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Storia del Fascismo in Italia

Dopo la prima guerra mondiale, il regno d'Italia ha subito un'umiliazione bruciante. A seguito di tutti i sacrifici e nonostante la vittoria, la pace è vissuta come una sconfitta. Il popolo italiano sente il bisogno di una guida, di qualcuno che possa guidare alla grandezza la patria offesa, non riconoscendosi in uno stato liberale percepito come debole e incapace. Durante il primo dopoguerra la lotta politica avrebbe visto l'ascesa del movimento fascista e del suo partito, il PNF, guidato da Benito Mussolini. Nel 1922, dopo la marcia su Roma, il duce sale al potere. Il ventennio fascista è appena iniziato. Mussolini non sale improvvisamente alla guida del governo, anzi impiega anni di lotte politiche per arrivare a questo punto. Se siete interessati abbiamo un video apposito sull'argomento, lo trovate sul canale. A differenza dei vari stati totalitari che sarebbero apparsi in Europa, il regime fascista di Mussolini Mussolini ha una differenza decisiva. L'esperienza del partito nazionale fascista in Italia è definita come totalitarismo imperfetto. Ma perché? In Italia, a differenza degli altri stati totalitari, continuano a sopravvivere le strutture del regno. Mussolini è sì. il duce del fascismo e capo dell'esecutivo, ma il capo dello Stato rimane il re. Il PNF è solo una parte del regime e, a differenza di un paese come l'URSS, non soppianta alcun ruolo dello Stato, ma lo affianca nelle sue mansioni. Mussolini, per portare avanti la sua volontà, non usa infatti il partito, ma si rifà i prefetti come un normale capo di governo e l'ordine pubblico è mantenuto dalla polizia, non dalle milizie fasciste. L'obiettivo di Mussolini rimane comunque quello di fascistizzare l'Italia, ma, a differenza di altre direzioni, non è un problema. dittatori decide di mediare con l'ordine che ha soppiantato, piuttosto che stroncarlo. Essere membri del PNF non è infatti obbligatorio per ogni cittadino, ma sicuramente aiuta. La testera del partito fascista perde rapidamente il suo valore elitario, diventando ad un certo punto necessaria per lavorare nell'ambito pubblico. L'obiettivo di fascistizzazione delle masse passa per altre vie. La testera del partito, per il duce, non corrisponde ad un vero cuore fascista. Il regime crea una costellazione di associazioni in cui inserire la popolazione. Ad esempio abbiamo l'Opera Nazionale Dopolavoro, che si occupa dello svago dei lavoratori nel loro tempo libero, ovviamente svago fascista. Il regime però sa che per un futuro veramente elittorio bisogna focalizzarsi sul futuro d'Italia, i giovani. Nascono nei primi anni del ventennio i fasci giovanili, i gruppi universitari fascisti e in particolare l'Opera Nazionale Balilla, fondata nel 1926. L'ONB inquadra tutti i ragazzi tra gli 8 e 18 anni, dividendoli in Balilla e avanguardisti, dando loro un uniforme, Un inquadramento è una speciale dottrina di educazione fisica, paramilitare e propagandistica. Si sarebbe poi fatto una distinzione per i bambini tra i 6 e i 12 anni, con la creazione dei figli della lupa. Il fascismo cerca di accompagnare il cittadino dalla più giovane età fino all'età adulta. I figli d'Italia si vestono di nero e portano il fez, classico copricapo turco adottato dagli arditi durante la Grande Guerra e traslato nel ventennio fascista. Questi ragazzi, da quando nascono, sono circondati dalla onnipresenza benigna del duce. I regimi infuori infatti non solo occupa lo spazio libero dei giovani e degli adulti, ma occupa le strade, le piazze, gli stadi. Tutte le manifestazioni di massa diventano di stampo fascista. O quasi. La Chiesa è infatti il grande avversario del fascismo per il controllo delle masse. In un paese che si professa al 99% cattolico e che vede le parrocchie piene di fedeli, la religione cristiana ha un potere sulla popolazione che Mussolini non può sottovalutare. Ma Papa più undicesimo, salito al solio pontificio nello stesso anno della marcia su Roma, è aperto al dialogo. Mussolini sa che inimicarsi la chiesa sarebbe un suicidio politico Nel 1926 iniziano trattative segrete con la Santa Sede L'11 febbraio 1929, dopo due anni e mezzo di negoziati, nel palazzo del Laterano Benito Mussolini e il segretario di Stato Vaticano Pietro Gasparri firmano finalmente un accordo I patti lateranensi, un documento che possiamo dividere in tre parti principali Primo luogo i patti lateranensi sono un trattato internazionale Finisce la questione romana di risorgimentale memoria La Santa Sede riconosce lo Stato italiano e la sua capitale, Roma. In cambio il Regno d'Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano, uno Stato con un territorio poco più che simbolico, ma comunque indipendente dall'Italia e a tutti gli effetti una monarchia teocratica con a capo il Papa. Più undicesimo ne sarebbe diventato il primo regnante. Secondariamente abbiamo una convenzione finanziaria. L'Italia si impegna a pagare un sostanzioso risarcimento alla Santa Sede per la perdita dello Stato pontificio, conquistato più di 50 anni prima. Infine i patti lateranensi sono anche un concordato. Si regolano i rapporti internazionali. interni tra la Chiesa e il Regno d'Italia, abbandonando la politica di assoluta laicità tenuta fino a quel momento. Tra i vari punti salienti del concordato troviamo i sacerdoti sono esentati dal servizio militare, il matrimonio religioso prende anche effetti civili, la dottrina cattolica diventa materia scolastica, la dottrina religiosa è una scuola di un'esercito nell'istruzione pubblica e in particolare l'azione cattolica è lasciata libera di agire sotto il controllo della Chiesa e senza alcuna affiliazione politica. La buona riuscita dei patti lateranensi è un grande successo per il fascismo. Mussolini diventa il conciliatore, colui che è finalmente riuscito a portare una soluzione brillante alla lotta tra Italia e Santa Sede. Cavalcando l'onda dell'entusiasmo di questa missione diplomatica, il popolo italiano conferma tutta la propria fiducia nel PNF alle elezioni del marzo 1929. poche settimane dopo gli accordi. Il voto, nonostante sia plebiscitario e a lista unica, è una vittoria totale. Quasi il 90% degli aventi diritto si presenta alle urne e il 98% di voti sono favorevoli. Un trionfo impressionante per Mussolini. Nonostante la dubbia veridicità dei dati, queste elezioni consolidano il potere di Mussolini e mostrano il grande supporto del popolo italiano per il suo duce. I patti lateranensi però hanno un effetto non voluto. La Chiesa riesce a mantenere una presenza attiva e capillare nella società italiana. L'azione cattolica, nonostante non si opponga al regime in alcun modo, è dotata di associazioni e circoli che rivaleggiano con il fascismo, specialmente nei settori giovanili. E se da un lato abbiamo la Chiesa e Pio XI, dall'altro abbiamo il potere monarchico di Vittorio Emanuele Terzo, di Savoia ed è qui che il fascismo mostra tutti i suoi limiti. Infatti al vertice dello Stato non c'è, come negli altri regimi totalitari, il dittatore, ma il re. Nonostante la sua debolezza politica, Vittorio Emanuele detiene la corona ferrea e e tutto il potere che ne consegue. Il re è la più alta autorità dello Stato, il comandante supremo delle forze armate, sceglie i senatori e può nominare o revocare il capo del governo, almeno in teoria. In pratica, per il momento, il re è il punto di riferimento solo dei militari, della borghesia conservatrice e poco più. La presenza della monarchia sarebbe stata una perenne spina nel fianco per il regime fascista che, al primo momento di debolezza, sarebbe stato stroncato dai poteri del monarca. Ma per il momento, questa fragile alleanza tiene. Il regno si sta godendo. godendo un periodo di espansione e di entusiasmo, ma anche di ambiguità e di ombre. Il duce guida l'Italia nel suo ventennio fascista. La rivoluzione fascista era riuscita nel 1922 e, per tutto il corso del ventennio, anno dopo anno, Benito Mussolini cerca di plasmare lo spirito dell'Italia. Ma come conciliare la volontà del duce proiettata verso il futuro con la realtà dei fatti? Riuscirà l'Italia in difficoltà economica e sociale a raccogliere la pesante eredità dell'impero romano. L'eredità romana è uno dei capisaldi dell'ideologia fascista, sia nello spirito, tramite gli esempi degli antichi, che nella forma, con la sua monumentalità. tratti del Duce negli spazi pubblici, i giganteschi cartelloni per i viali, gli edifici pubblici costruiti con lo stile inconfondibile del razionalismo, le adunate in uniforme, i fasci di tori e i bagni di folla di Mussolini sono solo alcuni degli esempi che vengono in mente. L'impegno del regime fascista nell'apparire grandioso si rispecchia sulla società italiana del ventennio. Sullo sfondo il duce sa che l'Italia deve farsi grande anche all'interno per ambire all'eredità di Roma, ma questo obiettivo non sembra così facile da raggiungere. Lo sviluppo dell'Italia durante il periodo fascista è sostenuto, ma con una guerra mondiale sulle spalle il bel... paese non riesce a tenere i ritmi di espansione inarrivabili del periodo pre-guerra. Un dato positivo arriva dalla demografia. Dal 1922 la popolazione italiana continua a crescere, da 38 milioni si passerà a 44 nel 19... 1939. L'urbanizzazione intanto porta molti comuni a raggiungere e superare i 100.000 abitanti. L'Italia avanza anche nella divisione del lavoro. I lavoratori agricoli scendono dal 58 al 51%, lasciando spazio al settore industriale e al settore terziario. La diminuzione degli occupati nel settore primario è un chiaro segnale dell'innovazione in corso nel paese. Ma quelli che sembrano dati promettenti impallidiscono davanti ai progressi delle altre grandi potenze sul continente. L'Italia del primo dopoguerra è bruciata. ai blocchi di partenza. Infatti, pur con un buon ritmo di crescita, il divario tra l'Italia e i grandi stati europei e mondiali, vincitori e sconfitti, comincia ad allargarsi sempre di più. Sempre guardando i dati del 1939, il reddito medio italiano è la metà di quello francese, un terzo di quell'inglese e un quarto di quell'americano. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il caffè, il tè e lo zucchero sono ancora considerati, per buona parte della popolazione italiana, un bene di lusso. I prodotti alimentari, inoltre, tendono a coprire più della le spese mensili di un italiano medio. Per quanto riguarda invece beni simbolo dello sviluppo e dell'avanzamento tecnologico, il paragone è inglorioso. Se in Italia nel 1939 c'è un automobile per ogni 100 abitanti, in Francia e Inghilterra questo valore è di 1 a 20. Per quanto riguarda i telefoni, la storia si ripete. In Italia ne troviamo 1 ogni 70 abitanti, mentre in Inghilterra 1 ogni 13. Infine, per le radio, un cittadino italiano su 40 ne possiede una, mentre in Francia il numero è di uno ogni otto. Insomma, l'economia italiana non va esattamente a gonfie vele, ma sapete chi altro avrebbe bisogno di soldi? Noi! La storia sul tubo è un progetto indipendente e autofinanziato. 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Lo Stato si dovrebbe basare su contadini guerrieri. guerrieri, scoraggiando i grandi agglomerati urbani visti come fonte di corruzione morale ed economica. Inoltre il fascismo si fa promotore dell'importanza del matrimonio e della famiglia, due istituzioni molto care anche alla Chiesa, focalizzandosi sullo sviluppo demografico del paese. L'incremento della popolazione è uno degli obiettivi cardine del regime. Un'Italia forte ha bisogno di molti giovani, fin da bambini indottrinati come perfetti membri del regime. Le politiche demografiche sono tra le più svariate, gli assegni familiari vengono aumentati, vengono favoribili. le assunzioni dei padri di famiglia, vengono creati premi per le coppie più prolifiche e inoltre, di romana memoria, viene messa una tassa sui non sposati. Dall'altro lato il regime si impegna a bloccare l'indipendenza femminile. La donna è custode del focolare domestico e il suo posto, secondo il fascismo, è a casa. Le organizzazioni fasciste destinate alle donne però, come i fasci femminili e le massaie rurali, non riescono a prendere mai veramente piede sulla penisola. Se però il fascismo può sembrare conservatore e mobilista, basato su antiche tradizioni e strutture sociali del passato, a suo modo è anche progressista con la sua ricerca della creazione di un uomo nuovo. L'uomo fascista, figlio del regime del suo tempo, è proiettato verso il futuro d'Italia, membro di una società inquadrata nelle strutture del fascismo e pronta a combattere per la patria. Il vero problema di quest'idea, ovvero una società ultramilitarista dettata dall'avanzamento continuo verso l'utopia fascista, è che si sposa male con la qualità intrinseca dell'Italia, troppo arretrata sia a livello sociale che economico. Questa arretratezza è un duro colpo alla... alla fascistizzazione del bel paese e agli obiettivi di Mussolini. Che senso ha avere il controllo della radio se pochi ce l'hanno? Com'è possibile raggiungere centinaia, migliaia di paesini che costellano la penisola? Come può interessare la rivoluzione fascista se è difficile mettere cibi in tavola? Lo Stato fascista non ha le risorse per essere pervasivo come altri sistemi autoritari europei. Quello che manca è la capacità di vincere le classi lavoratrici e le fasce più basse della popolazione. Un tentativo però c'è. Mussolini cerca di vincere il favore di queste classi. con la carta del lavoro, varata nel 1927. Questo documento prova a dare una base a delle riforme nel mondo della produzione, ma non riesce a scalfire il problema. Dopo il 1922 i lavoratori hanno di fatti perso la loro autonomia organizzativa e la loro capacità contrattuale. La confindustria ha gioco facile a non aumentare i salari, arrivando perfino ad abbassarli. Le organizzazioni del dopolavoro e i miglioramenti nel campo previdenziale non bastano a vincere i lavoratori, davanti ad un calo del 20% dei salari dal 20%. 21 al 39, rimane l'amarezza di una rivoluzione economica mai arrivata. Il successo più grande del fascismo è dato quindi dalla sua popolarità nella media e piccola borghesia. Con la nuova burocrazia nascono numerose vie di scalata sociale e i borghesi sono i maggiori beneficiari di queste politiche economiche del regime. Inoltre, i ceti borghesi sono quelli più ricettivi ai valori del fascismo di Dio patria e famiglia. È il concetto di gerarchia e ordine che il duce promette per tutta Italia. La fascistizzazione non riesce a rispandersi oltre gli strati medi della società, fallendo nella penetrazione tra quelli più bassi, disinteressati agli obiettivi fascisti, percepiti come troppo astratti. Il fascismo quindi riesce nella sua impresa di cambiare i comportamenti pubblici e lo spirito delle folle, ma fallisce nel mobilitare tutte le classi sociali. Nonostante i video di propaganda e l'immagine che ci lascia il regime, il duce è perennemente le prese con una parola. parte d'Italia indifferente e refrattaria anche alle azioni più eclatanti. Mussolini avrebbe tentato in ogni modo nei suoi vent'anni di regime di vincere l'apatia classica del popolo italiano nei confronti del potere. Dal 1922 era infatti iniziata una lotta continua e a tratti senza speranza che sarebbe passata per due vie, i banchi di scuola e le poltrone del cinema. Durante il Novecento, i vari dittatori che si erano affermati in Europa capiscono che per controllare le masse hanno bisogno di una cosa in particolare, il consenso. Il Duce sa che per avere in mano Le folle e dare stabilità al regime fascista deve dominare due cose in particolare l'educazione e l'informazione. La scuola è dove cresce il futuro d'Italia. Il fascismo sa che controllare fin dall'infanzia il cittadino è la via da seguire. Già nel 1990 1923 la riforma gentile aveva ristrutturato il sistema scolastico italiano, una riforma che si può riassumere con un termine, pedagogia idealistica. Gli studi sono visti come un periodo formativo dello studente basato sulla severità e sul primato delle materie umanistiche su quelle tecniche. Negli anni altre riforme avrebbero portato alla fascistizzazione della scuola. Gli insegnanti cominciano ad essere sempre più controllati e i libri scolastici vengono modificati, censurati e riscritti. Nel 1930 arriva l'imposizione dei testi unici per le elementari. La gioventù italiana lavora sugli stessi libri. Questo vuol dire avere la possibilità per il regime di instillare le stesse idee collettive a tutti. Per quanto riguarda i maestri delle elementari e i professori delle medie, la maggior parte accetta il fascismo senza grande resistenza. Bisogna però notare che la generazione degli insegnanti è ancora quella attiva nello stato liberale. L'adesione al fascismo per molti professori è solo superficiale, una messa in scena per non avere problemi. L'università è un discorso a parte. L'ambito accademico gode di un'autonomia decisamente maggiore rispetto alle scuole primarie e secondarie, specialmente all'inizio del regime. Ma col tempo arriva il conto anche per questi... questi professori che, fino a quel momento, avevano continuato a coesistere con il fascismo senza grandi lamentele. Nel 1931 viene imposto il giuramento di fedeltà al regime. Su 1225 professori universitari in tutta Italia, solo 12 si rifiutano di giurare fedeltà al fascismo, perdendo la cattedra. La vittoria del regime è palese. I professori che si sono rifiutati non riescono a creare un movimento coeso antifascista. aiuta che molti di loro sono già prossimi alla pensione, sminuendo agli occhi dei colleghi il gesto. Una buona parte dei professori si trova ad accettare per varie ragioni. Un supporto sincero al fascismo e alle sue idee, una questione di quieto vivere o perfino per ragioni meramente economiche. Un'eccezione sono i professori di fede comunista che, sotto consiglio di Togliatti, accettano di giurare pur di mantenere la posizione di influenza all'interno del regime. Ma questi professori devono avere un modo di comunicare per evitare di cadere sotto l'occhio indagatore dell'ovra e fallire la rivoluzione e il sogno comunista. Nel 1926 Togliatti aveva lasciato la penisola per le steppe sovietiche e nello stesso anno Antonio Gramsci era stato arrestato. La comunicazione all'interno del partito comunista è danneggiata, ma non distrutta. La capacità di resistenza del sistema comunista all'interno e all'esterno del regime è ammirevole. E pensare che non potevano avvalersi degli incredibili vantaggi offerti dal servizio di NordVPN, lo sponsor di questo video. 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La stampa politica subisce una fascistizzazione già dal 1922 e in pochi anni vede un controllo sempre più stretto da parte del potere fascista, anche tramite la censura. Questa stampa è controllata da un preciso ufficio che, dopo una serie di riforme, confluisce nel Ministero per la Cultura Popolare, il Minculpop. Creato nel 1937, il Minculpop si ispira al Ministero tedesco della propaganda, ma viene giustificato. gestito da Benito Mussolini in persona. In fin dei conti il luce nasce giornalista e certe abitudini sono dure a morire. Mussolini dedica la lettura dei quotidiani al loro controllo una buona parte del suo tempo libero. Questo per quanto riguarda la carta stampata, ma ormai il mondo è cambiato. Nuove tecnologie possono aiutare il regime a raggiungere le masse, come la radio e il cinema. Per quanto riguarda la radio, nel 1927 nasce l'ente italiano per le audizioni radiofoniche, Lejar, che può essere definito l'antenato della RAI. La radio però, come si è visto, non è ancora abbastanza diffusa in Italia. Uno degli obiettivi del regime fascista diventa anche la diffusione di questo apparecchio. Nel 1935, infatti, il governo decide di installare apparecchi radiofonici nelle scuole, negli edifici pubblici e nelle sedi del PNF e dei suoi organismi collaterali. Così, durante gli anni 30, la radio cominciò davvero a diffondersi in Italia, specialmente nella piccola e media borghesia. I messaggi propagandistici sono intervallati da canzoni, servizi sportivi e da sceneggiati radiofonici. Con questa nuova tecnologia, la vita di molti italiani cambia. Per il cinema, invece, la storia è diversa. Il regime vede nella macchina da presa la sua arma più forte e sa che l'influenza sulle masse dei film. è troppo grande per lasciarla solo alle grandi pellicole di Hollywood. Per quanto riguarda la produzione cinematografica, il regime decide di non sbilanciarsi, evitando una censura troppo pesante sulle pellicole. Piuttosto il fascismo preferisce mettere prima dei film uno speciale di informazione, il cinegiornale, destinato ad essere il vero strumento di propaganda del fascismo. Per gestire la creazione e la produzione dei cinegiornali, nel 1924 viene creato l'Istituto Luce. La voce del regime è il più chiaro esempio di propaganda dell'intero ventennio. La forza dell'immagine, a differenza della radio, è adatta ad impressionare e a meravigliare il pubblico. Il cinema diventa un naturale luogo di informazione e propaganda. A coronare questo impegno del fascismo nella settima arte è la fondazione nel 1937 del complesso di Cinecittà a Roma. Nasce uno dei più grandi poli cinematografici d'Europa, destinato a produrre film e propaganda per l'Italia. In questi anni non sono solo la cultura e la comunicazione ad essere modificate dal fascismo. Uno Stato, per essere forte, ha bisogno di un'economia sana. Davanti alle esperienze del capitalismo e del comunismo, il fascismo decide di percorrere una via diversa. Una terza via. l'Italia sta cambiando la rivoluzione fascista vuole scuotere fin dalle fondamenta lo stato liberale italiano e non c'è modo migliore di cambiare una nazione che riformando la sua economia questa è la terza via del duce l'idea alla base dell'economia nell'Italia fascista può essere riassunta in una sola parola. Corporativismo. Il sistema corporativo nasce durante il Medioevo e si basa sul controllo dell'economia da parte delle categorie produttive. In ottica moderna il fascismo unisce idee del sindacalismo rivoluzionario e del nazionalismo, creando il presupposto per un'economia gestita sia dagli imprenditori che dai lavoratori, divisi in settori di produzione. Sulla carta, il corporativismo può essere una nuova risposta ai limiti delle politiche economiche viste nel capitalismo di stampa americano e nel comunismo sovietico. Ma l'Italia non sembra pronta. Le riforme rimangono sulla carta fino al 1934, quando le corporazioni vengono introdotte ufficialmente. Il risultato è deludente. Le corporazioni diventano solo un altro livello di burocrazia per il mondo del lavoro. Il fascismo fallisce nel creare un nuovo sistema economico. A parte l'esperienza del corporativismo, il fascismo agisce sulla linea dell'economia liberista, almeno dal 1922 al 1925. Questa politica porta ad un aumento della produzione, ma anche numerosi lati negativi, più inflazione, più deficit e il collasso della lira. Nell'estate del 1925 arriva la svolta. Il cambio lì la sterlina raggiunge 145 a 1 e si decide che è abbastanza. Il ministro dell'economia Alberto De Stefani è accompagnato alla porta. Al suo posto arriva Giuseppe Volpi e inizia una nuova fase dell'economia italiana basata su vari punti. Protezionismo, deflazione, stabilità monetaria e intervento statale nell'economia. Il primo provvedimento importante del nuovo ministro Volpi è l'aumento dei dazi sui cereali. Non proprio una novità. La politica protezionistica risale al 1887, ma i tempi sono cambiati. Insieme a questa mossa, infatti, il Duce si impegna in una grande campagna propagandistica. la battaglia del grano. L'obiettivo dichiarato della battaglia è il raggiungimento dell'autosufficienza nel settore dei cereali. Iniziata nel 1925, alla fine degli anni 30, la produzione di grano è aumentata del 50% e l'importazione cala di un terzo. La battaglia si può dire vinta. Ma perché il duce si impegna così tanto proprio sul grano? In una sola parola? Autarchia. L'autarchia è, a livello economico, la capacità dello Stato di mantenere l'economia attiva anche senza scambi economici. con altri paesi. Un'idea classica dei regimi totalitari. Ma l'Italia non è il Terzo Reich, e tantomeno non è l'Unione Sovietica. Facità utarchiche, tanto volute dal duce, si scontrano con la realtà di un'economia arretrata e priva delle stesse risorse dei suoi diretti avversari o alleati. La guerra economica però è appena iniziata. Nell'agosto del 1926 il duce in persona annuncia la nuova battaglia questa volta per il bene della lira quota 90 quota 90 è un obiettivo ambizioso abbassare il cambio di una sterlina inglese ad appunto 90 lire italiane raggiungerla vorrebbe dire emanare un'aura di sicurezza e di stabilità monetaria e politica. Nonostante i dubbi di alcuni economisti, iniziano le riforme per raggiungere quota 90. Il credito è drasticamente ridotto, vengono tagliate le spese, ristrutturati i debiti e vengono presi cospicui prestiti dalle grandi banche statunitensi. Dopo un anno di sacrifici, nel giugno del 1927, quota 90 è raggiunta e superata. Ma questo successo nella politica monetaria si porta dietro numerosi problemi. La difflazione taglia gli stipendi ai lavoratori dipendenti, danneggia le esportazioni agricole e le aziende. piccole a basso costo e rovina le attività industriali più piccole focalizzate sull'export. Le aziende più solide e quelle focalizzate sul mercato interno invece diventano sempre più grandi, portando ad una concentrazione industriale. Il duce è soddisfatto. Ora l'Italia ha bisogno di riassestarsi e l'espansione economica potrà continuare senza problemi, ma la borsa di New York ha un altro piano in mente. Arrivata dagli Stati Uniti, la crisi del 29 colpisce come un uragano l'Europa. L'Italia, però, nonostante la flessione del mercato globale, non è colta alla sprovvista. Infatti la politica autarchica del Duce ha reso l'economia italiana quasi refrattaria a crisi globali di questo tipo. Difatti l'autarchia salva l'Italia dal peggio. Non bisogna però pensare che la crisi del 29 scivoli sulla penisola senza far danni. I disoccupati infatti passano da 300.000 nel 1929 a nel 1933. Il Duce decide di agire. Due sono le direttrici su cui il regime cerca di arginare il problema. Le grandi opere opere di edilizia pubblica e l'intervento, diretto e non, dello Stato per salvare i settori in crisi. Il fascismo è tra le altre cose un'ideologia monumentalista, amante dei monumenti e delle costruzioni di infrastrutture che, per qualità artistica, possono prenderne il posto. Negli anni 30 la penisola si riempie di monumenti, strade, ferrovie, edifici pubblici, stazioni. Le grandi città d'Italia vengono risanate per fare spazio alla nuova edilizia fascista. Il risanamento è un simbolo della rivoluzione fascista e del cambiamento. Al risanamento urbano per il regime deve seguire anche quello territoriale. È tempo di bonificare. In tre anni di lavoro, dal 1931 al 1934, le paludi dell'agropontino a sud della capitale vengono bonificate. 60.000 nuovi ettari di terreno vengono consegnati a coloni da tutta l'Italia, in particolare dal Veneto. A coronare il successo vengono fondate le nuove città di Sabaudia e Littoria, mostrando l'energia e il dinamismo del regime. Sullo sfondo delle bonifiche pontine, il sistema bancario è un altro settore. che ha bisogno di essere salvato. In particolare la banca commerciale e il credito italiano che, in seguito a investimenti rovinosi, stanno cadendo a pezzi. Per salvare le banche il regime decide di intervenire creando nel 1931 l'IMI, l'istituto mobiliare italiano, con l'obiettivo di sostituire le banche non più in grado di finanziare le industrie in difficoltà, di cui sono spesso azionisti di maggioranza. Due anni dopo, nel 1933, dall'IMI nasce l'IRI, istituto per la ricostruzione industriale che, grazie ai fondi dello Stato, diventa azionista di maggioranza delle banche in crisi e ne prende il ruolo come investitore. Di conseguenza alcune industrie private, come l'Ansaldo, l'Ilva e la Terni, diventano pubbliche. Questa vuole essere, per il regime, una soluzione temporanea, ma purtroppo per il Duce la situazione si complica. Nessun privato vuole rilevare e privatizzare di nuovo le imprese. Mussolini accetta lo stato di cose rendendo l'IRI permanente nel 1937. Senza volerlo, lo stato italiano si trova a controllare buona parte del settore bancario industriale della penisola. Quello che il fascismo ha appena creato è uno stato imprenditore e banchiere, ma, a differenza di uno stato comunista come l'URSS, i gruppi privati continuano ad espandere. e sono ben felici di vedere come lo Stato si stia assumendo i costi della crisi. Tutte queste riforme però non partono dal PNF o dal Duce, anzi, Mussolini in persona affida a tecnici neutrali la gestione delle politiche economiche, come Arrigo Serpieri per le bonifiche o Alberto Beneduce per l'Iri. L'affidamento ai tecnici mostra come il regime prediliga la capacità del singolo piuttosto che la sua cieca fedeltà ai dettami fascisti, creando la base, senza volerlo, di una burocrazia parallela destinata a sopravvivere al regime stesso. Alla metà degli anni 30 l'Iri l'Italia sta uscendo dalla crisi, ma proprio nel momento in cui l'economia sta ripartendo, il Duce decide che è ora di pensare in grande. Dal 1935 Mussolini aveva una politica di riarmo e di spese militari che danneggia l'assetto economico italiano, non ancora ripresosi del tutto. Il riarmo non può dare gli stessi risultati come nella Germania nazista. Pochi settori regnano sovrani. in questa nuova economia di guerra. Di guerra, infatti, si comincia a parlare sui colli di Roma. È una questione di tempo. Il duce darà all'Italia un impero. La rivoluzione fascista ha portato con sé nuove politiche e nuovi pilastri della cultura. Uno di questi è il nazionalismo. Cresciuti tra le rovine del glorioso impero romano, i fascisti vogliono ricrearne le gesta. Un nuovo impero, l'Italia e un nuovo mondo. un nuovo Cesare, il Duce. Dopo l'imbarazzante sconfitta diplomatica di Versailles non era servito neanche il successo di Giolitti nei trattati di Rapallo del 1920 a togliere la sensazione di amarezza al popolo italiano. Il problema è che questa frustrazione non ha sfogo. In fin dei conti la Jugoslavia ha ceduto e non ci sono più altre regioni da pretendere, altre terre irredente da reclamare. Il regime fascista nella sua fase iniziale non riesce a dare un vero obiettivo strategico alle folle. Quel che rimane è una denuncia aperta e netta nei confronti del sistema creato a Versailles. Una denuncia che però non si traduce in ostilità nei confronti delle potenze vincitrici. Gran Bretagna in primis. Un clima di distensione regna nei primi anni 30. L'accordo firmato a Stresa nell'aprile del 1935 mostra come l'Italia fascista si è di fatto un membro del blocco occidentale contro il riarmo tedesco. Non bisogna dimenticare infatti che giusto un anno prima Mussolini era intervenuto dopo la morte del cancelliere austriaco Dolfus per fermare Adolf Hitler. Se volete saperne di più ne parliamo in questo video. Ma mentre Mussolini si presenta a Stresa per assicurare la pace in Europa, i piani sono già in movimento per un nuovo conflitto. L'Italia ha un conto in sospeso in Africa. Il regno di Etiopia si erge come Balouar L'ombardo contro la colonizzazione del continente. Unico vincitore in una guerra coloniale contro una potenza occidentale, Adwa è un ricordo ancora vivo nella popolazione italiana. L'onta della sconfitta di Adwa del 1896 deve essere vendicata. Per il duce l'Italia fascista riuscirà dove l'Italia liberale ha così sonoramente fallito. Ma il regno di Etiopia fa parte della società delle nazioni. Non è accettabile che uno dei suoi membri venga cancellato dalle mappe. La Francia e la Gran Bretagna minacciano il duce di non andare oltre. Ma con un fascistissimo menefregato. prego Mussolini va avanti con i suoi piani. Il 3 ottobre 1935 le truppe italiane del generale De Bono entrano in Etiopia. La condanna della società non si fa attendere, seguita dal martello delle sanzioni. Ma il colpo manca il bersaglio. Le sanzioni vengono facilmente aggirate dal regime fascista. Germani e Stati Uniti infatti non fanno parte della società delle nazioni e fanno affari d'oro con il duce, mentre una crepe insanabile si apre tra l'Italia e i due maggiori esponenti della società, Francia e Gran Bretagna. La propaganda fascista ha gioco facile a mostrare l'ipocrisia dei più grandi imperi del mondo. Perché l'Italia dovrebbe fermarsi quando loro non l'hanno fatto? Chi sono loro per dire cosa è giusto e cosa è sbagliato? L'opinione pubblica è infiammata da questa retorica. Un'Italia proletaria contro le plutocrazie che cercano di schiacciarla. Il duce arringa le piazze e le folle sono con lui. Il popolo è ispirato. Il re in persona dà la sua benedizione e persino alcuni antifascisti sono d'accordo con la campagna. Una mobilitazione popolare senza precedenti attraversa il paese. L'Etiopia però non se ne andrà gentilmente nella notte. Per sette mesi il Negus ha elesso la piazza. la Sien guida la resistenza dell'esercito etiope su ogni valle e su ogni montagna. De Bono viene silurato e sostituito dal maresciallo Pietro Badoglio, con un esercito forte di 400.000 uomini, mezzi, corazzati e aerei, e solo questione di tempo per la vittoria. Il 5 maggio 1936 le truppe italiane entrano a Dadis Abeba, il Negus fugge in esilio. Il 9 maggio 1936, davanti ad una folla estasiata, il Duce annuncia Il popolo italiano! Ha creato col suo sangue l'impero! Lo feconderà col suo lavoro! E lo difenderà contro chiunque con le sue armi! In questa certezza suprema, levato in alto leggeri, lei impegne il ferro! E i cuori a salutare, dopo 15 secoli, la riapparizione dell'impero sui colli fatali di Roma! Ne sarete voi degni? Sì! Il re d'Italia assume il titolo di imperatore d'Etiopia. Mussolini non solo è visto come il salvatore d'Italia, ma anche come il rifondatore dell'impero. Passato però l'entusiasmo iniziale, bisogna farsi conti in tasca. L'Etiopia è un paese povero di risorse naturali e poco adatto all'agricoltura. con una popolazione non felice del dominio italiano. Ci vorranno anni per vedere qualcosa di buono arrivare da Addis Abeba. Nel frattempo Mussolini si gode la gloria della vittoria in Africa. Come i tempi dell'antica Roma, un obelisco è portato nella capitale ed eretto... a ricordare per sempre la vittoria, la stella di Axum. Davanti alla realtà delle cose e vedendo il fallimento della loro politica, Francia e Gran Bretagna mollano il colpo. Le sanzioni sono ritirate il 14 luglio 1936. Il successo dell'Italia è un'altra cosa. L'Italia, e specialmente del Duce, dimostra come la Società delle Nazioni sia debole e impreparata a gestire crisi di questa entità. L'Italia nesce decisamente rafforzata. Mussolini, dopo la guerra d'Etiopia, ha piegato la Società delle Nazioni al suo volere. Il Duce sembra inarrestabile, ma l'eccesso di fiducia è un assassino lento e insidioso. Il regime fascista decide di allargare la propria sfera di influenza, approfittando anche della guerra civile spagnola, scopiata il 17 luglio 1936. Pochi giorni dopo, la fine. delle sanzioni. Ispirato dal nuovo ministro degli esteri, Galeazzo Ciano, Mussolini ceda il richiamo di Francisco Franco e dei suoi nazionalisti. L'Italia scende di nuovo in guerra, questa volta con nuovi alleati. Dopo le sanzioni, il rapporto con la Francia e la Gran Bretagna si può dire definitivamente rovinato. L'Italia è costretta a cercare un'amicizia in un luogo inatteso. Adolf Hitler è l'unico alleato utile per Mussolini sull'intero continente. Mentre le truppe volontarie italiane e le truppe tedesche della legione Condor combattono fianco a fianco in Spagna. il duce e il Führer decidono di sedersi allo stesso tavolo. Il 24 ottobre 1936 viene firmato un patto di amicizia tra Italia e Germania. Il primo novembre, a Milano, Mussolini presenta alle folle il nuovo asse Roma-Berlino. A migliorare ancora i rapporti, arriva il 6 novembre 1937 l'adesione dell'Italia al patto anti-Comintern, un patto creato il 25 novembre 1936 tra Impero Giapponese e Terzo Reich per fermare il comunismo internazionale e, più in particolare, l'URSS. Nonostante la volontà di Hitler, Mussolini cerca in tutti i modi di non far diventare l'Asseroma Berlino un'alleanza militare. In fine dei conti, il Terzo Reich è una pedina usata dal Duce per mettere pressione sulle potenze occidentali. L'Italia ha infatti bisogno di tempo, dopo gli sforzi in Etiopia e in Spagna, per riprendersi militarmente ed economicamente. Ma Mussolini sta perdendo il controllo della situazione. Hitler non ha intenzione di essere una pedina. La sua politica è troppo veloce, dinamica, aggressiva. Il Duce da guida sta diventando un'attività di guerra. diventando gregario. Nonostante in apparenza i due dittatori sembrino sullo stesso livello in pubblico, l'Italia viene schiacciata dalla potenza industriale militare del Terzo Reich. Hitler rispetta profondamente Mussolini, ma fa capire in fretta che non avrebbe accettato di seguire nessuno se non se stesso. Il duce inizia a cedere alla politica del Führer, accettando persino l'Anschluss, l'unione tra Austria e Germania nel marzo del 1938, bloccata proprio dal regime fascista pochi anni prima. Al capolinea di queste mosse tedesche c'è una guerra per per distruggere il sistema creato a Versailles. Pochi in Europa hanno dubbi a riguardo, ma il Duce crede ancora di poter dialogare con Hitler. Ma in realtà è troppo tardi. Il 22 maggio 1939 viene firmato da Ciano e Ribbentrop il Patto d'Acciaio, un'alleanza militare assoluta. Il destino dell'Italia e della Germania? ed i loro leader sono ora legati indissolubilmente. Ma mentre nelle sale del potere sceglie il proprio destino, al suo interno il regime del duce è veramente così solido? Nel momento di suo massimo splendore non si può notare, ma c'è sempre qualcuno che sta spingendo contro il volere di Mussolini. Un gruppo eterogeneo di intellettuali, politici e oppositori. In una sola parola, antifascisti. Il regime fascista visto da fuori sembra un monolite. Il popolo italiano è unito e compatto dietro al suo duce e alla sua missione. Ma non tutti sono d'accordo. Nonostante il consenso sembri quasi assoluto, Mussolini sa che i nemici del fascismo non sono spariti dopo. la marcia su Roma. Si sono solo nascosti. Quelli che possono essere definiti antifascisti sono un gruppo estremamente diverso e variegato. Non a caso, il Duce aveva vinto soprattutto grazie alle divisioni nell'opposizione. Per la maggior parte, dopo il periodo caotico che ha portata alla marcia su Roma nel 1922, gli oppositori al fascismo accettano di aver perso. Un silenzio assordante prende il posto degli agitatori antifascisti. Gli ex popolari, i liberali non fascistizzati e molti socialisti seguono questa politica di abbandono della lotta. Il fascismo ha vinto ed è lì per restare. I cattolici godono di uno stato ombra, la chiesa, su cui appoggiarsi e per difendersi dall'occhio sempre attento della polizia fascista. Ma in questo momento la chiesa è alleata del fascismo e Mussolini è il primo a farlo. ha portato finalmente pace tra lo Stato italiano e la Santa Sede. Gli ex membri del Partito Popolare Italiano non hanno alcun piano di lotta al fascismo. I liberali che si oppongono al regime trovano il loro faro in Benedetto. Croce. Ormai anziano e troppo famoso per essere toccato dai fascisti, il filosofo si gode la sua natura intoccabile. Grazie ai suoi libri e dalla rivista La Critica, da lui curata, Croce permette a molti intellettuali di stampo liberale di non rimanere in silenzio. Nonostante il nome, la critica appunto, non si mostra mai una vera e aperta opposizione al regime. Dalla marcia su Roma, di anno in anno, andare contro il regime diventa sempre più difficile. Dalle leggi fascistissime del 1926 e dalla fondazione dell'Ovra, la polizia sessuale, segreta fascista nel 1927, si chiudono sempre di più le vie legali per opporsi. La scelta ricade su due strade. L'esilio, l'abbandonare l'Italia e continuare l'opposizione all'estero, oppure tentare la via più rischiosa, non lasciare l'Italia e iniziare una lotta clandestina. Per chi è abituato all'opposizione sommersa, il regime fascista è semplicemente una nuova sfida. I comunisti sono gli unici con l'esperienza adatta contro il regime. Non a caso il fascismo tenta in tutti i modi di estirpare la minaccia rossa dalla penisola. comunista italiano però è duro a morire. Il PCI riesce a creare una rete clandestina dedita a distribuire propaganda antifascista e antiregime, oltre ad infiltrare i suoi uomini a vari livelli delle associazioni del PNF. I comunisti pagano questo impegno costante. Più di tre quarti dei condannati politici del ventennio sono membri, simpatizzanti o cellule del PCI. Una delle pene classiche del periodo fascista è il confino, ovvero prendere individui dannosi per il bene pubblico e portarli in un posto recluso. ad esempio un'isola, dove tenerli sotto osservazione. I comunisti però sono un caso isolato. Gli altri partiti antifascisti non riescono a creare cellule forti o influenti come i loro cugini rossi. Questi politici, socialisti antiregime, repubblicani, liberal-democratici ispirati da Mendolo e Gobetti, provano ad influenzare dal loro esilio la politica italiana. In Francia si viene a creare una comunità di intellettuali esponenti dell'antifascismo. Il vecchio Turati, Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, ad esempio, membri della nuova generazione socialista, si trovano oltralpe. Nel 1927 questi vari gruppi eterogenei si uniscono nella concentrazione antifascista, un'organizzazione che non riesce di fatti a raggiungere grandi obiettivi, ma che testimonia l'energia del movimento antiregime all'estero. La concentrazione diventa spesso la voce dell'Italia democratica, fuggita in esilio davanti alla vittoria della rivoluzione fascista. Inoltre la concentrazione avvicina tutti questi gruppi più o meno diversi. Aiutando anche il PSI, spaccatosi fatalmente nel 1922, a riunificarsi nel 1930 a Parigi. Ma la concentrazione da alcuni è vista come un ente passivo e di fatti inerme. Bisogna agire e non lasciare l'iniziativa clandestina solo ai comunisti. Queste le idee di Emilio Lussu e Carlo Rosselli che, nel 1929, fondano il movimento Giustizia e Libertà, o GL. Un movimento capace di far concorrenza ai comunisti e che concilia socialisti, repubblicani e liberali. Giustizia e Libertà inizia a fondare cellule clandestine, mentre sul piano politico segue una linea di conciliazione tra liberalismo e marxismo voluta da Rosselli. Rosselli sarebbe poi stato ucciso da sicari fascisti nel 1937. I comunisti rimangono comunque strane e la concentrazione è alla GL, se non direttamente ostili, e nonostante avessero membri in esilio, decidono di rimanere isolati, almeno per il momento. Il centro organizzativo comunista si trova sia a Parigi, ma riceve le direttive. direttamente da Mosca. Dopo l'arresto di Gramsci del 1926 è infatti Palmiro Togliatti a prendere le redini del PCI in esilio. Togliatti oltre ad essere un abile politico è anche uno dei dirigenti più noti del Comintern. Il PCI si allinea in tutto e per tutto all'Unione Sovietica. In questo periodo di assoluta fedeltà all'URSS il partito espelle gli eterodossi e tiene private le idee innovative dello stesso Gramsci, stroncato nel 1937 dal carcere duro a cui era sottoposto. A metà degli anni 30 arriva il periodo dei fronti popolari. Ogni alleanza è auspicabile piuttosto che un'ennesima vittoria fascista in Europa. Si arriva al punto che nel 1934 comunisti e socialisti stringono un patto di unità d'azione, ma questa stagione sembra dover bruciare in fretta. La guerra di Spagna è il momento più alto e allo stesso tempo la tomba di questa politica. Iniziata con grandi speranze per il fronte unito repubblicano, la fine guerra è tanto se vari membri del fronte non si sparano addosso a vicenda. Al fallimento della guerra di Spagna bisogna aggiungere la notizia sconcertante delle purghe staliniane, della conseguente rottura dell'Urso e con il blocco occidentale e infine la notizia del patto Ribbentrop-Molotov nel 39. A questo punto i fronti popolari si possono dire estinti. In sostanza, dalle leggi fascistissime del 1926 in poi, il movimento antifascista non riesce a creare una vera e propria resistenza. Ci sarebbe voluta la guerra per cambiare la situazione. Nonostante le grandi energie spese, il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, l'Ovra, la Milizia, la Polizia e i vari organi del regime riescono a fermare ogni tentativo di agitazione antifascista. Allo stesso tempo però, le varie cellule di giustizia e libertà e quelle comuniste rimaste dormienti saranno la base della resistenza armata dal 1943 in poi. Ma per il momento Mussolini dorme sonni tranquilli, la folla lo ama e ama il fascismo. Tutto sta andando per il meglio. Non può saperlo, ma questi sono gli ultimi anni d'oro del Duce. L'Italia fascista ha dimostrato di poter sedere al tavolo delle grandi potenze, nonostante le sanzioni è riuscita a piegare la volontà della società delle nazioni. La vittoria nella campagna d'Etiopia è il punto più alto di popolarità raggiunto dal duce e dal regime, ma purtroppo Purtroppo per Mussolini da qui non si può far altro che scendere. Alla fine del 1935, davanti alle sanzioni imposte da Francia e Gran Bretagna, il regime fascista decide di aumentare ancora di più la sua politica autarchica. Prendendo l'eredità della battaglia del Grigio, il grano di un decennio prima, il Duce impone che l'economia italiana diventi indipendente. Ma non è così facile come sembra. L'autarchia è una politica di guerra mascherata, dato che si basa specialmente sull'autonomia delle materie prime e della produzione industriale. Però la guerra non c'è, quindi l'Italia per difendere una formula economica chiusa è costretta ad alzare il muro del protezionismo, oltre ad aumentare gli investimenti in combustibili e prodotti sintetici. L'autarchia però rimane un miraggio. L'Italia continua a non avere le risorse per mantenerla e la produzione di un'economia è un'economia di guerra. industriale ne soffre. Difatti non solo l'autarchia porta ad una crescita lenta, quasi nulla, ma anche ad un aumento dei prezzi generali e di conseguenza a danneggiare i ceti più bassi della popolazione. Una popolazione che vede prima con curiosità, poi con ansia le mosse di politica estera del Duce in Europa. In questi anni l'Italia decide da che parte stare e sembra che i richiami di Adolf Hitler abbiano colto nel segno a Roma. Il ministro degli esteri del regime fascista, Galeazzo Ciano. spinge per accettare le richieste del Führer. Ma i critici di Ciano sono numerosi, non solo perché è il genero di Mussolini, mettendo forti dubbi di nepotismo sulla sua carica, ma anche perché nel 1936, quando diventa ministro a solo 33 anni, ed è visto come troppo giovane e inesperto per un ruolo del genere. Inoltre l'amicizia con la Germania non è proprio apprezzata dall'opinione pubblica. I veterani della grande guerra sono ancora numerosi e si ricordano contro chi avevano combattuto con così tanti sacrifici. L'avvicinamento al Terzo Reich è visto con ansia. Gli obiettivi della Germania sono chiari a tutti, Mussolini incluso. Obiettivi raggiungibili solo. con una nuova guerra. Il popolo vuole la pace. L'Italia, dai tempi della guerra italo-turca, non si è quasi più fermata e ha bisogno di riposare. Mussolini sarà infatti accolto come un eroe dopo la conferenza di Monaco del 1938 per aver salvato la situazione. Ma il duce, nonostante il salvataggio di Monaco, è convinto che la soluzione non sia altro che la guerra. In fin dei conti, come aveva detto anni prima, parafrasando, il sangue da solo muove le ruote della storia. Questo sangue deve essere dato dai cittadini, diventati soldati e pronti a cadere per la grandezza della patria. Il duce vuole fare dell'Italia una nazione in armi. Ma lo spirito italiano è diverso dallo spirito romano. Una borghesia felice, quasi mansueta, non sarà mai buona a combattere. Mussolini deve agire sullo spirito dell'Italia per creare nuovi guerrieri L'unica via da percorrere è quella di aumentare ancora di più il controllo del regime sullo Stato italiano Una nuova stretta totalitaria cala su tutti i livelli della società A livello istituzionale viene creato il Ministero per la Stampa e la Propaganda nel 1936 che dal 1937 in poi avrebbe preso il nome meno minaccioso di Ministero per la Cultura Popolare Le organizzazioni giovanili vengono accorpate nella gioventù italiana del Littorio fondata in 1936 il 27 ottobre 1937. Ogni giovane italiano deve passare adesso attraverso un giuramento di fedeltà che lascia poco spazio all'interpretazione. Nel nome di Dio e dell'Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se è necessario col mio sangue la causa della rivoluzione fascista. Il Partito Nazionale Fascista vede ampliate le sue funzioni portando nel 1939 alla fine della Camera dei Deputati, sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Comunità. corporazioni. Questa nuova Camera è inaugurata il 23 marzo dallo stesso re Vittorio Emanuele III e i nuovi deputati, ora chiamati consiglieri nazionali, non vengono votati per entrarci. Viene così superato lo spettacolo triste del voto a lista unica. Dorin avanti nella Camera si sarebbe entrati in funzione del proprio ruolo all'interno del partito e del suo regime. Unite a queste riforme strutturali, il Duce esige anche riforme volte a cambiare lo spirito stesso degli italiani. In lei, percepito dal fascismo come servile, viene sostituito dal voi. nei discorsi formali. Non è tutto. Il fascismo decide inoltre di abbandonare qualunque parola straniera nel vocabolario. Alcuni esempi. Il basket diventa pallacanestro, il croissant cornetto e il whisky acquavite. Questa lotta avrebbe dato risultati discordanti. Alcuni termini sarebbero rimasti in uso ben oltre il regime, sostituendo ad esempio il termine di un'esercito addirittura la loro controparte straniera, mentre altri sarebbero caduti in totale disuso già durante lo stesso ventennio. Un'altra mossa del regime è italianizzare le regioni conquistate durante la prima guerra mondiale. Città, toponimi, cognomi, slavie tedeschi vengono cancellati e sostituiti per aumentare l'identità italiana nei territori conquistati. Ma come molte delle riforme fasciste il risultato è solo di facciata. L'apparenza regna durante il ventennio, su tutti i livelli. Ai funzionari pubblici è richiesto l'uso della divisa militare, mentre nell'esercito è introdotto il passo romano, una copia del passo dell'oca tedesco per aumentare lo spirito guerriero italico. Tutto questo è tollerato se non direttamente supportato dalla popolazione, ma a volte basta un piccolo passo falso per rovinare un consenso altrimenti granitico. Nel settembre del 1938, dopo un lungo periodo di propaganda rivolta alle masse e con la pubblicazione di studi appositamente finanziati da regime, vengono introdotti in Italia le cosiddette leggi razziali. Come nel terzo? Terzo Reich del 1935, gli ebrei sono le grandi vittime di queste leggi. Sono vietati agli ebrei gli uffici pubblici e i matrimoni misti. Poco prima, in agosto, erano stati censiti tutti gli ebrei residenti in Italia. In totale si contano 50.000 membri di questa religione, presenti specialmente a Roma e in alcune città del centro nord. Ma a differenza delle attese, il popolo italiano non sembra reagire come il duce vorrebbe. L'antisemitismo non è un forte collante come nel Terzo Reich. Anzi. L'orgoglio raziale ariano in Italia non è un problema. Non ha terreno fertile e senza questo tipo di orgoglio, sommato ad una comunità ebraica estremamente piccola e ben integrata, il risultato è scontato. Un fallimento su quasi tutta la linea. Persino la Chiesa, che fino a quel momento aveva coesistito pacificamente con il regime, si trova in disaccordo con il Duce. Non tanto per la discriminazione, ma per la sua giustificazione. Il fascismo, come il nazionalsocialismo, basa il suo razzismo su una base biologica e non tanto religiosa. La purezza della razza è un'idea che... che buona parte degli italiani non comprendono o a cui non sono interessati. Se la politica antisemita del regime non raggiunge l'obiettivo sperato, gli investimenti sui giovani diventano la base del consenso del Duce. Intere generazioni, dal 1922 in poi, nascono e crescono nel regime. Non conoscono altro se non il fascismo, futuri soldati e membri del PNF, così come vuole il Duce. Ma l'indottrinamento dei giovani, da solo, non può reggere un intero regime. Il Duce non lo sa, ma gli anni di economia autarchica e di guerra non hanno per niente fatto bene all'Italia. Le fasce più basse della popolazione non sono contente di tutti questi sacrifici e nonostante la grande volontà guerriera che Mussolini vuole mostrare, il popolo non è convinto dell'alleanza col Terzo Reich. Ma proprio mentre questi nodi stanno venendo al pettine, dopo gli ennesimi sacrifici della vittoriosa guerra di Spagna, Hitler avvia i suoi piani e il Duce non può tirarsi indietro. L'Italia e il mondo stanno scendendo in guerra.