Tra i vari procedimenti di saldatura, quello alla fiamma è certamente uno dei più anticamente conosciuti. È un procedimento di saldatura autogena nel quale il calore necessario per la fusione dei lembi da saldare e del materiale d'apporto viene prodotto dalla combustione di un gas, l'acetilene, con ossigeno opportunamente miscelati. Questo procedimento, utilizzato quasi esclusivamente in manuale, risulta essere molto lento per il modo con cui avviene il trasferimento di calore.
Tuttavia, presenta ancora alcuni vantaggi, quale la facile trasportabilità dell'impianto, il basso costo e la facilità di saldare in tutte le posizioni. In questo audiovisivo, oltre alle caratteristiche della fiamma, presenteremo gli impianti fissi e mobili con la descrizione degli elementi principali e la tecnica di esecuzione di alcune saldature mediante la fiamma ossiacetilenica . La fiamma ossiacetilenica presenta molteplici caratteristiche che la rendono ampiamente preferita ad altre e l'unica utilizzata nella saldatura autogena. Elevata temperatura, efficacia e sicurezza.
Azione riducente e quindi protettiva del bagno di fusione. Bilancio termico vantaggioso, grande velocità di deflagrazione con conseguente grande apporto calorico specifico nell'unità di tempo. I due gas, l'ossigeno e l'acetilene, sono disponibili compressi entro bombole di acciaio di diversa capacità.
Queste bombole si differenziano tra loro esternamente per la colorazione dell'ogiva, bianca se contenenti ossigeno, arancione invece se contenenti l'acetilene. Sulle ogive delle bombole sono normalmente stampigliati il nome del gas, la capacità in litri, la pressione massima di carica, il nome del fabbricante, il marchio di collaudo. Sia l'ossigeno che l'acetilene sono contenuti nelle bombole a pressione considerevolmente più alta di quella richiesta per il funzionamento del cannello.
La pressione viene ridotta e mantenuta costante mediante i riduttori di pressione. Questi due riduttori, che si distinguono tra loro per il diverso modo con cui si applicano alle bombole, al loro interno hanno due camere, una di alta e una di bassa pressione, i cui valori sono evidenziati dai due rispettivi manometri. Solidari ai riduttori di pressione si montano sempre anche due valvole di sicurezza che hanno l'importantissimo scopo di impedire gli eventuali ritorni di fiamma dai cannelli lungo le tubazioni e quindi di garantire la massima sicurezza dell'impianto.
La presenza di un gas instabile ed esplosivo come l'acetilene ha infatti da sempre richiesto l'adozione di norme e quindi di misure tecniche di massima sicurezza. In queste valvole di sicurezza ad unica direzione il gas può fluire normalmente. dai riduttori di pressione al cannello attraverso una membrana ed un filtro sinterizzato in acciaio inox. In caso di sovrappressioni provenienti dal cannello la membrana chiude istantaneamente il ritorno del gas il quale viene scaricato all'esterno attraverso un otturatore a molla opportunamente tarato.
L'eventuale fiamma di ritorno viene invece arrestata dal filtro sinterizzato. Le tubazioni flessibili del gas si collegano da una estremità alle valvole di sicurezza, solidali ai riduttori di pressione, e all'altra estremità, portante normalmente un secondo dispositivo di sicurezza, al cannello. Questo è certamente il componente dell'impianto da cui dipende la buona riuscita della saldatura.
Costituito da un corpo principale provvisto di impugnatura e da due rubinetti di regolazione della portata di gas e dalla lancia intercambiabile, il cannello ha il compito di miscelare l'ossigeno e l'acetilene per ottenere la fiamma dalle caratteristiche desiderate. Ricordiamo a questo proposito che in base a questo proposito, il cannello è un'unica opzione di riscaldamento. A base alle diverse percentuali di ossigeno e di acetilene si possono ottenere fiamme carburanti, fiamme neutre e fiamme ossidanti, facilmente riconoscibili per la varia configurazione che assumono. La fiamma ossidante, nella quale cioè fluisce ossigeno in maggiore quantità rispetto all'acetilene, tende a cedere ossigeno al bagno di fusione ed è caratterizzata da un dardo di dimensioni limitate e molto appuntito.
La fiamma neutra presenta invece un dardo uniforme lungo all'incirca 3-4 mm e in essa si distinguono chiaramente la zona riducente di colore blu e il pennacchio. La fiamma carburante infine, nella quale fluisce una maggiore quantità di acetilene rispetto all'ossigeno, è caratterizzata da un dardo molto allungato e da una luce intensa emessa dal carbonio puro liberato. Normalmente la fiamma più...
indicata è quella neutra con un rapporto di ossigeno ed acetilene da 1,1 a 1,3 poiché in questo caso la zona della fiamma direttamente a contatto del pezzo è molto riducente e quindi non è altera le caratteristiche chimiche. La messa in funzione dell'impianto di saldatura richiede una serie di operazioni tra loro concatenate. Innanzitutto si aprono lentamente le valvole delle bombole di ossigeno e di acetilene.
In tal modo il gas defluisce dalle bombole a... la camera di alta pressione. Il valore che si legge sul manometro, oltre ad indicare la pressione del gas all'interno della bombola, indica anche all'operatore la quantità di gas disponibile.
Man mano che si consuma, la pressione all'interno della bombola diminuisce gradualmente. L'operatore aziona lentamente le manopole dei riduttori di pressione, fino a che le lancette dei manometri della camera di bassa pressione indicano un valore uguale a quello di esercizio. Circa 3 atmosfere per l'ossigeno e 0,5 per l'acetilene, che comunque possono variare in base al tipo di apparecchiatura impiegata.
Impugnato il cannello si apre il rubinetto dell'acetilene sull'impugnatura, si avvicina quindi all'orifizio una fiamma o una scintilla per accendere il gas che fuoriesce. A questo punto si regola la fiamma agendo sul rubinetto dell'ossigeno. Per arrestare il posto ossiacetilenico bisogna invece effettuare una serie di operazioni inverse.
Chiudere prima il rubinetto dell'acetilene posto sull'impugnatura del cannello e poi quello dell'ossigeno. Chiudere le valvole delle bombole di ossigeno e di acetilene. Aprire di nuovo i rubinetti dei due gas sull'impugnatura per far defluire all'esterno i gas che sono contenuti nei conduttori e poi richiuderli.
Svitare le manopole di regolazione di ciascun riduttore. Se si deve operare su un impianto di saldatura fisso a posti multipli, le operazioni appena descritte sono ugualmente valide, anche se ci si trova ad operare con alcuni organi supplementari, quali la centrale di decompressione, situata in prossimità della batteria delle bombole e che svolge in pratica le stesse funzioni dei riduttori di pressione, anche se il gas viene inviato nelle tubazioni ad una pressione superiore a quella di esercizio. I quadri di distribuzione, situati direttamente in prossimità dei posti di lavoro, i quali sono provvisti di rubinetti, di valvole di sicurezza e di riduttori di pressione supplementari.
Sul banco un accessorio molto importante può essere l'economizzatore, il quale ha il compito di supportare il cannello durante i tempi morti di saldatura, spegnendone la fiamma e riaccendendola attraverso la fiammella alla ripresa del lavoro, senza dover eseguire ulteriori regolazioni. Per applicazioni particolari sono inoltre utilizzati anche impianti portatili provvisti di tutti gli organi necessari per l'accensione e la regolazione della fiamma. Nel proseguimento di questo programma presenteremo alcune tra le applicazioni più significative di saldatura mediante la fiamma ossiacetilenica. La saldatura di due lamiere di acciaio di spessore di 3 mm in piano, in angolo piano frontale ed in verticale ascendente e la saldatura in posizione di un tubo d'acciaio.
Iniziamo con la saldatura di due lamiere in acciaio dolce aventi uno spessore di 3 mm. Questa saldatura a testa a testa in piano non richiede una preparazione specifica dei lembi che possono quindi essere diritti. Si sceglie una bacchetta di materiale d'apporto della stessa composizione del metallo base e avente un diametro di 2 mm.
Si avvita sul corpo del cannello una lancia avente una portata di 315 litri all'ora di acetilene. Il deposito del cordone deve essere preceduto normalmente da un'operazione di puntatura dei lembi da saldare, che ha lo scopo di evitare eventuali disassamenti dei piani delle due lamiere e di mantenere costante la distanza dei lembi da saldare. Il metodo di puntatura può variare in base al tipo di giunto, ma in linea generale si consiglia di eseguire un numero di punti variabile in proporzione alla lunghezza della saldatura, partendo dal centro e andando alternativamente verso le due estremità, come indicato nell'animazione.
La tecnica di saldatura più consigliata per spessori dei lembi inferiori a 4 mm è la saldatura denominata a sinistra o in avanti, in quanto la direzione del movimento di saldatura è da destra verso sinistra. Noi stiamo però osservando frontalmente l'esecuzione. L'operatore fonde con la fiamma il metallo base e ad intervalli costanti introduce la bacchetta del materiale d'apporto sotto il dardo per depositare una goccia nel bagno. Il dardo della fiamma non deve mai toccare il bagno di fusione né la bacchetta del materiale d'apporto e la sua punta deve essere tenuta a circa 2-6 mm dal bagno di fusione per non carburarlo. Il cannello e la bacchetta del materiale d'apporto sono sul piano perpendicolare al giunto e inclinati rispetto al piano orizzontale di circa 45-60 gradi.
Il cannello dovrebbe essere mosso solamente in senso parallelo al cordone. Tuttavia, per aumentare la penetrazione, la punta del cannello va spostata facendole compiere oscillazioni circolari in senso orario, leggermente allungate nella direzione dello spostamento. Verso la fine del cordone bisogna diminuire l'inclinazione del cannello e sostare sufficientemente sul bagno di fusione con il metallo d'apporto per evitare il cratere di fine saldatura.
Al controllo visivo, il cordone ottenuto risulta regolare e presenta delle maglie regolari in corrispondenza alla caduta delle gocce del materiale d'apporto e dovute al movimento oscillatorio del cannello. Il loro passo dipende dalla velocità di saldatura e dal diametro della bacchetta. Il secondo esempio di saldatura che segue si riferisce alla saldatura di due lamiere in acciaio dolce, aventi uno spessore sempre di 3 mm, che saranno saldate in piano ad angolo interno. Si impiega un cannello con la medesima potenza del caso precedente e con la bacchetta delle stesse caratteristiche.
Questa saldatura presenta delle difficoltà di esecuzione a causa del diverso comportamento delle lamiere sotto l'effetto del calore. Dopo aver puntato i lembi alle due estremità, tenendo leggermente inclinata la lamiera verticale per compensare i ritiri di fusione in fase di raffreddamento, l'operatore inizia l'esecuzione del cordone. La bacchetta ed il cannello devono essere tenuti in un piano inclinato a rispetto alla vista di fianco del giunto. Inoltre, osservati frontalmente, il cannello è tenuto a rispetto al piano orizzontale, mentre la bacchetta a circa 45°. Il movimento del cannello deve essere lento e regolare e la bacchetta va interposta tra il dardo e la lamiera verticale per evitare di assottigliarla. In questa saldatura si consiglia di aumentare leggermente la potenza della fiamma per fondere anche il vertice, evitando le incollature o gli spostamenti, entrambi assai possibili.
Se per una ragione qualsiasi durante la saldatura è necessario interrompere il deposito del cordone, bisogna dapprima allontanare la bacchetta del materiale d'apporto e successivamente, lentamente, la fiamma, mantenendo però fissa l'inclinazione del cannello. Alla ripresa, la bacchetta va avvicinata alla fiamma soltanto quando ha avuto inizio la fusione nella zona di interruzione. Come si può notare, il bagno di fusione è ben controllato e coinvolge anche il vertice.
Il materiale d'apporto viene introdotto ritmicamente tra il bagno e il dardo con regolarità. L'aspetto esterno del cordone presenta delle maglie uniformi ed evidenzia la perizia dell'operatore. Il terzo esempio mostra una saldatura di due lamiere di spessore di 3 mm in verticale ascendente.
Quando è possibile, si procede anche in questo caso alla puntatura delle lamiere. Questa saldatura consente una sensibile economia di gas rispetto alle due precedenti, nonché un'elevata velocità di esecuzione ed una perfetta penetrazione, in quanto non sussiste il pericolo dello sfondamento del bagno per gravità. Il cannello e la bacchetta sono mantenuti nel piano perpendicolare al cordone di saldatura inclinati rispettivamente di 50-60 gradi e di 60-70 gradi rispetto al piano delle lamiere. La velocità di avanzamento è regolata in modo appropriato dall'operatore per consentire una buona penetrazione del bagno anche al rovescio. Per impedire al metallo fuso di colare verso il basso, l'operatore conferisce un movimento ritmico al cannello verso l'alto, nella direzione del cordone.
Il cordone presenta una maglia regolare ed è ben penetrato anche al rovescio. Le situazioni di lavoro in cui si richiedono saldature in opera di due tubi sono assai frequenti, soprattutto nell'attività professionale degli installatori termosanitari ed impianti industriali. Questo giunto non è facilmente classificabile in quanto durante la sua esecuzione l'operatore ritrova in pratica varie posizioni di lavoro.
La sopratesta, la saldatura montante e le saldature semi-montante ed in piano. Prima dell'esecuzione del cordone normalmente si eseguono tre piccoli depositi. di puntatura disposti a 120 gradi uno dall'altro. Il cordone viene fatto in due riprese che iniziano entrambe nella posizione inferiore contrassegnata dalla lettera A. Per favorire la penetrazione, l'operatore introduce il dardo tra i due bordi dei lembi.
Come si può rilevare dalla vista laterale, l'operatore tiene il cannello inclinato di 20°rispetto alla retta passante per il centro e la bacchetta d'apporto di 45° Nella vista frontale, il cannello è tenuto sull'asse perpendicolare al tubo. La posizione di lavoro dell'operatore si modifica in modo continuo man mano che si risale lungo i bordi dei due tubi per mantenere inalterati gli angoli del cannello e della bacchetta d'apporto. Giunto sul punto B, l'operatore effettua la ripresa del cordone ripartendo dal punto inferiore A e risalendo con la stessa tecnica, ma dalla parte opposta fino alla completa giunzione della tubatura. In questa ripresa le difficoltà sono evidentemente molto superiori se lo spazio non consente all'operatore di posizionarsi dalla parte del giunto.
In tal caso si richiede a volte anche l'impiego di specchi che consentono di valutare la posizione del cannello e della bacchetta ed il comportamento del bagno di fusione. La saldatura ossiacetilenica è adatta in modo particolare, come abbiamo potuto vedere, per l'acciaio dolce o comunque in bassa lega. Diventa invece sempre più difficile con l'aumento della percentuale di carbonio e di altri elementi in lega. Prendendo opportuni accorgimenti ed utilizzando ovviamente il materiale d'apporto dello stesso tipo del metallo base, si possono saldare anche gli acciai inossidabili e le ghise, queste ultime fondamentalmente per operazioni di riparazione. Nella saldatura del rame e delle sue leghe è molto importante sviluppare un'efficace azione disossidante ed impedire al metallo di assorbire i gas della fiamma che possono provocare delle pericolose soffiature.
Risulta quindi molto importante, oltre ad una corretta impostazione di lavoro, la preparazione dei lembi, ben puliti e raschiati, una scelta adeguata del metallo d'apporto e dei flussi disossidanti, ed un'adeguata fase di riscaldo. Lo stesso discorso vale anche per l'alluminio, materiale che si ossida con estrema facilità, producendo un ossido. allumina che fonde a circa 2200 gradi di densità maggiore a quello dell'alluminio e che va sciolto con un apposito disossidante.
Nella saldatura ossiacetilenica i difetti principali che si possono verificare sono l'insufficiente penetrazione al rovescio dovuto ad eccessiva velocità di avanzamento, all'impiego di un cannello di bassa potenza o all'impiego di una bacchetta di materiale d'apporto inadeguata. Le incollature, dovute spesso ad un'errata posizione del cannello, ad una cattiva preparazione di bordi e a volte ad un riscaldo insufficiente. Le inclusioni di ossidi e le soffiature, dovute alla mancanza di impiego di disossidanti durante la saldatura e da fenomeni metallurgici non controllati del materiale base. Un deposito insufficiente o eccedente, che dipende dalla velocità di avanzamento e dal diametro della bacchetta del materiale d'apporto. Le incisioni marginali, dovute ad una tecnica esecutiva non corretta.
Lo slivellamento dei bordi, dovuto ad una cattiva preparazione e posizionamento degli elementi da saldare. Siamo così giunti alla fine di questo programma dedicato alla saldatura autogena ossiacetilenica, nel quale, oltre alla descrizione dell'impianto di saldatura e delle fasi di messa in funzione, abbiamo analizzato la tecnica di esecuzione di alcune significative saldature su pezzi di acciaio comune ed abbiamo accennato alle difficoltà di saldatura di altri materiali. Abbiamo pure parlato dei difetti di saldatura più comuni.