Lo scopo principale dell'algebra è lo studio delle strutture algebriche, le quali in parole povere non sono altro che insiemi sui quali sono definite delle operazioni. In questa lezione ci occuperemo di analizzare le operazioni di addizione algebrica, moltiplicazione, potenza e divisione, nell'insieme dei polinomi. In questo contesto le operazioni che ho menzionato godono di tutte le proprietà che le corrispondenti operazioni hanno nell'insieme dei numeri reali. Il motivo è che siamo interessati prima o poi a sostituire i numeri dal posto delle lettere.
Così facendo i polinomi diventano espressioni aritmetiche e la consistenza del calcolo algebrico rispetto all'operazione di sostituzione al calcolo aritmetico implica la necessità che le proprietà delle operazioni siano le stesse. Ma nell'algebra si studiano anche strutture più generali, nelle quali le operazioni possono godere di proprietà diverse. Visto che i polinomi sono descrivibili come somme di monomi, conviene prima di tutto fare delle precisazioni su questo tipo di espressioni.
Ogni monomio può essere ridotto in forma normale. cioè come prodotto di un numero detto coefficiente del monomio e di potenza con esponenti interi positivi di variabili diverse. Per esempio il monomio 3x alla seconda y7 wx y terza z può essere scritto come 3 per 7 per w per x alla seconda per x per y per y terza per z per mezzo alla proprietà commutativa della moltiplicazione e poi, usando la proprietà associativa della moltiplicazione e le proprietà delle potenze, nella forma 21 wx alla terza y alla quarta z.
Questa è la sua forma normale. L'ordine con cui vengono scritte le variabili è arbitrario. Si può, per esempio, utilizzare la convenzione di scriverle in ordine alfabetico, ma ciò non è strettamente necessario. La parte del monomio in forma normale corrispondente al prodotto delle variabili si chiama parte letterale del monomio, in questo caso wx³y⁴z. La moltiplicazione fra due monomi è sempre possibile ed è a tutti gli effetti un monomio, proprio per la definizione di monomio.
E il grado del prodotto di due monomi non nulli è la somma dei loro gradi. Anche la divisione è sempre possibile quando il divisore non è il monomio nullo, ma in generale il quoziente non è un monomio. Consideriamo la divisione 24x alla terza y alla seconda z alla quinta diviso 36xy alla seconda. Osserva che il monomio divisore deve essere messo tra parentesi, altrimenti la divisione riguarda solo il suo coefficiente a causa della regola di precedenza nel calcolo delle espressioni. Il quoziente Q deve essere un'espressione letterale che è moltiplicata per 36xy alla seconda.
deve dare per prodotto il monomio dividendo. In virtù della proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione algebrica, il quoziente deve essere un monomio, altrimenti il prodotto avrebbe più di un termine. Inoltre Q non deve contenere altre variabili oltre a quelle presenti nel dividendo e nel divisore. Così deve avere la forma C per x alla k per y alla m per z alla n, dove C è un numero.
E moltiplicandolo per 36xy alla seconda otteniamo il prodotto 36C x alla k più 1, y alla m più 2, z alla n, il quale deve essere uguale a 24x alla terza, y alla seconda, z alla quinta. Così, confrontando le varie parti, troviamo che 36 per c deve essere uguale a 24. Pertanto c è 24 diviso 36, cioè 2 terzi. Poi, k più 1 deve essere uguale a 3, da cui k è uguale a 3 meno 1, cioè 2. m più 2 è uguale a 2, da cui m è uguale a 2 meno 2, cioè 0. In altre parole, la variabile y non è presente nella forma normale di q.
e n deve essere uguale a 5. Il quoziente è 2 terzi x alla seconda z alla quinta ed è ancora un monomio. Come vedi la divisione tra due monomi si calcola dividendo tra loro le parti dello stesso tipo. Per fare un altro esempio 24x alla terza y alla seconda z alla quinta diviso 36x alla settima w è uguale a 2 terzi w alla meno 1 x alla meno 4 y alla seconda z alla quinta. La variabile w assente nel dividendo può essere pensata presente con un esponente uguale a 0. Così w alla 0 diviso w alla 1 è uguale a w alla meno 1. Il quoziente non è un monomio a causa degli esponenti negativi e può essere scritto nella forma più conveniente 2 terzi y alla seconda z alla quinta fratto w x alla quarta. Le potenze dei monomi si calcolano utilizzando le proprietà delle potenze.
Così il cubo di 2 terzi x alla terza y alla seconda z alla quinta è uguale a 2 terzi alla terza per x alla terza alla terza per y alla seconda alla terza per z alla quinta alla terza. che è uguale a 8 ventisettesimi per x alla nona per y alla sesta per z alla quindici, cioè si eleva a potenza il coefficiente e si moltiplicano per tre gli esponenti delle lettere. Possiamo dunque affermare che l'insieme dei monomi è chiuso rispetto all'operazione di moltiplicazione di potenza con esponente naturale, cioè il risultato di tale operazione è ancora un monomio, ma non è chiuso rispetto alla divisione e alla potenza con esponente intero negativo.
Cosa possiamo dire della direzione algebrica? Chiamiamo simili due monomi non nulli che hanno la stessa parte letterale, cioè le cui parti letterali sono formate dalla stessa potenza e dalle stesse variabili. Per esempio, 2 terzi x alla terza y alla seconda z alla quinta e meno 7 x alla terza y alla seconda z alla quinta sono simili, mentre 2 terzi x alla terza y alla seconda z alla quinta e meno 7 xy alla seconda z alla quinta no, perché gli esponenti delle x sono diversi.
e 2 terzi x alla terza y alla seconda z alla quinta non è simile a meno 7x alla terza y alla seconda w alla 5 perché due monomi non hanno la stessa lettera. Due monomi si dicono poi opposti se sono simili e hanno coefficienti opposti. Grazie alla proprietà distributiva si può dimostrare che la somma di due monomi non nulli è un monomio se e solo se i due addendi sono simili.
Infatti due monomi simili possono essere rappresentati dalle espressioni AC e BC. Dove A e B sono i loro coefficienti, quindi sono numeri AC e la parte letterale. Per la proprietà distributiva AC più BC è uguale ad A più B per C e la somma tra parentesi è calcolabile perché gli addendi sono numeri. Se invece i due monomi non sono simili, allora devono avere parti letterali diverse e quindi non è possibile riscrivere la somma come abbiamo fatto nell'altro caso.
Il risultato quindi è che la somma di due monomi simili è il monomio simile ad essi che ha per coefficiente la somma dei coefficienti dei due addendi. Mentre la somma di due monomi non simili in termini diversi da 0 non è semplificabile. Così, la somma tra 24x alla terza e y al secondo z alla quinta e meno 7x alla terza e y al secondo z alla quinta è 17x alla terza e y al secondo z alla quinta.
Mentre la somma tra 24x alla terza e y al secondo z alla quinta e meno 7x alla terza e y al secondo z alla quinta è 24x alla terza e y al secondo z alla quinta meno 7x alla terza e y al secondo z alla quinta. L'insieme dei monomi non è quindi chiuso nemmeno rispetto all'addizione algebrica. Passando all'insieme dei polinomi la situazione cambia, in quanto l'addizione algebrica, alla pari della moltiplicazione della potenza con l'esponente naturale, diviene un'operazione interna. I polinomi si dicono espressioni intere proprio perché le tre operazioni sono interne all'insieme dei polinomi, esattamente come accade nell'insieme dei numeri interi.
L'addizione tra due polinomi si calcola semplicemente sommando i termini simili. e il risultato è ancora un polinomio. Il prodotto di due polinomi si calcola sfruttando nuovamente la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione. Dato che al posto di ogni variabile si può sostituire qualunque espressione, basta discutere la moltiplicazione a più b per c più d.
Se utilizziamo la lettera z per rappresentare il secondo fattore, l'espressione può essere scritta nella forma a più b per z e quindi per la proprietà distributiva s uguale ad a per z più b per z, cioè ad a per c più d più b per c più d. Applicando nuovamente la proprietà distributiva otteniamo a per c più a per d più b per c più b per d. Riassumendo il prodotto di due polinomi il polinomio risulta dalla somma di tutti i prodotti di qualunque termine del primo fattore per un qualunque termine del secondo. Per esempio 3xy meno 2x più y per x più 4y meno 5 è la somma dei prodotti 3xy per x, 3xy per 4y, 3xy per meno 5 meno 2x per x, meno 2x per 4y, meno 2x per meno 5, y per x, y per 4y, y per meno 5. Sommando i termini simili otteniamo 3x alla seconda y, più 12xy alla seconda, meno 2x alla seconda, meno 22xy, più 4y alla seconda, più 10x, meno 5y. Dato che il monomio di grado massimo si ottiene moltiplicando il monomio di grado massimo dei due fattori, il grado del prodotto è uguale alla somma dei gradi dei due fattori.
La potenza con un esponente naturale non è altro che un particolare tipo di prodotto. Così x meno 2 alla terza si può calcolare riscrivendo l'espressione nella forma x meno 2 per x meno 2 per x meno 2. Si tratta allora di moltiplicare due dei tre fattori e poi il risultato per il terzo. Dunque la prima moltiplicazione produce il polinomio x alla seconda meno 2x meno 2x più 4 che deve essere moltiplicato per x meno 2. Prima di calcolare la moltiplicazione sommiamo i due termini simili.
in modo da lavorare con meno termini. Ricorda che meno calcoli si fanno e meno si rischia di sbagliare. Rimane quindi da moltiplicare x alla seconda meno 4x più 4 per x meno 2. Il prodotto è x alla terza meno 2x alla seconda meno 4x alla seconda più 2x più 4x meno 8, cioè x alla terza meno 6x alla seconda più 12x meno 8. Ci si comporta in modo analogo negli altri casi. Rimane da discutere la divisione. Come nel caso dei numeri interi e dei monomi, ci aspettiamo che la divisione tra due polinomi non sia necessariamente un polinomio.
Per esempio, x alla seconda meno 3 diviso x più 2 ha per quoziente la frazione x alla seconda meno 3 fratto x più 2. Osserva che ho messo tra parentesi due polinomi, altrimenti l'espressione assume un altro significato a causa delle regole di precedenza nel calcolo delle operazioni. Per restare nell'ambito dei polinomi si definisce la divisione con resto. Dati due polinomi in una variabile a e b, il quoziente q e il resto r della divisione a diviso b sono gli unici polinomi tali che q per b più r è uguale ad a, cioè la somma tra il prodotto del quoziente per il divisore e il resto è uguale al dividendo, e che il resto, se non è nullo, ha grado minore del dividendo. Quindi se il dividendo ha grado minore del divisore, allora il quoziente è 0 e il resto è uguale al dividendo.
Per esempio La divisione x alla terza meno x alla seconda meno 6 diviso x alla seconda più 3 ha quoziente x meno 1 e resto meno 3x meno 3. Verifichelo per esercizio. Come si calcolano il quoziente e il resto? La procedura è analoga a quella utilizzata per dividere due numeri interi.
Dopo aver scritto il dividendo, ordinando i suoi termini per grado decrescente e introducendo quelli che mancano con coefficiente uguale a 0, ciò serve ad avere lo spazio necessario ad eseguire l'algoritmo, Si iscrive alla sua destra il divisore e li si separa con una riga verticale. Si divide il termine di grado maggiore del dividendo per quello del divisore. In questo caso x alla terza diviso x alla seconda che è uguale a x. Questo quoziente parziale fa parte del polinomio quoziente.
A questo punto bisogna calcolare il resto parziale. Si moltiplica il quoziente parziale appena ottenuto per il divisore e si iscrive il prodotto sotto al dividendo incolonando i termini simili. Come vedi, compare un termine di primo grado che mancava nel dividendo.
È per questo che lo abbiamo aggiunto con coefficiente nulla. A questo punto si sottraggono i due polinomi, ottenendo il resto parziale x-x²-3x-6. Se il resto avesse grado minore del divisore, la procedura terminerebbe. In questo caso, invece, non è così. E quindi continuiamo allo stesso modo, sostituendo il dividendo con il resto parziale appena ottenuto.
Dividendo meno x² per x² otteniamo meno 1. che aggiungiamo al quoziente, poi moltipliciamo meno 1 per il divisore e scriviamo il prodotto sotto al nuovo dividendo. Infine sottraiamo ottenendo il nuovo resto parziale meno 3x meno 3. A questo punto il resto è a grado minore del divisore, quindi la procedura termina, altrimenti sarebbe continuata esattamente allo stesso modo. Abbiamo conformato così che il quoziente è uguale a x meno 1 e il resto meno 3x meno 3. Osserva che dalla definizione di divisione con resto segue che il grado del quoziente è uguale alla differenza tra il grado del dividendo e quello del divisore. Un caso molto importante è quello in cui il divisore ha grado 1 ed è monico, cioè il coefficiente del termine di grado massimo è uguale a 1. In questo contesto il teorema del resto afferma che la divisione di un qualunque polinomio P di x per il binomio x-c, dove c è un numero, ha per resto il numero P di c che si ottiene sostituendo c al posto della variabile. e calcolando la corrispondente espressione aritmetica.
La dimostrazione formale è molto semplice. Chiamati q di x e r rispettivamente al polinomio quoziente del resto, per definizione di divisione con resto p di x uguale a q di x per x meno c più r, dove r è un numero perché deve avere grado minore di 1. Sostituendo nell'uguaglianza c al posto di x si ottiene p di c uguale a q di c per c meno c più r, ma dato che c meno c è uguale a 0 l'uguaglianza diventa P. P di C uguale a R, ciò che dovevamo dimostrare.
Il teorema del resto serve per calcolare il resto senza dover calcolare la divisione e vale solo quando il divisore grado 1 è demonico. Per esempio, calcoliamo il resto della divisione 3x alla terza meno 5x più 7 diviso x più 2. In questo caso P di x uguale a 3x alla terza meno 5x più 7 e C uguale a meno 2. Infatti, nel teorema, il termine noto del divisore è meno C. Quindi c è l'opposto del termine noto del divisore.
Sostituendo dunque meno 2 all'opposto di x otteniamo 3 per meno 2 alla terza meno 5 per meno 2 più 7 che è uguale a meno 7. Prova a calcolare la divisione per verificare la correttezza. Una conseguenza diretta del teorema del resto è il teorema di Ruffini, secondo il quale il polinomio p di x è divisibile esattamente per x meno c con c un numero se e solo se p di c uguale a 0. Infatti la divisione è esatta se e solo se il resto è uguale a 0. e il resto è uguale a PDC. Sempre in questo contesto, cioè nel caso in cui il divisore sia un polinomio di primo grado ammonico, il quoziente può essere calcolato con una procedura semplificata che va sotto il nome di regola di Ruffini. La illustro nel caso della divisione tra x alla terza meno 5x più 7 diviso x più 2. Si scrivono su una riga i coefficienti del dividendo, ordinati per grado di decrescente e separate da un po'di spazio. Tieni presente che ogni termine mancante ha un coefficiente uguale a 0. Poi si tracciano due linee verticali, una prima del primo numero e una prima dell'ultimo, e una linea orizzontale un po'più sotto.
Nell'angolo sopra la linea orizzontale e a sinistra della prima linea verticale si scrive l'opposto del termine noto del divisore. Dopo questa preparazione preliminare, Procedendo da sinistra a destra si sommano i numeri incolonnati sopra la linea orizzontale scrivendo il risultato sotto tale linea e si moltiplica ogni numero che si trova sotto la linea orizzontale per l'opposto del termine noto del divisore scrivendo il prodotto sopra la linea orizzontale nella colonna successiva. Nella prima colonna sopra la linea orizzontale c'è solo il 3 così l'addizione corrisponde a ricopiare il numero sotto la linea.
È come aver sommato 0. Questo numero deve essere moltiplicato per meno 2. e il prodotto meno 6 deve essere scritto nella colonna successiva sopra la linea. La somma tra 0 e meno 6 è uguale a meno 6, che moltiplicato per meno 2 da 12. La somma tra meno 5 e 12 è 7, che moltiplicato per meno 2 da meno 14. Infine, la somma tra 7 e meno 14 è uguale a meno 7 e la procedura termina perché non ci sono altre colonne. L'algoritmo produce una sequenza di numeri.
L'ultimo, cioè meno 7, è il resto della divisione. Mentre gli altri sono i coefficienti del quoziente ordinati per grado decrescente. Dato che dividendo un polinome in terzo grado è divisore a grado 1, il quoziente è un polinome di secondo grado. Nello specifico 3x alla seconda meno 6x più 7. Se prima hai calcolato la divisione col metodo generale come ti avevo chiesto, puoi verificare che il quoziente sia lo stesso. Il resto coincide con quanto abbiamo trovato usando il teorema del resto.