Transcript for:
Vita e Pontificato di Celestino V

Il sabato, allora vespertina, dopo aver recitato l'ultimo salmo, lodate il Signore nei Suoi Santi, con un fil di voce che a stento si poteva udire, sopraffatto dalla malattia fisica. Non appena egli ebbe detto, ogni spirito loderà il Signore, la sua anima santa fuggì dal corpo, salendo a Dio per essere lodata in eterno con tutti i Santi. Era l'anno 86esimo della sua vita, nel giorno 19 del mese di maggio. L'addio alla visse, ma secondo le cronache del tempo, venne comunque accompagnato da un evento prodigioso, mentre l'anima del santuomo Prendeva senza esitazioni la strada per il paradiso. In cielo apparve una croce luminosa di fuoco che si trattenne a lungo sul castello dove, da dieci mesi, era prigioniero uno dei personaggi più controversi ed enigmatici del Medioevo, Papa Celestino V. Si chiudeva così nel segno del soprannaturale. Un'esistenza segnata dal mistero fin dalla nascita e anche dopo la morte. Da secoli molte domande accompagnano le azioni di un uomo, famoso soprattutto per il ritratto severo che ne avrebbe fatto un suo contemporaneo, Dante Alighieri. Infatti la tradizione vuole che nella Divina Commedia Celestino V sia stato collocato nel girone degli ignavi. Era un ingenuo o un abile politico? Voleva davvero a Rino? Che rapporti ebbe con i Templari? Chi lo voleva? Perché accettò? E perché poco dopo lo rifiutò? Perché scelse di chiamarsi Celestino? Perché il suo successore aveva paura di lui? Come è morto? Perché non ha potuto riposare in pace? Qual era il suo vero? Si contendono i Natali del futuro Papa e Santo, due località di quello che oggi chiamiamo Molise. Sant'Angelo Limosano, lontano da Campobasso, e Isernia. Entrambe con qualche ragione, ma nessuna prova c'è. Anche la data di nascita resta nel 1200. Pietro nasce comunque in una famiglia con... ma non poverissima. ...iranno a far studiare. Nasce undicesimo dei dodici figli di Angelerio e Maria. La vita del piccolo Pietro è segnata fin dai primi anni da una vocazione religiosa che lo porta ben presto a scegliere la vita monacale. Entra nell'ordine benedettino. La sua vera vocazione è infatti l'eremitaggio. Ama vivere da solo, con pochi confratelli, in una grotta o in un luogo scomodo e impervio, lontano dal mondo. Per lui vivere vuol dire... pregare molto e dormire. Semplicità e austerità. Queste due parole caratterizzano la vita del futuro Celestino V, una vita che corre lungo un secolo problematico. Tra il 1217 e il 1270 vennero organizzate almeno cinque crociate, mentre le tensioni tra papato ed impero, specie con Federico II di Svevia, portarono a ripetuti momenti di crisi. In questo contesto si svilupparono poi molti gruppi religiosi spontanei che a volte sfociavano i movimenti eretici, a volte i nuovi ordini monacali con orientamenti molto diversi. Tra i molti monaci inquieti del 200 c'è anche Pietro Angelerio, la cui fama cresce tra le valli e i monti del centro Italia. Pietro è un'eremita per vocazione. La lista dei luoghi dove si rifugia è lunga. Nelle vicinanze di Sulmona, Sulmonti, Pelleno, Murramayella, ancora oggi si possono visitare gli eremi che hanno ospitato il futuro Papa e i pochi compagni che volevano e potevano condividerne le condizioni di vita estreme. L'eremo di San Bartolomeo a Rocca Morice, quelli del Santo Spirito, di San Giovanni, di Sant'Onofrio. Ma i luoghi dove visse Pietro del Morrone sono stati molti di più. visto che era costantemente in fuga dalla gente che lo cercava per chiedergli aiuto. Infatti ben prima di diventare Papa, Pietro del Morrone era considerato un santo, un santo guaritore. Lui assiccava delle erbe, faceva delle croci intrecciate con i vimini, che poi dava alle persone da bere magari con queste polverine, no? Quindi era quasi un guaritore a Grest, quasi un guaritore di campagna. Figlio della cultura contadina. Pietro Angeleri è un uomo che non vuole calarsi nel suo tempo, ma che desidera più di ogni altra cosa immergersi nella natura. Un punto di forza che al tempo stesso si rivelerà anche un punto debole. Per tutta la vita Pietro ha tentato di fuggire dalla realtà politica del suo tempo, non meno di quanto cercasse di evitare i tanti pellegrini che ricorrevano a lui nella speranza di un miracolo. Su entrambi i fronti ha fallito. Per quanto tentasse di inerpicarsi sempre più in alto sulle sue montagne, la storia correva più veloce di lui e quando non correva, trovava comunque il modo di metterlo all'alto. Nel 1274, già anziano, Pietro Angeleri, ormai più noto come Pietro del Morrone, deve intraprendere il suo viaggio più lungo, quello per Lione, dove Papa Gregorio X ha convocato un concilio in cui si prenderanno decisioni che possono riguardare anche il piccolo ordine che Pietro ha fondato, l'ordine dei frati di Pietro da Morrone, e che passerà alla storia come l'ordine celestiniano. L'eremo del Morrone dista da Lione circa 1200 km, una distanza che Pietro affronta con due confratelli. L'obiettivo è quello di ottenere dal Papa il riconoscimento per il suo ordine prima che sia troppo tardi. Si dice che durante questo viaggio Pietro si è entrato in contatto con i Templari, che protessero il suo cammino, lo ospitarono a Lione e perorarono la sua causa presso il Papa. Alla fine Gregorio X accontentò Pietro del morrone. Ma è difficile dire se davvero ci furono stretti rapporti tra il frate Remita e i Templari. Forse Celestino V ebbe a che fare con i Templari. Gli indizi in tal senso sono tanti e diversi e quasi tutti hanno a che vedere con l'Aquila, città cui Celestino V era molto legato, come vedremo. Queste sono le mappe di Gerusalemme e dell'Aquila. Uno storico del 600 ha fatto notare la somiglianza tra le due piante e ha ipotizzato che l'Aquila sia stata costruita facendo riferimento alla pianta di Gerusalemme, che è proprio la città in cui nasce l'Ordine dei Templari. Tra poco continueremo a parlare dell'Aquila e dei misteri su Celestino V. Sofarexia 299 euro. Ad Atlanti dei ritratti, oggi stiamo parlando di Pietro di Moro. Al suo nome è legata la nascita della più grande chiesa d'Abruzzo, Santa Maria di Corso. Fatta edificare, qui la vediamo. che andavano ad accettare. Qualche anno la dinastia francese aveva perduto il controllo della Sicilia in seguito alla rivolta del 200. Era stata la scintilla di una rivolta che covava da tempo soprattutto per la pesante politica fiscale. Cacciati li angiò dall'isola. I siciliani avevano offerto la corona di Sicilia a Pietro III d'Aragona, cui seguì il figlio Giacomo II. Fu Giacomo a concordare la restituzione dell'isola a Carlo II d'Angiò, in cambio della Sardegna e della Corsica. Un trattato che aveva bisogno di essere ratificato dal Papa. Ma c'era un problema. A Roma non c'era nessun Papa. Il vuoto di potere che seguì alla morte di Papa Niccolò IV Fu uno dei più lunghi della storia della Chiesa, quasi 28 mesi. Già nei decenni precedenti, si era visto che la norma che prevedeva una maggioranza di due terzi per eleggere il nuovo Papa, non facilitava le cose. In ogni conclave, poi, i contrasti tra famiglie romane, sovrissini e colonna, aggiunti alle pressioni imperiali e dei sovrani di Francia e Spagna, lunghi periodi di impasse, per cui, nell'aprile 1292 in conclave a Roma, i veti incrociati durarono per mesi, anche quando il conclave si spostò, a causa della peste, a Perugia. Si arrivò così al marzo 1294, quando avvenne un fatto clamoroso. Contro ogni regola, Carlo II d'Angiot entrò in conclave. per chiedere ai cardinali di eleggere finalmente un pontefice che potesse ratificare il suo accordo con gli aragonesi. Ma per le proteste del cardinale Caetani, il sovrano si dovette allontanare dal conclave. Uomo d'orse, Carlo II d'Angio non si diede per vinto, e una volta lasciata Perugia, diretto a Napoli, fece una deviazione verso una località sperduta. dove la grande politica non era solida passare. L'eremo di Sant'Onofrio al Morrone, ma lo scopo del re, era proprio quello di incontrare Pietro del Morrone. Era il 6 aprile 1294. Successivamente a questo passaggio e a questo incontro tra Celestino, tra ancora Pietro del Morrone e Carlo d'Angioa, c'è una lettera che Pietro del Morrone invia ai cardinali chiusi nel conclave. Anche questo... è un'irregolarità perché non dovrebbe entrare nemmeno una lettera dall'esterno nel conclave. In questa lettera Pietro del Morrone profetizza gravi sventure per la Chiesa se i cardinali non avessero trovato un accordo ed eletto un nuovo pontepice. C'è quindi un intervento diretto di Celestino, ovvero di Pietro del Morrone, sul conclave, che è quasi un'autocandidatura. Alla fine il piano di Carlo D'Angio sembra funzionare. I cardinali votano alla unanimità Pietro del Morrone, che ha tutte le caratteristiche per poter sbloccare la situazione e far contenti tutti. È fuori dai grandi giochi di potere delle famiglie romane, gode di gran prestigio personale, per molti è addirittura un santo, ma soprattutto è molto anziano, anzi è molto vecchio, per cui non vivrà ancora a lungo, giusto il tempo necessario per dar vita a nuovi equilibri. Nel medioevo il tempo correva lento. La lettera di Pietro scuote il conclave, ma la sua elezione arriva solo il 5 luglio, cioè tre mesi dopo la visita di Carlo D'Angio al Morrone. Poi ci vogliono sei giorni perché una delegazione che deve comunicare ufficialmente l'elezione lasci Perugia, è una settimana ulteriore per raggiungere l'eremo di Santo Spirito. Quindi solo il 18 luglio 1294. Pietro riceve una notizia che già conosce. Si muoverà solo dopo dieci giorni, mentre per la cerimonia di incoronazione attenderà ben un mese. Ma nonostante sia passato alla storia per le sue indecisioni, Pietro del Morrone in quelle settimane aveva le idee molto chiare sul da farsi. Molte delle scelte del nuovo Papa non sembrano casuali, a cominciare dalla scelta del nome che decide di prendere, Celestino V. Un caso? Forse no, se si osserva che ad esempio Celestino IV, eletto poco più di 50 anni prima, era divenuto Papa in età molto avanzata e aveva regnato solo 17 giorni. Anche Celestino III, nel 1191, era stato eletto alla veneranda età di 85 anni e aveva accarezzato l'idea di dimettersi, ma poi aveva regnato 7 anni. Infine Celestino II, eletto nel dicembre 1143, regnò meno di 4 mesi. Celestino V poi decide anche di essere incoronato non a Roma o a Perugia, dove lo chiamavano i cardinali, ma all'Aquila, una scelta importante simbolicamente e politicamente. Nel suo breve pontificato, Celestino infatti fece favori in sole tre direzioni, quella del suo ordine, quella di Carlo II d'Angiot e quella dell'Aquila, e l'incoronazione a Collemaggio, in qualche modo, riassumeva tutti i benefici. Collemaggio e la tigua Abazia appartenevano al suo ordine. L'Aquila aveva sempre accolto con favore lui e i suoi monaci e gli Angiò, dopo aver eliminato Niccolò dell'Isola nel 1293, avevano bisogno di ingraziarsi una città importante al confine del loro instabile regno. Al momento di entrare all'Aquila, nonostante le pressioni contrarie, Celestino sceglie di farlo non su un cavallo bianco, ma in sella ad un asinello. Un gesto semplice, che richiamava l'ingresso di Gesù Cristo a Gerusalemme la Domenica delle Palme. Un gesto che anticipava quello che il nuovo Papa immaginava di realizzare. ma possibile. Quali binari dovesse avviarsi il riovamento della Chiesa? Celestino lo indicò una volta di più quando scelse la data della sua incoronazione, il 29 agosto, il giorno in cui si ricorda il martirio di San Giovanni Battista. Viene emesso questo giorno l'incoronazione di Papa Celestino. Nel giorno della decollazione di Giovanni Battista, Celestino nella sua lettera di accettazione del papato parla della decollazione di San Giovanni Battista e paragona la sua tiara alla scimitarra sul collo di Giovanni Battista per dire che si sarebbe sacrificato per l'unità e il perdono della Chiesa. Per Celestino il grave peccato era quello della separazione. dello scisma all'interno della chiesa. Il 29 agosto 1294 fu un giorno memorabile per l'Aquila. Cronache del tempo riferiscono di 200.000 pellegrini a corsi per assistere all'incoronazione di un uomo celebre per la sua santità e il suo rigore. Tra i presenti Carlo D'Angio e suo figlio Carlo Martello, diplomatici e dignitari di varie nazioni e città, tra cui il fiorentino Dante Alighieri, che condivideva le speranze di molti in Celestino. Uno che il nuovo Papa non può o non vuole deludere è invece il Re di Napoli. Insediatosi insieme alla Corte Angioina nel convento di San Domenico, nel cuore della città, non solo Celestino ratifica l'accordo con gli Aragonesi, ma convoca subito un concistoro per nominare dei nuovi cardinali, sia per dare più consistenza al Sacro Collegio, sia per eliminare l'influenza delle famiglie romane aumentando quella francese. Ecco perché il 18 settembre 1294 vengono nominati 12 nuovi cardinali, 7 sono francesi e 5 italiani. Tra questi ultimi, due membri dell'ordine che lui stesso ha creato è il cancelliere di Carlo II d'Angiot, Guglielmo Longhi. Le tracce che Celestino si propone di lasciare sono soprattutto spirituali e simboli. Non a caso quindi attende un mese esatto da sua incronazione. per promulgare la più importante delle bolle emesse durante il suo breve pontificato, la Inter Sanctorum Solemnia, passata la storia come la bolla del perdono o semplicemente perdonarsi. La bolla del perdono è l'ultima importante iniziativa che Celestino V prende all'acqua. Infatti, il 6 ottobre 1294, il Papa lascia la città. Non è chiaro dove voglia andare. Probabilmente a Roma, anche se non ci arriverà mai. Dopo un mese di peregrinazione, sempre scortato dagli Angiot, arriva invece a Napoli. Nel momento in cui Celestino arriva a Napoli ed entra in Castelnuovo, allora si rende conto che non può più fare il Papa come vorrebbe. E siccome la sua vocazione era la solitudine, allora a quel momento lui si fa costruire una cella dentro al castello. Quindi non accetta di vivere da Papa, ma vuole continuare ad essere un'eremita e comincia già a pensare alle dimissioni. In Castelnuovo, che allora si affacciava direttamente sul mare, Celestino V vive le sue ultime settimane come 191° successore di Pietro. Per lui gli Angiò fanno preparare un usuoso appartamento, ma lui preferisce una cella buia e umida nei sotterranei. Lì, come sempre, Prega, medita e prepara le sue decisioni. A questo punto si pone un problema di carattere teologico. Può un Papa dimettersi? E nelle mani di chi dimette il suo mandato? Non c'è nessuno superiore a lui. Ecco, la soluzione viene data e viene fornita dal Caetani, dal futuro Bonifacio VIII. Nel momento in cui il Cardinale accette di diventare Papa, allora dà un consenso alla... elezione pontificia. Ecco allora che egli può ritirare questo consenso senza essere condizionato da nessuno ma per la sua volontà. A meno di un mese dalla sua elezione a pontefice Celestino V emette la famosa bolla del perdono, quella quale elargisce l'indulgenza plenaria a tutti coloro che si recano nella basilica di Santa Maria di Collemaggio all'Aquila dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. È il 1294, da allora Ogni anno all'Aquila si celebra il rito della perdonanza e la cerimonia si è continuata a ripetere anche dopo il 2009 in una città fantasma sventrata dal terremoto. L'evento è considerato il diretto precursore del giubileo che verrà istituito sei anni dopo da Papa Bonifacio VIII. La svolta arriva il 13 dicembre 1294, giorno di Santa Lucia. Il Papa convoca i cardinali e legge il testo che è stato preparato con cura, dove soprattutto il Cardinal Caetani ha soppesato ogni parola. Io, Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta. Abbandono liberamente e spontaneamente il pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta. È quello che è passato alla storia come il gran rifiuto, ma spesso accade, le apparenze ingannano. Rifiutare e rinunciare sono davvero la stessa cosa? Vidi e conobbi l'ombra di colui? fece per viltà del gran rifiuto. Da secoli le parole di Dante, che non ha mai esplicito riferimento a Celestino V, dividono gli storici e i critici letterari, tutti forniti di argomenti interessanti, ma tra loro divergenti. Dante lo giudica vile, e i primi commentatori di Dante non hanno dubbi. Il vile è Celestino V. Sono andato a cercare che cosa vuol dire vile per Dante e nel convivio egli scrive vile vuol dire non nobile. È vero che i primi esegeti di Dante individuano subito Celestino V in questo personaggio, ma poi se ne occupano in una maniera del tutto tesa a recuperare la spiritualità e l'importanza di Celestino. Basterebbe parlare di due grandi, di Petrarco. di Boccaccio che si occupano di Dante, come sappiamo bene, e si occupano entrambi di Celestino V. Il Petrarca ritiene grande Celestino V e anzi ritiene un atto ammirabile la sua rinuncia. Ci sono però delle certezze in questa vicenda. Tra le mura di Castelnuovo... Celestino V maturò la decisione di lasciare il papato e lo fece senza curarsi delle delusioni che il suo gesto avrebbe comportato. Infatti molti avevano sperato in lui e nella possibilità di un radicale mutamento della Chiesa. Celestino V con la sua rinuncia ha lasciato sicuramente molti delusi, in senso lato direi che ha lasciato delusi tutta quella cristianità. Quel popolo che sperava di ritrovare un Papa Santo, sperava nella realizzazione dell'Ecclesia Spiritualis e quindi della fine dell'Ecclesia Materiale, quella che viene anche chiamata Ecclesia Carnalis. Uno che sicuramente non fu deluso dal gesto di Celestino fu Benedetto Caetani. che dopo pochi giorni, sempre in Castelnuovo a Napoli, verrà eletto Papa con il nome di Bonifacio VIII. Bonifacio VIII aveva idee chiare sulle prime cose da farsi. Liberarsi della vicinanza degli Angiot e ritornare a Roma. Poi non permettere che i suoi nemici potessero aprire la porta. di Celestino per contestare la legittimità della sua elezione. Celestino non chiede altro che di potersene ritornare sulle sue montagne sopra sul Mona, magari proprio a Sant'Onofrio. Bonifacio VIII però non si fida e vuol tenerlo sotto controllo. Da qui la decisione dell'ex papa di fuggire. Ai primi di gennaio 1295 Celestino è nuovamente tra i suoi monti protetto dai suoi monaci e inseguito dai messi papali. Poi va verso la Puglia per imbarcarsi e raggiungere la Grecia, ma gli uomini di Bonifacio VIII arrivano prima. Invece che una barca per la Grecia, per Celestino c'è un cavallo che lo deve portare sotto scorta nella città dei Caetani nel Lazio, a Nagni. È qui che Bonifacio passa molto tempo, ed è nel suo palazzo che avviene l'ultimo drammatico colloquio con Celestino. Tra le stesse mura dove otto anni più tardi verrà oltraggiato da Charra Colonna e dai francesi di Filippo il Bello, Bonifacio si scontra col suo predecessore. Celestino chiede in vano di poter rientrare al morrone. A rifiuto di Bonifacio, lancia un avvertimento che somiglia alla premonizione di un papato tormentato. Hai ottenuto il papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane. Anche se non sul suo... suo amato Monte Morrone, Celestino comunque la sua cella scomoda lebbe lo stesso. Freddo e aria buona si potevano trovare anche sul Monte Fumone, pochi chilometri a sud di Anagni. La rocca che domina ancora oggi il monte era ad un tempo un castello per la difesa della zona, un posto di osservazione e una prigione molto sfruttata dai pontifici. Noi ci troviamo su un'altura che è a dominio della strada che collegava... e ancora collega Roma a Napoli, la Via Latina. Da questa altura si può osservare la strada per 50 chilometri. Durante tutta l'antichità e soprattutto nel Medioevo, quando c'erano le incursioni barbariche, questo luogo era utilizzato per le segnalazioni di fumo per imminenti pericoli. E poi a partire dal 962, cioè da quando passò nelle mani della Santa Sede, come fortezza militare e luogo di reclusione per prigionieri politici. Il castello di Fumone non era nuovo ad ospiti di rango come Celestino. Già 150 anni prima, nel 1121, qui era stato confinato l'antipapa Gregorio VIII. Al secolo il cardinale francese morì su Bourdin, una figura al centro di una strana vicenda post-mortem. Quando l'antipapa morì, Il suo corpo venne sepolto all'interno del castello, ma nessuno sa dove e il suo corpo non è mai stato ritrovato. Nei mesi trascorsi a Fumone, anche Celestino conobbe questa storia e forse pregò per il povero Bourdin. Del resto, ammesso che volesse far altro, Celestino a Fumone poteva solo pregare, meditare e stare scomodo. Oltretutto su di lui vegliava non a caso il fratello del suo ex consigliere e confessore, il Cardinal Longhi. Il fatto che venisse scelto Marco Tullio Longhi, cioè il fratello del cardinale che aveva affiancato Celestino V, ci dimostra come si fosse voluto riservare il controllo. della prigionia di questo uomo ad una persona di fiducia sia del cardinale e sia del papa Bonifacio VIII. In questa cella Celestino V ha vissuto, dormito, pregato e detto messa fino al suo ultimo giorno, che arrivò il 19 maggio 1296. Benché fosse malato, vivesse in condizioni estreme e avesse raggiunto gli 86 anni, un'età straordinaria per l'epoca. La morte di Celestino è stata considerata a lungo una morte non naturale, ma l'ipotesi di un omicidio sembra tanto suggestiva quanto poco probabile. Tutti parlano del prodigio che ha accompagnato il trapasso dell'anziano eremita. Una croce di fuoco vista dai testimoni oculari che poi parteciparono al processo di beatificazione che venne avviato da lì a pochi anni, raccontarono di... una presenza di un'entità, non di un'ombra, che rimase all'interno del luogo dove Celestino era stato recluso e dove era morto, per un'intera giornata, a testimonianza della morte di un santo. Il corpo viene portato nella chiesa di Sant'Antonio Abate a Ferentino, pochi chilometri a Valle di Fumone. Una scelta non casuale, visto che la chiesa era gestita dai celestiniani. Qui si celebrano i funerali e qui viene sepolto l'ex papa. Contemporaneamente a Roma, in San Pietro, Bonifacio VIII, alla presenza di tutti i cardinali, celebra una messa solenne in suffragio del suo predecessore. Il sonno eterno di Celestino non sarà meno agitato della sua vita. Nel 1304, a otto anni della sua morte, il suo corpo viene mutilato a più riprese per ordine di Filippo il Bello, che ha bisogno di reliquie per alcuni monasteri celestiniani in Francia. Sant'Antonio è meta di continui pellegrinacci. Anche senza qualche osso, Celestino continua a far miracoli, primo fra tutti quello di parlare al cuore dei semplici. Intanto Bonifacio VIII è morto nell'ottobre 1303, poco dopo il celebre schiaffo di Anagni, una omigliazione che l'ha segnato a fondo. Gli succede per pochi mesi Benedetto XI, seguito da Clemente V, un francese che porterà la sede del papato in Francia ad Avignone, sotto il controllo del re Filippo il Bello. I due sono ad un tempo nemici dei Templari e dei seguaci di Bonifacio VIII, ma guardano con interesse alla figura di Celestino. Clemente V e Filippo il Bello vogliono Celestino santo e se martire tanto meglio. Abbiamo un chiodo, il buco di un chiodo o di un qualche oggetto sul cranio di Celestino V ancora conservato. Ma io non immagino che per uccidere un vecchio oramai morente sia necessario fargli un bel tè nella testa. Non escludo invece come ipotesi che questo buco sicuramente è prodotto successivamente alla morte del santo. Celestino resta a Ferentino fino a febbraio 1327, poi dopo una lite tra città vicine che si contendono il corpo, torna all'Aquila, sembra che ora le cose si siano finalmente tranquillizzate. Il suo corpo viene composto in una tomba che lo offre come invita agli sguardi e alle preghiere dei pellegrini. Gli abiti non sono quelli da semplice monaco che portò per tutta la vita, ma quelli di un pontefice. Ma non è l'unica forzatura. La maschera posta sul viso, infatti, non raffigura il volo. Il sonno eterno del Papa Eremiter è stato interrotto nell'aprile 1980. da un fatto senza precedenti, su cui ha indagato un giornalista dell'A. La mattina del 18 di aprile 1988 sono arrivato in redazione, come tutte le mattine, è arrivata questa notizia che avevano rubato le spoglie di Papa Celestino V. Abbiamo cominciato a formulare le prime ipotesi su come avessero potuto portare via queste spoglie e si è visto subito che sono entrati da una porticina laterale che è da sul chiosco. Allora era incustolita perché non c'era nessun impianto di allarme alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio e hanno agito con molta tranquillità, hanno portato una cassa dentro la quale hanno messo le spoglie di Papa Celestino V intatte. Andiamo a andare con un furgone piazzato davanti alla Basilica. dove hanno poi caricato la cassa, sono usciti dal portone principale, perché dal portone piccolo, da dove erano entrati, ovviamente non riuscivano ad uscire. Quindi c'è stata anche una manovra in questo senso ben organizzata. In un primo tempo lo sconcerto è tale che si fanno strada ipotesi di ogni tipo, dalle messe nere al collezionismo di reliquie, fino al rapimento a scopo di estorsione. Tra le prime ipotesi, ovviamente... C'è quella del riscatto perché non se ne vedono altre tra la curia e la questura, non si capisce il perché di questo rapimento e si attende, in questura soprattutto, si attende la telefonata dei rapitori per chiedere appunto questo riscatto. Invece il giallo si risolve in pochissimo tempo, forse un po' troppo poco. In meno di due giorni tutto il caso sembra già chiuso. Celestino V è stato ritrovato in un piccolo cemitero. a più di 40 km da Collemaggio. Ma come altre vicende di Celestino V, anche il rapimento lampo delle sue sfoglie ha lasciato dietro di sé una scia di ambiguità e di mistero che fatica a sciogliersi. Celestino V è stato giudicato in tanti modi diversi. Ciò che conta è che con lui e con il suo successore Bonifacio VIII si chiude un'epoca, quella dell'assolutismo papale, e si entra nell'era degli stati nazionali, sui quali la Chiesa non potrà più vantare i diritti. Celestino V e Bonifacio VIII rappresentano il potere spirituale e il potere terreno della Chiesa. Sono le due facce del cattolicesimo, in un periodo che ormai volgeva al termine.