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L'Arte e la Cultura del Rococò

Oh, che meraviglia! Il rococò ha segnato la maggior parte del XVIII secolo, ovvero a grandi linee dal 1700 al 1790, anno più, anno meno. Impossibile essere più precisi perché non è stato infatti un movimento preciso. Lo definirei più una tendenza, un'attitudine, un'inclinazione. Il rococò ha fama di essere stato frivolo e poco serio. Dite la verità, quando pensate all'arte rococò vi viene in mente questo, no? O questo? O quest'altro? Ma non era tutto fronzoli e fiocchetti. Il Rococo era anche molte altre cose. E con questa serie intendo convincere tutti voi di quante e quali siano state le sue conquiste, della sua forza, della sua audacia, della sua bellezza inebriante. Certe volte cedeva in fronzoli e fiocchetti, ma non sempre e mai senza motivo. In questa prima puntata voglio parlarvi di quale fu l'influenza e l'impatto del viaggio sull'arte rococò. Per questo sto faticando lungo questa lunghissima scalinata rococò in Germania, diretto verso la graziosa chiesa rococò che è lassù in cima. Il viaggio fu una delle grandi invenzioni dell'epoca Rococo. Certo, la gente aveva viaggiato anche prima, ma non così tanto, e certo non con lo stesso folle entusiasmo. Il viaggio era... Il viaggio era uno dei più esaltanti piaceri della vita nella mentalità Rococo. Ecco qua tre libri che conoscerete di sicuro. I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, pubblicato nel 1726. Robinson Crusoe, di Daniel Defoe, uscito nel 1719. E questa piccola meraviglia, le novelle delle mille e una notte, con Aladino, Sherazade, Ali Baba, tradotto e pubblicato in Francia nel 1717. Sono tre delle avventure di viaggio più famose al mondo. E sono tutti quanti libri rococò. Quindi il viaggio ebbe un ruolo importante nel periodo rococò. Un impatto che influenzò l'arte in molti modi diversi. Sto scarpinando in giro per la Germania col mio fedele bordone da pellegrino perché ai tempi del rococò il pellegrinaggio portava con sé una forza creativa incontenibile. Specialmente qui in Baviera. Ah, che posto la Baviera! Grande arte rococò per ogni dove. Quello è il castello di Ninfenburg di Monaco, un favoloso palazzo rococò. E ci vive un uomo che, secondo alcuni, dovrebbe essere il re d'Inghilterra. Eccolo qui, Francesco II di Inghilterra e Scozia, o come lo chiamano qui, Franz, duca di Baviera. Vedete, lui discende da Giacomo II, l'ultimo re cattolico d'Inghilterra, che fu spodestato da Guglielmo e Maria. Ma i seguaci di Giacomo, i cosiddetti Giacobiti, non hanno mai abbandonato la speranza che un giorno il re al di là delle acque, come lo chiamano, re di diritto d'Inghilterra e Scozia, Franz, duca di Baviera, torni a regnare sul trono inglese. Sognate pure, cari miei giacobiti, non succederà mai. I duchi di Baviera sono sempre stati troppo cattolici per regnare in Gran Bretagna. In Baviera il cattolicesimo è religione ufficiale, strenuamente difeso dai perfidi protestanti del Nord. E tutta questa gloriosa architettura rococò, sparsa per la Baviera dai suoi duchi fervidamente cattolici, era diretta all'instancabile viaggiatore rococò, il pellegrino. I pellegrini erano il pubblico principale del Duca e i loro soldi finanziarono interamente l'espansione del Rococò. Il pellegrino in viaggio era un salvadanaio ambulante. E dal punto di vista politico, più la Baviera diventava cattolica, meno opposizione dovevano affrontare i suoi cattolicissimi duchi. Perciò i protestanti venivano allontanati a volte anche brutalmente, mentre i cattolici venivano coccolati, attirati, seduti da alcune delle più squisite ed esaltanti architetture mai comparse. Questa è Firzenheiligen, nella Baviera settentrionale, il santuario dei 14 santi ausiliatori, per chiamarla con il suo nome ufficiale. Ed eccoli lì, i 14 santi che hanno reso questa chiesa così speciale. La meta bavarese per eccellenza. Tutte le chiese di pellegrinaggio hanno qualcosa che attrae i pellegrini, una ragione che giustifichi il viaggio. E Filson Eiligen di ragioni ne conta ben 14. Narra la storia che il 24... settembre del 1445, un pastore vide un bimbo piangere in un campo esattamente qui, ma quando si chinò per raccoglierlo, il bimbo all'improvviso scomparve. Più tardi lo rivide, ma stavolta con una croce rossa sul petto. Perciò lo riconobbe immediatamente come Gesù bambino. L'ultima volta che il bimbo riapparve era in compagnia di un bambino. di altri 13 bambini e si rivolse al pastore dicendogli noi siamo i 14 ausiliatori e vogliamo che qui venga eretta una cappella dove poter riposare. E così fu. La gente del posto costruì una cappella esattamente in questo punto e iniziarono i miracoli. I pellegrini cominciarono ad arrivare a Migliaia e in questo campo lungo il fiume, là dove prima non c'era assolutamente nulla, Fu costruita questa grande chiesa di pellegrinaggio. Adoro il modo in cui le religioni sanno trasformare un posto qualsiasi in una meta imperdibile. Che potere immenso! Questo ad esempio era solo un terreno agricolo in cima a una collina e guardate ora! Per costruire la nuova chiesa si rivolsero ad un architetto geniale. Baltazar Neumann. Con Firtzenheiligen, Neumann realizzò per noi questo capolavoro rococò. Un edificio le cui strutture corrono veloci in una fuga cosmica, prima del tuffo finale scenografico, verso lo sfarzoso altare. In quanto ai pellegrini, non potevano essere più soddisfatti. A Filsenheiligen, uno di questi 14 santi li avrebbe aiutati di sicuro. Perciò chi soffriva di emicrania come me, pregava a San Dionigi, che proteggeva dal mal di testa. Per chi aspettava un bambino, c'era Santa Margherita, che sarebbe stata vicina durante il parto. Un santo per ogni occasione. Tutto questo è dichiaratamente spettacolare, è chiaro. Ma perché lo definiamo Rococo? E soprattutto, che cosa vuol dire esattamente Rococo? Tempo addietro, mi sono trovato a parlare di barocco e per spiegare la differenza fra il rinascimento e il barocco ho utilizzato due perle. Bene, questa perla è rotonda. È come il rinascimento, perfetta, precisa. E il barocco? Il termine barocco viene dal portoghese barroco, che indica una perla non perfetta. Come questa, bitorzoluta, grinzosa, sgraziata. Se una è il Rinascimento e l'altra è il Barocco, cosa è allora il Rococo? Diciamo che il Rococo, per quanto riguarda nello specifico l'arte, è l'intero fondo marino. Rococo in realtà è una combinazione di due termini. Il francese rocaille, che indica un'opera in pietre e conchiglie, come quegli effetti ornamentali usati per le fontane in Infei, e coco, che viene di nuovo dal portoghese barroco. Come succede spesso per i nomi dei movimenti artistici, in origine era un insulto. Il nuovo stile era così esagerato, secondo i critici, così deforme, che era come un folle lavoro fatto di conchiglie, un barocco impazzito, il rococò. Il rococò implica un'arte non codificata e sovraccarica, un'arte priva di confini di logica o di equilibrio. E questo è assolutamente vero. A volte il rococò si spinse troppo in là nella sua ricerca di libertà e leggerezza, ma altre volte i risultati furono gloriosi e mozzafiato. Alcuni degli interni più emozionanti del mondo sono Rococò. Che movimento, che audacia, che scintillio! Ma se Rococò fosse solo un vistoso stile di decorazione di interni, non avrebbe lasciato un gran segno. Per dimostrarsi davvero significativo, lo spirito inquieto e giocoso del Rococò doveva coinvolgere tutte le altre arti, e specialmente la pittura. Perciò puntò dritto verso quella che allora era la sua meta ideale, il luogo in cui la realtà si fa sogno, e dove i sogni sembrano realtà. La città splendente. Venezia. Il Rococo mi dà mille ottime ragioni per venire a Venezia. Per le... Per esempio un po'di Casanova, che naturalmente era veneziano. O ascoltare Vivaldi, che era nato in questa piazza e battezzato in quella chiesa. Ma siccome questo è un documentario sul viaggio, la prima cosa da fare è affrontare l'artista viaggiatore per eccellenza, l'incomparabile Canaletto. Spesso ci macchiamo della colpa di sottovalutare Canaletto. È famoso, va bene, ma in certi ambienti, tra certi storici dell'arte, aleggia il sospetto che alla fine fosse solo un pittore di cartoline. Non era così, giuro. Canaletto era uno che manipolava arditamente la realtà, un master chef dell'arte che trasformava gli ingredienti base di Venezia in nuove, irresistibili ricette. Ora non c'è dubbio che Venezia sia bellissima, ma non fino a questo punto. Nessun posto lo è. E naturalmente i veneziani sanno essere molto vivaci e affascinanti, ma mai così tanto quanto i veneziani dipinti da Canaletto. Tutto questo doveva essere fatto ad arte. Lui era nato proprio qui, dove c'è quell'hotel, nel 1697. Suo padre, Bernardo Canal, era un pittore e uno scenografo rinomato che lavorava nei teatri e per il carnevale. Perciò, per distinguersi dal padre, il ragazzo cominciò a farsi chiamare Canaletto, un po'come se oggi si facesse chiamare Canal Junior. Di lui abbiamo solo due ritratti. Questo è il primo. E le prime vedute di Venezia del giovane Canal sono teatrali quanto un qualunque lavoro fatto da suo padre. Questa è l'isola di San Michele, il cimitero di Venezia. E guardate che fragore e quanto pathos Canaletto ha evocato dai cieli. Questi primi Canaletto sono sorprendentemente gotici. Questo è il rio dei Mendicanti. Oggi è un posto piacevole per passeggiare, ma guai ad attardarsi nel rio dei Mendicanti di Canaletto. Ci sono troppa tensione e troppa sporcizia che attirano le compagnie sbagliate. Tranquilli, era solo acqua. È solo un modo per evocare lo scenario dei primi Canaletto. Ma poi meraviglia, la trasformazione. Improvvisamente, tra il 1728 e il 1730, l'arte di Canaletto si fa assolata, limpida. Un po'come se la sua creazione fosse spuntata da dietro una nuvola rivelando una Venezia nuova, più luminosa, grandiosa, piena di sole. Il fatto è che aveva scoperto un nuovo mercato, il mercato inglese, e aveva adattato la sua arte ai loro gusti. La Venezia assolata di Canaletto era diretta soprattutto a quei privilegiati viaggiatori inglesi che si erano imbarcati in quella devastante gimcana nota come il Gran Turra. Il Grand Tour era una specie di anno sabbatico per i ricchi e gli aristocratici, una vacanza di studio per i viaggiatori rococò che potevano permettersela. E mentre... A Firenze, Roma, Napoli, quei giovini signori esploravano le rovine e le collezioni d'arte, a Venezia invece andavano a esplorare e conoscere le bische, i bordelli e la trasgressione rococò. Nell'era rococò, Venezia era un luogo molto trasgressivo. Se avete letto qualche pagina di Casanova, sapete che nella vita reale i signori del Grand Tour erano attratti in particolare dal gioco d'azzardo, la bella vita e l'amor carnale. Ma nell'arte cercavano un altro tipo di illusione, una Venezia piena di sole e inondata di luce, bella come non lo era mai stata. Ed è esattamente questo che Canaletto iniziò a ritrarre per loro una Venezia immaginaria, accuratamente ripulita. Ma come faceva a renderla così reale, a farla sembrare così vera? È una delle meraviglie della sua arte. Ebbene, usava una di queste. Una camera ottica. Camera obscura in latino. L'antenata delle nostre macchine fotografiche. Molti artisti hanno usato la camera oscura per il loro lavoro, ma nessuno l'ha mai fatto con l'assiduità di Canaletto. Fondamentalmente è una scatola con un forellino che proietta sul lato opposto l'immagine esatta da ricalcare in modo da riprodurre la scena con precisione. qui siamo ai vecchi cantieri navali di venezia l'arsenale è quasi immutato dal giorno in cui canaletto lo dipinse con i suoi grandiosi leoni e le sue torri imponenti Io non sono molto bravo, al contrario di Canaletto. Per via della forma della camera oscura, poteva disegnare solo mezza scena per volta. Perciò, dopo aver terminato questa parte, il nostro pittore spostava l'apparecchio così. E fatta l'altra metà, metteva insieme le due parti per ottenere il quadro completo. Con questi risultati meravigliosi. Tornato in studio, dava un'ultima sistemata alle proporzioni. Aggiungeva il tempo splendido. E naturalmente alcuni di quei fantastici passanti che si muovono qua e là serenamente in tutti i suoi quadri. Prima registra la realtà, poi ci gioca a suo piacere. Parte dalla realtà e ne fa una fantasia. Il Rococo è tutto qui. Un rinoceronte. Esatto, un rinoceronte. E come mai? Perché è una presenza molto rococò. Nell'età del rococò, questo particolare rinoceronte, il rinoceros unicornis, il grande rinoceronte indiano, passò da essere un animale che praticamente nessun europeo aveva mai visto ad essere conosciuto da quasi tutti in Europa. La chiamarono Rhinomania. Improvvisamente l'arte rococò era stata invasa dai rinoceronti. O così sembrava. In effetti si trattava dello stesso rinoceronte, ritratto migliaia di volte, si chiamava Clara ed era arrivata in Europa dall'India nel 1741 e passò il resto della sua vita in una specie di grand tour per rinoceronti delle capitali europee, Londra, Barsavia, Parigi, Berlino. E ovunque andasse Clara, li ha rinunciati a un'esplosione. artisti rococò accorrevano a frotte per vederla. Questa affascinante bestia accorazzata compare in più opere artistiche di qualunque re o eroe rococò. La storia di Clara è degna di Disney. Quando aveva solo pochi mesi, sua madre fu uccisa da alcuni cacciatori indiani, così che il piccolo rinoceronte fu salvato da un olandese di buon cuore che lavorava per la compagnia delle Indie, che la allevò a casa sua finché non divenne troppo grossa per entrarci. L'olandese la vendette al capitano di un'imbarcazione di passaggio che la portò in Europa e fu così che Clara partì per il suo Grand Tour. A Venezia fu ritratta da Pietro Longhi, lo scansonato osservatore della società veneziana che ne ammirò le funzioni fisiologiche e lo stridente contrasto con le signore mascherate per il carnevale. In Francia soggiornò a Versailles con Luigi XV e fu ritratta a grandezza naturale da Jean-Baptiste Audry. E si diceva che avesse ispirato le ultime tendenze nell'acconciatura. Ma la Clara che preferisco è quella immortalata dai tedeschi che le misero un grosso turco in groppa fingendo che fosse addomesticata. Ma nel profondo non lo era affatto. Il rococo viene sempre presentato come la grande età dell'illuminismo, in cui la scienza trionfava, l'inneo classificava la natura, eccetera, eccetera. Ma se osservate bene l'arte... di quel periodo e gli strani animali che vi troviamo in modo ricorrente, noterete un deciso gusto per ciò che è privo di eleganza e primitivo, ciò che è sgraziato e fuori misura. il rococò avrebbe potuto scegliere un uccello qualsiasi da esporre poi sul caminetto magari un pavone o uno splendente e raro quetzal invece no, scelse lo struzzo Durante tutto il Rococò sbucano qua e là strani animali. Ora mi chiedo, ma perché mai uno dovrebbe appendere un quadro con uno struzzo sopra il camino nella sala più grandiosa del suo palazzo? È come se lo stile Rococò, celebre per la sua eleganza e ricercatezza, stesse cercando il suo posto negli animali che prediligeva. In Inghilterra il grande pittore di cavalli George Stubbs raffigurò anche una serie di bestie bizzarre. Ecco la zebra, in pratica un pony bianco a strisce nere. E no, quella non è una spazzola gigante, ma uno yak. E adoro il magnifico ghepardo di Stubbs nella galleria d'arte della città di Manchester. Ma in definitiva, è solo un gatto soriano extra large, no? Ricordate che questo era ancora un mondo pre-darwiniano. David Attenborough non era ancora nato e quindi queste creature erano autenticamente strane e autenticamente nuove ed emozionanti. Questa non è scienza, non è biologia e neppure zoologia. Questo è un favoloso scrigno pieno di figure esotiche e di immagini magiche e meravigliose che si apre. Per quasi 3000 anni l'arte europea si era affidata al solito limitato catalogo di immagini. Adesso, all'improvviso, era arrivato in porto un intero bastimento di figure nuove. E per raffigurarle e rendere loro giustizia, il Rococò dovette inventare una nuova forma d'arte. La spettacolare arte della porcellana decorata. Ad essere onesto in genere, non ho una passione per la porcellana decorata. È decisamente troppo frivola e delicata per i miei gusti. Ma quello che mi ha fatto cambiare idea, che mi ha aperto gli occhi sul potere della porcellana, è stato quello che hanno prodotto qui, nel castello di Albrechtsburg. Il favoloso turco in groppa rinoceronte, ricordate la medita bonda clara, fu realizzato qui. Come questo e questo. Basta dire Maisen e non serve aggiungere altre parole. Tutto ha inizio con un uomo, Augusto il Forte, duca di Sassonia, re di Polonia, un uomo che era ossessionato dalla porcellana. Lo chiamavano Augusto il Forte. Per due ragioni. La prima, perché era un energumeno capace di piegare un ferro di cavallo a mani nude. La seconda, perché il nostro duca era un leggendario seduttore. Le stime su quanti figli illegittimi abbia generato sono discordi, ma sembra che si parli di qualcosa come 350 o 360 pargoli. Eppure, sorprendentemente, la debolezza di Augusto non era questo inesauribile appetito per le donne. In qualche modo, trovava il tempo per nutrire un'altra tragica ossessione. Sì, Augusto era anche fissato con la porcellana cinese. I francesi avevano anche un nome per questa afflizione, la maladie de porcelaine. Detta così sembra una cosa delicata, ma quando si trattava di porcellana, Augusto diventava pazzo. La sua fissazione era talmente grave che una volta arrivò persino a scambiare un intero reggimento di dragoni sassoni con 48 vasi cinesi. E per sistemare questa enorme collezione che era riuscito a mettere insieme, fece addirittura costruire un finto palazzo orientale e lo riempì con 20.000 pezzi rari e costosi di porcellana cinese. La porcellana, lamentava il matematico di corte, piangendo lo stato delle finanze nazionali, è ideale per raccogliere il sangue della Sassonia. Gli europei ramavano la porcellana cinese da secoli, non solo per la sua delicatezza e la sua raffinatezza, ma perché credevano che avesse delle proprietà magiche. Si credeva che fosse... immune al fuoco e rivelasse i velebi, il che naturalmente la rendeva particolarmente attraente agli occhi di un re impopolare come Augusto il Forte, che stava scialacquando il tesoro nazionale in vasi cinesi. La soluzione più ovvia era smettere di importare le costose porcellane dalla Cina e cominciare a fabbricarle a Maisen. Ma tra il dire e il fare, come si sa... I cinesi producevano porcellane dal VI secolo, ma il segreto della lavorazione era gelosamente custodito. Diversi despoti europei, ansiosi di non essere avvelenati dai propri sudditi, si erano affannati a riprodurle, fallendo miseramente, ma nessuno di loro era fanatico quanto Augusto il Forte. Per aiutarlo a realizzare il suo sogno e avviare la produzione di porcellane, Augusto imprigionò. Ebbene sì, imprigionò un giovane alchimista di nome Johann Friedrich Bottgar. È quello in posa eroica, con la camicia aperta. E l'incredibile è che Bottgar ci riuscì. capì che il segreto della porcellana stava nel cuocere le argille a temperature altissime. E nell'anno 1710, qui al castello di Albrechtburg a Meissen, finalmente l'Europa riuscì a fabbricare le sue prime porcellane. La vera alchimia inizia quando... si deve dipingere questa dura materia bianca che va cotta prima di applicarvi sopra il colore. È allora che prende vita con questa esplosione di bagliori rococo. I colori non erano mai stati così brillanti prima. La scultura non è mai stata così leggera. Questa non era soltanto porcellana prodotta in Europa, era l'invenzione e l'avvento di una nuova forma d'arte, con nuove regole e nuove possibilità. Era trasportabile, di piccole dimensioni. Con la porcellana, l'inventiva del rococò divenne senza confini, inarrestabile, intrepida, nomade. Iniziò a viaggiare attraverso i continenti, immaginando senza freni né vincoli i mille mondi che c'erano là fuori. Animali insoliti, passioni e popoli esotici. India, Cina, Giappone. Tutte queste terre lontane furono raggruppate insieme a formare un ricco nuovo regno immaginario, un oriente di porcellana, colmo di minnoli rococo. Questo gusto per un oriente mitico, un nuovo mondo fantastico che esisteva soltanto nell'immaginazione rococo, non rimase confinato alla porcellana. Tracimò anche in tutte le altre arti con risultati davvero spettacolari. Quando Augusto il Forte fece costruire il palazzo giapponese, qui sulle rive del fiume Elba, per ospitare la sua collezione di porcellane, cercava di imitare i potenti imperatori orientali di cui aveva udito negli sconclusionati resoconti sull'Oriente che circolavano nelle corti europee. Nessuna di quelle persone era effettivamente stato in Oriente o aveva davvero visitato la Cina. Erano tutte chiacchiere e sentito dire. Augusto aveva sentito da qualche parte che i sovrani cinesi costruivano palazzi speciali per le porcellane, perciò fece lo stesso. Aveva sentito che l'imperatore della Cina beveva da una coppa di porcellana per difendersi dal veleno e quindi faceva lo stesso. Perché furono proprio i tedeschi in tutta Europa a diventare i più fanatici ammiratori della porcellana, io non lo so. Ma così fu. E qui a Sanssouci, Federico il Grande di Prussia, si fece costruire questa sfarzosa e improbabile approssimazione di un padiglione cinese. È evidente che in Cina non esiste niente che gli somigli. In Cina non troverete mai un palazzo che finisca con la statua d'oro di un uomo con l'ombrello. O con statue a grandezza naturale di musicisti che suonano strumenti immaginari. O con un tetto che poggia su dei palmizi medio orientali. Nessuno in Cina ha mai costruito un palazzo così. Questa era un'invenzione europea. È questo il bello delle cineserie, come chiamarono questo delirio d'Oriente, che non aveva a che fare con la Cina, ma con l'Europa. Quello che abbiamo davanti agli occhi è la liberazione dell'immaginazione europea. Lo scatenarsi dei suoi più sensuali desideri. Ma credo che questa liberazione dell'inconscio e questi onirici paradisi sotto il velo di immagini orientaleggianti costituiscano una splendida fuga dallo spirito europeo. Un giocoso slancio di libertà ed entusiasmo. che deve essere visto come uno dei più grandi risultati del rococò. La residenza di Würzburg, il palazzo dei principi vescovi. Würzburg non è che una cittadina e questo imponente palazzo sembra essere decisamente troppo grande per lei. Anche questo è un progetto di quel signore di poco fa, l'architetto Baltasar Neumann, il gigante dello stile rococò. Neumann divenne architetto di corte nel 1720 e questo fu il suo primo incarico ufficiale. Prima di allora era stato nell'esercito a disegnare cannoni e quindi, pur approdando tardi all'architettura, progettò questo. I principi vescovi di Würzburg avevano tutto. Grandi ricchezze, grande potere e grandi ambizioni artistiche. Questa volta quando si entra ha uno strano effetto. Sembra troppo bassa rispetto alla larghezza, quasi un garage sotterraneo, ma in realtà è una geniale opera di ingegneria. Con questa volta incredibilmente bassa, qui Neumann creò uno spazio ampio, abbastanza, perché una carrozza potesse girare su se stessa senza andare a sbattere su un muro o una colonna. Geniale, no? E schiacciando lo spazio qui sotto, è riuscito a lasciarne di più di sopra per... questo! Lo scalone d'onore di Würzburg. Camminarci sopra, salire questi gradini, è una partitura fantastica in un dramma rococò. E man mano che si sale, si fa strada poco a poco la consapevolezza della presenza di qualcosa che sovrasta, finché questo straordinario spettacolo inizia ad apparire. Questa puntata, dicevamo, parla del viaggio. Abbiamo accennato all'impatto di diversi tipi di viaggio sul Rococò, il gran tour con Canaletto, i grandi pellegrinaggi bavaresi, il viaggio immaginario verso terre esotiche. ma c'è un altro tipo di viaggio che fu di importanza capitale, quello degli artisti che andavano da un posto all'altro, da paese a paese, esercitando e spargendo la loro influenza, spostandosi come uccelli migratori. Questo affresco, questa monumentale espressione del rococò tedesco, fu dipinto infatti da un italiano, un veneziano, il più grande maestro dell'affresco del XVIII secolo, l'incomparabile Tiepolo. È il più grande affresco da soffitto mai realizzato. L'impresa davvero eccezionale di un italiano in Germania. Quando Tiepolo arrivò dall'Italia nel 1750, a tratto da una somma favolosa, più di 60 volte la paga annuale di un capomastro, questo soffitto era nudo in tonaco. Ci mise circa un anno a dipingere tutto questo, non di più. Stiamo guardando il cielo. È l'alba. E Apollo, il dio del sole, sta per lanciarsi col suo carro attraverso i cieli. Il sole sta sorgendo, sorge sopra il mondo intero. Sui quattro continenti conosciuti all'epoca, ritratti lungo i bordi. Salendo la scalinata, il primo che si incontra è l'America. Eccola lì, incarnata da un'indiana seminuda a cavallo di un coccodrillo. E mi piace anche questo Superman rococò con un altro coccodrillo buttato con non curanza sulle spalle. Sulla sinistra salendo c'è l'Africa. Eccola lì, sul dorso di un cammello. E guardate, c'è anche un altro struzzo con una scimmia che gli tira la coda. Sul lato più lungo, lì, c'è l'Asia. Cavalca un elefante, ritratto con una ridicola proboscide che sembra il tubo di un aspirapolvere. Tenete a mente che a quei tempi si stava ancora esplorando e mappando il mondo. Spira ancora il vento della scoperta. Si avverte chiaramente in questo tiepolo. Pretende di conoscere tutti questi posti e animali esotici, ma sta fingendo. Ed eccola sull'Europa, il continente più sviluppato circondata da musicisti che ascolta un concerto. Alla presenza di tutte le altre arti. Vedete? Lì c'è la pittura con la tavolozza. Ha appena terminato il ritratto che vola verso i cieli. È dell'uomo che aveva commissionato la grande opera, il principe vescovo Carl Philip von Grafenklau. La scena europea è particolarmente interessante perché incorpora i ritratti di tutti gli artisti che hanno lavorato allo scalone d'onore. Così, disteso accanto al cannone, troviamo Balthasar Neumann, l'architetto. Tiepolo stesso è ritratto qui nell'angolo, con l'aria alquanto esausta. Vicino a lui, il figlio Gian Domenico Tiepolo, suo valente apprendista. E quella figura vicina al parapetto, quello altezzoso nel mantello bianco, è Antonio Bossi, un altro italiano itinerante, un vero genio dello stucco. Forse il più grande mai esistito. È lui che ha fatto tutto questo. Tre grandi menti, una grande opportunità, un enorme capolavoro Rococo. Questo continuo viaggiare da parte degli artisti Rococo portò anche a dei confronti inaspettati. Molto inaspettati. Voglio dire, chi avrebbe mai immaginato che il grande Canaletto sarebbe venuto a Londra a dipingere questa veduta? Per poi voltarsi e subito dopo dipingere quest'altra. Canaletto arrivò a Londra nel 1746 e visse qui per nove anni. E cosa mai ci faceva da queste parti? Purtroppo a Venezia la richiesta per i suoi quadri si era esaurita. Gli inglesi non viaggiavano più come una volta, perciò la montagna decise di andare da Maometto. Era anche desideroso di investire parte dei suoi risparmi in azioni. Dopotutto era un veneziano e aveva ben chiaro il valore del denaro. E Londra, allora come oggi, era il centro finanziario d'Europa. E fin dall'inizio, eccolo ritornare ai suoi trucchetti rococò. Nella Londra di Canaletto, il Tamigi è immancabilmente molto più ampio e maestoso che in natura. E guardate i cieli, invariabilmente più tersi e assolati di quanto siano mai stati i cieli fumosi di Londra. E tutte quelle barche che galleggiano allegramente sul fiume, sembrano aver ereditato qualcosa della lieta spensieratezza della gondola. Quando arrivò a Londra, il ponte di Westminster, il primo ponte sul Tamigi dai tempi del Medioevo, era ancora in costruzione e lui, come al solito, non resistette alla voglia di immortalarlo. La città nel suo divenire era sempre stato uno dei suoi temi preferiti. Nuovo ponte, nuovi panorami. E un secchio impertinente che si dondola in primo piano aggiunge una impudente nota di incompiutizia. Sono molte le cose che mi piacciono di Canaletto, ma la sua ironia è sicuramente fra quelle che predilico. I critici di Canaletto amano denigrare i suoi quadri inglesi. Si lamentano che in fondo non abbia fatto altro che dipingere Venezia sul Tamigi. Ed è vero, è quello che ha fatto. E questo perché era un artista rococò. E gli artisti rococò dipingono con l'anima, non solo con colori e pennelli. Dapprima si concentrò su queste splendide vedute fluviali. Il Tamigi era il suo canal grande e Londra venne trasfigurata in un luogo più familiare. Ma poi la curiosità ebbe il sopravvento. Cominciò ad aggirarsi per le stradine dipingendo intense vedute di una città in evoluzione. I pins inquadro da qui, siamo a Whitehall, dal primo piano di Richmond House, che ora non esiste più, ma sorgeva dove mi trovo io adesso. Una città di mattoni, trascurata e sporca. Ecco la Londra dietro le quinte, una distesa urbana in cerca di forma. Riconosco il campanile di Sam Martin sullo sfondo, tra i tetti, ma niente di più. Londra stava cambiando freneticamente e gli dei del Rococò avevano decretato che il grande Canaletto venisse proprio in Inghilterra a dipingere quello che forse è il suo quadro migliore. È qui che viveva, a Soho, al centro della comunità italiana. Canaletto stava al primo piano. questo è l'altro suo ritratto dipinto a Londra intorno ai 50 anni guardate che aria da ragazzo aveva affascinante ma pronto a tutto quando finì con Londra cominciò a setacciare il resto dell'Inghilterra in cerca di panorami ecco il college di Eton che appare molto più alto sotto un sole pomeridiano E in questo quadro del vecchio ponte a Walton ha finalmente permesso a dei veri cieli inglesi di entrare nella sua arte. Ma i suoi vagabondaggi più fruttuosi attraverso l'Inghilterra lo portarono qui, al castello di Warwick. Quando Canaletto arrivò a Warwick, era in corso un'ambiziosa ristrutturazione del vecchio castello. Il suo proprietario, Francis Gramill, conte di Warwick, aveva preso la decisione di renderlo più gotico, per poi inserire il castello neogotico all'interno di un giardino rococo progettato dal famosissimo Capability Brown. Capability Brown amava dare ai suoi giardini un taglio naturalistico, come se fossero opera della natura e non dell'uomo. E nella prima delle vedute di Warwick di Canaletto si vede chiaramente una nuova collina in costruzione. Qualche anno dopo, quando le modifiche erano più o meno terminate, il conte di Warwick invitò di nuovo Canaletto, che questa volta dipinse questa splendida veduta del castello. Prima che i nuovi alberi di Capability Brown lo coprissero troppo. E poi fece quest'altra, che è ancora più bella. queste vedute trionfali del castello di Warwick sotto il sole sembrano così vivide e reali e naturalmente non lo sono l'unico posto in cui potete vedere cieli simili in Inghilterra è nei vostri sogni ed è questo il fattore più entusiasmante della passione per i viaggi del Rococo i migliori furono quasi sempre fatti con l'immaginazione e l'immaginazione intanto in baviera un umile pellegrino si era rimesso in cammino Forse sono stato birichino, ma mi sono tenuto il meglio per ultimo. Ci sono tante bellezze da vedere nella Baviera Rococo, ma quasi tutti vi diranno che la più bella di tutte è quella che esala giù all'orizzonte. La Viskirche, che sorge qui, nel bel mezzo del nulla. Sono gli interni quello che rende unica la Viskirche. Ma guardate anche l'esterno, con la sua delicata semplicità e quel ricco colore albicocca, come un pasticcino alla frutta. Immaginate ora di essere un pellegrino, esausto dal lungo cammino. attraverso la Baviera e che a un tratto all'orizzonte, messa di proposito contro la collina, così non puoi non vederla, ti appaia la deliziosa chiesa di pellegrinaggio di Wyss, un richiamo irresistibile. Wyss esiste perché un giorno una ragazza del villaggio vide questa ruzza statua di Gesù piangere. E il resto è... è storia. Nel giro di qualche mese, Viss era diventata una imperdibile meta di pellegrinaggio e due fratelli del posto, gli Zimmerman, furono incaricati di erigere questo capolavoro rococò. Guardate come sembra leggera e inconsistente. Attenti a soffiare, potrebbe volare via. Tutto sta nello stucco. Gesso dipinto, l'ingrediente segreto del rococò. Così leggero e adattabile. Vedete le colonne? Stucco. Guardate i santi? Stucco. E quel soffitto? Stucco. Con lo stucco si può sfidare la gravità. Di che forma sarà questa volta, ad esempio? Sembra essere una grande e vasta cupola, giusto? Ma se torniamo fuori? Qui dal prato, se guardiamo il tetto da fuori, vediamo un comunissimo tetto spiovente, dritto, fatto di legno. E allora tutto quello spazio bombato all'interno, quella massa fluttuante di nuvole paradisiache, torniamo dentro a vedere. È tutto dipinto su un semplice tetto a punta. Di nuovo quell'artificiosità del rococò. Vi mostro come hanno fatto su questo disegno. Ecco, questo è il tetto. Ed ecco la volta, sospesa al tetto con delle semplici corde. Non pesa nulla. È una geniale illusione rococò. E lassù sul soffitto, dipinto da Johann Baptist Zimmermann, le illusioni continuano con un enorme messaggio di speranza. Gesù risorto siede su un arcobaleno, potentissimo simbolo di speranza, e indica la croce. Ci fa sapere che ci ha già salvato col suo sacrificio. Ma guardate laggiù, il trono del giudizio è vuoto. Gesù non vi si è ancora assiso, perciò ci ha dato ancora un po'di tempo per ravvederci, ma non molto, perché da quella parte i cancelli dell'eternità sono ancora chiusi. Il paradiso non ha ancora aperto. Il vecchio padre tempo ha finito il suo corso, ma chi debba entrare e chi no, è ancora tutto da vedere. Perciò immaginate di essere un pellegrino rococò e di avere viaggiato a lungo fino a qui. Arrivando in questo bellissimo spazio, vi sembrerà di essere già in paradiso. Quando guardate in su, invece della salvezza, trovate questo dilemma. Quale sarà il tuo fato peccatore? La salvezza o la dannazione? Ti pengi oppure no? Il rococò è così. Disseminato di trappole dorate. Mi benedica padre perché ho peccato. Sono passati 35 anni dalla mia ultima confessione. Ho commesso ogni sorta di bassezze padre. Da dove comincio? Nel prossimo episodio esamineremo un concetto chiave del rococò, il piacere. E ci chiederemo perché il rococò abbia dato vita ad alcune delle opere più sensuali mai prodotte. Il rococò e il piacere. La prossima puntata della storia del rococò. Grazie.