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Introduzione al Teatro di Plauto

Cari amici, bentrovati ed eccoci finalmente al primo dei grandissimi della letteratura latina, anzi ad uno dei più grandi commediografi di tutti i tempi, Tito Maccio Plauto. Le sue trame e le sue soluzioni comiche sono state riprese dalla commedia di tutti i tempi, i secoli successivi e alcuni dei suoi personaggi sono giunti fino a noi in una molteplicità di rifacimenti e reinterpretazioni cominciamo quindi a godercelo anche noi partendo come sempre da un breve inquadramento storico biografico linee del tempo dunque in realtà della biografia di questo autore non sappiamo praticamente nulla pensate non siamo neanche sicuri di come si chiamasse veramente dalla tradizione lo conosciamo come titus ma Maccus Plautus, ma Maccus era il nome di una maschera dell'Atellana, la commedia osca di età arcaica, ve ne ho parlato nel mio video sulle origini del teatro latino, ed è quindi probabile che Plauto lo usasse come nome d'arte. Del resto questo Maccus nell'Atellana, anche questo ve l'ho spiegato, era un personaggio che fingendosi stupido si permetteva il lusso di dire cose pungenti. E quindi Plautus si sarà divertito molto ad immedesimarsi in questa maschera in quanto autore di testi comici pieni di battute taglienti. Anche Plautus però potrebbe essere stato un nomignolo. In latino significa infatti orecchiuto ed era anche il nome di certi cani dalle grandi orecchie detti appunto cani Plauti. Da Plauto deriva infatti Pluto. vi ricordate il cane di Topolino dalle orecchie grandi e cascanti. La data di nascita la possiamo soltanto dedurre un po'prima del 250, dove a Sarsina, in quella che ai tempi dei Romani era Umbria, e infatti si parla di Plauto Umbro di Sarsina, oggi è Emilia-Romagna, in provincia di Forlì si trova esattamente questa cittadina. Conosciamo poi l'anno della morte, 184. lo potete ricordare perché è anche l'anno della famigerata censura di Catone. Di tutto quello che accadde nel mezzo, cioè nel corso della sua vita, non sappiamo praticamente nulla. Sappiamo soltanto che da Sarsina si trasferì a Roma molto giovane, al seguito di una compagnia teatrale con la quale lavorava come attore, fece la sua gavetta, pare che per guadagnare qualche soldo all'inizio girasse la ruota di un mulino, dopodiché scrisse le prime tre commedie e arrivò un successo strepitoso. Nella parte inferiore della linea del tempo vi ho segnato alcuni riferimenti storici importanti. Ricordate non separare mai storia e letteratura. Che cosa stava accadendo a Roma in quel periodo? Siamo nell'epoca delle guerre puniche, potete leggere le date, Roma diventa padrona dell'Italia meridionale e di una parte del Mediterraneo. E mentre Plauto scriveva e inscenava le sue commedie, animavano la scena teatrale romana anche gli altri due commediografi di cui vi ho già parlato in precedenza, Livio Andronico e Nevio. Tutti e tre pressoché contemporanei, almeno per il primo periodo, Andronico e Nevio muoiono intorno al 200, mentre Plauto... continua a fare teatro per un'altra ventina d'anni. A differenza però degli altri due che si dedicarono sia alla commedia, sia alla tragedia, sia ad altri generi letterari, Plauto decise, sentì di voler dare fondo esclusivamente alla sua vena comica e quindi fu solo e soltanto commediografo. E diamo adesso appunto uno sguardo al corpus delle sue commedie. Dunque le commedie che ci sono rimaste e che possiamo leggere fortunatamente per intero sono 20. Ora non vi annoierò recitandovi liste di titoli e trame che potete comunque trovare sul vostro libro di letteratura, ma vi propongo un viaggio nel tempo per scoprire come si è arrivati a questo numero. Pensate che il successo di Plauto fu tanto straordinario già in vita che dopo la sua morte cominciò a circolare sotto il suo nome una pletora di falsi e imitazioni. Questo era per le compagnie teatrali un buon espediente per fare botte... perché se si diceva che la commedia in scena quella sera era di Plauto facevano il pienone. Circa un secolo dopo la morte di Plauto circolavano a suo nome 130 commedie, perciò si discuteva già fra gli studiosi e i filologi di allora su quali fossero autenticamente Plautine e quali no. L'intervento decisivo in questo senso fu quello del grande filologo del I secolo a.C., Marco Terenzio Varrone. che fra questi 130 titoli isolò 21 commedie che sia egli stesso sia gli altri studiosi riteneranno tenevano autenticamente scritte da Plauto. Insomma, una bella sforbiciata e la grande autorità di Varrone, che era un erudito di peso, fece sì che proprio queste 21 commedie, nelle epoche successive, continuassero ad essere copiate, trascritte, rappresentate, arrivando fino a noi. Queste 21 commedie sono quelle che vengono normalmente definite commedie varroniane. Adesso ne potete capire il motivo. Ne manca una, la ventunesima, la vidularia. Questo perché nei grossi manoscritti capitava in età antica nel Medioevo che si sbriciolassero, si rovinassero le ultime pagine. Capita anche oggi nei libri che le prime e le ultime pagine si rovinino più facilmente della parte centrale e quindi la sfortunata vidularia che si trovava alla fine dei manoscritti si è praticamente polverizzata nel tempo. Ed eccoci quindi al numero di 20 commedie. Ora, quello che di queste opere dobbiamo studiare, come già detto, più che una mnemonica lista di titoli e di trame, è come sono fatte. Quali sono i personaggi tipici di una commedia di Plauto, le situazioni e gli intrecci tipici, come scatta il comico, insomma tutti quelli che possiamo definire elementi strutturali. culturali del comico Plautino. La prima cosa che dovete tenere presente è che tutte le sue commedie appartengono al genere della fabula pagliata. Che cos'è una pagliata? Ve l'ho già spiegato nei video precedenti, riprendo solo rapidamente il concetto. Una pagliata è una commedia latina ma a trama e ambientazione greca, chiamata così perché gli attori indossavano il pallium, che era il tipico mantello greco. Quindi nessuna commedia di Plauto si svolge a Roma, sono tutte ambientate in una città greca e i personaggi sono greci. All'interno di quasi tutte queste commedie possiamo riconoscere una struttura tripartita organizzata in prologo, azione, epilogo. Spieghiamo uno per uno questi concetti. Che cos'è il prologo? Anzi, chi è il prologo? È un personaggio vero e proprio che compare sulla scena all'inizio della commedia per informare gli spettatori sull'antefatto oppure a volte anche per dare anticipazioni sulla storia. Può essere interpretato da un altro personaggio della commedia che recita anche il prologo, oppure da una divinità, oppure da un personaggio a parte che entra in scena di solito con un cartello con scritto Prologus e dopo aver recitato la sua parte se ne va. Ve ne mostro subito un esempio. Questo è l'inizio dell'aulularia, la divertentissima Commedia della pentola da cui Molière ha tratto il suo avaro e vedete in apertura di Commedia il prologo interpretato in questo caso da una divinità, il genio della famiglia, cioè il lare domestico, che entra in scena e recita un monologo, lo potete leggere. nel quale inizia a raccontare l'antefatto, cioè che nel focolare di casa erano state seppellite delle monete d'oro, eccetera, eccetera. E poi va avanti anticipando una parte dell'intreccio. Come diremmo oggi, fa un po'di spoiler, ma non dobbiamo accostarci a queste opere con lo spirito con cui vediamo una serie TV moderna, ecco. Quindi, terminata la sua parte, esce di scena e, come vedete, incomincia l'atto primo. cioè la storia vera e propria, che definiamo azione. Questa non è che lo svolgimento della commedia, l'intreccio, e corrisponde agli atti, che in Plauto troviamo sempre il numero di 5. Questa divisione in 5 atti però, attenzione, non è originaria di Plauto, bensì risale al 400, e cioè il risultato di un lavoro editoriale degli umanisti sul... testo delle commedie. Plauto ha indicato soltanto le scene e queste sono e rimangono le unità narrative fondamentali. Del resto, anche se andate al teatro a vedere una di queste commedie, noterete che di solito il regista mantiene la divisione e la sequenzialità delle scene, ma non la divisione in cinque atti. Normalmente le trovate divise in due, non sono molto... lungo. L'ultima scena della commedia è l'epilogo, la conclusione della vicenda, che è sempre un lieto fine e di solito contempla un banchetto, un matrimonio o una bella risata di tutti quanti personaggi insieme, sia i vittoriosi che gli scornati. Normalmente l'epilogo è seguito dal plaudite, mi raccomando l'accento è plaudite, non plaudite, la i è breve. Che cos'è? È l'invito del capocomico oppure... oppure dell'attore che recita l'ultima battuta rivolto al pubblico ad applaudire lo spettacolo. E spesso in Plauto questo plaudite conclusivo è molto originale e pieno di inventiva. Vi voglio leggere quello dello Pseudolo, un'altra delle sue commedie più famose. Pseudolo, il protagonista della vicenda, concluse si lietamente tutte le peripezie, invita a cena il suo vecchio padrone, il quale gli dice «Perché non inviti anche gli spettatori con noi? » E Pseudolo gli risponde Ehi, questa è gente che non ha l'abitudine di invitare me, quindi io non invito loro. E poi rivolto agli spettatori dice Però se vorrete applaudire e dare la vostra approvazione alla compagnia e alla commedia, vi inviterò per domani. E di schiavi astuti e di tanti altri divertentissimi personaggi, alcuni dei quali sono diventati proverbiali, vi parlerò nel prossimo video che vi invito a guardare. Perciò vi aspetto, a presto.