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L'omicidio di Giacomo Matteotti

Va bene, va bene, va bene. Grazie, buonasera. Avete notato fino a mezzanotte il firmacopio, vero?

Allora, noi siamo qui stasera per parlare del delitto Matteotti, non tanto di Matteotti, lui, ma proprio del delitto e del processo, dei colpevoli, dei mandanti, perché non è solo perché è l'anno dell'anniversario ovviamente, sono cent'anni dal 1924 e se ne è parlato tanto in tutta Italia, non è solo perché siamo in piazza Matteotti, viva Dio. Ma è davvero perché col tema del festival di quest'anno questa faccenda c'entra particolarmente bene. Il tema del festival di quest'anno è la gratitudine e per raccontare la gratitudine bisogna avere ben chiaro che cos'è e quindi anche che cos'è il suo contrario, l'ingratitudine. E la storia dei colpevoli del delitto Matteotti e di come è andato il loro processo. e dei loro rapporti con Mussolini.

È una storia, vedrete voi stessi, giudicherete voi stessi, ma mi direte, è una storia in cui il tema dell'ingratitudine c'entra in pieno. L'ingratitudine di Mussolini per questi uomini suoi, uomini suoi di fiducia, che erano convinti di averlo servito bene, togliendo di mezzo Matteotti. Ma anche l'ingratitudine di questi uomini che il fascismo aveva portato al potere, alla ricchezza e che poi, non appena si trovano nei guai, rinnegano, si scannano fra loro, ricattano, minacciano.

Una storia straordinaria, vedrete. In cui, appunto, l'unica cosa che dispiace è che sparisce un po'lui, Matteotti, che sarebbe un personaggio che meriterebbe, come dire, un'altra lezione per raccontare lui. Ma qui, invece, noi raccontiamo quelli che l'hanno ammazzato. Ed è una storia straordinariamente rivelatrice di che cos'era quell'Italia nei primissimi, o meglio non quell'Italia, il gruppo dirigente, chi comandava in Italia in quei primissimi anni del regime fascista. La storia comincia con le elezioni del 6 aprile 1924. Voi capite, è passato un anno e mezzo dalla marcia su Roma.

Da un anno e mezzo il cavalier Benito Mussolini è stato incaricato dal re di formare il governo. Da un anno e mezzo Mussolini è presidente del Consiglio, nonché ministro degli interni, degli esteri e della guerra, perché tiene tutto lui comunque. Formalmente nel 1924 il regime fascista non è ancora un regime, non è ancora una dittatura.

Voglio dire che ci sono ancora i partiti. compresi quelli di opposizione, i comunisti, i socialisti, c'è una stampa di opposizione, c'è un Parlamento dove si discute, ci sono le elezioni, salvo che tutto questo è sotto l'ombra della violenza, della violenza impunita degli squadristi, per cui c'è una stampa di opposizione, ma i giornalisti vengono regolarmente pestati o ammazzati e i giornali, le sedi dei giornali devastate. C'è un Parlamento, ci sono elezioni, ma tutto avviene sotto il segno del bastone, del manganello, dell'intimidazione.

Comunque il 6 aprile 1924 si va alle elezioni per la nuova Camera. Si vota solo per la Camera, sapete, il Senato è di nomina reggia. Siedono in Senato tutti gli italiani più illustri a vita nominati dal re. Elezioni per la Camera.

Il fascismo si è comunque garantito la vittoria in queste elezioni. Come ha fatto a garantirsi la vittoria? Il Partito Nazionale Fascista non si presenta alle elezioni da solo, ma con una lista nazionale vastissima, subito ribattezzata il listone, il listone Mussolini, che riunisce i fascisti quasi tutta la destra, ma anche i liberali, anche molti cattolici. Dopodiché la legge elettorale Voi sapete, perché lo vediamo anche noi in tutti i giorni, che manovrando la legge elettorale si riesce a condizionare i risultati in qualche misura. La legge elettorale è la legge acerbo.

che dà un premio di maggioranza, i premi di maggioranza sono cose di cui si discute anche oggi, il premio di maggioranza della legge acerbo è fatto in questo modo, se una lista arriva al 25% dei voti avrà i due terzi dei seggi in Parlamento. Basta un quarto dei voti per avere la maggioranza assoluta in Parlamento. Già che c'è, la legge Acerbo prevede che i partiti possano mandare squadre di loro simpatizzanti, leggi camice nere, a sorvegliare i seggi durante le operazioni di voto.

Si vota e va come deve andare, non c'era neanche bisogno della legge acerbo, il listone Mussolini prende il 60% dei voti e ha i due terzi dei seggi alla Camera. Il 30 maggio, quasi due mesi dopo le elezioni, la Camera si riunisce per confermare i risultati elettorali. e accogliere i nuovi deputati. Deve essere una giornata di festa per Mussolini, è la giornata che sancisce il suo trionfo.

Ma c'è un deputato che rovina la festa e quel deputato è Giacomo Matteotti. Giacomo Matteotti, deputato socialista, però... Come dire, chi ha la mia età si ricorda che i socialisti hanno sempre fatto una gran fatica a formare un unico partito e restare tutti insieme.

Le scissioni sono parte integrante della storia dei partiti socialisti. Nel 1924 ci sono due diversi partiti socialisti in Italia. Giacomo Matteotti è deputato di uno dei due, che ironicamente si chiama il Partito Socialista Unitario.

ed è nato da una scissione naturalmente, Partito Socialista Unitario, PSU, che Mussolini, il quale era un grande giornalista e ci sapeva fare in queste cose, chiama il PUS. e i suoi deputati naturalmente i pussisti. Giacomo Matteotti è deputato del Partito Socialista Unitario ed è, anche se ancora giovane, è un socialista di grandissima esperienza, è uno che si è fatto le ossa con le lotte dei braccianti nel Polesine, lui viene da quelle parti là, è uno che durante la prima guerra mondiale si è fatto degli anni di confino in Sicilia perché si opponeva alla guerra.

è un socialista appunto è socialista perché non è comunista è contrario alla dittatura sovietica, ai metodi di Lenin ma per il resto è un uomo di sinistra ed è un avversario integrale del fascismo e Matteotti quel giorno, il 30 maggio 1924 interviene alla Camera per fare l'elenco di tutti gli abusi, le violazioni, le illegalità, le violenze, i pestaggi, in qualche caso gli omicidi che secondo lui rendono non valide le elezioni. È un discorso documentato, preciso, pieno di fatti, di nomi. E'un discorso che dura un'ora e mezza, non perché Matteotti prevedesse di parlare così a lungo, ma perché parla continuamente interrotto alla Camera, dagli insulti, dalle grida dei fascisti.

Da ululati e minacce, col Presidente della Camera, un altro bel personaggio della storia d'Italia, Alfredo Rocco, grande giurista e futuro autore del Codice Rocco. cioè del codice penale fascista che come qualcuno ricorderà poi dopo la guerra l'Italia si è portata dietro ancora molto a lungo questo codice penale autoritario repressivo fatto da questo grande giurista fascista nazionalista e fascista che in quel momento è il presidente della Camera e che continuamente anche lui interrompe Matteotti dicendo onorevole stringa onorevole concluda Matteotti fa il suo elenco di violenze, di abusi, di intimidazioni, di brogli e conclude dicendo ma voi ci volete ricacciare indietro al tempo delle dominazioni straniere. È un'Italia che si ricorda ancora il risorgimento, l'hanno fatto i padri, alla peggio i nonni se lo ricordano ancora. Ci siamo appena liberati dagli austriaci.

E voi ci volete ricacciare indietro. Matteotti, bene o male, riesce a finire il suo discorso, torna a sedersi nei banchi della sinistra e si rivolge al deputato che è seduto vicino a lui, Cosattini, Giovanni Cosattini, e Matteotti gli dice adesso preparatevi a fare la mia commemorazione. Cosattini gli dice ma non prendere le cose tanto in tragico come reagisce Mussolini a questo discorso di Matteotti cosa sappiamo di come reagisce Mussolini beh intanto abbiamo delle testimonianze voi saprete che le testimonianze uno deve prendere per quello che sono cioè magari fossero sempre tutte noi abbiamo una testimonianza molto precisa di un grande uomo Emilio Lussu il quale dice che uscendo dall'aula quel giorno Mussolini ha detto ai deputati fascisti se voi non foste dei vigliacchi nessuno avrebbe mai osato pronunziare un discorso simile.

Naturalmente Emilio Lusso è un grande uomo, un grande antifascista, all'epoca è un deputato del partito sardo d'azione. E'anche un eroe di guerra, due medaglie d'argento, l'autore di un libro che chi ha la mia età ha letto già a scuola un anno sull'altipiano. E'un grande uomo Emilio Lusso, naturalmente anche un grande antifascista.

Va a sapere se davvero ha sentito quelle parole di Mussolini. Cosa possiamo sapere di più sicuro? Di testimonianze su cosa ha detto Mussolini quella sera ne incontreremo ancora qualcuna, ma non è ancora il momento. Io adesso vi dico invece cosa ha scritto Mussolini sul suo giornale. Il primo giugno Mussolini scrive sul Popolo d'Italia che alla Camera durante il discorso dell'On.

Matteotti la maggioranza, i fascisti, è stata fin troppo paziente, cito, l'On. Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio. E Mussolini dice un discorso, quello di Matteotti, che avrebbe meritato qualcosa di più di una risposta verbale.

Cioè, hanno gridato i nostri, hanno ululato, avrebbe meritato qualcosa di più. D'altra parte il tono era quello, eh. Un mese prima, 3 maggio del 24, Mussolini, capo del governo, aveva scritto sul suo giornale Il Popolo d'Italia che Matteotti era un mistificatore, un vigliacco e un ruffiano. e che non doveva poi lamentarsi Matteotti, cito tra virgolette, se dovesse capitargli di trovarsi un giorno o l'altro con la testa rotta, ma proprio rotta. Virgolette, fine della citazione.

Così scriveva sul giornale il capo del governo presidente del Consiglio del Regno d'Italia nell'anno di Grazia 1924. Se poi Mussolini quel giorno abbia detto ai suoi qualcosa di più preciso, ne riparleremo. Fatto sta che passano una decina di giorni. E il 10 giugno del 24, intorno alle 4 del pomeriggio, Matteotti esce di casa, abitava a Roma al Flaminio, via Pisanelli 40, esce di casa per andare a piedi a Montecitorio.

La mattina era stato a Montecitorio in biblioteca, è tornato a casa per pranzo. A quell'epoca tutti tornavano a casa per pranzo, nessuno mangiava fuori, c'erano in bar, la gente tornava a casa per pranzo dove la moglie aveva preparato il pranzo, la moglie o la cuoca, e poi tornava in ufficio al pomeriggio Matteotti esce verso le 4 per tornare a Montecitorio, in bocca il lungo Tevere Arnaldo da Brescia alla camera non c'è mai arrivato e quella sera non è tornato a casa subito non se ne è accorto nessuno tranne la moglie che la sera non vede che non ci sono i telefonini Matteotti la sera non torna a casa la moglie lo aspetta lo aspetta tutta la sera lo aspetta tutta la notte alla finestra non torna il giorno dopo 11 giugno La moglie di Matteotti decide che deve fare qualcosa. Da chi va la moglie di un deputato socialista che quella notte non è tornato a casa?

Va alla questura, no che non va alla questura, va al partito. Va al partito dai dirigenti socialisti e dice ma oh sapete qualcosa di mio marito? I socialisti che erano gente legalitaria, mica come i comunisti, i socialisti erano gente legalitaria, vanno in questura. a denunciare la scomparsa di Matteotti. Già quel pomeriggio Filippo Turati, che è il più famoso dei capi socialisti, scrive alla sua donna Anna Kulishov, che non è a Roma, per nostra fortuna, così loro si scrivono, e noi oggi abbiamo le loro lettere.

Turati, già quel pomeriggio dell'11 giugno, il giorno dopo la scomparsa, scrive ad Anna Kulishov e dice l'ipotesi più probabile e che sia stato vittima di un sequestro di persona, come del resto gli avvenne già nel Polesine. Vi dico subito di cosa sta parlando. Di un sequestro di persona, se non di peggio, scrive Turati. Ed è straordinario che Turati già quel primo giorno aggiunga «Certo non è verosimile che un delitto sia stato organizzato dal governo». ne risentirebbe troppo danno.

In altre parole, la prima cosa che viene in mente a tutti è che se Matteotti è sparito sia stato il governo che lo ha fatto sparire. Però poi Turati dice, ma figurati, uno scandalo simile, non sono mica scemi, non è possibile. Cosa voleva dire quando dice come già gli accadde in Polesine?

È una storia poco chiara, perché alla vigilia delle elezioni del 21, tre anni prima, dalle sue parti, nel Polesine, era stato rapito dagli squadristi, portato in aperta campagna e lì aveva subito delle violenze su cui non aveva mai raccontato niente di preciso. Però correvano molte voci, anche di violenze sessuali, da parte degli squadristi che l'avevano rapito. Tuttora non si sa se erano vanterie dei fascisti.

Comunque fatto sa che tutti sapevano che gli era successa questa cosa. Comunque è sparito, lo cercano. Per tutto l'undici e poi ancora il dodici si organizzano ricerche. Come sempre succede in questi casi, chi c'era si ricorda il delitto Moro.

Tutti i giorni l'hanno visto in quel posto, in quell'altro, il lago della Duchessa, battute, lo stesso per Matteotti, l'hanno gettato nel lago di Vico. Corrono al lago di Vico, non c'è niente. L'11, il 12. La sera del 12 Mussolini deve rispondere alla Camera perché tutti si stanno chiedendo cos'è successo a Matteotti. E Mussolini naturalmente alla Camera dice, ma credo che la Camera, cito eh, Sia ansiosa di avere notizie sulla sorte dell'onorevole Matteotti.

Dice Mussolini, non si può escludere un delitto. E se fosse un delitto, dice Mussolini alla Camera, non potrebbe non suscitare lo sdegno e la commozione del governo e del Parlamento. E il Mussolini per bene. L'assicurante legalitario che prende le distanze. Non tutti la bevono, Mussolini fa questo intervento, poi non parla più, la Camera continua a discutere ansiosamente, Mussolini non parla più.

Un deputato repubblicano Ci sono anche i repubblicani nel Parlamento del Regno d'Italia, naturalmente, è un paese democratico ancora. Un deputato repubblicano chiesa, visto che il dibattito va avanti e Mussolini non interviene più, il deputato chiesa grida, perché il governo non interviene? Tace! È complice!

Potete immaginare, rissa violentissima alla Camera, complice, volano le poltrone, seduta sospesa. Però sta di fatto che in quei due primi giorni, 11 e 12 giugno, alla camera nei corridoi si scherza anche un po'. Dice, ma chissà dove è andato Matteotti. Turati scrive alla Kulishov. No, conoscendo Matteotti è escluso che potesse, cito, trattarsi di un'avventura donnesca.

Se Turati lo esclude è perché gliel'hanno detto. Dice ma non è che Matteotti ha detto alla moglie vado a comprare le sigarette, poi ecco perché si sa come vanno queste cose. E il 12 giugno per l'appunto un giornale di cui riparleremo, che si chiama Il Corriere Italiano, il 12 giugno Il Corriere Italiano scrive che Matteotti, sembra una barzelletta, è uscito dicendo alla moglie che andava a comprare le sigarette.

che la moglie lo ha cercato nelle tabaccherie vicine e nessuno l'aveva visto e che non è la prima volta che Matteotti si allontana senza avvisare la moglie ecco tutto questo sul Corriere Italiano allora adesso mi spiace per voi ma vi devo fare una lezioncina su cos'era il Corriere Italiano perché vedrete che la cosa c'entra Mussolini l'anno prima, 23 Presidente del Consiglio da pochi mesi aveva deciso che voleva avere un giornale, ma lui aveva un giornale, il Popolo d'Italia, ma non basta, voleva avere un giornale indipendente che però fosse filo governativo e incarica un suo uomo di fiducia di organizzare la creazione di questo nuovo giornale. L'uomo di fiducia è un personaggio importantissimo di cui parleremo parecchio stasera, si chiama Aldo Finzi. Ed è in quel momento il sottosegretario agli interni, cioè il ministro dell'interno, perché il ministro sulla carta è Mussolini, ve l'ho detto.

Il suo sottosegretario che gestisce il ministero dell'interno è Aldo Finzi. Aldo Finzi che è un ragazzo di 32 anni, sono tutti giovani e vedrete i protagonisti di questa storia. Aldo Finzi è ebreo da parte di padre, invece la madre è cattolica. Appertiene all'alta borghesia veneta, anzi è del Polesine anche lui, è nato a pochi chilometri da dove è nato Matteotti nel Polesine, finzi è di grande famiglia, borghese, agrari, molto ricchi, ha sposato la nipote di un cardinale, benché sia ebreo, di nascita, ma di fatto è convertito, è stato pilota da caccia nella prima guerra mondiale. ha fatto il volo su Vienna, famoso con D'Annunzio, Aldo Finzi, è campione motociclista, un tipico giovane dell'alta borghesia moderna, modernissima, futurista di quell'epoca, ovviamente fascista della prima ora, deputato fascista fra gli organizzatori della marcia su Roma, a lui, al suo fedele sottosegretario Aldo Finzi.

Mussolini dà ordine e finanziamenti per fondare un nuovo giornale. Finzi si dà da fare, trova i finanziamenti ulteriori, chi finanzia? Gli industriali del nord, Milano, Torino, la Fiat, e crea un giornale che deve fare concorrenza al Corriere della Sera.

Il Corriere della Sera è il grande giornale d'opinione della borghesia italiana. Il nuovo giornale si chiamerà il Corriere Italiano. Fanno un bellissimo giornale, chiamano tutti gli intellettuali più in voga del momento, la terza pagina la dirige Ardengo Soffici, collaborano Prezzolini, Palazzeschi, Savinio, Cardarelli, Achille Campanile. Come direttore del Corriere Italiano mettono un altro personaggio che mi spiace dirvelo ma vi devo raccontare chi era, lo incontreremo. Si chiama Filippo Filippelli, è uno che è nato nel 90, anche lui ha 33 anni, 34 anni, tutti giovani.

Filippelli è un avvocato, giornalista, scrive sul Popolo d'Italia il giornale di Mussolini. Dopo la marcia su Roma è diventato segretario di Arnaldo Mussolini, sapete, il fratello intellettuale di Benito. Filippelli è uno che ha le mani in pasta in un sacco di affari, ha delle conoscenze tra gli industriali torinesi, genovesi, è uno che gestisce tangenti per il partito fascista e per il popolo d'Italia, che è diretto da Arnaldo Mussolini, tutto si tiene.

Filippo Filippelli viene fatto direttore di questo nuovo giornale. E il Corriere Italiano è il giornale che il 12 giugno, due giorni dopo la scomparsa di Matteotti, pubblica questo articolo dicendo sì, Matteotti le fa queste cose, ha detto alla moglie che andava a comprare le sigarette, si sa come sono queste cose. Ma intanto la Questura di Roma sta facendo indagini e le indagini si rivelano straordinariamente facili. Quello stesso 12 giugno, testimoni oculari raccontano quello che è successo.

In Lungotevere, Arnaldo da Brescia. C'era il passante, c'era l'inquilino che prendeva il fresco alla finestra. Hanno visto tutti. Cinque individui avevano sollevato e caricato su un'automobile un uomo che si divincolava e chiedeva aiuto, prendendolo a pugni.

L'auto si è diretta verso Ponte Milvio ed è sparita. Poi trovano due ragazzini che stavano giocando sul lungotevere. E i due ragazzini dicono, è certo che l'abbiamo vista la macchina, sono scesi in cinque.

E i ragazzini si erano avvicinati alla macchina, l'automobile è ancora un bene di lusso, capite, naturalmente, no? Però per i ragazzini è una cosa che ti attrae enormemente. Infatti i ragazzini sono andati, hanno visto questa macchina fermarsi, sono scesi questi cinque, i ragazzini vanno a vedere, dice, ci hanno allontanati bruscamente, dicendo toglietevi dai piedi.

Mentre gli altri testimoni hanno detto, ah, una bella macchina, i ragazzini sanno perfettamente che marca era. Una lancia lambda, bellissima, nera, elegante, chiusa. E poi dicono i ragazzini è arrivato Matteotti.

Dice come è arrivato Matteotti? Eh, loro sono del quartiere, lui abita lì, lo conoscono tutti. È arrivato Matteotti e lui, gli sono saltati addosso in due. Matteotti si è divincolato, ne ha buttato uno per terra, sono arrivati gli altri, l'han preso a pugni, in faccia, nella pancia, l'han caricato a bordo e sono partiti.

Dunque era una macchina, una lancia lambda nera. Ce ne saranno tante? Non c'è problema. Ci sono i portinai del casamento lì accanto che già la sera prima hanno notato quest'automobile che si aggirava nella zona.

Essendo portinai coscienziosi hanno preso il numero di targa. L'hanno poi rivista il giorno dopo. E'di nuovo lì la stessa macchina.

Numero di targa. Andiamo a cercare questa macchina, non ci mettono niente a trovarla. È un'automobile che appartiene a un garage che la dà in affitto. Ah, è stata data in affitto? Eh sì.

Quando? Qualche giorno fa, il 6 giugno. Ah, e chi l'ha presa in affitto?

Il direttore del Corriere Italiano, Filippo Filippelli. E'venuto lui a ritirarla? No, non è venuto subito, è venuto uno il 9 a ritirarla. Chi è? È un giornalista del Corriere Italiano.

che si chiama Amerigo Dumini. Questo Amerigo Dumini che è il principale personaggio del delitto Matteotti, è il capo di quelli che l'hanno ammazzato, anche se non è chiaro se l'abbia ammazzato lui di persona, forse no, ma comunque è il capo. Amerigo Dumini è un personaggio straordinario, è da romanzo. E uno, vabbè la cosa non vi stupirà, è giovane, certo, è nato nel 94, c'ha 30 anni. In quei trent'anni ha già fatto di tutto, perché è nato, pensate, negli Stati Uniti.

Il padre era un fiorentino, è emigrato lì, un pittore, la mamma inglese. Dumini è nato negli Stati Uniti, quindi ha la cittadinanza americana. Però poi sono tornati in Italia già prima della Grande Guerra. Scoppiata la Grande Guerra, lui si è arruolato volontario. Eroe di guerra, ferito, mutilato di guerra.

Nel dopoguerra si è buttato coi fascisti. ha fatto carriera fra gli squadristi, ha partecipato a parecchi omicidi. Secondo Emilio Lussu, che però lo sappiamo, insomma, è un antifascista, non ci si può sempre fidare, comunque secondo Emilio Lussu Amerigo Dumini amava presentarsi dicendo «Dumini, nove omicidi! » Formalmente però fa il giornalista al Corriere Italiano, questo galantuomo. E quindi ha la tessera della stampa, frequenta Montecitorio, nella tribuna dei giornalisti, è di casa al Viminale.

Il Viminale non è soltanto il Ministero dell'Interno come oggi, ma è anche la Presidenza del Consiglio. Tanto è sempre Mussolini, sia Presidente del Consiglio, sia Ministro. È di casa anche a Palazzo Chigi, dove all'epoca c'era il Ministero degli Esteri, ma tanto il Ministro è Mussolini. Dumini è di casa dappertutto, Mussolini lo conosce bene, lo vedono, pacche sulle spalle, caro Dumini come va? Tant'è vero che Dumini, oltre allo stipendio di giornalista del Corriere Italiano, prende anche un altro stipendio dalla Presidenza del Consiglio, dall'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, diretto da un altro galantuomo, di cui per adesso vi faccio solo il nome, ma ne riparleremo.

il capo dell'ufficio stampa del Viminale che si chiama Cesarino Rossi dunque Duminio è quello che ha ritirato l'auto il 9, il giorno prima eh sì Non solo, salta fuori subito, l'ha ritirata il 9 e la sera del 10 l'ha portata indietro, al garage, no, al Viminale. Quella sera lì è arrivato al Viminale con questa macchina, erano in cinque a bordo, i carabinieri di guardia li hanno identificati tutti e cinque, è andato a parlare con qualcuno e poi è ripartito. La questura, non potendo fare altro, spicca i mandati di cattura per Dumini, per gli altri quattro. E per Filippelli, direttore del Corriere Italiano, non trovano nessuno, tutti spariti. Però Domeni lo trovano, perché è rimasto un po'in ritardo, Filippelli è sparito proprio, lo beccano poi qualche giorno dopo e ne riparleremo.

I quattro compagnoni hanno preso un treno presto per il nord e sono andati a Milano. Domeni ha fatto un po'tardi, lo prendono la sera del 12 a Termini, che stava per salire sul treno per Milano anche lui. Lo arrestano e lo portano a Regina Celi.

Gli altri quattro, peraltro, li acchiappano nei giorni successivi al nord. E Domeni, fin dai primi interrogatori, racconta quello che è successo. E dice, sì, certo, l'abbiamo acchiappato noi, Matteotti. Volevamo dargli una bella lezione. Sto cretino ci ha morto di paura in macchina.

Ha avuto un malore. uno sbocco di sangue, effettivamente la macchina è piena di sangue gli è venuto un malore beh vi anticipo, perché non credo che arriveremo a parlarne dopo, che Dumini è stato poi processato di nuovo dopo la guerra dalla Repubblica Italiana e nel 47 al processo Dumini darà una versione diversa no no dice il mio braccio destro Albino Volpi si chiama l'ho appugnalato in macchina Matteo Ma noi non volevamo, solo che Matteotti si divincolava, gli ha tirato un calcio a Volpi, Volpi ha perso la testa e l'ha ammazzato. Questa è l'ultima versione di Dumini. Dopodiché dice, certo dovevamo liberarci del cadavere, hanno girato per la campagna romana in quel pomeriggio e sera del 10 giugno, cercavano un posto per bruciare il cadavere. Poi si sono resi conto che non era tanto pratico, meglio seppellirlo.

Vanno in un bosco, scaviamo un buco, non abbiamo niente, col cric della macchina scavano un buco, portano via la giacca, il passaporto, la borsa di Matteotti, lo ficcano dentro il buco, tornano a Roma e vanno al Viminale. Vanno al Viminale, poi da lì gli dicono, sgombrate, dove vanno? E vanno da Filippelli, direttore del Corriere Italiano, dove devono andare?

E'lui che ha preso la macchina. Filippelli si vede arrivare a questi cinque deficienti con la macchina piena di sangue, si mette le mani nei capelli e che facciamo della macchina? Per fortuna c'è il caporedattore del Corriere Italiano che ha un garage. Mettiamola nel tuo garage. Dove il 12 la polizia la ritrova.

Quindi la sera del 12 hanno tutti i nomi, hanno arrestato Domeni, hanno trovato la macchina. Quella notte... Ai vertici del governo italiano non dorme nessuno. A luna di notte al Viminale si tiene una riunione a cui partecipano quattro persone, due delle quali in seguito ci hanno raccontato di questa riunione, ciascuno a modo suo, perché che cose ho detto io e cosa ha detto lui, ognuno se lo ricorda a modo suo, ma che ci sia stata la riunione non ci sono dubbi. Chi sono questi quattro?

Quattro uomini ai vertici dello Stato italiano. Uno è Aldo Finzi, lo conoscete già, eroe di guerra e sottosegretario agli interni. Il secondo è il capo della polizia, il generale Emilio De Bono. De Bono è l'unico fra i protagonisti della nostra storia che non è più un ragazzo, c'ha 58 anni. ma ne dimostra di più, non so se vi ricordate le foto di De Bono alla marcia su Roma e uno dei quadrumbili della marcia su Roma, De Bono con una gran barba bianca anche lui eroe di guerra, generale dell'esercito, tre medaglie d'argento ha aderito al fascismo, Mussolini lo ha nominato capo della polizia e contemporaneamente capo della milizia cioè l'esercito privato ma riconosciuto e pagato dallo Stato del partito fascista.

De Bono occupa entrambe le poltrone, tutto il potere esecutivo ce l'ha lui. Il terzo uomo è Cesarino Rossi, il capo dell'ufficio stampa, uno di quelli che pagavano lo stipendio a Domeni, capo dell'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio. Cesarino Rossi è un, sì, giovane anche lui, non più giovanissimo, ha 37 anni, è uno che ha un passato come quello di Mussolini, Cesarino Rossi, è stato socialista, è stato un dirigente socialista, un sindacalista di sinistra. Poi nel 14, quando è scoppiata la prima guerra mondiale, come Mussolini si è buttato con gli interventisti e quindi è scivolato a destra.

Mussolini l'ha chiamato al popolo d'Italia. Nel 19, quando nascono i fatti, di combattimento, Cesarino Rossi è uno dei fondatori, è membro del Gran Consiglio del Fascismo, vice segretario del partito e capo dell'ufficio stampa della presidenza del Consiglio. Quindi Finzi, De Bono, Rossi. Il quarto uomo, vi devo infliggere anche lui, abbiate pazienza, ma spero sia l'ultimo, Giovanni Marinelli, è meno conosciuto, anche lui è un vecchio socialista, che però poi ha seguito Mussolini. Anche lui è tra i fondatori del fascio.

E adesso Giovanni Marinelli è il segretario amministrativo del partito fascista. Ripeto, badate, segretario amministrativo del partito fascista, l'uomo che maneggia i soldi, compresi i fondi neri. Questi quattro gentiluomini si incontrano a luna di notte al Viminale. sede della Presidenza del Consiglio del Ministero dell'Interno e discutono tutta la notte perché la situazione, dato che è stato arrestato Dumini, è drammatica. Perché la situazione è drammatica e di cosa hanno paura?

Hanno paura che Dumini parli e che si scopra l'esistenza di quella che veniva chiamata la ceca fascista. ovvero la cecca del viminale. Cosa vuol dire la cecca? Oggi non lo sa più nessuno, nel 1924 lo sapevano tutti.

La cecca era la polizia segreta di Lenin, era la polizia segreta del regime sovietico, era celebre nel mondo per le atrocità e così via. Tutti conoscevano questa sigla. I fascisti si sono fatti la loro cecca.

che però a dire il vero non è tanto una polizia segreta, è piuttosto una specie, oggi lo chiameremmo uno squadrone della morte. È un gruppetto di killer, di picchiatori, tutti reclutati fra gli arditi milanesi, seguaci più fedeli di Mussolini, quasi tutti anche delinquenti abituali, già schedati per rapina, furto e così via. Il capo è Dumini.

Gli altri sono sei o sette personaggi ben noti alle questure, i quali, grazie al Ministero dell'Interno e al Capo della Polizia, il Generale De Bono, sono tutti dotati di passaporti falsi, porti d'arme con nomi falsi, tessere di libera circolazione sulla rete ferroviaria, tutto rilasciato ufficialmente dalle autorità di pubblica sicurezza. Sono alloggiati a Roma, spesati di tutto. in un albergo in via del Corso, vicino Palazzo Chigi, e sono a disposizione.

Quando c'è bisogno di qualche missione speciale, basta dirlo al camerata Dumini. Ora, è un gruppo segreto la ceca fascista, ma mica tanto in realtà. Lo sanno anche quelli dell'opposizione, che i fascisti hanno questo gruppetto di killer.

Come facciamo noi a saperlo? Perché ne parla Turati nelle sue lettere alla Kulishov. Turati? Scrive alla Kulishov che ora che si parla della scomparsa di Matteotti salta fuori il nome, dice Turati, del famigerato Dumini, ispettore dei fascisti fuori ruolo, tipo Albino Volpi.

Albino Volpi è quello che secondo Dumini ha poi pugnalato Matteotti. I fascisti fuori ruolo, cioè insomma, segreti, no? Ma mica tanto segreti. Lo sanno tutti che ci sono, però un conto è sapere che ci sono e un conto è sapere che Mussolini ha ordinato lui la formazione di questo gruppo e che sono loro che hanno rapito Matteotti.

Quindi Finzi, De Bono, Rossi e Marinelli perché sono lì? Perché in realtà sono loro i capi del gruppo, sono loro che gestiscono la CK. E lo diranno tutte e due interrogati durante l'istruttoria, perché finiranno in galera tutti, eh, questi troppo un po'.

Tutti no, ma insomma, vedrete. Rossi e Marinelli diranno tutti e due, o meglio, voi capite. Rossi dirà il capo è Marinelli e Marinelli dirà il capo è Rossi, ma comunque è chiarissimo che tutti e due hanno le mani in pasta in questa cosa.

Rossi dice certo la nostra c'è qua, certo che esiste la nostra c'è qua e Marinelli chiedete a lui. In realtà noi abbiamo anche corrispondenza amministrativa e Marinelli mette i soldi e Marinelli che paga gli alberghi e tutto quanto a questa brava gente e Rossi è quello che trasmette gli ordini. Certo, siamo tutti spaventatissimi.

Se Dumini parla, si mette male. Ma la cosa più grave qual è? È il rischio che tiri dentro lui. Cosa hanno detto quella sera? Secondo De Bono, Rossi dice, bisogna farlo liberare Dumini.

L'hanno arrestato, fallo liberare. Tu sei il capo della polizia, fallo mettere fuori. Cito, se no quelli dicono tutto.

De Bono, che fa l'ingenuo, sostiene di aver detto, dicono tutto. Tutto cosa? E Rossi a questo punto gli avrebbe detto, ma che è il Presidente che l'ha ordinato. Secondo De Bono lui avrebbe risposto indignato, ma figurati se Mussolini c'entra con questa cosa.

Secondo Finzi, invece, De Bono, quando Rossi dice che è il Presidente che l'ha ordinato, secondo Finzi De Bono dice quel benedetto uomo non ha mai voluto ascoltare consigli di moderazione. Naturalmente a voi piacerebbe come piacerebbe a me sapere con certezza se Mussolini l'ha ordinato o anche solo se lo sapeva. Devo dire che oggi gli storici sono abbastanza convinti, come minimo che sapesse. A rigore proprio la prova in assoluto non c'è. Sembra più o meno sicuro che loro fossero convinti di fare un grande favore a Mussolini togliendo di mezzo Matteotti, ma la prova provata che Mussolini abbia detto espressamente fatemelo fuori non c'è, c'è un dettaglio.

che non vuol dire niente per quanto riguarda le certezze che noi possiamo avere ma che psicologicamente è interessante ancora vent'anni dopo a Salò Mussolini continuerà a dire io non centro, non sapevo niente Mussolini a Salò negli ultimi mesi della sua vita rilascia molte ore di intervista a un giornalista in cui è chiarissimo che sta costruendo la sua immagine per il futuro Non dico per i posteri, speravo ancora di cavarsela, però comunque per il futuro. E a questo giornalista Mussolini, che a Salò vuole consegnare alla storia la sua verità, dice io non c'entravo, non ne sapevo niente. Questo non significa che sia vero, ovviamente.

Però è interessante, era ossessionato ancora da questa cosa e voleva che si pensasse che lui non c'entrava a niente. Conta poco, nel senso che Mussolini ne ha già tante sulle spalle. Questa in più o in meno, onestamente, non è che cambi tanto, però sarebbe bello saperlo.

I nostri quattro a Palazzo Chigi, al Viminale, quella notte, sono tutti convinti che lui non solo sa, ma è lui che ci ha detto di farlo. E allora che facciamo? Far liberare Dumini dopo che è stato formalmente arrestato non si può.

Ma De Bono si precipita a Termini, dove Dumini è ancora trattenuto in attesa di trasferirlo a Regina Celi. De Bono, capo della polizia, si precipita a Termini, si chiude con Dumini in una stanza e parlano loro due da soli. Dumini, più tardi, ha i giudici che gli chiedono, che ti ha detto il generale De Bono?

Dumini dirà, mi ha garantito che... I miei amici non sarebbero stati arrestati e che anche a me mi avrebbero messo fuori al più presto possibile e mi ha detto, dice Dumini, il generale De Bono mi ha detto neghi, neghi, neghi io voglio salvare il fascismo quando Dumini racconta queste cose ai giudici tempo dopo è furibondo perché non l'hanno messo fuori è ancora dentro e sta per andare sotto processo tant'è vero che odia tutti Dumini in quel momento per la serie L'ingratitudine che comincia qui. Dumini è stato quel porco del generale De Bono che ci ha fatti arrestare.

Proseguiamo con L'ingratitudine. Cosa fa Mussolini? Mussolini, dopo pochissimi giorni, comincia a organizzarsi per farsi il vuoto intorno e tagliare i legami con tutti quelli che possono essere compromessi in questa faccenda. Il 14 giugno chiama a casa sua in via Rasella Ah già, perché Mussolini abitava in Via Rosella, dove c'è stato poi l'attentato nel 44, nello stesso palazzo Tittoni, davanti alla quale Sassà Bentivegna ha portato la bomba.

Abitava lì. E Mussolini chiama a casa sua, il 14 giugno, in Via Rosella, il capo dell'ufficio stampa, Cesare Rossi, e gli dice, caro Rossi, capirai che date le circostanze e devi fare un passo indietro. Dimettiti.

Lo stesso giorno chiama a casa sua il suo vice al Ministero dell'Interno, Aldo Finzi e gli dice caro Finzi capirai che a vista di circostanze devi fare un passo indietro, dimettiti. Cesare Rossi e Aldo Finzi capiscono subito che rischiano di pagare tutto loro. Mussolini ha bisogno di capri espiatori, li sta liquidando. Loro devono tutto a Mussolini, però anche lì la gratitudine reciproca non è proprio la massima delle loro qualità. Cosa fanno quel 14 giugno, tornando da casa di Mussolini, Cesarino Rossi e Aldo Finzi?

Ognuno va a casa e comincia a scrivere un memoriale in cui racconta tutto. Cesare Rossi scrive un memoriale in cui racconta della CK e dei crimini compiuti dalla CK per ordine di Mussolini, dice che lui, Cesare Rossi, non c'entra niente e... è che la colpa di tutto è Mussolini, anche per Matteotti, perché Cesare Rossi, ecco, l'unica testimonianza su cosa avrebbe detto Mussolini quel giorno famoso dopo il discorso di Matteotti alla CAM. Dobbiamo credergli e va a sapere.

E voi capite, questo è il mestiere dello storico. La gente ti dice, è successo questo? E tu dici, che faccio? Gli credo o non gli credo? Cesare Rossi dice, Mussolini quella sera mi ha detto.

Cosa fa questa cecca? Che fa a Dumini? Quell'uomo, Matteotti, dopo quel discorso non dovrebbe più circolare.

Questa è la verità di Cesare Rossi, il quale dice già altre volte Mussolini aveva ordinato di far fuori qualcuno. Ora Rossi scrive tutto questo nero su bianco in un memoriale, poi scrive una lettera a Mussolini. in cui gli dice che lui, Cesare Rossi, non intende fare il capo espiatorio di questa faccenda perciò ha scritto un memoriale e lo ha consegnato a persone di fiducia che lo pubblicheranno se a lui dovesse capitare qualcosa ma non dice mica capitare qualcosa, eh?

Cesare Rossi dice, il capo dell'ufficio stampa della presidenza del Consiglio che scrive al presidente del Consiglio E gli dice se il cinismo spaventevole di cui hai dato prova fino ad oggi ti inducesse a ordinare la mia soppressione fisica. Gli dice nero su bianco guarda che se mi fai ammazzare viene fuori tu. Peraltro il Memoriale Rossi salterà poi fuori, non si capisce come, ma alla fine dell'anno finirà in mano all'opposizione. e sarà pubblicato sul mondo di Giovanni Amendola, un altro di quelli che di lì a poco saranno ammazzati e abbastonati dai fascisti, ma sono gli ultimi giorni della libertà di stampa, non farà in tempo a cambiare le cose.

Questo è Cesare Rossi e Aldo Finzi, anche Aldo Finzi, tornato a casa, scrive un memoriale. Questo non lo conosciamo, non è mai saltato fuori, ma si sa che l'ha scritto, l'ha poi confermato suo fratello, dice il fratello, si si, Aldo ha scritto un memoriale, raccontava tutto della CK. che era Rossi, che lo gestiva e io, dice Finzi, finanziavo con i fondi del Ministero dell'Interno per ordine di Mussolini.

Dopodiché Finzi scrive questo memoriale, contatta una serie di giornalisti e di politici dell'opposizione dicendo guardate io ho depositato questo memoriale, se dovesse capitarmi qualcosa tiratelo fuori. Fa leggere il memoriale anche a un altro dei capi fascisti, Dino Grandi, vicepresidente della Camera. Dino Grandi è quello che nel 43 farà cadere Mussolini, ricordate, il Gran Consiglio, l'Ordine del Giorno, Grandi, ma adesso è un fedelissimo. A Dino Grandi, e sono compagnoni fino a quel momento, ma Finzi è stato appena licenziato, e a Dino Grandi Finzi dice, guarda...

ci sono sette copie diverse del mio memoriale, depositate in sette posti diversi. Se mi capita qualcosa, vedete che compagnia di galantuomini, anche lui, se mi capita qualcosa, il memoriale salterà fuori. Dunque. E Filippelli, direttore del Corriere Italiano, l'uomo che aveva affittato la macchina e poi l'aveva nascosta, Filippelli che è ricercato, è ricercato e latitante.

Filippelli va da Cesarino Rossi al Viminale chiedendogli cosa deve fare. Rossi gli risponde di cercarsi un avvocato. A questo punto Filippelli torna a casa e, la cosa vi stupirà, scrive un memoriale.

in cui racconta della ceca fascista diretta da Rossi, che sono loro che hanno assassinato Matteotti, che tutti sapevano tutto, De Bono, Finzi, Rossi, Marinelli e Mussolini era il mandante. Filippelli scrive che Dumini è sempre al Viminale, sempre con Mussolini e lui lui ha prestato una macchina degli amici. Anche questo memoriale di Filippelli ce l'abbiamo perché è saltato fuori, è stato pubblicato all'estero dai Rosselli nel 25 poi... No, no, all'estero, ancora a Firenze, proprio gli ultimissimi momenti della libertà di stampa.

Spelli, nascosto anche lui il suo memoriale, decide di fuggire all'estero. Non è così importante, ma ve lo racconto lo stesso, è una vita avventurosa quella di questa gente. Arriva a Nervi e il 17 giugno si imbarca su un motoscafo armato di pistola sperando di arrivare nel Principato di Monaco. Invece lo ferma la Guardia di Finanza a largo e lo riportano in manette a Roma.

Due giorni dopo il Corriere Italiano cessa le pubblicazioni. Mussolini non ha mica finito. Il 18 giugno convoca anche De Bono, capo della polizia, e gli fa dare le dimissioni da capo della polizia.

Lo stesso giorno viene mandato via il questore di Roma. Lo stesso giorno, il 18 giugno, è arrestato Marinelli come mandante. Il 22 giugno si costituisce Cesare Rossi. A questo punto sono tutti in galera. E il momento politicamente, voi capite, potrebbe essere terribile per il fascismo, perché l'impressione è veramente enorme.

Tenete conto che nessuno sa cosa è successo a Matteotti. Sì, Dumini in quei giorni, in quelle settimane, dice se sì, ci è morto in macchina, ma non l'ha mica trovato. Però la tensione è enorme nel Paese. Mussolini alla Camera è costretto continuamente a rispondere a interrogazioni su cosa è successo e se il Governo c'entra qualcosa. E Mussolini alla Camera dice, ma figuratevi, ma soltanto un nemico.

che per anni avesse pensato a fare qualcosa di diabolico contro di me poteva fare questo delitto per far ricadere la colpa su di me questo delitto dice Mussolini che ci percuote di orrore e ci strappa grida di indignazione però intanto dice conseguenze politiche però no perché conseguenze politiche il governo dimettersi e perché mai il governo non si dimette Il 13 giugno la moglie di Matteotti, Velia, va da Mussolini a Palazzo Chigi. Eccellenza, sono venuta a chiederle la salma di mio marito. Mussolini non si scompone, non si stupisce neanche che la moglie del rapito venga a chiedere a lui di restituirglielo.

Al contrario dice, signora, io vorrei restituirle suo marito vivo. Forse un filo di speranza c'è ancora. Nel partito fascista e in genere nella destra c'è chi comincia a dire che Mussolini farebbe meglio a dimettersi.

Ma il 16 giugno Mussolini è ricevuto dal re al Quirinale. Sapete che il Quirinale era la residenza del re, naturalmente, prima di diventare quella del Presidente della Repubblica. Vittorio Emanuele III riceve Mussolini al Quirinale, incontro cordialissimo. Mussolini ne esce molto rafforzato politicamente e devo dire che con tante cose che si dicono a carico di Vittorio Emanuele III, questa qua non viene mai menzionata, ma ha contribuito fortemente a aiutare Mussolini a uscire da quel momento potenzialmente pericoloso.

Pochi giorni dopo a Bologna Dino Grandi, sempre lui, convoca una grande adunata di fascisti, 50.000 fascisti in piazza a sostegno di Mussolini. E il 26 giugno Mussolini chiede la fiducia in Senato. e la ottiene quasi all'unanimità.

225 voti a favore su 252. La stragrande maggioranza dei senatori, anche non fascisti, in quel momento di sbandamento, di panico, decide di privilegiare la continuità e tutto, e vota a favore di Mussolini, anche Benedetto Croce. Senatore, e che poi diventerà di lì a poco uno dei leader dell'antifascismo, anche Benedetto Croce quel giorno vota la fiducia a Mussolini. Dirà fu un voto prudente e patriottico.

Avevamo paura della rivoluzione, con un'opposizione che invece si rivela purtroppo totalmente incapace. L'opposizione in quel momento non coglie l'occasione. L'opposizione è unita, anche se sono molto diversi fra loro, socialisti, democristiani, comunisti, però si riuniscono e in queste riunioni, a leggere i verbali di queste riunioni dell'opposizione in quei giorni di giugno del 24, c'è da restare sbigottiti vedendo i nomi, il livello dei nomi che c'erano. Il 13 giugno, alla prima grande riunione delle opposizioni a Montecitorio, presiede Bruno Buozzi. Sindacalista, famoso, anche lui sarà poi assassinato, lui dai nazisti, nel 44, Bruno Buozzi, alla vigilia della liberazione di Roma.

Tra i presenti c'è Amendola, che appunto due anni dopo morirà anche lui bastonato dai fascisti. C'è Gramsci, che morirà dopo anni di carcere. C'è Lussu, che abbiamo già raccontato, c'è Gronchi, che invece se la caverà benissimo e sarà Presidente della Repubblica nel dopoguerra. Ebbene, questa riunione di grandi personaggi, di grandi intelligenze, prende una decisione catastrofica. In questa situazione drammatica in cui il Governo traballa, noi, per ricattare il Governo, ci asteniamo dai lavori della Camera.

Ci ritiriamo, ce ne andiamo. Si chiamerà la secessione dell'Aventino. come i plebei nella storia di Roma al tempo di Menenio Agrippa.

L'Aventino è il nome con cui è passata la storia questa decisione delle opposizioni nei giorni roventi del delitto Matteotti, anziché stare in aula a interrogare tutti i giorni il governo. Noi ce ne andiamo, non partecipiamo ai lavori, illudendosi che in quel modo il governo non avrebbe potuto andare avanti. Invece il governo alla Camera ha la maggioranza assoluta.

Se ne frega del fatto che le opposizioni non sono presenti in aula e va avanti lo stesso. Anzi, proprio in quei giorni comincia a varare nuovi regolamenti che restringono la libertà di stampa e il 7 agosto al Consiglio Nazionale del Partito Nazionale Fascista Mussolini dirà il regime non si processa! che è come dire qualunque cosa possa venire fuori noi non ci assumiamo nessuna responsabilità e non ci saranno conseguenze politiche oh ragazzi io sto facendo lunga ma tagliamo corto è agosto sarà un caso ma sotto ferragosto camera chiusa la borghesia in vacanza tutti al mare ritrovano il cadavere di Matteotti Un cantoniere consegna ai carabinieri una giacca che ha trovato in un bosco, sporca di sangue, e la giacca di Matteotti vanno a scavare nella zona. Il giorno dopo Ferragosto lo trovano in questo bosco della Quartarella, a qualche decina di chilometri da Roma.

Ormai è decomposto, devono convocare il dentista di Matteotti per verificare che è proprio lui. E intanto gli inquirenti indagano. Perché c'è ancora una magistratura che in realtà non è interamente assoggettata dal governo. La magistratura va avanti e fa il suo lavoro. Interroga quelli che sono in galera, interroga quelli che sono rimasti fuori ma che hanno le mani in pasta, come il generale De Bono, ex capo della polizia.

De Bono, interrogato dagli inquirenti, parla a ruota libera. Dice, certo, Dumini ha avuto gli ordini da Mussolini, direttamente. Il testo della deposizione di De Bono finisce sui giornali di opposizione. Lo legge anche Dumini in carcere, commento di Dumini, De Bono è una vecchia prostituta. Lui invece, Dumini, nega tutto.

È un eroe, Dumini. Lui nega tutto, però manda segnali, scrive a Finzi, ex sottosegretario agli interni. Mi accorgo di essere abbandonato da tutti. Gli avevano detto che lo mettevano fuori, invece lo stanno processando.

Dunque mi difenderò, il tono è straordinario, è di queste lettere di Domeni che dice tutto senza dire niente, dunque mi difenderò e accuserò se sarà il caso facendo uso di documenti, cioè i documenti, attenti, e della mia memoria che è buona. Poi scrive al suo avvocato, sapendo benissimo che l'avvocato riferirà, guardi che va a finire male. Faccio pubblicare tutte le carte e allora saranno contenti.

E ancora dice al suo avvocato, guarda che a me mi hanno garantito l'immunità e se non me la danno parlo. Dopodiché Domeni però, ricattando, se la cava bene. Alla fine arrivano a un accordo, tu confessa che hai fatto tutto di tua iniziativa e andrà a finire benissimo.

Domeni ci sta, dichiara che l'iniziativa è sua e andrà a processo con questa accusa. Il 29 aprile del 25 passano molti mesi, l'inchiesta va avanti, il processo sarà poi alla fine del 25 ma il grande respiro di sollievo ai vertici del Paese e del regime è quando Dumini confessa, tra virgolette ho fatto tutto le mie iniziative, bravo Dumini, grande Dumini, il federale di Roma Italo Foschi gli scrive ho parlato di te molto in alto E ti assicuro che il tuo contegno è apprezzato moltissimo. Caro Dumini, sei un vero eroe, degno di tutta la nostra ammirazione. Così il federale di Roma Italo Foschi, a cui, detto fra parentesi, lo Stato italiano un paio di mesi fa ha dedicato un francobollo a 140 anni dalla nascita, perché fra le altre cose è quello che ha fondato la squadra di calcio della Roma. le persone hanno meriti e demeriti insomma, però fatto sta che questo francobollo dedicato a uno che diceva a Domini sei un vero eroe stride un pochino, ma chiusa parentesi, però il punto è che è finita perché Perché politicamente Mussolini ha deciso che a questo punto è abbastanza forte da non aver paura di niente e il 3 gennaio del 25 Mussolini va alla Camera dove fa il famoso discorso ai deputati fascisti perché l'opposizione è sempre sull'Aventino e non partecipa ai lavori e a una Camera occupata solo da deputati fascisti e del listone Mussolini fa il famoso discorso in cui dice assumo io Io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto, non sta parlando specificamente solo del delitto Matteotti, ma in generale quello che è successo in questi ultimi anni, è tutta responsabilità mia.

Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere. Così, Mussolini, alla Camera. E il 25, che comincia con questo discorso, è l'anno delle leggi fascistissime che trasformano lo Stato liberale in una dittatura.

Ed è anche l'anno del processo, a Dumini e agli altri quattro, perché Cesare Rossi, Marinelli, Filippelli, sì, erano indagati come mandanti, favoreggiatori, ma nel luglio del 25 il regime ha fatto una piccola amnistia per i reati politici. E quindi tutti fuori processano soltanto, adesso non la faccio lunga, sarebbe divertente anche questa storia qua del processo, che fanno a Chieti, perché a Roma il clima non è buono, no, no, lo fanno a Chieti che in quell'epoca non si può raggiungere praticamente, diciamo così. Il difensore di Duminio e degli altri è niente meno che Roberto Farinacci, famoso avvocato e segretario nazionale del partito fascista.

il quale come avvocato difende Dumini e gli altri al tribunale di Chieti dall'accusa di omicidio. Farinacci arriva a Chieti, accolto dalla banda municipale che suona Giovinezza e dichiara ai giornali che il processo non è contro quei poverini, Dumini e gli altri, è contro le opposizioni, contro quel Matteotti che era un pericoloso sovversivo e contro tutti quelli che in nome di Matteotti vorrebbero rovesciare il governo e così via. Farinacci trasforma il processo in una grande sceneggiata. Alla fine, Domenico e Volpi sono condannati per omicidio preterintenzionale. Non volevano ammazzarlo, gli è morto fra le mani.

Sono condannati a 5 anni e 11 mesi. Solo in tre sono condannati, gli altri due erano seduti davanti nella macchina e non hanno visto niente. Loro tre sono condannati a 5 anni e 11 mesi, certo.

Ma ricordate l'amnistia che era stata appena fatta? Ecco, per gli omicidi non valeva, ma se erano omicidi a sfondo politico prevedeva un certo sconto comunque, quattro anni di sconto. Cinque anni di condanna, quattro anni di sconto, uno l'hanno già fatto in galera durante l'inchiesta, vengono messi fuori subito.

Però per la serie della gratitudine Mussolini non è per niente grato a Farinacci per aver fatto assolvere Duminici, perché Mussolini a Farinacci aveva detto Nessun clamore, fate le cose senza rumore che non se ne parli. Farinacci ha fatto le cose in grande. Risultato, Farinacci risponde quando Mussolini lo sgrida, Farinacci gli risponde che lui sta facendo quello che bisogna fare perché Matteotti fu da vivo un gran porco. Mussolini, una settimana dopo la fine del processo, costringe Farinacci a dimettersi. da segretario del partito fascista.

Farinacci andrà nell'ombra per un po', poi, come sapete, tornerà in auge negli anni 30, sarà uno dei protagonisti dell'antisemitismo fascista e poi della Repubblica di Salò e sarà fucilato dai partigiani il 29 aprile del 45. Ma dato che parliamo di gente fucilata, chiudiamo andando a vedere cosa è successo a tutta questa gente di cui abbiamo parlato. E di nuovo la gratitudine c'entra, come vedrete. De Bono non è stato processato, inchiesta, interrogato a lungo, alla fine non messo sotto accusa, fa una grande carriera, è senatore del Regno, sarà governatore della Libia, ministro delle colonie, comandante durante la guerra d'Etiopia, maresciallo d'Italia, membro del Gran Consiglio del Fascismo. Come membro del Gran Consiglio del Fascismo, il vecchissimo ormai generale De Bono, il 25 luglio del 43, quella notte a Fosa, si trova a dover decidere se votare o no l'ordine del giorno grandi, benché fedelissimo a Mussolini non capisce tanto la situazione, si lascia convincere, vota l'ordine del giorno grandi che costringe Mussolini a dimettersi.

Ovviamente Mussolini se la lega al dito, De Bono sarà arrestato. dalla Repubblica di Salò, processato, condannato a morte e fucilato a Verona l'11 gennaio del 44 per ordine di Mussolini. Marinelli, il segretario amministrativo del partito, quello che metteva i soldi per Dumini e la cecca fascista, al contrario degli altri, interrogato dagli inquirenti, non parla, non fa nomi, non dice niente. Il Duce gli è molto grato, ridiventa segretario amministrativo del partito, deputato, sottosegretario, anche Marinelli per sua sfortuna facendo carriera diventa membro del Gran Consiglio.

Anche Marinelli il 25 luglio vota a favore dell'ordine del giorno grandi perciò Mussolini lo fa arrestare, condannare a morte e fucilare a Verona insieme agli altri. Ma il destino più straordinario è quello di Aldo Finzi. Aldo Finzi ha chiuso con la politica.

Non ci crede più e non lo vogliono più. È molto ricco, straricco di famiglia, diventa un grande industriale del tabacco, rimane fuori dalla politica, però vive pur sempre in Italia. Nel 38 escono le leggi razziali. Finzi è cattolico, ha sposato la nipote di un cardinale, ma è di famiglia ebraica. Non nasconde la sua opposizione alle leggi razziali.

Viene invisto con sospetto dal regime, nel 1941 finisce al confino, viene espulso dal partito fascista, Aldo Finzi, entra in contatto con esponenti dell'antifascismo, nel novembre del 1943 a Roma aderisce alla Resistenza, nel febbraio 1944 viene arrestato, incarcerato a Regina Celi. E poche settimane dopo, quando i tedeschi prelevano a Regina Celi 335 persone da fucilare alle fosse ardeatine come rappresaglia per l'attentato di Via Rasella, Aldo Finzi è uno di quelli che vengono portati alle fosse ardeatine. Il sottosegretario fascista del 24 con le mani in pasta nell'assassinio di Matteotti è uno dei martiri delle fosse ardeatine. Ora ditemi in quale altro paese possono succedere delle cose del genere.

Gli altri è un po'meno, chiudiamo davvero, è un po'meno drammatico ma sono sempre delle belle storie italiane. Cesare Rossi, assolto da tutte le accuse però ha perso il posto e ha paura e migra in Francia. Gli tolgono la cittadinanza italiana.

I fascisti mandano dei gruppi a pestarlo quando ci riescono, subisce delle aggressioni. Poi viene attirato con un tranello in Italia Cesare Rossi. arrestato dalla polizia fascista, condannato a 30 anni di carcere dal Tribunale Speciale.

Ne fa undici, poi esce, va al confino, esce di nuovo, sarà di nuovo arrestato e processato nel dopoguerra per il delitto Matteotti, ma assolto. Ma notate il dettaglio, è stato attirato con un tranello in Italia. Filippo Filippelli, ex direttore del Corriere Italiano, espulso dal partito, sottoposto a vigilanza dalla polizia, radiato dagli ordini degli avvocati.

A questo punto, non sapendo più come campare, si rivolge alla polizia segreta fascista dicendo io ho tante conoscenze fra gli antifascisti, vi posso aiutare? Dice ci aiuti a catturare Cesarino Rossi? Certo che vi aiuto, è lui che organizza il tranello con cui Cesare Rossi viene fatto tornare in Italia. Grazie a questo Filippelli riceve di nuovo la tessera del partito e un milione di lire. Poi però viene di nuovo arrestato per furto.

8 anni di prigione, ma lo liberano per indulto nel 1934, è l'Italia fascista, ma è sempre l'Italia naturalmente. Svuota carceri, lo mettono fuori, diventa amministratore di un'azienda, nel 1938 fa bancarotta fraudolenta, scappa all'estero, in Belgio, a Bruxelles, contatta la polizia segreta fascista dicendo io ho tante conoscenze fra gli antifascisti, se volete vi aiuto, gli dicono no grazie. Anche lui nel 1947 è di nuovo arrestato, di nuovo processato per il diritto Matteotti, amnistiato stavolta. Ultimo, Dumini. Qui la gratitudine c'è come?

Perché Dumini l'hanno messo fuori, avete visto, l'hanno condannato, per carità, l'hanno condannato, omicidio preterintenzionale, però tra una cosa e l'altra è subito fuori. Dopodiché contatta Marinelli e dice adesso però voglio i soldi. E i soldi arrivano.

Gli danno una montagna di contanti. un mensile di 5.000 lire, è l'epoca in cui gli italiani cantavano se avessi 1.000 lire al mese, a lui gli danno 5.000 lire al mese ma non gli basta, lui è americano, sa come funziona il mondo moderno, prende contatti con un editore americano proponendo la pubblicazione delle sue memorie e comincia a dire in giro che lui ha preso 5 anni ma Mussolini ne meritava 30. Ora sa come funziona il mondo ma si è dimenticato come funziona l'Italia. Lo arrestano per porto abusivo d'armi. Lo condannano a un anno o due mesi ma viene graziato dal re. Dumini è scomodo, molto scomodo, bisogna tenerselo buono.

Si trasferisce nelle colonie in Somalia. Lì lo arrestano di nuovo, cinque anni di confino. Dal confino scrive Dumini a Emilio De Bono che è rimasto un grande gerarca, dicendogli, anche qui abbiate pazienza, io ho scritto un memoriale, ma siccome lui è americano ha consegnato il memoriale a uno studio legale del Texas, più al sicuro di così non potrebbe essere, e lui dice a De Bono guarda che lì ci sono i documenti compromettenti, dice per Mussolini, no per te De Bono, lo liberano subito dalla prigione, si trasferisce in Libia.

riceve contratti, appalti, finanziamenti Italo Balbo, governatore della Libia, è costretto a scrivere a Mussolini dicendo toglimi dalle scatole Dumini perché non ne posso più si vuole arricchire a tutti i costi, disturba, sta facendo un sacco di soldi poi arriva la guerra e le nostre colonie vengono invase dagli inglesi Dumini, che è americano e parla perfettamente inglese, decide di restare con gli inglesi mi capirò benissimo Gli inglesi lo prendono per una spia, lo arrestano e lo condannano a morte. Viene fucilato e colpito, dice la leggenda, ma qualcuno dice che è proprio documentato, da 17 pallottole, non muore. Sopravvive, riesce a scappare di nascosto, a raggiungere le truppe di Rommel, che lo accoglie come un eroe. lo fa rimpatriare, viene rimpatriato in Italia come un eroe del fascismo.

Nel 1947 inevitabilmente viene processato anche lui di nuovo. Stavolta lo condannano all'ergastolo. Uno dice, eh, però c'è l'amnistia togliati, l'ergastolo diventano 30 anni.

Si fa effettivamente sei anni di prigione, nel 1953 c'è l'amnistia Pella, condono totale, viene messo fuori. Anno dopo la Cassazione annulla il condono, lo arrestano di nuovo, finisce di nuovo in galera. Nel 1956 viene graziato. Amerigo Dumini morirà nel 1967, ha 73 anni. perché è caduto in casa mentre giocava col suo cane.

Quanto a Matteotti, il 19 agosto del 24, dopo il ritrovamento del cadavere, è partito da Roma il treno speciale che trasportava la bara a Fratta Polesine per i funerali. Il treno parte alle 6 di sera e viaggia tutta la notte per disposizione del governo, per evitare che la gente si affolli alle stazioni. Arriva comunque a Fratta Polesine dove partecipano migliaia di persone.

ai funerali, poi per vent'anni di lui non si parla più naturalmente. Si ricomincia a parlarne durante la Resistenza, quando le formazioni partigiane organizzate dal Partito Socialista si chiamano appunto Brigate Matteotti, poi nel dopoguerra in tutte le città italiane, piazze, vie, vengono dedicate a Matteotti, ogni tanto se ne parla, ogni tanto meno. Quest'anno se ne è parlato tanto, tanto da dare l'impressione che l'Italia sia ancora capace di gratitudine verso chi si è fatto ammazzare in quel modo per difendere la libertà del paese io spero che sia vero che l'italia ne è ancora capace grazie Grazie a tutti, buona serata.