fede, alla religione. Andiamo quindi ad approfondire la poetica di Cavalcanti e a capire in che...

cosa essa si distinse da quella di Guinizelli e di Dante Alighieri. Incominciando proprio da un cenno biografico, brevissimo in realtà anche perché di questo personaggio sappiamo veramente poco nonostante sia stato uno dei più grandi poeti del 200. Vedete la linea del tempo, nato all'incirca nel 1255 e morto nel 1300. Fiorentino Doc di Ritt. e nobile famiglia e Guelfo Bianco, quindi della stessa parte politica della Lighieri. Il padre cavalcante dei cavalcanti è stato consegnato alla memoria dei posteri da Dante che lo incontra nell'inferno e tra poco lo andremo ad incontrare anche noi. Come Dante anche Guido partecipò a attivamente alla vita politica del comune ed ebbe solidi interessi filosofici.

Descritto dai suoi contemporanei come un uomo solitario e sdegnoso, tutto chiuso nel suo orgoglio di intellettuale, c'è anche una famosa novella del Decameron, la nona della sesta giornata, che ce lo presenta così, ed ebbe anche fama di essere un ateo e un epicureo. Tra un po'vi spiegherò perché. Partecipò ad episodi di violenza contro i Guelfi Neri, fu esiliato, morì nel 1300. Cavalcanti stil novista, abbiamo detto, e infatti il codice letterario a cui egli aderisce è il medesimo degli altri Sodales. Quindi l'amor cortese, con tutto il suo repertorio di immagini tipiche, di tratti, di motivi ricorrenti, è stato un'amor cortese. è la tematica pressoché esclusiva delle sue poesie.

Nonostante queste analogie però, come vi dicevo all'inizio e come anche vi ho spiegato nella mia video lezione generale sullo stil nuovo, questi poeti si distinsero fra di loro per una diversa visione intellettuale dell'esperienza amorosa, visione che naturalmente si riflette sulla loro poesia. In particolare il nostro cavolo. Canti si caratterizza per una sua peculiare concezione amara e dolorosa dell'amore. Possiamo schematizzare tutto questo nel modo sequente.

Per Guinizelli l'amore ingentilisce il cuore e il cuor gentile attira a sé l'amore. Al cor gentil reimpaira sempre amore. È il primo verso della celebre canzone filosofica in cui Guinizelli espone la sua attività.

teoria del sentimento amoroso. Esso è un'esperienza spirituale, la donna angelo di Guinizegli, ed esprime l'anellito dell'uomo alla bellezza e alla perfezione. Dante si inserisce in questo solco di idealizzazione della situazione amorosa ma approfondisce, e in questo sta la sua unicità, il simbolismo religioso inerente alla donna. Come vi ho già spiegato nel video di commento al sonetto tanto gentile e tanto onesta pare, Beatrice è angelo, Beatrice è Maria, Beatrice è Cristo. E l'amore è un sentimento salvifico perché tramite per Dio.

Cavalcanti, il nostro guido ci presenta invece l'amore. come una situazione di sconvolgimento interiore. Esso non è sublimato, non è scala verso Dio, ma rimane fermo alla vita dei sensi.

Il testo poetico a cui Cavalcanti affida la sua teorizzazione del sentimento amoroso è Donna me prega, una canzone di contenuto filosofico difficilissima che in pratica rappresenta il il parallelo della canzone manifesto di Guinizelli al cor gentil reimpaira sempre amore. Ve ne cito alcuni passaggi dei più significativi e utili per illustrarvi questa concezione cavalcantiana dell'amore. Donna me prega perché ho voglio dire d'un accidente che è sovente fero ed è si altero che è chiamato amore. Me lo chiede una donna e quindi io voglio parlare di un accadimento che è spesso crudele ed è nobile, chiamato amore. Ecco, già da questi primi versi introduttivi vedete che l'amore è presentato sì come altero, cioè nobile, ma anche come crudele, quindi una idea, una immagine negativa del sentimento amoroso.

E infatti al verso 35 leggiamo di sua potenza segue spesso morte, quindi la conseguenza del suo potere è la morte. Naturalmente si riferisce alla morte spirituale, non alla morte fisica, e vedete come la sua posizione sia proprio antitetica a quella di Dante. per il quale invece l'amore è fonte di perfezionamento interiore ed è tramite per Dio.

Ancora tre versi sopra, for di salute giudicar mantene, cioè l'amore finché dura impedisce un sano esercizio del giudizio, cioè impedisce di ragionare con lucidità e questo perché verso 46 muove cangiando color, riso in pianto, cioè è fonte di continui sbalzi d'umore, poco soggiorna, cioè non rimane mai nel medesimo stato. E alla luce di questi versi potete già intuire come mai Cavalcanti avesse fama di essere un epicureo, ve l'ho anticipato all'inizio, cosa che a quei tempi era davvero un'eresia. Leggendo le sue parole ci riecheggiano in mente le stesse immagini con cui il poeta latino Lucrezio, nel De rerum natura, Il grande poema epicureo descrive gli effetti distruttivi della passione amorosa, condannata come fonte di sconvolgimento interiore causa impediendi dell'atarassia, cioè della tranquillitas animi. E sembra essere proprio questa la principale colpa che Cavalcanti attribuisce all'amore, fa perdere di lucidità. perché la mente è sempre concentrata sullo stesso pensiero, turba il nostro spirito con continui sbalzi di umore e dunque impedisce uno stabile dominio di sé.

Sono questi in effetti alcuni dei motivi più tipici della filosofia epicurea e quindi capite bene come mai Cavalcanti venisse associato ad essa. Anche Dante sembra accogliere l'opinione comune del Cavalcanti, anti-epicureo. Vi avevo promesso all'inizio del video che avremmo incontrato il padre di Guido e infatti eccolo qui in Inferno canto decimo, il famoso canto di Farinata degli Uberti, Dante e Virgilio si stanno aggirando per i sepolcri degli epicurei appunto e da una delle arche emerge Cavalcante dei Cavalcanti a cui Dante dice da me stesso non vegno.

colui che attende là per cui mimena, forse cui guido vostro ebbe a disdegno. Dunque sto compiendo questo viaggio accompagnato da colui che attende là, cioè Virgilio che lo stava aspettando poco più avanti, e vado cui, cioè dalla persona che forse guido vostro ebbe a disdegno e questa persona è Beatrice. Naturalmente Dante non vuol dire che Cavalcone Cavalcanti disdegnò, disprezzò la donna Beatrice ma il simbolo Beatrice, cioè la fede, la teologia.

Dunque abbiamo spiegato la concezione cavalcantiana dell'amore, ora essa si esprime sia tematicamente sia stilisticamente nelle sue posizioni, ma anche nelle sue posizioni, e quindi è un'esplosione che si può esprimere sia tematicamente sia stilisticamente nelle sue posizioni, ma anche poesie attraverso una serie di tratti tipici di motivi caratteristici, i più ricorrenti dei quali sono essenzialmente tre. Il lessico dell'amore amaro, le personificazioni, la spersonalizzazione del soggetto amante. Vediamoli uno per uno e poi ne faremo un bel esempio con un sonetto che ben li rappresenta tutti e tre. Incominciamo dal lessico.

Cosa si intende per lessico dell'amore amaro? Un po'lo avrete notato già dai passi che vi ho citato in precedenza. Il vocabolario poetico di Cavalcanti ruota tutto intorno ad aree tematiche comprendenti il pianto, la morte, la sofferenza, la consunzione, la fuga, il dolore e lo sbigottimento.

sbigottito, isbigottito è un termine che ricorre frequentissimamente nelle poesie di Guido. Altra cifra stilistica tipicamente cavalcantiana è la personificazione, una figura retorica a cui Cavalcanti ricorre sistematicamente per ottenere effetti di drammatizzazione. Sentimenti, parti del corpo ma anche oggetti sono personificati, agiscono e parlano come esseri umani. Spersonalizzazione del soggetto amante. Il lettore non riconosce nel testo un individuo che come tale nella sua unitarietà agisce, spera, desidera, soffre.

La sua soggettività è frantumata e al posto della persona agiscono personaggi. Tutto è trasformato in scena e anche in questo caso in drammatizzazione. L'anima, il cuore, la mente, gli occhi, l'individuo è frantumato, dissociato in queste diverse entità che vengono personificate e messe in scena. Una bella esemplificazione di tutto questo la troviamo nel sonetto Perché non fuoro a me gli occhi dispendi.

Guido mi perdonerà se ho tranciato la prima quartina, ma ai fini del nostro discorso mi interessava più il resto. Vedete, l'italiano è, contrariamente al solito in Guido Cavalcanti, facilmente comprensibile anche ad una prima lettura. E ho sottolineato, come vedete, il lessico cavalcantiano dell'amore doloroso. Tormenti crudele, dolenti, pietosamente. dolente piangere, tagliato in croce, pena eccetera.

Vedete tutto un vocabolario che ruota intorno a quei nuclei tematici del dolore e della sofferenza che vi avevo menzionato prima. Le personificazioni e la spersonalizzazione del soggetto amante. Come vedete l'unitarietà dell'individuo nel testo è frantumata e al posto del soggetto agiscono singole entità personificate.

Le vedete la paura che apparve, l'anima che chiamò, gli occhi destinati a rimanere dolenti. Poi abbiamo amore, vedete con la A maiuscola, quindi come divinità personificata, l'amore che venne a piangere. Poi una profonda voce che dall'intimo sgorga e parla.

E abbiamo ancora morte con la M maiuscola, quindi anche questa come entità personificata e questa immagine direi quasi macabra, insomma, gusto del macabro e drammatica del finale, la morte che porta il cuore tagliato in croce. E non potevo chiudere questo video su Cavalcanti se non citando il mio preferito, uno dei sonetti più noti di questo autore. Lo trovate antologizzato in tutti i manuali di letteratura ed è anche il sonetto che è stato scelto dal mio maestro Luca Seriani in questo bel libro Il verso giusto, cento poesie italiane. Noi sian le triste penne isbigottite, le ceso iuzze e il coltellin dolente, che avemo scritte dolorosamente quelle parole che voi avete udite. Era solo la prima quarta.

di un sonetto giustamente famoso la cui peculiarità consiste nella presenza degli oggetti animati e parlanti. Gli strumenti dello scrivere, le penne, le cesoiuze, cioè le forbicine che servivano per tagliarle, il coltellino che serviva per temperarle, ecco tutti questi oggetti si fanno protagonisti e l'azione dello scrivere si sta. si separa dall'individuo che la compie, il quale ancora una volta sembra scomparire.