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Inquinamento da PFAS in Veneto

Bentornati a Junk, Armadi Pieni, un prodotto di Will Media e Sky Italia. Questa volta torniamo nel nostro paese, andiamo in Veneto per la precisione. Quante volte vi sarà capitato di comprare scarpe e giacche per una loro qualità di idrorepellenza? Immagino tante. Ebbene, questa resistenza di questi prodotti è data da una sostanza che si chiama PFAS, caratterizzata proprio dalla resistenza. che è una sorta di virtù ma anche una disgrazia come vedremo in questo nuovo episodio di Junk dove appunto andiamo in Veneto con il nostro Matteo Ward. Ascoltate. C'è un tipo di sfortuna che tutti conosciamo, ma che nessuno si aspetta accada a sé. È la sfortuna delle brutte malattie, degli incidenti, di tutte quelle cose che accadono agli altri, ma che irrazionalmente pensiamo non possono accadere a noi. In questa serie sono andato in posti lontani, a documentare i danni che l'industria della moda sta facendo in giro per il pianeta. In un certo senso è come se fosse andato a documentare le sfortune degli altri. Oggi però la sfortuna ferma a casa mia. Questa è Vicenza. Sono cresciuto qui e tutto ora ci vivo. è in una delle zone industriali più ricche di tutta Italia. Per rendere l'idea, è uno di quei posti in cui è più semplice trovare un lavoro che una carta per terra. Ma nonostante questo, da anni è vittima di un disastro invisibile. Una sorta di incendio senza fiamme, che non fa né luce né fumo, ma che brucia lo stesso. Questo incendio sta nell'acqua, non ha forma né colore, e si chiama PFAS. Mi parli un po' di queste sostanze che ha inquinato il Veneto, che cos'è? FAS è una sigla, si tratta di una sostanza che viene utilizzata tantissimo nell'industria. Inizialmente viene utilizzata dall'industria militare per ottenere l'uranio arricchito che è la base della realizzazione delle bombe atomiche. Negli anni 60 che cosa succede? La Marzotto, che è una delle più importanti industrie tessile d'Europa, scopre queste sostanze, poi le sperimenta e poi comincia a produrle. E da un uso esclusivamente militare, in un attimo passano anche a quello civile. Li troviamo quasi dappertutto. Tutti quanti abbiamo una padella antiaderente. Tutti quanti abbiamo un key way. Si trovano per esempio nei rossetti, nei divani sui quali siamo seduti. E sulla gran parte dei vestiti idrorepellenti che possediamo. Ma qual è il problema allora? Il problema di fondo qual è? Che queste sostanze... poi si scoprirà che hanno avvelenato gran parte del Veneto centrale. Il danno ambientale di questa sostanza ha qualcosa che lo rende spaventoso. È per sempre. Questo perché la virtù dei FAS, ovvero rendere le cose molto resistenti, è se stessa il suo problema. Hanno trovato applicazioni in una vasta quantità di settori industriali. Uno su tutti, ad esempio, è il tessile. Rendono, ad esempio, i capi di ammigliamento idrorepellenti, ma allo stesso tempo sono altamente resistenti alla degradazione. Questo poi diventa un boomerang clamoroso nell'ambiente, perché queste sostanze, se disperse in natura, restano lì per secoli. Cioè ogni singolo fast che è stato prodotto negli anni 40 è ancora... nel mondo? Sì, li chiamano inquinanti eterni, ovvero forever chemicals. Li conosciamo da molto tempo, ma la storia recente dei PFAS nell'acqua del Veneto parte poco più di vent'anni fa. Arriviamo all'inizio degli anni 2000 e un gruppo di ricercatori va a analizzare la presenza di questi inquinanti, PFAS, nei principali corsi d'acqua del continente europeo. Fiumi come il Danubio, la Senna, il Tamigi e anche il Po. Da questo studio emerge che proprio il fiume italiano ha dei picchi di contaminazione da PFAS. Parliamo di una concentrazione dell'ordine di 200 nanogrammi per litro. Lo standard sano qual è? Lo standard sano sarebbe l'assenza di queste sostanze. 200 nanogrammi accese subito i riflettori degli scienziati. I ricercatori risalgono le foci dei fiumi fino ad arrivare qui. L'acqua è nera, scusa Giuseppe? Sì, perché in quest'area qui arrivano gli scarichi di diversi distretti industriali più a nord. Ovviamente il colore nero non è dato dai FAS. perché queste sostanze inquinanti sono molto subdole, sono in odori, in sapori e in colori. Insieme a tante sostanze chimiche che verosimilmente sono presenti qui, ci sono elevati livelli di PFAS. Da qui poi riuscirono a risalire all'azienda chimica Miteni. Un'azienda con una fabbrica in un paese che si chiama Trissino, la quale per anni ha prodotto enormi quantità di PFAS per altre industrie, tra cui quella tessile, senza preoccuparsi di come smaltire gli scarti della produzione, che lentamente finivano nel suolo e dal suolo nella falda acquifera, la seconda più grande d'Europa. Essendo il suolo della Miteni pesantemente contaminato, ogni qualvolta il livello dell'acqua di falda si alza, va a toccare quel suolo contaminato. e rilascia inquinamento nella falda acquifera sottostante, come immaginarsi una bustina di tè che noi immergiamo nella tazza. Quindi è come se la falda fosse la tazza del tè e la fabbrica piena di sostanze inquinanti è la bustina che contamina l'acqua. Sì, il motivo che è alla base della grandissima contaminazione del Veneto invece sta nel fatto che i Veneti questi fasso se li sono bevuti. Ma anche la catena alimentare è stata contaminata, perché quando io uso quell'acqua per irrigare i campi, i PFAS me li mangio un'altra volta. Perché quest'acqua inquinata non esce solo dai rubinetti di centinaia di migliaia di persone, ma viene usata anche per irrigare i campi dove si coltiva frutta e verdura che poi viene venduta sul territorio, ma anche esportata nel resto del paese, diventando un problema non solo per i Veneti, ma potenzialmente per tutti in Italia e in Europa. Le Monde, la prima testata giornalistica in Francia, tramite una raccolta di ricerche ha ricostruito una mappa che mostra che solo in Europa ci sono più di 17.000 punti di contaminazione. Quello che andiamo incontro da un punto di vista sanitario però lo si scopre solo guardando l'America. Le conseguenze sanitarie delle esposizioni Epifasso sono state studiate al mondo per prima dagli americani in seguito alla contaminazione... del fiume Ohio. Noi siamo la fotocopia identica di quello che è successo nel 2005-2006 in America. Lì una multinazionale dell'industria chimica chiamata DuPont per decenni ha prodotto PFAS, contaminando una città. una comunità di 80.000 persone tra lavoratori della fabbrica cittadini che nel 2001 hanno deciso di denunciarla. La commissione di scienziati nominata dal giudice ha portato a identificare sei conseguenze sanitarie, l'ipercolesterolemia, malattie alle tiroidi, ipertensione in gravidanza, aumento degli enzimi epatici, tumore del testicolo, tumore del fegato. Che grado di certezza dava il C8 su questi effetti sanitari? Loro hanno detto probabile link. Cosa vuol dire? Che c'è un probabile collegamento tra la tua esposizione ai PFAS e questo effetto sanitario. Se continuiamo a ingerirli, continuiamo ad accumularli. C'è un dato scientifico che ci dice i tempi di dimezzamento. Cioè, se oggi assumiamo un certo quantitativo di PFAS, il nostro corpo impiega ad espernere metà della quantità incedita oggi nell'arco di 4-5 anni. Ma se nel frattempo continuiamo a ingerirne, i quantitativi di queste sostanze nel sangue... crescono e crescono ancora di più. Traduco, se io ero un lavoratore e avevo 100 nel sangue e non ho più nessuna via di esposizione, cosa molto difficile attualmente in Veneto, in Italia e nel mondo, dopo quattro anni avrò 50, dopo altri quattro 25, dopo quattro 12 e dopo altri quattro 6. A questo punto la domanda sorge spontanea. Cosa è successo ai lavoratori della fabbrica Miteni, la nostra Dupont, dopo anni di esposizione ravvicinata a questa sostanza? Chi rappresentate voi in questo caso PFAS? Mi temi? 5-600 lavoratori che per periodi più o meno lunghi hanno lavorato in quel sito. Gli operai erano consapevoli dei rischi dall'esposizione di PFAS? Gli operai erano rassicurati dal medico aziendale e hanno cominciato a porsi degli interrogativi solo quando ci si è occupati della vicenda da un punto di vista generale esterno. Essendo queste sostanze degli istruttori endocrini causano problemi riguardanti il diabete e la pressione arteriosa e l'ipercolesterolo. Se le conseguenze sanitarie sono il colesterolo alto, la pressione alta, vuol dire che c'è un po' di allarmismo di troppo rispetto a questo tema o c'è qualcosa che ci sfugge? Assolutamente no. L'ipercalosterolemia è un fattore di rischio per malattie cardiovascolari. L'ipertensione è un fattore di rischio per malattie cardiovascolari. E ricordo che i primi due studi di mortalità hanno evidenziato in zona rossa, guarda caso, un aumento significativo di mortalità per malattie cardiovascolari, nonché ictus cerebrale. Faccio io la domanda a voi, ma allora se l'ipercolesterolemia e l'ipertensione sono così innocue, come mai da noi si muore di più di incidenti cardiovascolari? Non si muore di diabete, si può morire però di patologie che insorgono in conseguenza del diabete. Però cosa posso dire io al lavoratore che ha avuto infarti, tumore, problemi alla tiroide, cioè le ha tutte queste patologie? oppure a Pasqualino Zenere che insaccava i FAS ed è morto dopo un tumore alle vesciche e uno a rene. Cioè questa roba qua per noi è inaccettabile, è scandalosa. Se questo sia davvero inaccettabile è competenza del Tribunale di Vicenza che ad oggi ha aperto un'inchiesta sull'avvelenamento delle acque ma non sul danno subito dai lavoratori in fabbrica. Se c'è qualcosa però che sicuramente è inaccettabile è che a distanza di dieci anni dalla scoperta dell'avvelenamento della falda in diversi continuino a dover vivere. usando acqua contaminata. Mi racconti come sono cambiate le abitudini familiari a causa della scoperta che i PFAS erano ovunque, nel terreno, nelle acque? Qua, nella mia zona, non siamo serviti dall'acquedotto. Ogni famiglia ha un porto privato. Quando abbiamo cominciato a vedere i valori che uscivano da queste analisi, abbiamo cominciato un attimo a preoccuparsi, a fare la pasta asciutta, il menestrone, il brodo, cioè qualsiasi cosa che ci va l'acqua in cucina. sempre acqua da bottiglia. Ciò non toglie però che per alcuni usi usiamo ancora l'acqua del pozzo. Lavarsi il viso le mattine, lavarsi i denti, farti la doccia stessa, non lo puoi fare con l'acqua delle bottiglie. Ci hanno avvisato di questa cosa, siamo in zona rossa, immagino avvi state chiesti quindi come faccio a scoprire se sono contaminato. Il primo che hanno testato è mio figlio Yuri, nel 2017 aveva nel sangue 522 Nanogrammi per millilitro, quando per legge il massimo dovrebbe essere 8. Questo vuol dire avere nel sangue più di 50 volte la dose di PFAS che lo Stato reputa essere sicura. Ma la cosa davvero spiazzante arriva qualche tempo dopo. Mio figlio viene chiamato per la seconda volta a fare lo secondo screening. E quello che mi ha colpito, mi ha amareggiato, mi ha buttato a terra, è che il PFAS invece di diminuire Sono aumentati. Invece di 522 che aveva nel 2017, siamo arrivati a 740. Vai da un medico, apri la busta, ti dicono hai quasi 100 volte in più di una sostanza che il tuo corpo non deve avere. Chiude la busta per me è un posto così. L'unica persona è stato il dottor Bertogna che si è preso un po' a cura la mia casistica e mi ha detto dovresti essere preso in cura da qualcuno. da chi non si sa. Ad oggi sto bene fisicamente perché non ho nessun tipo di problema, ma domani chi lo sa? Se eventualmente metto su famiglie e figli? Se potremo avere famiglia? Il paradosso è che mentre i PFAS continuano a depositarsi dentro i nostri corpi non abbiamo ancora una terapia per purificarci il sangue. Possiamo solo cercare di starne alla larga. Ma la cosa forse più assurda è che come se i PFAS fossero diventati una caratteristica che trasmettiamo ai nostri figli, sin dalla nascita. Uno degli aspetti più antipatici di queste sostanze è di passare la barriera placentare. Se la mamma ha i PFAS nel sangue durante la gravidanza, una parte di questi PFAS andranno al feto. I PFAS vengono espulsi anche attraverso l'allattamento, quindi le donne da questo punto di vista possono averne un po' meno, però il problema è che poi finiscono nei figli. Quindi mi stai dicendo che mettendo alla luce un figlio... Le mamme stanno contaminando la nuova generazione di ragazzi e ragazze in Veneto? Sì. L'unico modo per interrompere questa trasmissione è che nascano bambini senza pifas. Io non sono una donna, ma penso sempre, forse una donna, che ha questa fortuna bellissima di allattare un bambino, quindi te lo tieni lì al seno, gli dai il latte, gli dai qualcosa di tuo dopo che te lo sei tenuto in pancia nove mesi. Lo vedi crescere per il latte che dai? E scopri che oltre al latte l'hai avvelenato. È difficile non essere incazzati. Forse è proprio quello che è successo a questo gruppo di donne. che però hanno fatto di questa ingiustizia una ragione di orgoglio. Si sono chiamate Mamme No Pfas e sono diventate il movimento di testa in questa assurda lotta. Ogni giovedì si presentano al Tribunale per partecipare all'udienza della Corte d'Assise sul caso che in qualche modo qui ha cambiato la vita di tutti. Noi siamo partiti. quando sono arrivati questi le analisi del sangue dei nostri figli quindi era il 2017 e non sapevamo neanche cosa stesse succedendo perché i medici di famiglia non sapevano nulla amministrazioni comunali mute zero. Da noi non sapeva nulla nessuno. Voi venite qua tutti i giovedì quindi? C'è sempre, anche io faccio la nonna perciò ripeto, però c'è sempre lo striscione in qualche modo lo mettiamo sempre giù. Noi andiamo perché c'è un processo che riguarda le nostre vite e perché vogliamo far vedere che i cittadini ci sono. Cosa fai nella vita, Patrizia? Io nella vita faccio l'impiegata. Io faccio l'avvocato. All'epoca, 2017, non ci conoscevamo neanche. Io ero rappresentante a scuola da mia figlia, che era alle elementari. Ci siamo trovati in un bar, in cinque rappresentanti della scuola di mia figlia, a dire, bene ragazzi c'è un problema sull'acqua, cosa facciamo? E lì abbiamo iniziato a leggere, a leggere, a informarci. Il primo incontro che abbiamo fatto a Montagnana, organizzato dall'amministrazione comunale, ci hanno detto che siamo mamme. fanatiche con una percezione del pericolo distorto. Adesso siamo nel 2023, c'è un processo in corso e per fortuna avevamo una percezione del pericolo distorto. Nel 2013, quando il CNR ha fatto il famoso studio sui bacini fluviali, è stato informato l'Istituto Superiore di Sanità, è stata informata la Regione, sono stati informati gli enti acquedottistici, tutti zitti, zitti, si sono informati tra di loro e hanno messo le... le carte dentro i cassetti. E che lo sapessero tutti tranne i cittadini non è difficile da credere. Qualche anno prima di rendere la scoperta pubblica la Miteni è stata venduta a un'altra società in un affare veramente bizzarro. Questa fabbrica ha subito diversi cambi di proprietà fino a che i giapponesi hanno venduto a Ichig. La multinazionale attualmente proprietaria ha il costo simbolico di un euro. Diceva che era una bomba ecologica e si sapeva come un euro. Perché? L'acquisto a una cifra così bassa è giustificato dal fatto che il privato che ha acquistato ha probabilmente messo in preventivo di dover bonificare l'area. Questo aspetto, tra l'altro, è stato evidenziato molto bene nel processo in corso al Tribunale di Vicenza. Spesso la vita richiede una buona dose di filosofia per far fronte agli eventi sfortunati che ci accadono. E quello dei fassi in Veneto? Sarebbe bello poterlo incasellare così, come un evento sfortunato. Il passato però ci confessa che forse qui non si tratta di sfortuna. Questa è una copia del giornale di Vicenza del settembre 1977. Sembra incredibile, ma già allora l'acqua era stata inquinata dalla Rimar, l'antenata della Miteni. E anche se guardiamo al futuro, la sensazione è che l'unica cosa che la storia ci insegna è che la storia, dopo tutto... non insegna. Gran parte delle infrastrutture della fabbrica sono state smantellate. Ahimè per non risolvere il problema perché gran parte dei macchinari sono stati venduti in India dove probabilmente daranno origine a un'altra fabbrica che purtroppo produrrà questa tipologia di sostanze. Quindi ci sarà una Miteni 2 che prenderà vita in India. Sempre la solita storia, non si può fare in Italia e allora il problema lo esportiamo da qualche altra parte a discapito di altri. Ma qual è il cortocircuito? Perché? Non se ne parla perché non si agisce più in fretta secondo voi? Perché si va a toccare interessi economici enormi. L'ho capito che farai milioni, li farai, ma se noi guardiamo un attimo il mondo è saggio produrre queste sostanze? I milioni che tu fai li fai sulle spalle degli altri che se li terranno questi PFAS? In psicologia esiste una teoria che stabilisce una sorta di gerarchia delle necessità di noi esseri umani. Spesso questa teoria viene rappresentata con una piramide. Alla base della piramide e della nostra esistenza ci sono i nostri bisogni fisici, come mangiare o bere. Sopra di loro il bisogno di avere un posto in cui vivere che sia sicuro. Sicuro, sopra ancora quello di provare un senso di appartenenza o di sentirsi amati da qualcun altro. In cima alla nostra piramide dei bisogni invece ci sono l'estetica, la libertà, la realizzazione di sé come individuo. Tutti i bisogni che possiamo permetterci di soddisfare solo nel momento in cui abbiamo soddisfatto quelli precedenti. Voi avete avuto entrambe patologie correlate alla presenza di PFAS nel sangue? Sì, sì. Io ho avuto un problema al seno. Sì, sì. E io anche. Però la cosa che mi spaventa di più è la possibilità che siano i miei figli ad avere le patologie correlate ai PFAS. Ognuno si dice, ma cosa lascia mio figlio? Gli lascio la casa, gli lascio la macchina, gli lascio un conto in banca, va bene. Va tutto benissimo. Qual è la vera cosa che noi lasciamo ai figli? L'ambiente. Quella è la vera cosa che noi lasciamo, perché quello se lo ritroveranno loro, i figli dei nostri figli, i figli dei figli dei nostri figli, e su quell'ambiente vivranno. Rischiamo di dimenticare il vero centro del problema, e cioè come è potuto accadere e come evitare che riaccada. Cioè non si è aperta quella riflessione su cosa produciamo, perché lo produciamo, come lo produciamo. Per non avere i piedi inzuppati o le braccia un pochino bagnate, vale la pena avvelenare se stessi? Quando tu produci una fibra tessile, forse vale la pena che ti fai la domanda, ma che impatto avrà sull'ambiente questa mia fibra tessile, visto che è quello che lascia mio figlio? L'industria della moda sta avvelenando l'acqua che beviamo, contribuendo a rendere il pianeta meno abitabile e sfruttando le persone invece di amarle. Stiamo alzando la piramide, ma lo stiamo facendo rubando dalle fondamenta. Se davvero siamo l'essere più intelligente di questa terra, è ora di tornare alla base. E siamo arrivati alla fine di Junk, grazie veramente a tutti voi che ci avete seguito in questo percorso. Parlare di fine forse non è così corretto, perché in realtà quello che ci auguriamo è che questo progetto sia per voi, come lo è stato per noi, un nuovo punto di partenza. In un percorso volto a vivere quello che indossiamo nel modo più responsabile e consapevole possibile, che non è così semplice e scontato. Ed è per questo che scannerizzando questo QR code potete trovare una piccola guida che abbiamo creato apposta per metterci nelle condizioni migliori di fare questo.