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Famiglia e Società nella Roma Antica

Famiglia. All'inizio della Res Publica Romana, fondata dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo per opera di Lucio Giugno Bruto nel 509 a.C., avvenne un episodio molto particolare. Dopo aver scoperto che il proprio figlio Tullio tramava con Tarquinio per la restaurazione del regnum, il console Bruto decretò per lui e i restanti congiurati la pena di morte davanti alla comunità. Eccesso di severità? Abuso di potere? Forse, ma c'è di più. L'episodio riflette infatti un elemento saliente della mentalità e del diritto romano, il cosiddetto vite ac necis ius, il potere di vita e di morte che ogni pater familias aveva sui membri della famiglia. Per un giovane romano la famiglia non era infatti questione di sangue, né tanto meno di affetto. Come suggerisce la parentele etimologica con la parola famulus, servo, cioè colui che era sotto la potestas, il potere di un altro, il termine famiglia indicava tutti coloro che erano soggetti al potere di un altro individuo, cioè del pater familias, che su di loro vantava smisurati diritti, come appunto quello di vita e di morte, di cessione ad altri gruppi familiari, o ancora nel II secolo d.C. di obbligata interruzione del matrimonio. Naturalmente all'interno di ogni famiglia la condizione della moglie, dei figli, nipoti e pronipoti era diversa da quella degli schiavi, perché i primi erano persone libere, in latino liberi, e cittadini romani. I secondi no, e così il paterfamilias esercitava, con qualche differenza, sugli uni la patria potestas. cioè il diritto paterno, sugli altri la dominica potestas, cioè il diritto padronale. Uscire da questo sistema così gerarchico e rigido era certamente molto difficile, perché la morte o l'esilio del pater familias liberava solo i figli diretti, mentre i nipoti e i pronipoti continuavano a rimanere sotto tale controllo, passato ora nelle mani di un altro ascendente. Ciò rese il parricidium estremamente comune a Roma, e fin dall'età arcaica fu combinata, per i parricidi, una pena esemplare, ancora praticata nel primo secolo dopo Cristo, cioè la pena cullei. Il colpevole veniva chiuso in un sacco, il culleus appunto, assieme a un gallo, un cane, una scimmia e una vipera, e poi, dopo una processione in città, gettato nel Tevere o nel mare. Un altro fattore rendeva le relazioni quotidiane più complicate. La res familiaris, cioè il patrimonium, era infatti a disposizione esclusiva del pater, che versava ai propri sottoposti il peculium, piccole somme di denaro. Siccome queste non bastavano, i figli, per avviare la propria vita adulta, dovevano ricorrere al prestito di usurai, contraendo così grandi debiti. In una società competitiva come quella romana, però, il pater familias sapeva che l'ascesa sociopolitica del figlio ne richiedeva un'educazione eccellente, compito condiviso con la matrona e poi affidato ad un livello superiore ai migliori grammatici e retores, dai quali veniva preparato al tirocinium, una sorta di praticantato presso il foro cittadino. Per le figlie L'obiettivo del pater familias era un matrimonio prestigioso, con giovani di famiglie più ricche o nobili. Una volta sposate, esse raggiungevano il massimo della lode, rimanendo fino alla morte univire, cioè legate a un solo uomo. Eppure a Roma, dove il matrimonio era poco meno di una manovra politica, queste figure rimasero per lo più leggende, ammirevole e invidiato tesoro di pochi cittadini romani.