Transcript for:
La Prima Guerra Mondiale in Italia

Quando il 28 luglio 1914 scoppia la prima guerra mondiale, a guidare il governo italiano è Antonio Salandra, divenuto da pochi mesi presidente del Consiglio. Salandra è un esponente dei Liberali Conservatori, gruppo che dentro al mondo liberale si oppone alla leadership di Giolitti. L'Italia, al momento delle dichiarazioni di guerra, è legata all'Austria e alla Germania dalla triplice alleanza. Ma il trattato non vincola il regno di Vittorio Emanuele III all'intervento, per due motivi. Innanzitutto... è un patto di natura difensiva, mentre in questo caso sono l'Austria e la Germania a muovere guerra ai loro nemici. In secondo luogo, la dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia non è stata anticipata all'Italia, mentre invece gli accordi della Triplice prevedevano che eventuali interventi nei Balcani dovessero essere concordati fra gli alleati. Queste ragioni formali mettono il governo italiano nelle condizioni di dichiarare la propria neutralità, ma le ragioni della scelta sono in realtà più sostanziali. Un'entrata in guerra a fianco dell'Austria presenta infatti meno vantaggi delle altre possibili opzioni, ovvero 1. Trattare il non intervento con gli austriaci per ottenere futuri vantaggi territoriali 2. Trattare l'intervento con le potenze dell'intesa per ottenere la promessa di strappare territori agli austriaci Sullo sfondo di queste opzioni vi è il motivo profondo che spinge il governo italiano all'iniziale non intervento ovvero il diffuso sentimento anti-austriaco nel paese. L'Austria, infatti, è stata a lungo il nemico delle guerre risorgimentali e nel 1914 ancora è forte il movimento irredentista che considera italiani una serie di territori in mano austriaca, da Trento a Trieste. Date queste regioni, il governo italiano apre una duplice trattativa. Una con l'Austria e la Germania, per vedere cosa si possa ottenere con il non-intervento. una, segreta, con gli inglesi e i francesi, per vedere cosa si possa ottenere con un intervento al loro fianco. Questa posizione del governo, poco ideologica e molto pratica, verrà giustificata da Salandra in un discorso alla Camera rimasto celebre, in cui il Presidente del Consiglio, davanti ai deputati, sosterrà che occorre animo scepro da ogni preconcetto, da ogni pregiudizio, da ogni sentimento che non sia quello della illimitata. ed esclusiva devozione alla patria nostra del sacro egoismo per l'Italia. Mentre il governo italiano gioca contemporaneamente su due tavoli, l'opinione pubblica si spacca in due vasti fronti. Uno a favore dell'intervento, uno per il mantenimento della neutralità. In questi due fronti troveremo a convivere posizioni anche molto distanti fra di loro e gruppi politici solitamente distinti. Ma ora... accomunati da una causa comune più grande. Nel fronte interventista ritroviamo in particolare i liberali conservatori di Salandra, che sperano di accrescere il prestigio internazionale dell'Italia, i democratici, che guardano la tradizione risorgimentale e che vedono nella guerra contro l'Austria una potenziale quarta guerra risorgimentale, i nazionalisti, che vedono nella guerra l'occasione per affermare la potenza italiana sullo scenario internazionale. E infine, le frange dei sindacalisti e socialisti più rivoluzionari, che sperano che la guerra possa trasformarsi in una occasione per una rivoluzione sociale. Molto famoso è fra questi il caso di Mussolini, dirigente di spicco del Partito Socialista, che cambia improvvisamente posizione sulla guerra e avvia una personale battaglia per l'intervento. Possiamo in generale dire che per la maggioranza di questo fronte, esclusi... i liberali di Salandra, la guerra si presentava dunque come occasione per trasformare l'Italia, portarla fuori dalla tranquilla stagione del liberalismo giolittiano. Per alcuni si trattava di pensare alla rivoluzione socialista, per altri di dare vita a una potenza militare antiliberale, obiettivi dunque molto diversi fra di loro, ma che si trovarono a affrontare un tratto di strada comune. Sul fronte neutralista ritroviamo invece I liberali guidati da Giolitti, che ritengono l'Italia impreparata a un conflitto. I socialisti, che vedono nella guerra uno strumento del capitalismo nazionalista. E una buona parte del mondo cattolico, papa in testa, sia per l'ostilità alla guerra in sé, sia per evitare di entrare in conflitto con la cattolica Austria. Mentre l'opinione pubblica si divide, il governo realizza un passaggio decisivo per il futuro del paese. Il 26 aprile 1915... I vertici del governo italiano, in accordo con il re, firmano a Londra un patto segreto con le forze dell'intesa per portare l'Italia in guerra. Dagli inglesi e dei francesi il governo italiano ottiene infatti la promessa per il riconoscimento di tutti quei territori austrieci che l'Austria non era disposta a cedere. Il Trentino, l'Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria e le coste della Dalmazia. La situazione si presenta però molto critica per due motivi. Innanzitutto perché il governo e il re si stanno impegnando a livello internazionale senza aver informato il Parlamento. E poi perché quando si avvicina alla discussione parlamentare per l'entrata in guerra dell'Italia, la maggioranza del Parlamento, che è controllata da Giolitti, sembra andare a schierarsi su posizioni neutraliste. È a questo punto che la mobilitazione del fronte interventista diventa decisiva. Se esso, infatti, appariva minoritario nel paese in quanto a numeri, Aveva infatti già mostrato una maggiore capacità di mobilitazione dell'opinione pubblica, in quanto ad esso avevano aderito importanti testate giornalistiche, come il Corriere della Siera, oppure rilevanti riviste culturali, come La Voce o La Cerba, e infine una parte molto vivace del mondo intellettuale italiano, come ad esempio i Futuristi. Nel maggio del 15 questa mobilitazione conosce un importante salto di qualità, atto simbolico di quello che D'Annunzio definirà il Radioso Maggio, Termine utilizzato per esprimere l'ampia mobilitazione che avrebbe portato l'Italia in guerra. È il discorso che lo stesso D'Annunzio tiene il 5 maggio a quarto per l'anniversario della spedizione dei Mille, dove, di fronte a una folla numerosa e interventista, il poeta si scaglia contro Giolitti, simbolo del neutralismo italiano, definendolo un vecchio boia labbrone. Nel discorso di D'Annunzio risuona tutto il vero e vero. un linguaggio dell'epoca che vive nel vero e proprio culto della guerra. Dice infatti il poeta, esaltando la folla, beati i giovani affamati di gloria perché saranno saziati. Da quel momento in poi le piazze si riempiranno di manifestazioni interventiste e neutraliste, ma le prime in particolare avranno un ruolo decisivo per l'attenzione suscitata, arrivando a minacciare fisicamente i parlamentari schierati per il non intervento. Il momento decisivo? Arriva il 20 maggio, quando la Camera si riunisce per votare l'entrata in guerra, schierandosi a maggioranza schiacciante per l'intervento, con la sostanziale eccezione dei soli socialisti. Cosa era successo? Come mai i deputati, giolitti in testa, avevano cambiato in maniera così netta la propria posizione? La risposta va ricercata, da un lato, proprio nel clima di violenza e intimidazione dei giorni del maggio del 15. che probabilmente fece temere sommosse incontrollabili in caso di mancata entrata in guerra. Dall'altro, nel patto segreto di Londra, che, se disatteso, avrebbe messo in crisi la monarchia, cosa che Giolitti, certamente informato dell'accordo, non voleva minimamente. Il 24 maggio 1915 l'esercito italiano barcherà i confini dell'Austria e anche per l'Italia inizierà la Grande Guerra.