Ben tornati amici, satura quidem tota nostra est. Non potevo non incominciare la nostra chiacchierata di oggi con la famosa affermazione di Quintiliano sulle origini della satira, tutta nostra la definisce, dove quella prima persona plurale sta per noi. latini, noi romani.
E sì perché il grande retore del primo secolo dopo Cristo sapeva bene che non c'era un solo genere letterario latino, dalla tragedia alla commedia alla storiografia all'epigramma, che non fosse già stato inventato dai greci. Tranne la satira che è tutta tutta nostra, scrive appunto con orgoglio. Iniziatore ne è considerato Gaio Lucilio ed è di lui e di questo particolare e gustosissimo genere letterario che si affaccia per la prima volta nella cultura romana che parleremo oggi. Linea del tempo. Dunque 180-102, questi come vedete sono i poli entro i quali si snoda la vita di Lucilio, una lunga vita, quasi 80. Ed oltre alla longevità, che a quei tempi era un lusso, il nostro Lucilio ebbe anche un altro bel regalo dalla sorte, nascere ricco.
Era infatti un eques, cioè membro di una famiglia dell'ordine equestre in base al censo, una florida famiglia provinciale di Sessa Aurunca, esattamente, nella campagna settentrionale. E proprio il fatto di essere benestante gli permise di coltivare la letteratura come attività prevalente. senza bisogno di guadagnarsi da vivere o di cercarsi protettori. Insomma, per dirla con il termine corretto, si dedicò all'ozium letterario.
Voi naturalmente già sapete che il significato del vocabolo ozium non equivale a quello del nostro attuale ozio, cioè dolce far niente, ma nella cultura latina indicava la vita libera da impegni politici e cariche pubbliche. Insomma, una tranquilla vita appartata. da privato cittadino, da scrittore in questo caso, ozium letterale. Un'altra informazione biografica importante, Gaio Lucilio fu un esponente del circolo scipionico, attivo proprio intorno alla metà del secolo, ve ne ho parlato nel video dedicato.
La sua poetica e il suo gusto si formarono quindi nell'ambiente dell'humanitas, che era l'ideale di cui il circolo era portatore. Ora appunto, cosa assorbe, cosa esprime Lucilio della cultura dell'humanitas? Beh, intanto la scelta stessa di una vita appartata è il fatto di riconoscere all'ozium letterario dignità pari al cursus honorum, cosa che a Roma non era affatto scontata, anzi... nemmeno ben vista, almeno dalla parte conservatrice della società.
Ricordate l'etica di un catone, civis romanus sum, non homo sum, come avrebbe scritto Terenzio. Quindi prima i doveri del civis nei confronti della res pubblica e poi la sfera privata. Il disimpegno politico, l'ozium, non erano contemplati. E della cultura dell'humanitas Lucilio possiede anche l'individualismo, aspetto del resto strettamente connesso al precedente. Individualismo nello stile di vita ma anche nella pratica letteraria, cioè nella scelta di un genere di poesia soggettiva e spesso autobiografica, la satira.
Si dedicò infatti a questo genere letterario in maniera esclusiva e ne scrisse 30 libri, pensate migliaia e migliaia di versi, di cui ci rimangono poco più di 1300 pezzi. spettini sparsi. Ed è di questo nuovo genere letterario, di cui come vi ho detto Lucilio è considerato l'iniziatore, che adesso andiamo a parlare.
Già gli antichi si erano interrogati sull'etimologia del termine satira, da dove viene e cosa vuol dire. E da loro, come dai moderni, sono state avanzate diverse ipotesi. La più accreditata è che il vocabolo derivi da satura lanx. piatto misto, misto di primizie che venivano offerte agli dèi.
Ora la domanda è, cosa c'entra la satira con il piatto misto? E il nesso sta proprio in ciò. Come la Lanx satura si componeva di tanti ingredienti, primizie variegate, così la satira era caratterizzata da varietas tematica. Poteva cioè trattare una vasta gamma di argomenti, anche se, come stiamo per vedere, presentava comunque degli schemi fissi e delle tematiche ricorrenti.
Vedremo fra poco. pochissimo esempi di questa varietas di ingredienti, ma subito va detta una cosa fondamentale. Qualsiasi tema fosse stato trattato non potevano mancare due caratteristiche. Ispirazione realistica, carattere soggettivo. Realismo.
La satira prende spunto dall'osservazione diretta della realtà. Parte cioè da situazioni quotidiane, abitudini o mode correnti, cose comuni, situazioni di tutti i modi. tutti i giorni, personaggi noti o meno noti e le osserva con occhio acuto, spirito critico, a volte molto pungente, al duplice scopo di dilettare chi legge, ma soprattutto di sollecitarlo e solleticarlo ad una riflessione critica sui difetti umani e sugli aspetti negativi della società. Che è poi quello che caratterizza ancora oggi il nostro attuale genere satirico, pungere i difetti. umani e mettere le persone davanti allo specchio.
Carattere soggettivo, la satira non è la rappresentazione distaccata e oggettiva della realtà, come potrebbe esserlo quella dello storico o dello scienziato, ma è una rappresentazione appunto soggettiva, cioè filtrata attraverso l'occhio e la morale del satirico. che a volte racconta anche in prima persona episodi autobiografici. Inventore di tutto questo è considerato Gaio Lucilio. Tale lo reputavano già Orazio e Quintiliano, ma in realtà di satire ne aveva scritte anche Ennio.
Vi ricordate il pater Ennius, l'iniziatore dell'epica latina? Ce ne rimangono pochissimi frammenti, ma gli antichi potevano sicuramente leggerle. E allora perché Lucilio e non Ennio come Ennio? iniziatore del genere satirico.
Per due motivi. Primo, Lucilio perfezionò la satira ignana dandole il metro che sarebbe poi diventato obbligato del genere satirico, cioè l'esametro. Se infatti dal punto di vista del contenuto la satira era una sorta di insalatona ricca dove poteva entrare quasi di tutto, dal punto di vista formale e strutturale essa presentava invece questa caratteristica ben precisa.
l'essere un componimento in esametri, scelta che dobbiamo appunto a Lucilio. Secondo motivo, nella satira enniana mancava quello che sarebbe diventato il carattere preponderante di questo genere letterario, lo spirito critico, polemico, sarcastico e il nominatim ledere, cioè l'attacco personale. con tanto di nome e cognome. Vediamo come ci riuscì Lucilio in base a quello che emerge dai suoi frammenti. Una delle tecniche utilizzate da Lucilio per costruire componimenti satirici e che sarebbe diventata tipica del genere nei suoi sviluppi successivi è quella di scegliere un tema che possa fare da filo conduttore e tratteggiare lungo questo filo dei cosiddetti quadri a tema.
In questo senso la cena era per l'occhio del satirico un avvenimento sociale succosissimo. Seguendo l'iter delle varie portate si poteva inserire lungo questo filo conduttore una serie di quadretti come per esempio la descrizione di commensali, conversazioni fatte a tavola, un aneddoto particolarmente gustoso raccontato da qualcuno dei commensali, disquisizioni gastronomiche, abitudini alimentari, galateo della tavola. Il tutto, come vi ho già detto, non solo e non tanto a scopo puramente descrittivo e per dilettare il lettore, ma per stigmatizzare abitudini, personaggi, costumi ritenuti degni di critica.
E parlando di cena, obiettivi, privilegiato del satirico non potevano che essere l'ostentazione del lusso a tavola e la ghiottoneria in contrapposizione alla sobrietà e alle sane abitudini frugali. Sentite cosa scrive Lucilio di un certo Publio Gallonio, pozzo senza fondo, sei un poveraccio, in vita tua non hai mai mangiato bene e adesso spendi tutto in codesta aragosta e in uno storione gigante. Vedete la critica e l'occhio del satirico che colpisce la mancanza del modus, la misura, l'equilibrio. Ed oltre alla cena anche altri momenti della quotidianità, altre occasioni sociali si prestavano benissimo a fare da asse portante per un componimento satirico.
Combattimenti di gladiatori, cause in tribunale, fatti di croce. e il viaggio. Ci rimangono infatti frammenti di un Iter Siculum, viaggio in Sicilia, sicuramente modello del ben più noto Iter Brundisilinum della Satira Quinta di Orazio. Anche in questo caso, lungo un asse portante costituito dal percorso del viaggio, si inseriscono aneddoti, episodi occorsi al protagonista, che è lo stesso Lucilio che racconta in prima persona, quindi ricordate Satira soggetto...
ma anche scorci descrittivi per rendere la lettura a me. Ed indipendentemente dalla presenza di un asse portante o filo conduttore del modello che vi ho descritto, obiettivo privilegiato dell'occhio acuto e della lingua tagliente di Lucilio, potevano diventare quindi di volta in volta l'infedeltà femminile. la corruzione della classe politica, l'amore eccessivo per il lusso, come anche l'irrefrenabile tendenza umana a cercare di fregare il prossimo ut si hostes sint omnibus omnes, come se tutti fossero nemici di tutti.
Ma anche la grecomania e l'uso eccessivo di grecismi nella lingua parlata, che Lucilio ridicolizza. facendo la parodia di personaggi che infarciscono i loro discorsi con una quantità di parole prese di peso dal greco. E vedete come la storia non cambia, pensate alle centinaia di anglicismi con cui viene imbastardito l'italiano di oggi nell'illusione di risultare internazionali o particolarmente alla moda. E anche se come tematica marginale la satira era anche il luogo per dichiarazioni di poetica e per portare avanti polemica letteraria. letteraria.
Da un lato cioè per illustrare i principi della propria poetica anche al fine di legittimare un genere che si affacciava come nuovo nel panorama culturale romano e dall'altro per contrapporre tali principi a quelli su cui si fondavano altri generi che non erano proprio nelle corde del satirico. E qual era dunque il nocciolo della poetica di Lucilio? Beh, trattandosi di un genere realistico e di carattere soggettivo...
non poteva che essere la poetica del Verum. Ex precordis ecfero versum, scrive in un suo frammento, un mio verso lo tiro fuori dall'intimo. Quindi un'ispirazione realistica, autentica, intima, in netta contrapposizione a quella artificiosa e ai contenuti favolistici e vacui dell'epica mitologica. e della tragedia. Dei, eroine, mostri, prodigi, tutto il patrimonio mitologico dava a Lucilio il senso di una cozzaglia di favolette infantili.
Sentite infatti come si diverte a dissacrare quelle immagini perfette di divinità e di figure femminili tipiche dei poemi epici, facendo anche il verso all'uso di grecismi nella lingua. Pensi forse che nessuna calli Plocamos e Callis Furos avesse i seni che le arrivassero alla pancia o addirittura all'inguine e che nelle altre, nella stessa Elena, non vi fosse qualcosa tipo una verruca, un neo, un brufo, un dente all'infuori. Insomma neanche le bellissime del mito si potevano sottrarre alla poetica del verum.
Un'ultima brevissima osservazione sulla lingua di Lucilio, sermo quotidianus, viene definita parlare comune, da cui anche sermones, cioè conversazioni, il termine con cui il poeta stesso designa le sue satire. Dunque, cos'è esattamente questo sermo quotidianus? Anche se lo intendiamo come parlare comune, esso era in realtà un tono, un livello medio, perché da un lato l'ontempo, dall'artificiosità delle forme letterarie elevate, ma dall'altro nemmeno appiattito sul banale livello del parlato di tutti i giorni.
Lucilio riproduce l'esuberanza espressiva del parlato anche mescolando latinismi e grecismi e usando tutte le tecniche del comico, ma lo fa alla luce della sua poetica realistica e anche, come vi ho spiegato, a scopo satirico e teologico. parodico. Tutto risulta però estremamente calcolato e studiato dalla sua sapiente mano di artista. Ed io vi aspetto al prossimo video, seguitemi e iscrivetevi al canale. A presto!