Galileo Galilei, illustre matematico della Corte di Firenze e primo scienziato dell'età moderna, resta sotto l'occhio dell'Inquisizione per buona parte della sua vita. In quanto matematico primario dello studio di Pisa e filosofo del serenissimo Granduca di Toscana, nei suoi soggiorni romani Galileo è spesso ospite qui, nella meravigliosa Villa Medici. sul Pincio. Era stata la dimora del cardinale Giovanni Ricci, costruita sul sito dei giardini di Lucullo e sulle rovine della villa di Messalina, donata ai Medici, nel 1576 diventa l'ambasciata fiorentina presso la Santa Sede. È in questi luoghi che Galileo aspetta di incontrare le persone che dovranno decidere se è un eretico.
Galileo è un uomo affermato, è uno studioso di fama internazionale, ha amicizie potenti e molto influenti come il Gran Duca di Toscana e svariati cardinali anche qui a Roma. Inoltre è un uomo scaltro e sa proteggere i suoi studi dal controllo culturale dell'inquisizione che in quegli anni è molto invadente e severo. Nel 1616 Galileo arriva a Roma per difendersi dai sospetti che sempre più spesso si addensano attorno al suo lavoro.
Qualcuno lo accusa di sostenere le tesi di Copernico, secondo cui è la terra a girare attorno al sole. Nel marzo di quell'anno la Chiesa condanna quelle teorie perché contraddicono alcuni versetti delle Sacre Scritture. Galileo è convocato dall'Inquisizione per chiarire la sua posizione.
Il sole rimase fermo in mezzo al cielo e non si affrettò a tramontare quasi tutto un giorno. Senza passi dell'Antico Testamento come questo, in cui la terra sembra non muoversi mentre il sole le gira intorno, il Cardinal Bellarmino avrebbe avuto molti meno grattacavi. Bellarmino è uno dei teologi più preparati della Chiesa Cattolica. Vive come una sceta in una cella del Collegio Romano, il quartier generale del suo ordine, la Compagnia di Gesù, creata con l'obiettivo di contrastare la riforma protestante e qualsiasi altra eresia che possa indebolire la Chiesa. La mattina del 26 febbraio 1616 è previsto l'incontro riservato con quello che è forse il più famoso scienziato d'Europa.
Galileo Galilei Bellarmino conosce bene Galileo e sa che nei suoi scritti Galileo sostiene le teorie di Copernico condannate dalla Chiesa come formalmente eretiche. Bellarmino ha due scelte ordinare di non insegnare più il sistema copernicano oppure limitarsi a una munizione più blanda una monitum. Insegni pure tutte le teorie che vuole.
a patto che ne parli solo come ipotesi, non come verità assoluta. Bellarmino, sorprendentemente, decide per il monitum. Galileo è soddisfatto, pensa che una parte della Chiesa è ancora dalla sua parte e chiede a Bellarmino una dichiarazione scritta che attesti che non ha abbiurato le sue opinioni copernicane, che non è stato umiliato e può tornare a testa alta a insegnare.
Bellarmino acconsente. Galileo. è salvo. Ma 17 anni dopo, quando sarà di nuovo di fronte al Tribunale dell'Inquisizione, sarà proprio quella lettera a rivelarsi decisiva per la sua condanna. L'anno 1616 è fondamentale per capire un processo che comincerà ufficialmente solo nel 1633. Galileo ottiene da Bellarmino una dichiarazione che attesta che può continuare a esprimere le sue idee e a insegnare Copernico, purché lo faccia a livello di ipotesi e non di certezza scientifica.
Per Galileo quel monito è soltanto un consiglio tra esperti, nulla di ufficiale. Basta non contraddire pubblicamente i teologi e può continuare a fare quello che vuole. Ma le cose non finiranno così. Con i suoi studi e soprattutto col suo rivoluzionario metodo di ricerca, Galileo si metterà in rotta di collisione con la Chiesa.
...Cattolica. Galileo è ambizioso, tenace, sicuro di sé e soprattutto è il primo scienziato moderno. Per tutta la vita il suo scopo, fin dall'inizio, è di indagare...
solo la Chiesa opporsi alle teorie di Copernico? In che modo la nascente scienza conviveva con l'eredità di Aristotele da un lato e con le dottrine esoteriche e magiche dall'altro? In tutto questo che ruolo aveva davvero Galileo Gallei? Che uomo era dove voleva davvero arrivare? Il braccio di ferro che impegna per anni il grande scienziato toscano e la sacra romana inquisizione?
rappresenta il culmine di un'avventura iniziata il 15 febbraio 1564 a Pisa, dove in una casa modesta vivono Vincenzo Galilei, musicista per vocazione e mercante per necessità, e la moglie Giulia Ammannati. È qui che nasce Galileo, suddito del duca Cosimo I de'Medici. Il padre sogna un figlio medico o mercante, e mentre sogna, gli uomini con cui invece suo figlio avrà a che fare sono i suoi figli.
sono già sulla scena o stanno per entrarci. Con due eccezioni, forse le più pesanti. Un sacerdote cattolico polacco, morto da oltre vent'anni, Nicola Copernico, e un filosofo greco vissuto circa duemila anni prima, Aristotele.
Copernico era morto nel 1543, lo stesso anno in cui aveva pubblicato un libro destinato a lasciare il segno, Le rivoluzioni dei corpi celesti. Quello studio rappresentava una radicale messa in discussione del sistema aristotelico, poi codificato da un astronomo greco del II secolo d.C., Ptolomeo. La grande fortuna della visione aristotelica dell'universo dipende dal fatto che risponde al senso comune. Ognuno di noi, quando alza gli occhi al cielo, ha l'impressione di stare su una struttura immobile e di vedere muovere gli altri astri.
Un'altra ragione del successo del sistema aristotelico-tolemaico era che alcuni passi del Vecchio Testamento sembravano confermarlo. Discutere anche una piccola parte della Bibbia poteva essere molto pericoloso. Per molto tempo la Chiesa Cattolica non assume una posizione netta a proposito delle teorie governicane. Anche al suo interno, come in tutto il mondo della cultura, si scontravano aristotelici e anti-aristotelici. Da quando ha 10 anni Galileo è a Firenze, dove il padre è musicista alla corte di Francesco I de'Medici.
Ma Firenze, culla della cultura, a quell'epoca non ha un'università. Per cui dopo i 15 anni il padre lo invia a Nuova Zelanda. a Pisa dove il ragazzo si deve iscrivere alla facoltà di medicina.
In breve però Galileo capisce che la sua passione sono la matematica e la fisica. Nel 1589 a soli 25 anni Galileo è già professore di matematica all'università di Pisa. Per avere la cattedra ha cercato appoggi da ogni parte anche in ambito ecclesiastico.
E'così che entra per la prima volta in un palazzo che imparerà a conoscere bene, il Collegio Romano. Lì vive e insegna Cristoforo Clavio. Clavio può aiutare Galileo a coronare il suo progetto nonostante un impedimento non da poco.
Galileo non è laureato e non lo sarà mai. Bologna, Padova, Roma o qualsiasi altra università, Galileo vuole insegnare non gli importa dove. Alla fine è appisa che la porta si apre e dove trova lo spunto per le sue prime osservazioni e esperimenti.
Galileo intendeva mettere in discussione una teoria di Aristotele. Secondo il filosofo greco, la velocità di caduta di un corpo dipende dal suo peso, dalla sua massa e dalla distanza che lo separa dal suolo. Secondo Galileo le cose stavano diversamente e gli bastò far cadere dai 56 metri della torre di Pisa alcune palle di peso e materiale diversi.
Dimostrò così in un colpo solo due cose. Innanzitutto che la velocità di caduta non è in funzione del peso e della e della massa e soprattutto che Aristotele non era infallibile. Galileo, giovane e ambizioso, non ha solo interessi scientifici, ma ha anche un'ambizione scientifici.
Un carattere troppo forte non lo aiuta con gli altri docenti per cui, dopo solo tre anni di insegnamento, le porte dell'Università di Pisa si chiudono. Il suo contratto non viene rinnovato. Sembra una sconfitta. Invece, è il primo gradino verso il successo.
Infatti, già pochi mesi dopo, a Galileo va alla cattedra di matematica dell'Università di Padova. Iniziano quelli che Galileo stesso definirà i suoi anni più belli, anche perché Venezia è vicina. Lì Galileo coltiva i suoi rapporti politici e scientifici e frequenta nuovi amici, come Giovanni Francesco Sagredo. Sagredo è membro di una delle più influenti famiglie venete e Galileo è spesso ospite nel suo splendido palazzo veneziano dove si conduce una vita brillante.
Ed era anche un uomo che amava la buona tavola, amava le donne, amava il vivere in società, il conversare con le persone intelligenti, disprezzava gli stupidi, disprezzava coloro che lo aggredivano con banali ragionamenti e li distruggeva con la sua straordinaria dialettica. A Venezia Galileo trova anche l'amore. Marina Gamba è una giovane cortigiana con cui lo scienziato stringe una relazione duratura ma non particolarmente stretta.
Galileo da Marina ebbe tre figli. Virginia, Livia e Vincenzo. A 40 anni Galileo può considerarsi soddisfatto, anche se non ha abbastanza soldi per mantenere i numerosi parenti e fare la vita brillante che ama.
Per far quadrare i conti cerca quindi di ampliare i suoi campi di indagine. Si occupa di ingegneria militare, crea un compasso per uso militare molto utile per l'artiglieria, ma i suoi libri contabili rivelano che entrate maggiori arrivavano dall'astrologia. Galileo non era però molto abile dal punto di vista dell'interpretazione del quadro astrale, una debolezza confermata dal clamoroso infortunio in cui incorse all'inizio del 1609, quando la Granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, gli commissionò l'oroscopo del marito, il Granduca Ferdinando I. Galileo fa l'oroscopo e raggiunge la conclusione che il Gran Duca può star tranquillo perché godrà di ottima salute. Sfortunatamente Ferdinando I muore 22 giorni dopo questa lettera di Galileo.
Il primo scontro tra Galileo e l'Inquisizione non avviene, come in genere si pensa, a Roma nel 1616, ma già nel 1604 a Padova. Non per le sue convinzioni sul moto dei pianeti, ma per la sua attività di astrologo. Paradossalmente, la prima volta che Galileo ha a che fare con l'inquisizione è per una questione di astrologia, non di scienza.
È uno studioso serio, ma è un uomo del suo tempo, immerso in una cultura che dà ancora credito a discipline prive di fondamento e a false credenze. è un grande esperto del cielo e quindi si presta a fare oroscopi per i suoi amici e per i suoi protettori senza dar peso più di tanto a quelle pratiche la chiesa le aveva condannate con il concilio di trento assieme a tutte le discipline e teorie che derivavano dalla scuola di platone il più grande pensatore dell'antichità ribadendo invece la centralità di aristotile l'altro grande maestro della filosofia antica. Per quale motivo? Perché durante il Medioevo, Santo Maso d'Aquino aveva enunciato che tramite il metodo aristotelico si potevano dimostrare scientificamente le verità della fede, come l'esistenza di Dio e l'origine del cosmo. E la visione del cosmo era quella di un altro scienziato aristotelico, Polomeo.
Negare Ptolomeo era negare Aristotele, negare Aristotele era negare San Tommaso con tutta la sua teologia. Questo è l'appartamento privato del Cardinale Ferdinando de'Medici nell'ambasciata fiorentina a Roma. Qui tutto parla della Toscana, i pavimenti di cotto, i soffitti a grandi cassettoni con paesaggi, scene mitologiche, scene di imprese medice, ma anche allegorie cinquecentesche.
Nel quadro centrale è rappresentato il matrimonio tra Giove e Giunone che darà origine all'universo attraverso l'unione dei quattro elementi fondamentali, la terra, L'acqua, il fuoco e l'aria. È un chiaro richiamo alla filosofia naturalistica riscoperta dagli umanisti nel Quattrocento. In quest'altra stanza ci sono figure con gli attributi delle muse e dei pianeti.
Secondo il pensiero di quell'epoca, sono gli spiriti delle arti a governare il cosmo e quindi l'astrologia, che fa dipendere i fatti, gli eventi della nostra vita, dal moto degli astri e delle stelle, era considerata una disciplina concreta. Per esempio il Cardinale Ferdinando volle che fosse rappresentato sul soffitto il fregio con i segni zodiacali dell'oroscopo che era stato preso al momento della sua nascita. Questo oroscopo gli aveva predetto un futuro...
da sovrano e forse lui sperò di salire al trono di Pietro, cosa che non gli riuscì, restò solo cardinale, però effettivamente quando morì suo fratello gli successe sul trono di Toscana, avverando, per chi crede nell'astrologia, l'oroscopo della sua nascita. In ogni caso questi fregi ci fanno capire come in pieno Cinquecento anche le menti più educate si fidassero di credenze magiche. Galileo è diverso, è un uomo del XVII secolo e nel Seicento molte cose cambiano, anzi, è Galileo stesso a farle cambiare.
In Inghilterra Bacone scrive, nulla può spezzare la catena delle cause naturali e in Francia Cartesio aggiunge, se si vuole ricercare la verità, bisogna aumentare il lume della ragione. Natura e ragione, i pilastri della scienza moderna. E Galileo è l'uomo che le darà forma, con un nuovo metodo di studio, con la supremazia della matematica, ma anche con l'aiuto della tecnica.
Se Giordano Bruno era armato solo della sua formidabile immaginazione filosofica, Galileo ha prove inconfutabili che l'universo reale è diverso da quello di Ptolomeo. Prove che ha ottenuto mediante questo strumento, il cannocchiale. Fino all'estate 1609, Galileo, come qualunque altro astronomo, poteva fare le proprie osservazioni solo a occhi nudi. Poi un giorno si viene a sapere che è stato messo a punto un nuovo strumento, il cannocchiale.
Per prima cosa Galileo pensa che, modificato e potenziato, il cannocchiale possa rivelarsi un ottimo affare, per Venezia e il suo esercito, ma anche per lui. Galileo batte sul tempo alcuni mercanti stranieri che intendevano presentare il loro cannocchiale alle autorità veneziane. È lui, dopo pochi giorni di febbrile lavoro, a mostrare al doge Leonardo Donà di cosa è capace il nuovo strumento. Le lenti di Galilei erano in grado di ingrandire fino a 30 volte l'oggetto osservato.
Poco dopo, Galileo ha l'intuizione di sfruttare il nuovo strumento anche per osservare il cielo. getta così le premesse per il suo successo, ma anche per un nuovo scontro con l'inquisizione. Le grandi scoperte che cambiano il mondo di Galileo e che corrispondono a fatti effettivamente esistenti in natura sono la scoperta che la superficie della Luna è corrugata e irregolare, che Giove ha quattro satelliti, che il Sole è picchettato di macchie.
che bene rappresenta delle fasi che non sarebbero possibili nel sistema colemico, non ci dovrebbero essere, invece si vedono col cannocchiale, che la via Lattea è un ammasso, una congerie di numerosissimi... Le stelle non è quello che la mitologia ci insegnava e che intorno a Saturno ci sono delle strane apparenze. Galileo pubblica a tempo di record le sue scoperte. Nel marzo 1610 esce il Sidereus Nuncius e con la sua pubblicazione inizia la rivoluzione scientifica.
Galileo si proponeva due obiettivi avere fama internazionale e ottenere una retribuzione molto più alta non da Venezia. ma dal Granduca di Toscana. Diventerà filosofo e matematico del Granduca di Toscana con lo stipendio più alto mai pagato a un professore universitario. In pochi mesi la vita di Galileo muta radicalmente. Lascia Padova, Venezia, gli amici.
Porta con sé a Firenze solo le figlie Virginia e Livia. Le due bambine entrano nel convento di San Matteo, ad Arcetri, sulle colline appena fuori Firenze. un luogo che Galileo imparerà a conoscere molto bene.
Nel dicembre 1610, Galileo compie un'osservazione che infligge un nuovo colpo al sistema aristotelico-tolemaico. Scopre le fasi di Venere. Venere, come la Luna, è illuminato dal Sole in modo diverso nel corso del tempo, a causa dell'ombra della Terra, una circostanza che, secondo il sistema tolemaico, non avrebbe potuto verificarsi. Inizialmente gli astronomi gesuiti non sono ostili allo scienziato.
Duri attacchi arrivano invece da altri ambienti, sia laici che ecclesiastici. L'accusa è pesante. Galileo sostiene teorie in contrasto con passi della Bibbia. Un'accusa sufficiente a riportare l'attenzione dell'inquisizione su Galileo.
Certi sospetti si fanno largo anche alla corte di Firenze. La granduchessa Cristina di Lorena è convinta che le teorie copernicane siano in contrasto con la Bibbia. Preoccupato, Galileo decide di indirizzarle la più importante delle lettere copernicane, spiegando che secondo lui la Bibbia andava letta non in senso letterale, ma allegorico. Scrivere e far circolare la lettera fu forse il più grave errore di Galileo.
L'affermazione che alcuni passi della Bibbia fossero in realtà da interpretare spinse il domenicano Tommaso Caccini ad attaccare Galileo, prima dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze e poi a Roma al Santo Uffizio. Ad ascoltare Caccini, il 20 marzo 1615, un collegio di sette cardinali, guidati da Villarmino. Bellarmino era stato tra i protagonisti, 16 anni prima, del processo a Giordano Bruno.
Le tesi di Galileo ponevano però problemi diversi. Per risolvere rapidamente la questione, a Bellarmino sarebbe bastato che Galileo sostenesse le tesi copernicane ex supposizione. cioè come ipotesi teorica. Nel gennaio 1616 Galileo è interrogato dal Sant'Uffizio, ma non riesce a convincere i suoi giudici. Le sue osservazioni scientifiche si scontrano con troppe considerazioni teologiche e bibliche.
Non a caso il giudizio finale sarà dato da una commissione di teologi. Il 24 febbraio 1616, i teologi decretarono che la teoria che vuole il sole immobile al centro del mondo era stolta, assurda in filosofia e formalmente eretica. Di Galileo, delle sue opere e delle sue teorie però non si faceva cenno.
Pochi giorni dopo, il Santo Uffizio inserì il libro di Copernico tra i libri proibiti, insieme ai lavori di altri due sacerdoti favorevoli all'eliocentrismo. Galileo si convince di essere uscito indenne da tutta la vicenda. Sa di avere dalla sua cardinali importanti come Maffeo Barberini. Bellarmino ha accettato di mettere nero su bianco che lo scienziato non ha dovuto abbiurare.
Racconta Galileo che Paolo V mi disse di deporre tutte le mie preoccupazioni, poiché godevo della massima stima sua personale e dell'intera congregazione cardinalizia. Il Saggiatore, un libro in cui difende il metodo scientifico basato sull'esperienza e l'osservazione diretta, in primis quella con il cannocchiale, venne pubblicato nel 1623, lo stesso anno in cui veniva eletto Papa col nome di Urbano VIII, Maffeo Barberini, il cardinale che Galileo considerava un amico. Il nuovo Papa apprezza il libro di Galileo che ricevuto al Quirinale viene incitato a scrivere anche un libro.
ancora. Urbano VIII afferma di non aver mai considerato le teorie di Copernico eretiche, ma solo avventate. Galileo pensa di interpretare l'opinione del Papa in modo corretto e con le giuste precauzioni continua a insegnare l'eliocentrismo copernicano, ma sta per compiere un clamoroso passo falso.
In realtà il suo passo falso è anche la sua opera scientifica più importante, il compendio di tutti i suoi studi, il dialogo sui due massimi sistemi del mondo. È il trattato che dovrà proiettarlo nell'olimpo della scienza. Lo farà, ma più tardi di quanto lo studioso si aspettasse.
Quando incomincia a scriverlo già si sono addensate su di lui nubi tempestose. Nel 1616 ha ricevuto un monito dal santo ufficio tramite il cardinale Bellarmino. Continui pure a insegnare Copernico, ma come semplice ipotesi accademica. Negli anni successivi, per evitare accuse, ha sostenuto la separazione tra filosofia della natura e fede. Le scritture insegnano come si vada al cielo, non come vada il cielo.
Dicendo così, ha messo il piede dove la Chiesa non tollera interferenze, nell'esegesi, nell'interpretazione delle scritture. Con il saggiatore ha promosso ancora una volta la validità del suo metodo. Dedica il trattato al Papa cercando nell'appoggio. Urbano Tavo gli dimostra la sua stima, ma lo esorta a non dare alle sue idee carattere di verità.
Galileo ha sottovalutato il fatto che il suo amico Maffeo Barberini, cardinale di aperte vedute, adesso è il Papa. È il capo supremo della Chiesa e ne ha la responsabilità. La Chiesa ha condannato Copernico. Per di più, in quegli anni deve fronteggiare una nuova guerra di religione in Nord Europa. Il Vaticano studia con la massima attenzione ogni sua mossa.
Insomma, Galileo si muove su un terreno pericoloso e quando comincia a scrivere la sua opera, forse senza volerlo, commette una leggerezza che sarà sfruttata da chi vuole metterlo in cattiva luce e farà precipitare la situazione. Galileo vuole scrivere un libro in cui esporre la propria visione astronomica e filosofica del cosmo. Nasce così il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Scritto non in latino, ma in italiano per meglio far circolare le idee, è pensato in forma di dialogo. Un copernicano dibatte con un aristotelico e tra loro un terzo personaggio tiene il bandolo della discussione e fa da arbitro.
Ma è chiaro dove inclinano la mente e il cuore di Galileo. Le ragioni del sistema tolemaico sono difese debolmente da un personaggio il cui nome è tutto un programma. Simplicio.
Rigido e schematico è questo il personaggio che darà più noi a Galileo, poiché molti vi hanno visto la caricatura delle opinioni che il Papa si era raccomandato venissero inserite. Nel 1630 un Galileo stanco e malato termina il suo capolavoro. che per essere pubblicato ha bisogno dell'imprimatur, cioè l'approvazione del santo uffizio. Galileo incontra il Papa e i censori che non sembrano trovare nulla di negativo. A Firenze, Galileo ottiene un imprimatur provvisorio.
Prima della stampa bisognerà fare alcune correzioni ed essere aggiunte una prefazione e una conclusione redatte dallo stesso censore. Dopo due anni arrivano correzioni e aggiunte, ma non l'imprimatur definitivo. Galileo pensa che a questo punto non sia più necessario, almeno per stampare le prime copie a Firenze. All'inizio il libro sembra piacere a tutti, ma quando si fa avanti un vecchio avversario di Galileo, il gesuita Christoph Schiner, che rivendica la scoperta delle macchie solari, le cose mutano. I gesuiti iniziano a protestare e a chiedere come mai un libro eretico abbia avuto l'imprimatur della Chiesa.
In poche settimane la situazione crolla. Il libro viene ritirato. e il Papa ordina a una commissione di teologi il riesame del testo.
Urbano VIII è furibondo. I nemici di Galileo lo circondano e l'hanno convinto che Simplicio è stato creato per metterlo in ridicolo. All'ambasciatore di Toscana dice che Galileo non ha avuto paura di prendersi gioco di lui e poi che Galileo ha affrontato argomenti pericolosi in quel tormentato periodo della storia della Chiesa. Convocato nel settembre 1632, l'anziano scienziato cerca di rimandare il più possibile un viaggio faticoso.
Neanche la protezione del Gran Duca può trattenerlo e il 13 febbraio 1633 Galileo è a Roma. Galileo arriva a Roma nel 1633, è uno stimato professore di corte, è protetto dal Granduca di Toscana, ma è anziano e malato. Il Papa, forse per i buoni uffici del Granduca, ma forse anche in nome della vecchia amicizia, gli concede una sorta di arresti domiciliari.
Galileo quindi non andrà in carcere, potrà restare qui all'ambasciata fiorentina. Per rispondere però alle accuse dovrà recarsi nelle sale dell'Inquisizione, nel convento di Santa Maria sopra Minerva. Anno 1633, il celebre scienziato Galileo Galilei è processato dalla Santa Romana Inquisizione, nel convento di Santa Maria sopra Minerva, qui dove ci troviamo. Nella casa dei Domenicani, predicatori e teologi, dalle cui fila viene la maggior parte degli inquisitori, si respira da sempre un'atmosfera di rigore.
Gli affreschi rappresentano gli episodi della mitologia dell'Ordine, che è severo custode della teologia di Santo Maso d'Aquino. Il santo è rappresentato proprio al centro del quadro della composizione. mentre con Culca eretici e infedeli, con la forza dei suoi argomenti, è l'ispirazione dello Spirito Santo.
Questo luogo oggi è la biblioteca della Camera dei Deputati e ha collezioni molto importanti, che raccolgono libri veramente straordinari e veramente rari, come questo. Questo è il libro che ha mandato Galileo sotto processo. Qui c'è la sua firma, Dialogo di Galileo Galilei, linceo, cioè accademico dei lincei, matematico dello studio di Pisa, cioè dell'università, la dedica al Gran Duca di Toscana ed ecco appunto Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano. Questo è il logo dell'editore Giovanni Battista Landini, che lo pubblica nel 1632. Addirittura questo logo con i tre delfini.
Mise Galileo nei guai perché ci fu chi insinuò all'orecchio del pontefice che volesse alludere ai suoi tre nipoti che lui aveva favorito in tutti i modi e esageratamente. Ma quello che lascia sorpresi è il retro del frontespizio, dove c'è tutta una serie di imprimatur, cioè di permessi vistosi stampi, del maestro del sacro palazzo apostolico. del suo vice, ancora un maestro Niccolò Riccardi del Sacro Palazzo Apostolico, poi altri imprimatur della censura fiorentina, cioè del Gran Ducato, addirittura di un membro della Inquisizione di Firenze.
Quindi uno dovrebbe supporre che Galileo fosse in una botte di ferro. E invece quando il Papa Urbano lo ebbe fra le mani... andò su tutte le fuori. Papa Urbano aveva raccomandato a Galileo di sostenere, se credeva, la teoria copernicana, ma non di presentarla come una verità teologica, limitarsi semplicemente a trattare una teoria accademica come tante altre. Invece, leggendolo, scopre prima di tutto che Galileo si è spinto molto oltre, non solo, ma la posizione della Chiesa è impersonale.
da Simplicio, cioè il personaggio che già col nome viene ridicolizzato. In più c'è un problema proprio di imprimatur. Questi imprimatur di fatto erano stati quasi estorti da Galileo.
Galileo aveva fretta di pubblicare il suo lavoro. Aveva chiesto l'imprimatur a Roma, ma a Roma c'era la peste e quindi tardava a venire. Era comunque riuscito ad avere l'imprimatur che noi vediamo su questa pagina, grazie a una forma di comprensione da parte delle autorità, a cui si era limitato a mandare il frontespizio, l'introduzione con qualche altra pagina e la conclusione. Ma Roma aspettava di leggere tutto il libro, aveva quindi dato un imprimatur subiudice. Invece si trovano messi di fronte.
al fatto compiuto. Galileo ancora non lo sa, ma c'è pronta per lui un'accusa inaspettata e molto grave, cioè di aver disobbedito al Pontefice. Per due mesi Galileo attende di conoscere le accuse che gli vengono mosse.
A tratti è anche ottimista perché sa di aver avuto un imprimator e che il suo libro è stato gi à esaminato più volte. Ma le illusioni svaniscono quando scopre su cosa esattamente verterà il processo. L'accusa è la sua presunta disobbedienza. Le teorie scientifiche restano in secondo piano.
La prima udienza, 12 aprile 1633, quando Galileo compare finalmente davanti al Santo Uffizio, gli viene chiesto di spiegare il dialogo sopra i massimi sistemi. Appena Galileo ha finito, il domenicano Vincenzo Maculano, che presiede il Tribunale, mostra un documento che mette Galileo in difficoltà. Vi si legge che Bellarmino aveva in realtà ordinato in modo tassativo a Galileo di abbandonare la teoria copernicana, giudicata erronea. Quella teoria non doveva essere insegnata quovis modo, cioè in alcun modo.
Galileo, secondo il documento, avrebbe accettato l'ingiunzione e promesso di ubbidire. Galileo ascolta e freme di rabbia. Le cose erano andate diversamente, ma come provarlo senza indisporre i giudici? Chi aveva scritto quel documento?
Nessuna firma, nessun timbro, una grafia poco accurata. Quasi sicuramente si trattava di un falso. Inizialmente, Galileo prova a sostenere la propria correttezza.
Scrivendo questo libro non credo di aver contraddetto nessuna ingiunzione. Non ricorda di aver ricevuto ordini da Bellarmino, ma solo l'avviso, confermato due mesi dopo, di non sbilanciarsi a sposare apertamente le tesi di Copernico. Ma il tribunale insiste su quelle due parole latine, quovis modo, in alcun modo.
Per Maculano, Galileo ha disobbedito e per dimostrarlo ulteriormente ripercorre la procedura seguita per avere l'imprimatur. Galileo si difende dicendo che se qualche forzatura c'era stata, era dovuto non a cattiva volontà, ma solo alla peste che ostacolava i collegamenti tra Firenze e Roma. Poi si torna alla presunta ingiunzione di Bellarmino.
Galileo l'aveva comunicata ai censori. Non ho avuto simili scrupoli poiché il libro non sosteneva né difendeva la teoria del moto della terra e dell'immobilità del sole. Al contrario.
Dimostrava che le ragioni di Copernico non sono convincenti. Il primo interrogatorio si chiude così. La seconda udienza, 30 aprile 1633. Prima della nuova udienza in molti rileggono il dialogo. Tre teologi domenicani confermano che Copernico nesce benissimo e Ptolomeo no.
Anche Galileo si rilegge, arrivando a conclusioni clamorose. Riconosce di aver ecceduto nella difesa di tesi che non crede vere. Ammette di aver peccato di vanità. Voleva mostrarsi molto brillante e arguto. Rileggendolo, ora il libro gli appare quasi come scrittura nova e di altro autore.
Ammette che forse Bellarmino gli aveva dato ordini che lui aveva dimenticato. Che forse, nella ricerca dell'imprimatur, non era stato abbastanza scrupoloso. Ma ora, pentito, vuole rimediare, non riscrivendo il libro o rinnegandolo, ma aggiungendo un nuovo capitolo per confutare le altre.
argomentazioni di Copernico, che però erano ben difese nelle pagine precedenti. La proposta cade nel vuoto e Galileo esce dall'aula in un silenzio gelido. La terza udienza, 10 maggio 1633. Galileo ricompare per la terza volta davanti ai giudici. Lo scienziato è malato e ormai sfiduciato. Pensa di anticipare la piena confessione che ci si aspetta da lui.
Quando Maculano gli comunica che gli sono concessi otto giorni per preparare una sua difesa, si fa trovare pronto. Dice che non c'è bisogno d'attendere e con un colpo di teatro spiazza il tribunale. Tira fuori da una manica un foglio e inizia a leggere.
Ammette di aver sbagliato. Il perché è presto detto. La lettera di Bellarmino gli aveva fatto dimenticare gli ordini verbali ricevuti in precedenza. Tuttavia, nella richiesta dell'imprimatur era stato scrupoloso e in buona fede.
E per quella buona fede ora chiedeva ai giudici di accettare il suo pentimento e di poter rientrare a Firenze, visto il suo stato di salute. Maculano ascoltai in silenzio. Per avere una risposta, Galileo dovrà attendere più di un mese e non sarà alla fine la risposta sperata. Davanti alle contestazioni dei giudici ogni argomento sembra crollare.
Galileo elabora in fretta una nuova strategia. Propone di rimettere le mani nel testo, aggiungere un capitolo che cambi il senso del libro, ma il compromesso non è ritenuto sufficiente. È necessaria la biura.
Il 16 giugno, Urbano VIII detta le condizioni. Le ammissioni di Galileo non bastano. Bisogna arrivare a una biura totale, solenne, pubblica.
Una viura da poter sfruttare politicamente e scientificamente. Per convincere Galileo si potrà ricorrere anche al rigoroso esame. Nei manuali degli inquisitori per rigoroso esame si intendeva la quarta udienza, 21 giugno 1633. Maculano vuole che Galileo ammetta di aver sempre creduto alla teoria copernicana.
Galileo dice di non averci creduto più da quando gli fu intimato di abbandonarla, ma i suoi stessi scritti lo smentiscono. Maculano è in calza. Se non avesse detto la verità, si sarebbe proceduto con gli opportuni rimedi. Mentre viene portato via, Galileo ha paura che possa essere giunto il momento più temuto.
La tortura. Gli storici non hanno mai chiarito se lo scienziato sia stato veramente sottoposto a tortura o no. Nel linguaggio dell'inquisizione l'espressione utilizzata per indicarla rigoroso esame, poteva significare anche il solo mostrare gli strumenti.
Se l'accusato confessava, la sua confessione veniva giuridicamente equiparata a quella ottenuta sotto tortura. Ma la sola minaccia fa capitolare definitivamente l'anziano scienziato. Si dice che questa sia la cella dove Galileo rimase in attesa della condanna.
Possiamo immaginarlo mentre riflette perché la situazione è precipitata. Davvero frainteso le parole del Bellarmino o qualcuno gli ha teso una trappola? E perché il Papa, che lo difendeva e lo stimava, ha cambiato opinione?
Purtroppo non c'è più tempo per pensare, per trovare una spiegazione logica. I giudici gli hanno mostrato gli strumenti di tortura, addombrando implicitamente la possibilità di usarli. Non c'è più spazio per un compromesso.
Probabilmente quegli strumenti non sarebbero mai stati utilizzati, ma un uomo anziano malato non può nemmeno sopportarne l'idea. Con questi pensieri Galileo si alza e sale le scale verso la sala capitolare. Negli interminabili istanti che lo separavano dai suoi giudici, le immagini del passato dovettero tornargli alla mente.
La morte di Fragirola Monsonarola, bruciato in piazza nel 1498, era un evento ormai molto lontano, ma l'umanista Pietro Carnesecchi Era stato decapitato e bruciato nel 1567. Il teologo Cesare Vanini, stranolato nel 1619, e il filosofo Giordano Bruno, arso sul rogo 33 anni prima. E poi le grottesche cerimonie di Abbiura, le migliaia di persone incarcerate, le condanne a morte. L'inquisizione si asseconda, non si convince.
Galileo fa il suo ingresso nella sala capitolare, questa, davanti a sé alla Corte dei Giudici, presieduta da Maculano, commissario del Santo Uffizi. Indossa l'abito da penitente, si inginocchia e ascolta la sua sentenza. pronunziamo, sentenziamo et dichiariamo che tu, Galilei suddetto, ti sei reso a questo santo ufficio vehementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle sacre e divine scritture, che il sole e il sole sono le stesse.
sia centro della terra e che non si muova e non sia centro del mondo e che si possa tenere e difendere per probabile un'opinione dopo essere stata dichiarata e definita contraria alla Sacra Scrittura. Per questo Galileo doveva abbiurare. Il suo dialogo sarebbe stato inserito nell'indice dei libri proibiti e il suo autore condannato al carcere a vita. Una condanna durissima.
Galileo, in ginocchio davanti alla Bibbia, sconfessò i propri convincimenti scientifici professandosi un devoto e ubbidiente cattolico. Un cuor sincero. E fede non finta, abbiuro, maledico, e detesto li suddetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla Santa Chiesa. Nella durezza della condanna, a Galileo in virtù della sua fama, della sua età e delle sue relazioni personali, vengono concessi alcuni privilegi, il più importante dei quali è la possibilità di tornare a Firenze agli arresti domiciliari. A Firenze Galileo va a vivere ad Arcetri, in quella che sarà la sua prigione definitiva.
Una villa chiamata Il Gioiello, a poca distanza dal convento di San Matteo dove sono le sue due figlie. Ad Arcetri Galileo vive gli ultimi anni sempre più malato e sconsolato. Per quanto confortevole, il gioiello è per lui comunque una prigione e come tale la vive.
Gli viene concesso di avere presso di sé alcuni discepoli e il figlio Vincenzo. Galileo non ha preoccupazioni finanziarie, anche perché Urbano VIII, curiosamente, non gli ha revocato la pensione concessa gli nel 1630. Gli ultimi anni ad Arcetri sono dedicati all'ultimazione di un ultimo capolavoro scientifico, il trattato di fisica, discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze. Ad Arcetri Galileo compie anche le sue ultime osservazioni astronomiche d'alloggiato che occupa un lato della villa, ma una malattia agli occhi lo perseguita e negli ultimi anni si può dire che l'uomo che per primo aveva visto i segreti del cielo, fosse divenuto cieco. La morte arriva la notte dell'8 gennaio 1642.