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Italo Svevo: Vita, Opere e Tematiche

Buongiorno, buon pomeriggio e buonasera. Oggi parleremo di Aaron Hector Schmidt, o più semplicemente chiamato Italo Svevo. Italo Svevo nasce nel 1861 a Trieste, allora parte dell'impero sburgico. La sua famiglia era una famiglia borghese di origine ebrea.

Durante l'infanzia Italo Svevo studia presso le scuole ebraiche, ma viene poi mandato a completare gli studi commerciali in Baviera. Studierà anche all'Istituto Revoltella di Trieste. Anche se compie studi commerciali, Svevo in realtà ha una grande passione, che è la letteratura, ed in particolare la scrittura.

Scrive sul giornale L'Indipendente, però utilizza uno pseudonimo. Toressa Migli. Nel 1880 Svevo incontra un momento veramente difficile.

Il padre fallisce e lui si ritrova a dover passare da una condizione agiata, quella di una famiglia borghese, ad una condizione di precarietà e di ristrettezze economiche. Allora inizia a lavorare presso la filiale della Banca Union di Vienna, dove rimane per 19 anni circa. Italo Svevo vive il lavoro di impiegato in modo difficile, per noi un lavoro arido, noioso, ripetitivo, ed emerge questa sua concezione del lavoro impiegatizio anche nelle sue opere. Nel tempo libero, infatti, si dedica alla scrittura e nel 1892 pubblica il suo primo romanzo, sotto lo pseudonimo di Italo Svevo, intitolato Una vita. Nel 1895 muore la madre a cui è molto legato.

Al suo capezzale incontra una cugina, molto più giovane di lui, di cui si innamora, Livia Veneziani. Le nozze sono celebrate nel 1896 e l'anno dopo nasce la loro figlia Letizia. Questo matrimonio è per Svevo una grande occasione perché muta completamente la sua condizione economica.

Grazie. Infatti la famiglia veneziana è una famiglia molto ricca. Svevo abbandona dunque il suo lavoro in banca ed entra nella ditta dei suoceri.

Inizia a viaggiare, va in Francia, va in Inghilterra e quindi sperimenta anche quella vita internazionale e più mondana. In questo periodo però abbandona la scrittura che viene guardata con sospetto. Sembra quasi che la scrittura possa effettivamente compromettere il buon nome e anche la sua nuova vita attiva, soprattutto incentrata sulla produttività. Nel 1902 scrive infatti sul suo diario Io a quest'ora e definitivamente ho eliminato dalla mia vita quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura. Anche nel suo profilo autobiografico, in terza persona, scrive Basta un solo rigo per renderlo meno adatto.

al lavoro pratico cui giornalmente doveva attendere. Subentrava subito la distrazione e la cattiva disposizione. Qui Svevo parla di sé, ma in terza persona.

È però negli anni tra l'ingresso nell'attività industriale e la Prima Guerra Mondiale che abbiamo due incontri fondamentali nella vita di Italo Svevo. L'incontro con James Joyce e la sua conoscenza e il suo interessamento. nei confronti della psicoanalisi freudiana. Joyce è esule d'Arlirlanda e insegna a Trieste presso la Berlitz School, dove Svevo inizia a prendere proprio lezioni d'inglese. I due diventano amici, infatti Joyce fa leggere a Svevo Gente di Dublino, mentre Svevo chiede consiglio a Joyce per quanto riguarda i due romanzi pubblicati.

L'altro evento fondamentale si colloca tra il 1908 e il 1910, quando il cognato di Svevo inizia una terapia psicoanalitica a Vienna e Svevo viene quindi a conoscenza di queste teorie. Nel 1898 Svevo pubblica il suo secondo romanzo, Senilità. Con la guerra Svevo riprende la sua attività letteraria, infatti nel 1919 inizia a scrivere La coscienza di Zeno, che pubblicherà poi nel 1923. Svevo manda il romanzo a Parigi all'amico Joyce, il quale si impegna moltissimo per cercare di far conoscere Svevo e anche per recensire questo romanzo.

In Italia, però, c'è una sorta di atmosfera di diffidenza nei confronti di Svevo e della sua produzione letteraria. L'unica eccezione è rappresentata da un poeta di cui parleremo nelle prossime lezioni, Eugenio Montale, il quale si rende conto del valore di Svevo. L'11 settembre del 1928 Svevo ha però un incidente stradale presso Motta di Livenza, dove perde la vita.

Lascia così incompiuto il suo quarto romanzo. La cultura di Svevo risente di varie influenze. Innanzitutto la psicoanalisi, come abbiamo detto, ferudiana, il marxismo, quindi il pensiero di Karl Marx, il filosofo del capitale, la letteratura francese con Balzac, Sandal e Flaubert, di cui abbiamo parlato nella lezione legata al naturalismo francese, quindi anche al realismo. Dal punto di vista del naturalismo francese abbiamo il recupero di Zola, in particolare nella descrizione minuziosa degli ambienti. Parliamo ora del primo romanzo di Svevo, Una vita.

Il titolo originario è Uninetto ed è pubblicato da Svevo a sue spese nel 1892. Perché Svevo non era famoso, non era apprezzato e anche dopo aver pubblicato i suoi romanzi, come abbiamo detto, rimane intorno a lui quest'aura di diffidenza, soprattutto nel panorama italiano, mentre è apprezzato all'estero. Questo romanzo effettivamente ha uno scarso successo della critica. È la storia di Alfonso Nitti.

che abbandona il paese e la madre per lavorare a Trieste, dopo che suo padre, che era un medico, muore e lascia la famiglia in precarie condizioni economiche. Allora Alfonso decide di andare a lavorare presso la banca della famiglia Maller, però questo lavoro gli appare un po' noioso, un po' arido. La storia di Alfonso Nitti ci ricorda la storia di Italo Svevo, che ha lavorato per quasi un ventennio in banca, però non ha particolarmente apprezzato questa esperienza.

Alfonso Nitti è infatti un giovane imbevuto di letteratura che ama sfoggiare la sua cultura umanistica ma soprattutto questa cultura gli serve per evadere. Si costruisce dei sogni un po' da megalomane sperando di diventare un giorno famoso per la sua scrittura. Alfonso conosce Macario che è un giovane invece brillante con cui diventa amico e e diventa Macario per Alfonso un modello, un modello a cui ispirarsi.

La figlia di Mahler sceglie Alfonso per scrivere insieme a lei un romanzo. Vorrebbe che fosse una sorta di collaboratore e Alfonso la seduce e la possiede. L'eroe potrebbe sposarla, ma invece è preso da una paura, da una paura inspiegabile, talmente rigidito che l'unica soluzione che gli pare possibile è fuggire da Trieste inventandosi una scusa. una scusa un po' farlocca dice Annetta mi dispiace mia madre è molto malata devo andare lui va al paese e si direbbe oggi il karma vuole che la madre effettivamente è ammalata è ammalata e addirittura muore Dopo la morte della madre, Alfonso torna allora a Trieste ed è convinto di dover rinunciare a questa lotta per la vita. Il concetto di lotta per la vita rimanda proprio a Schopenhauer, che è un filosofo che emerge moltissimo nella produzione sveviana.

Alfonso capisce che l'unica soluzione non è più lottare, ma è contemplare. Qui emerge proprio l'aspetto dicotomico tra i lottatori e i contemplatori. Alfonso, infatti, è un contemplatore, mentre Macario, il suo modello, colui a cui si ispira, è un lottatore.

Tuttavia, quando torna a Trieste, si rende conto che in realtà la soluzione di rimanere un po' a fare il voyeur, il contemplatore, non è proprio delle migliori. Quando rivede Annetta è ripreso dalle passioni. Quando capisce che addirittura Annetta si è fidanzata con l'amico modello Macario diventa gelosissimo. Addirittura subisce la declassazione in banca. Infatti perde il suo ruolo e viene declassato da un ruolo di minore importanza.

Trasferito da un compito di minore importanza, allora Alfonso è indignato e affronta il suo datore di lavoro. Sembra un po' quasi ricattarlo. Scrive alla figlia, Annetta, chiedendo di essere lasciato in pace perché si sente addirittura perseguitato. Un po' un antico mobbing, diciamo.

Le chiede un appuntamento, però anziché presentarsi Annetta all'appuntamento va il fratello che lo sfida a duello. Alfonso che si sente incapace alla vita decide di cercare nella morte l'unica via di scampo possibile. Modelli letterari in questo caso sono il romanzo della scalata sociale, infatti Alfonso cerca di farcela di fatto nella vita, parte da una condizione di difficoltà, lavora in banca, poi si innamora di questa donna e ha la possibilità di avere un lavoro più importante, ma poi...

torna giù nella sua condizione precedente. È un romanzo anche di formazione ed è un romanzo che sicuramente vede molti aspetti legati al naturalismo francese, in particolar modo al contributo di Zola. Alfonso inaugura una figura molto importante nella produzione di Svevo, che è quella dell'inetto. Anche Dante ci parla degli inetti e gli inetti di fatto sono... po' degli ignavi, sono delle persone che non sanno prendere posizione, sono dei deboli, incapaci di fare qualsiasi cosa, incapaci anche alla stessa vita.

Alfonso è un piccolo borghese che viene poi declassato da una condizione più elevata ed è anche un intellettuale. Nella società triestina viene visto come un diverso perché non insegue il profitto, non insegue la produttività, che sono invece i valori della borghesia. I suoi antagonisti sono Maller, il padrone, che incarna la figura del padre, e Macario, il modello, che però è anche un rivale brillante e disinvolto che si fidanza addirittura con la donna che vorrebbe Alfonso, Annetta. Per quanto riguarda l'impostazione narrativa, la focalizzazione è interna alternata al punto di vista del narratore.

Troviamo inoltre l'espressione della psiche umana, un po' come una sorta di labirinto. Il secondo romanzo di Svevo si intitola Senilità. Come dice lo stesso Svevo, questo romanzo, pubblicato nel 1898, non ottiene né una parola di lode né una parola di biasimo, che forse è ancora peggio, perché effettivamente quando noi parliamo di qualcosa lo rendiamo noto.

Invece in questo caso questo romanzo è del tutto indifferente. Il protagonista è Emilio Brentani, un 35enne che lavora in una società di assicurazioni a Trieste. Lui era un ex scrittore e ha una certa reputazione proprio per aver scritto questo romanzo, però poi si è fermato, non ha scritto più nulla e è decaduto nell'oblio. Vive in modo prudente e si appoggia alla sorella Amalia con cui vive e che lo accudisce un po' come se fosse una madre.

Anche qui ritroviamo sempre l'aspetto del modello a cui tendere, in questo caso il modello a cui aspira. Emilio Brentani non è più Macario, ma è Stefano Balli, uno scultore che dal punto di vista artistico non ha molto successo, ma dal punto di vista delle donne, Emilio si innamora perdutamente di una donna, del popolo. Angiolina, questa ragazza viene un po' idealizzata da Emilio che la vede come una sorta di donna angelo.

In realtà Angiolina non è che sia tutta stasanta, anzi ha un sacco di amanti, è una donna un po' cinica ed è anche un po' bugiarda. Quindi Emilio non è che ha fatto proprio un affarone con lei, però non riesce a staccarsene. È ossessionato da Angiolina, addirittura la idealizza, la vede un po' meglio di quello che è. Quando prova a lasciarla e a separarsene, si sente proprio sconfitto, come se fosse stato prosciugato e la sua energia vitale gli fosse stata tolta.

Allora riallaccia la relazione, però quando riesce finalmente a possederla, ne è molto deluso. È disgustato da questa angiolina che in realtà si rivela una tipina un po' rozza, un po' volgare, niente di che. che l'amico che si prende gli scarti decide di conquistare Angiolina. In realtà più che altro vorrebbe utilizzarla come modella per una sua statua, però la ragazza si innamora di lui. Nel frattempo questo Stefano Balli, che abbiamo detto è una sorta di sciupa femmine, viene puntato da Amalia, la sorella di Emilio.

Emilio è allora molto arrabbiato. Decide di allontanare il balli da casa sua, ha anche paura che faccia soffrire la sorella, però facendo così distrugge il cuore della povera Amalia. Infatti la sorella cerca l'oblio nell'etere e muore di polmonite.

Emilio che ne combina una dopo l'altra lascia il capezzale di Amalia per andare ad un appuntamento con Angelina anche se l'intento è buono infatti decide finalmente di abbandonarla però scopre che Angelina lo tradisce e quindi la insulta. Dopo la morte di Amalia è come se si chiudesse nel guscio della sua senilità e guarda questa avventura come un ve. guarda e ripensa alla gioventù. Nei suoi sogni fonde queste due donne, Angiolina ed Amalie, che diventano quasi una sorta di unica figura, pensosa e intellettuale, prende il meglio della sorella, il meglio di Angiolina e fa, diciamo, un impasto.

Anche Emilio è un inetto, è un inetto, un impotente che incarna proprio questa impotenza sociale del piccolo borghese declassato, frustrato, proprio come Alfonso Nitti, mentre Balli è un uomo nel vero senso della parola, forte, sicuro di sé, un dominatore. Anche qui troviamo il confronto tra quello che è Linetto e invece il superuomo, qualcuno che cerca di rovesciare l'impotenza in onnipotenza. L'ultimo romanzo di Svevo, quello che sicuramente tutti voi avrete letto, perché è tra i romanzi anche che vengono consigliati dai docenti per sostenere l'esame di stato, quindi un romanzo assolutamente da leggere, è La coscienza di Zeno.

È pubblicato nel 1923 e risente degli effetti della prima guerra mondiale anche nelle atmosfere. Svevo abbandona il modello del romanzo naturalistico e struttura La coscienza di Zeno come una sorta di memoriale autobiografico. Zeno, Zeno Cosini, scrive su invito del suo psicanalista, il dottoresse, non vi dice mica qualcosa questo nome, forse rimanda a Sigmund, scrive su invito del suo psicanalista a scopo terapeutico, perché la scrittura ha una funzione terapeutica, la scrittura guarisce, scrivere i propri pensieri, appuntarsi le proprie memorie su un diario può aiutare.

Svevo finge che il manoscritto di Zeno sia stato pubblicato da questo dottore S, che di sicuro non rispetta il codice deontologico. Infatti il dottore S avrebbe pubblicato questo manoscritto proprio per vendicarsi, per vendicarsi del suo paziente che, convinto di essere guarito, si è sottratto alla cura. Gli argomenti dei vari capitoli sono il vizio del fumo, e gli sforzi di Zeno per liberarsene, la famosa ultima sigaretta che non è mai l'ultima. La morte del padre, un vero e proprio trauma per Zeno. La storia del proprio matrimonio.

Il rapporto con la moglie e la giovane amante. La storia dell'associazione commerciale che lui fonda con il cognato Guido Speyer. E poi l'ultimo capitolo, Psicoanalisi, in cui Zeno sfoga il proprio Livore verso la psicoanalisi e racconta della sua guarigione, che in realtà è una guarigione presunta perché Zeno non è guarito, ma fa finta di esserlo. In questo romanzo abbiamo l'utilizzo del tempo misto, che è un tempo soggettivo che mescola piani e distanze.

Anche in questo caso Zeno Cosini è fratello... di Alfonso Nitti e di Emilio Brantani, anche lui fa parte del club degli inetti. Negli anni giovanili conduce una vita oziosa, passa da una facoltà all'altra, non si laurea, però il padre cerca un pochino di aiutarlo, anche se in realtà non ha molta stima di lui, e lo fa controllare dall'amministratore di famiglia, perché la famiglia era facoltosa ed era una famiglia di commercianti. The North col padre ambivalente, lo ama, lo odia, di fatto Zeno lo delude continuamente il padre e quindi tra i due il rapporto è conflittuale.

Infatti proprio questo vizio del fumo Ha nel suo fondo inconscio un'ostilità verso il padre. Zeno infatti incomincia a fumare quando è un ragazzino e ruba un sigaro acceso dimenticato dal padre. Da allora non riesce a liberarsi di questo vizio, anche se vorrebbe tanto.

Quando è sul letto di morte, il padre lascia cadere uno schiaffo sul viso del figlio. E Zeno lo interpreta come un atto voluto. in realtà potrebbe anche essere stato uno spasmo, però ne resta scosso soffosso profondamente. Cerca allora una sorta di figura sostitutiva rispetto al padre e la trova in Giovanni Malfenti, che è un uomo d'affari che incarna un po' l'immagine del borghese, ed è il modello d'uomo a cui Zeno si ispira.

Proprio come Alfonso si ispira a Macario, proprio come Emilio si ispira a Stefano, anche Zeno trova il suo modello. In questo caso il modello è Giovanni malfenti. Zeno decide di sposare una delle figlie di Giovanni, si innamora della più bella Ada ma lei non ci sta, allora prova con la sorella minore Alberta ma anche lei non lo vuole, quindi dice non mi ha voluto la prima, non mi ha voluto la seconda, speriamo che Augusta anche se un po' bruttarella ci stia ed in effetti Augusta ci sta. Però col tempo Zeno si rende conto che in realtà Augusta è una moglie adorabile. Ed è amorevole come una madre, quindi è la donna di cui ha bisogno.

Anche perché non è facile stare vicino a Zeno, voglio dire, è un malato, è un nevrotico e di fatto non è propriamente piacevolissimo. In più Augusta è tanto buona e tanto cara, ma deve subire anche le maracalle del marito che ha una giovane amante, una giovane amante di nome Carla, che diciamo una ragazza un po' povere e Zeno si giustifica questo rapporto dicendo che la protegge, quindi è un po' un rapporto quasi paterno. Il rapporto però è difficile perché Zeno effettivamente si sente in colpa, si sente in colpa e poi Karma, Carla che cosa fa?

Se ne libera, se ne libera lo lascia per un uomo più giovane, quindi gli dice ciao e Zeno rimane con la moglie chiaramente colpevole. Eppure ammazzato. Allora fonda un'associazione commerciale con Guido Speyer, che ha sposato un'altra delle sorelle malfenti, Ada. Guido è un bell'uomo disinibito ed è un rivale, proprio come Stefano Balli, proprio come Macario.

L'amicizia e l'affetto mascherano un odio profondo, un odio che emerge in una sorta di lapsus abbastanza imperdonabile. Quando muore Guido per un dissesto economico, Zeno non va al funerale di Guido, o meglio, sbaglia corteo funebre. Zeno intraprende allora la cura psicoanalitica e qui inizia la stesura di questo memoriale, ma si ribella alla diagnosi dello psicoanalista, che individua in lui il complesso di Edipo.

Il pensiero di Freud si incentra fortemente su quello che è il complesso di Edipo. Edipo si innamora della madre Giocasta e uccide il padre Relaio. Nel momento in cui Edipo si rende conto di essersi unito inconsapevolmente con la madre, è completamente disperato, in più ha addirittura ucciso suo padre senza sapere che fosse suo padre. Zeno! Non sopporta questa diagnosi e quindi abbandona la psicoanalisi.

La abbandona e si proclama poi guarito. Zeno è un narratore, sì, un narratore di cui non ci dobbiamo fidare. È un narratore inattendibile. Nel senso che è un bugiardo, è un bugiardo, dice tante bugie e tutta questa sua autobiografia è un tentativo di autogiustificarsi. Quindi lui vuole dimostrarsi innocente ad ogni colpa e soprattutto guarito.

Zeno non è solo un oggetto di critica, ma è anche soggetto. È un diverso che ci fa vedere la differenza tra i sani e i normali. la sua malattia porta anche alla luce un altro tema, ovvero l'inconsistenza della pretesa sanità degli altri.

È un po' come se Zeno ci dicesse, ma chi è veramente malato e chi è veramente sano? Non è forse la vita inquinata alle radici? Questa è la fine del romanzo che termina in chiave apocalittica. Ai tre romanzi di Svevo si accompagnano anche racconti e commedie. Una lotta l'assassinio di via Belpoggio e lo specifico del dottor Menghi.

Scrive anche una serie di racconti, ma soprattutto progetta un quarto romanzo. Probabilmente il titolo avrebbe dovuto essere Il Vecchione o Le confessioni del Vegliardo, però Svevo non fa in tempo a completarlo in quanto... muore in questo incidente stradale a Motta di Livenza.

Spero che questo video vi sia piaciuto e che abbiate letto almeno qualche capitolo, se non tutta la coscienza di Zeno. Non dimenticate di lasciarvi un mi piace di supporto e di iscrivervi al mio canale. Al prossimo video!