La Triade di Micerino è una scultura in pietra granitica, risalente al 2500 a.C. circa, conservata al Museo Nazionale del Cairo. Rappresenta una cosiddetta triade, ovvero tre figure divine rappresentate e adorate contestualmente.
Qui Micerino, famoso faraone della IV Dinastia, è accompagnato dalla Dea Hathor a sinistra e da una divinità detta Nomo, una sorta di personificazione della provincia di Tebe. La triade fu rinvenuta, guardate il fascino di queste immagini, assieme ad altre sette triadi molto simili nel 1908, all'interno del recinto funerario che proteggeva la piramide del Faraone che abbiamo già studiato. sull'altipiano del Ghisa.
Ecco qua il ritrovamento, qua sono le quattro meglio conservate, dopo ne vedremo due un pochino più nel dettaglio. La funzione di queste triadi, la cui variante principale vedremo consisteva nel Nomo, che rappresentava di volta in volta una provincia differente, una provincia d'Egitto, era probabilmente quella di ribadire la sovranità di Micerino su tutto il paese. Andiamo alla descrizione e allo stile.
Le tre figure, come notate, sembrano emergere da un fondale scuro che si va a piegare sotto i loro piedi divenendo basamento. Basamento su cui leggiamo una serie di geroglifici che ne aiutano in qualche modo ovviamente la lettura, ne definiscono il protagonista. Tutte e tre le figure sono sbozzate, potremmo dire, per ampie masse. Notate ad esempio come il vuoto compreso tra le braccia e il busto non sia scavato completamente, mentre alcuni dettagli sono appositamente tralasciati. Le figure sono caratterizzate da posizioni stanti, simmetriche e convenzionali e nonostante l'altezza relativamente scarsa della scultura, poco meno di un metro, trasmettono un senso di solidità e potere.
Il piede sinistro, leggermente avanti al destro, non produce chiaramente una sensazione di moto, ma simboleggia il loro agire nel mondo. Micerino è posto al centro, in proporzione gerarchica rispetto agli altri due personaggi, vanta un corpo sano e vigoroso, anche se reso in modo piuttosto schematico ovviamente come volevano gli standard di rappresentazione del canone egizio. Ha un volto fiero e imperturbabile con il mento leggermente sollevato per trasmettere sicurezza e superiorità.
Indossa la corona bianca dell'Alto Egitto, la barba cerimoniale posticcia e un perizoma plissettato, mentre nei pugni aderenti ai fianchi stringe due amuleti. La Dea Ator invece, alla sua destra, è la Dea Madre, rigeneratrice del sole, nonché nutrice del faraone, visto come divinità in terra. Il suo attributo è un copricapo raffigurante un disco solare incastonato tra due corna, simbolo del potere divino. Qui è rappresentata, attenzione, con una sottoposta. sottilissima veste aderente lunga fino a metà polpaccio che però di fatto permette di intravedere le forme sottostanti quasi come se fosse completamente nuda.
Il nomo sulla destra è rappresentato in dimensioni nettamente inferiori rispetto a Micerino e alla Dea. Indossa una folta parrucca con la scriminatura al centro, la barba cerimoniale e un perizoma a piegoline. Sulla testa compare un simbolo della provincia di Tebe.
Anche esso, tra le mani, stringe due amuleti propiziatori. Per concludere, come promesso, vi faccio vedere rapidamente due delle altre triadi. Una di queste, se non sbaglio questa, è sul libro di testo opera dei miei studenti del turistico.
Allora, la differenza principale, come potete notare, sta nel nomo, che in questo caso è personificato da una donna. che in realtà è solo leggermente, in questo caso, sproporzionata in termini di riduzione rispetto alle altre due figure. Un dettaglio curioso sta nelle mani, vedete, nelle mani delle due divinità che simbolicamente vanno a stringere, ad abbracciare il faraone micerino. L'altra triade, l'ultima, è questa qui che ovviamente è abbastanza differente nel senso che come notate...
In questo caso al centro c'è la Dea Hathor, seduta e molto più grande delle altre due figure, in maestà, quindi seduta in trono. Anche qui il Nomo, in questo caso, è una figura femminile e Micerino viene anche qua, in questo caso, tenuto, abbracciato dalla divinità.