In questo video analizzeremo le trasformazioni che ha subito il modello atomico, passando per Democrito, Dalton, Thompson, Rutherford e Bohr. Se ti interessa invece conoscere la forma dell'atomo oggi, guarda il nostro video sulla struttura dell'atomo. Trovi il link in descrizione e qui in alto nelle schede. Nel caso in cui vi interessasse solo una parte del video, potete trovare i riferimenti cronologici in descrizione e nel primo commento. Democrito La prima teoria atomica di cui abbiamo traccia è quella di Democrito di Abdera, IV secolo a.C., il quale riteneva che la materia non fosse infinitamente divisibile, cosa che è invece possibile per gli elementi matematici, ma che si giungesse a delle particelle fondamentali non divisibili ulteriormente.
Queste particelle, che egli chiamò atomi, termine che significa indivisibili, erano caratterizzate dal fatto di essere eterne, immutabili, indivisibili, prive di qualità sensibili. Bisognerà aspettare ben 22 secoli per ritornare a parlare di atomi, ma questa volta in maniera puramente scientifica con John Dalton. John Dalton. Lo scienziato inglese John Dalton, vissuto tra il 1766 e il 1844, alla luce delle tre leggi ponderali formulate da Proust, Lavoisier e degli stessi, Ritenne che fosse necessario immaginare la materia come composta da atomi, poiché questo sarebbe stato l'unico modo per spiegare la validità delle tre leggi ponderali.
Se ti interessa approfondire questo argomento, guarda il video sulle leggi ponderali. Trovi il link in descrizione o qui in alto nelle schede. Egli riteneva che gli atomi fossero indivisibili, inalterabili, indistruttibili, ingenerati. Lo scienziato inglese sosteneva che gli atomi di una stessa sostanza, semplice, fossero tutti uguali tra loro e che differissero dagli atomi di altri elementi solamente per caratteristiche come la dimensione e il peso. Dalton sosteneva, inoltre, che le reazioni chimiche fossero dovute all'unione e alla separazione di atomi tra di loro.
La struttura atomica di Dalton è molto diversa da quella che oggigiorno è accettata. Infatti il modello dello scienziato inglese non presentava alcuna particella subatomica. ma solamente una piccolissima sfera densa di materia ed elettricamente neutra. Joseph John Thomson Elemento fondamentale per la formulazione del modello atomico di Thomson fu una delle scoperte fatte da egli stesso.
Infatti nel 1897 scoprì l'elettrone, una scoperta grandiosa per l'epoca, poiché l'elettrone fu la prima particella subatomica ad essere scoperta. Egli scoprì l'elettrone utilizzando un tubo di Crux, che consiste in un tubo chiuso di vetro, con un anodo e un catodo posti all'estremità. Il tubo è riempito con gas a bassa pressione e, quando la corrente elettrica ad alto voltaggio lo attraversa, si generano dei raggi fluorescenti, che vengono chiamati raggi catodici.
Thomson inserì il tubo di Crux tra le armature di un condensatore, che funziona, di fatto, come una calamita. Si accorse che, facendo ciò, il raggio luminoso deviava verso l'armatura caricata positivamente. Da questo dedusse che quei raggi dovevano essere composti da particelle cariche negativamente, che egli chiamò elettroni. Il nome elettrone deriva dal greco electron, che significa ambra. Tale nome è storicamente dovuto al fatto che l'ambra ebbe un ruolo fondamentale nella scoperta dei fenomeni elettrici.
Se ti interessa approfondire gli esperimenti che hanno portato alla scoperta delle varie particelle subatomiche, guarda il nostro video. Trovi il link in descrizione e qui in alto nelle schede. Grazie alla scoperta dell'elettrone. Thomson poteva formulare un nuovo modello atomico che includesse l'elettrone.
Dato che l'atomo risulta elettricamente neutro, alla carica negativa degli elettroni doveva essere contrapposta un'uguale carica positiva, in modo che si potessero bilanciare e, nel complesso, l'atomo risultasse neutro. Thomson immaginò quindi l'atomo come una sfera carica positivamente, nella quale erano incastonati gli elettroni, formulando così il cosiddetto modello a panettone. Ernest Rutherford.
L'esperimento di Rutherford consistette nel bombardare una sottilissima lamina d'oro di 0,01 mm di spessore con delle particelle alfa, atomi di elio privati di due elettroni. In questo modo le particelle alfa hanno carica doppiamente positiva. Intorno alla lamina d'oro, Rutherford posa uno schermo di solfuro di zinco in grado di evidenziare le particelle alfa che altrimenti sarebbero completamente invisibili all'occhio umano.
Bombardando la lamina d'oro, si accorse che la maggior parte delle particelle le attraversava senza subire alcuna deviazione, mentre alcune particelle venivano deviate, e altre ancora venivano deviate di un angolo superiore ai in percentuale 1 su 8000. Da ciò dedusse che gli atomi dovevano essere composti per la grande maggioranza da spazio vuoto, perché la maggior parte delle particelle riusciva a passare, mentre doveva esserci una piccola parte di materia concentrata e caricata positivamente, che rispingeva o deviava le particelle alfa. Infatti, secondo il modello atomico di Thomson, le particelle alfa avrebbero dovuto attraversare praticamente indisturbate la lamina d'oro. Ma ciò non accade, perché a livello statistico, la probabilità di ottenere una deviazione superiore ai è quasi nulla. Il modello atomico di Rutherford prevede, quindi, una struttura caricata positivamente posta al centro e circondata da elettroni liberi di muoversi, ed è per questo che il suo modello atomico viene detto planetario.
Rutherford ancora non conosceva i protoni, e quindi immaginava questo nucleo centrale come un'uniforme massa caricata positivamente. Niels Bohr Lo scienziato danese Niels Bohr, vissuto tra il 1885 e il 1962, riteneva che il modello atomico di Rutherford presentasse un paio di lacune. La prima, secondo le leggi dell'elettromagnetismo, l'elettrone in orbita intorno al nucleo avrebbe dovuto perdere energia, andandosi inevitabilmente a schiantare nel nucleo, cosa che non accade. La seconda, questo modello atomico non spiegava lo spettro di emissione degli elementi chimici. Allora Bohr si interrogò sulle caratteristiche e sulle cause dello spettro di emissione degli elementi chimici, in particolare dell'idrogeno, che...
Essendo l'elemento più semplice, è anche il meno complesso da analizzare. Questo è lo spettro di emissione dell'idrogeno, e possiamo subito notare che è uno spettro di emissione a righe, in quanto presenta uno sfondo nero intervallato da delle ben definite linee di colore, che rappresentano la specifica frequenza della luce visibile. Queste linee evidenziano che l'idrogeno emette energia sotto forma di onde elettromagnetiche. Conclusi i suoi studi sull'idrogeno, sia nello stato stazionario, anche detto ad energia minima, sia in quello eccitato, ricavò due postulati. Il primo, negli atomi gli elettroni normalmente non emettono onde elettromagnetiche, poiché si muovono solo lungo orbite privilegiate o stazionarie, caratterizzate ognuna da una ben definita quantità di energia.
Il secondo, negli atomi eccitati si verificano emissioni di energia sotto forma di onde elettromagnetiche, solo quando un elettrone salta da un'orbita stazionaria a energia maggiore a un'altra energia minore. Con questi due postulati Bohr risolvette i due problemi che secondo lo scienziato danese la teoria di Rutherford aveva. Infatti, secondo questi due postulati e secondo le sue ricerche, gli elettroni sono disposti lungo orbite stazionarie ad energia quantizzata, ovvero definita. Ciò però non spiegava ancora da cosa fosse determinato lo spettro di emissione.
Quindi Bohr ipotizzò che quando un atomo viene eccitato tramite calore o elettricità, i suoi elettroni possano saltare in un'orbita ad energia maggiore. L'elettrone immediatamente ritorna alla sua orbita stazionaria ad energia minima e, durante questa transizione di ritorno, emette l'energia precedentemente acquistata, sotto forma di quanti di energia, luce di frequenza determinata. Queste frequenze di luce emessa corrispondono esattamente alle frequenze delle bande colorate dello spettro di emissione. Bohr elaborò due formule che permettevano di calcolare i valori del raggio Rn e l'energia En di un'orbita stazionaria qualsiasi, che assume con ciò il significato di livello energetico. Le potete vedere scritte qui.
Quindi l'atomo di Bohr si presenta con un nucleo centrale molto denso e caricato positivamente, attorno al quale ruotano gli elettroni su delle orbite circolari concentriche, fisse e quantizzate, la cui energia aumenta all'aumentare della distanza dal nucleo. Vi è però un altro cambiamento che è avvenuto nei modelli atomici, ed è quello riguardante la composizione e la struttura del nucleo. Infatti fu il fisico tedesco Eugen Goldstein, nel 1886, ad introdurre una particella subatomica presente nel nucleo e avente carica positiva, che egli chiamerà protone.
Saranno poi esperimenti futuri ad evidenziare come il loro numero caratterizzi un determinato elemento chimico. stabilendo, cioè, una relazione indissolubile tra il numero di protoni e uno specifico elemento chimico. Fu invece il fisico inglese James Chadwick ad introdurre nel 1932 un'altra particella subatomica presente nel nucleo, ma questa volta priva di carica, a differenza del protone.
Perciò decise di chiamarla neutrone. I neutroni risulteranno utili a spiegare alcuni fenomeni allora sconosciuti. come gli isotopi. Il video finisce qui, ricordati di lasciare un like se il video ti è piaciuto ed iscriverti al canale e attivare la campanella se vuoi altri contenuti di questo genere. Ricorda inoltre di condividere il video con i tuoi compagni che faticano con gli stessi argomenti.
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