Astolfo sulla luna è un brano tratto dal 34esimo canto dell'Orlando Furioso che cosa è successo tra il 23esimo e il 34esimo? beh, anzitutto nel 24esimo Nel quattordicesimo canto Orlando esprime ormai senza più limiti e senza freni la sua follia, qui vedete per esempio una raffigurazione di Gustave Doré della follia di Orlando nel 1877. e sostanzialmente Orlando addirittura si spoglia dell'armatura, getta tutto quanto all'area, spada, scudo eccetera eccetera e comincia a prendere addirittura le piante, è talmente arrabbiato, talmente infuriato che le sradica proprio nel colmo di questa pazzia, di questo furore, distrugge tutto quanto il luogo a meno, il locus a menos che era era stato teatro dell'amore fra Angelica e Medoro, diventa da quel momento in poi un luogo desolato, proprio perché qui spazza tutta quanta persino la vegetazione. E così abbiamo proprio l'espressione della pazia per amore di Orlando, pazzi per amore, così si intitola una scheda che si trova in questa stessa pagina C291, che è comunque interessante, perché mette a confronto le pazzie che erano comunque anche le pazzie di un'altra parte anche state rappresentate nei romanzi cortesi.
Ad esempio si trovava, era impazzito d'amore l'ancillotto, perché era stato accusato ingiustamente di tradimento dalla amante Ginevra. E quindi era impazzito per questo. Al contrario invece, Tristano era impazzito per gelosia, cioè temeva che Isotta, la sua donna amata, lo tradisse con il cognato, anche se questo non corrispondeva assolutamente a questo. C'erano state varie e svariate pazzie, abbiamo già detto Hercules, Furenz, di Seneca, eccetera, ma la complessità dei sentimenti che abbiamo visto la volta scorsa nella pazzia di Orlando, di Ariosto, non l'avevamo trovata in nessuno. Perché solamente Ariosto è riuscito a rendere l'intreccio di sospetti, dubbi, tormenti e speranze nel cuore di Orlando nel momento in cui cerca di autorevoli.
Se vi ricordate è bellissimo il brano che abbiamo letto la volta scorsa. Sta di fatto comunque che, per farla breve, la mancanza di Orlando sul campo di battaglia si fa sentire parecchio e quindi tutti sono preoccupati, in particolar modo Carlo Magno, perché stanno perdendo la guerra. La pazzia di Orlando ha le sue repercussioni anche nel campo di battaglia. È necessario a tutti i costi che Orlando recuperi la ragione perché possa riprendere le armi.
cristiane, le armi del paladino cristiano per eccellenza, contro i musulmani. E questo è il motivo per cui Astolfo, che noi addirittura vi ricordate l'avevamo visto trasformato in Mirto, non so se vi ricordate l'episodio di Astolfo e Ruggero con Astolfo trasformato in Mirto. Astolfo invece, adesso per quella specie di girandola di emozioni e di sentimenti, pare non aver...
Non essere preso da particolari passioni d'amore E quindi può dedicarsi a questa missione importante Restituire il senno a Orlando Solo che questo senno dove lo si trova? Lo si trova sulla Luna E allora come si può andare sulla Luna? Astolfo, tanto per incominciare con l'ipogrifo Al massimo, al massimo Può arrivare sul punto più alto possibile Da raggiungere raggiungere da parte dell'uomo e il punto più alto possibile da raggiungere è il paradiso terrestre questo poi lo vedremo quest'anno leggendo il Purgatorio vedremo che in cima alla montagna del Purgatorio c'è il paradiso terrestre arriva lì effettivamente addirittura a Stolfo con l'ippogrifo qui trova San Giovanni l'Evangelista il quale lo può condurre sul carro di Elia è un è un episodio a questo biblico, insomma secondo la Bibbia, e lì era stato trasportato in alto verso il cielo grazie a un carro, e quindi salgono sia San Giovanni l'Evangelista, sia Astolfo su questo carro, per andare appunto sulla Luna, e questo è un po'l'inizio dell'episodio che stiamo appunto per leggere. Tutta la sfera varcano del fuoco, vuol dire che Astolfo...
Grazie a tutti. ...d'Evangelista insieme superano la sfera del fuoco, anche questo lo vedremo con Dante, che secondo le concezioni di allora la terra era circondata da una sfera del fuoco che la... separava dal cielo della luna e indi vanno al regno della luna e da lì, quindi dalla sfera del fuoco vanno al regno della luna queste cose le vedremo anche in Dante il riferimento potrebbe essere essere la commedia dantesca, certo, solo che qui la fonte viene interpretata in modo un po'satirico, qui c'è satira, non teologia.
Veggon per la più parte è essere quel loco come un acciar che non ha macchia alcuna. Cioè loro due, Astolfo e San Giovanni, vedono, quindi la luna, che è caratterizzata da questo, come una specie di superficie sferica di acciaio senza nessuna. imperfezione ecco, è sicuramente diversa dalla Terra e già lo vedremo l'anno prossimo leggendo ad esempio il terzo canto del Purgatorio e quindi è già paradiso in un certo senso, noi vedremo però è anche il pianeta più lontano da Dio e quindi è molto simile alla Terra adesso infatti dirà queste cose dice e lo trovano uguale o minor poco di ciò che in questo globo si raguna... Cioè vuol dire che Astolfo e San Giovanni vedono che la Luna effettivamente è molto simile alla Terra. Il punto di riferimento qui è anche Plinio il Vecchio, questo invece è un autore che studieremo l'anno prossimo in storia della letteratura latina, lo zio di Plinio il Giovane, che aveva scritto nella Naturalis Historia, che è una specie quasi di enciclopedia della scienza antica, che la Luna era molto simile.
La luna è molto più simile alla Terra e la trovano uguale o minor poco di ciò che in questo globo si raguna, quindi è di misura uguale o poco inferiore rispetto alla Terra, mentre noi invece sappiamo che la luna è un satellite della Terra, quindi ben più piccola rispetto alla Terra. Ma le conoscenze all'epoca erano queste. Passerà solamente un secolo, leggeremo insieme i Siderius Nuncius.
di Galileo che chiarirà molte più cose sulla Luna in questo ultimo globo della Terra ultimo perché più lontano da Dio mettendo il mare che la circonda è serra quindi la trovano uguale o minor poco rispetto alla Terra mettendo il mare, compreso il mare che la circonda è serra compreso il mare che la circonda abbraccia quindi il mare della Luna, perché i loro antichi, anche i medievali, a quanto pare anche i rinascimentali, credevano che la Luna fosse molto simile alla Terra, del resto poi quando noi abbiamo scoperto molto bene la Luna, abbiamo chiamato alcuni dei posti della Luna appunto mare, mare della tranquillità, eccetera, proprio perché comunque anche per noi moderni c'è qualcosa di più. qualcosa che accomuna la Luna alla Terra. Qui vi ebbe a Stolfo doppia meraviglia, che quel paese appresso era sì grande, il quale a un picciol tondo rassimiglia a noi che lo miriam da queste bande. Si meravigliò molto, si stupì molto, ecco perché doppia meraviglia, perché quel paese appresso, quindi visto da vicino perché ormai ci arrivano sopra la Luna, era tanto grande... anche se noi, dalle nostre parti, dal nostro punto di vista, dal nostro punto di osservazione, invece assomiglia solamente a un picciol tondo, assomiglia appunto a un piccolo cerchio, così, visto da lontano.
Voi farete un'osservazione astronomica per caso, quindi le cose che stiamo dicendo sono collegate anche in modo interdisciplinare con le materie che state sviluppando. Ancora di più poi nel secondo quadrimestre quando faremo... insieme Galileo Galilei e andremo a quell'incontro con Marco Bersanelli, l'astrofisico e caguzzar con viegli ambe le ciglia sindi la terra e il mar che intorno spambe di Scherner Wall bisogna proprio aguzzare lo sguardo quindi con gli occhi cercare di vedere con molta attenzione la terra ormai lontana e così capovolge la prospettiva c'è un rovesciamento della prospettiva geocentrica Anche questo è importantissimo. per noi che stiamo appunto per studiare questo periodo che è anche il periodo della rivoluzione copernicana e quindi però intuisce determinate cose Ariosto perché proprio fa capire La terra, vista da un altro punto di vista, appare invece piccola, lo dice in questi versi che abbiamo appena letto.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne sono lassù che non sono come le altre. qui tra noi, altri piani, altre valli, altre montagne, e fino adesso possiamo essere d'accordo anche noi moderni, giusto? Perché effettivamente studiando poi la luna, osservandola e addirittura anche allunando, come è avvenuto qualche decennio fa, abbiamo visto i mari, le valli della luna, anche se sono mari secchi, insomma, chiamiamoli così, no? Dice poi che le città di hanno i castelli suoi, e qui invece ovviamente c'è un po'tutta la fantasia medievale in base alla quale sulla Luna c'erano anche delle città, dei castelli, con case delle quali mai le più magne non vide il paladin prima né poi. Ecco quindi, un po'con la fantasia, si immaginavano che sulla Luna ci fossero delle case e dei palazzi enormi, ancora più grandi di quelli che c'erano.
E'un po'come se non si vedeva mai delle case così grandi come quelle che aveva visto sulla Luna. E vi sono ample e solitarie selve dove le ninfe agnor cacciano belve. E ci sono anche dei boschi molto grandi, vasti e ampi, dove le ninfe sempre cacciano le bestie.
E mescola un po'ovviamente tutte le sue fonti. Le fonti ariosto, anche le fonti classiche, sapete infatti che per gli antichi le selve, i boschi erano popolate da ninfe, satiri, ninfe per esempio che cacciavano gli animali o divinità come Artemide Odiana. Non stette il Duca a ricercare il tutto, che là non era sceso a quell'effetto. Quello dell'esplorazione della Luna, non è andato per quel motivo, è andato per riprendere il senno, cioè la ragione di Orlando.
Un'altra fonte importantissima sono le intercenales di Leon Battista Alberti, molto importante la trattatistica nel 400, e poi anche nel secolo di Ariosto nel 500, tra i vari trattati ce ne erano anche altri. C'erano alcuni che riguardavano anche materie scientifiche, come questo intercenales di Leon Battista Alberti. Dall'Apostolo Santo fu condotto la guida di Astolfo e San Giovanni Evangelista. Ecco perché dice l'Apostolo Santo, perché era uno degli apostoli, era evangelista e apostolo nello stesso tempo.
nello stesso tempo ed è la guida esattamente come vedremo l'anno prossimo sarà Beatrice che invece condurrà Dante nel cielo della luna nel paradiso fu condotto in un vallon fra due montagne e stretto ecco, è lì l'obiettivo il target del nostro viaggio dobbiamo andare lì dove appunto sono raccolte tutte le cose che non ci sono più sulla terra e quindi anche il senno di Orlando che non è più sulla terra, sarà lì, fra queste due montagne in una valle, dove mirabilmente era ridotto ciò che si perde o per nostro difetto, o per colpa di tempo o di fortuna, ciò che si perde qui, la Siraguna. Ecco, c'è anche un chiasmo, era ridotto ciò che si perde, e ciò che si perde Siraguna è un chiasmo. Avrete notato prima le iterazioni, altri fiumi, altri laghi, altre campagne, eccetera. Ecco.
Ma adesso, più che le figure retoriche, vorrei un po'approfondire il significato. Allora, tutto quello che noi perdiamo, o per nostro difetto, o per un nostro errore, una nostra mancanza, disattenzione, distrazione, o per colpa di tempo o di fortuna, o lo perdiamo perché passa il tempo, perché sono cose passate, o per fortuna, o perché è il caso. In questo caso il destino vuole così. Ebbene, tutte quelle cose che sono perse, si perdono sulla Terra, si ritrovano là, sono ridotte, quindi appunto sono raccolte là, raguna, si raguna, si raduna in quel vallone lunare tutto ciò che si perde sulla Terra. Non pur di regno di ricchezze parlo, in che la ruota instabile lavora, allora sicuramente si perdono anzitutto i regni e le ricchezze.
Poi toglie ovviamente la ruota della sorte, anche la sorte era raffigurata nell'antichità come una figura femminile bendata con in mano una ruota, simbolo appunto di questo continuo avvicendarsi, dei capovolgimenti della sorte. Quindi la sorte vuole che uno oggi abbia un regno, il potere e il giorno dopo non ce l'abbia più. Chiavelli, ricordate, no? Cosa è successo a Cesare Borgia, il Valentino, prima della morte di suo padre Alessandro VI, era così potente, poi giorno dopo la morte di Alessandro VI le cose cambiano radicalmente per lui.
Ecco dice, non solamente c'è lì ciò che si perde perché la sorte e il destino vuole così, ma di quel che in poter di Tor di darlo non ha fortuna intender voglio ancora. L'ha detto anche prima, che là si raduna anche tutto ciò che si trova lì, ma non perché ce lo toglie la fortuna, ma perché siamo noi a perderlo. Molta fama è lassù, che come tarlo il tempo a lungo andar qua giù divora. Quindi anzitutto c'è la fama. Noi crediamo che la fama sia qualcosa di importante, di duraturo soprattutto.
E invece ne troviamo tantissima là, perché si perde con grande facilità. Lassù infiniti prieghi e voti stanno, che da noi peccatori a Dio si fanno. Quindi anche le preghiere, le promesse che noi facciamo, ad esempio, a Dio, perché Dio ci aiuti, venga il nostro aiuto, eccetera, anche quelle si trovano là.
Sono infiniti, numerose, queste nostre preghiere, e sono un po'tutte inutili. Dice, ecco, con questo grande... Questa è una grande ironia, sarcasmo, tutto moderno, ecco perché Ariosto piace così tanto a Calvino e in genere a noi moderni, per la sua libertà di giudizio.
Le lacrime e i sospiri degli amanti, l'inutile tempo che si perde a gioco, e l'ozio lungo d'uomini ignoranti, vani disegni che non hanno mai loco, i vani desideri sono tanti che la più parte ingombrano di quel loco. Quante cose ci sono sulla terra che noi sprechiamo? Che consumiamo, quanto tempo che perdiamo, ad esempio le lacrime e i sospiri degli amanti, tutte cose inutili, inutile il tempo che si perde a gioco, quando noi perdiamo del tempo a giocare, sperchiamo tempo giocando.
E'l'ozio lungo di uomini ignoranti, i lunghi momenti di riposo degli uomini ignoranti, sciocchi, vani disegni che non hanno mai loco, i progetti che non si realizzano mai. I vani desideri sono tanti e questi occupano la maggior parte di quel luogo, di questo vallone lunare. Ciò che insomma qua giù perdesti mai, lassù salendo ritrovar potrai.
Ciò che hai perso prima o dopo, qua giù sulla terra, lassù sulla luna, lo potresti ritrovare salendo sulla luna. Passando il paladino per quelle biche... Insomma, vede tanti mucchi, le biche, sono ad esempio i mucchi che fanno le formiche, i formicae, or di questo, or di quel chiede alla guida, quindi è proprio un verso di Montale, che evidentemente anche lui si ispira un po'ad Ariosto. Allora dicevamo, trovi tanti mucchi, or di questo, or di questo, e Astolfo chiede a San Giovanni Evangelista.
Questo è un mucchio di che cosa? Quest'altro è un mucchio di cos'altro, quali desideri, quali cose vane che si trovano in questa luna. Vide un monte di tumide vesiche che dentro parea aver tumulti e grida.
Quindi vide, a Stolfo, una montagna di vesciche rigonfie, come fossero dei sacchetti gonfi, che dentro parea aver tumulti e grida.... dentro questi Queste vesciche rigonfie, questi otri rigonfi, sembrava ci fossero tumulti e grida e seppe che erano le corone antiche e degli assiri e della terra lida e dei persi e dei greci che già furono incliti, e Thor ne è quasi un nome oscuro cosa c'è là? Ci sono i grandi regni del passato ad esempio l'impero degli Assiri, oppure dei Lidi, famosi per il re Creso di Lide e dei Persi L'impero dei Persiani e dei Greci che già furono incliti, quindi l'impero anche dei Greci e dei Macedoni che un tempo furono famosi e ormai quasi ci siamo del tutto dimenticati di essi. Ami d'oro ed argento appresso, vede in una massa, che erano quei doni che si fanno con speranza di mercede ai re, agli avari principi, ai patroni.
Ma ci viene in mente la dedica del principe di Machiavelli. Ricordate che Machiavelli dice che l'unica cosa che posso regalare al principe è la mia esperienza, l'esperienza delle cose presenti, la lezione delle antiche. Invece, a contrario, l'aveva detto anche lo stesso Machiavelli all'inizio di quella dedica, gli uomini di corte cercano di ingraziarsi il Signore regalando loro oggetti preziosi come amido, amido di amido, amido di amido di amido.
d'oro ed argento, che sono appunto i doni che si fanno con la speranza di ricompensa, con la speranza di un premio, cioè io ti faccio un dono ma intanto però mi aspetto che tu me ne fai uno simile. Ai re, agli avari principi, ai patroni, quando si fanno appunto dei doni a questi re, ai signori, ai protettori, eccetera, sono tutte cose inutili. Ecco attenzione, dovete sapere una cosa, che Ariosto è un uomo di corte, l'abbiamo studiato. Ricordate, prima segue il cardinale Ippolito, poi il duca Alfonso d'Este, eccetera.
Eppure disdegna proprio ciò che caratterizza quella società. Ad esempio, l'abitudine delle regalie, cioè di donare qualcosa al proprio signore per ottenere dei favori. Vede in Ghirlande ascosi lacci e chiede e tode che sono tutte adulazioni. Ecco, sono dei simboli questi, gli ami d'oro ed argento.
che rappresentano anche in modo esplicito come una persona vuole catturare l'altra come si fa con l'amo, oppure ascosi lacci in ghirlande, quindi vede delle trappole nascoste però dentro ghirlande di fiori e sono tutte le adulazioni, cioè quelle cose che si dicono ma che non si pensano davvero nel cuore, ecco perché sono un po'come delle trappole. Dicicale scoppiate immagini anno versi Kinlau. E ancora, i versi, le poesie che si fanno in laude dei signori. Ecco la poesia adulatrice, la poesia fatta apposta per ottenere dei favori da parte del Signore.
E'una poesia che non vuole fare Ludovico Ariosto, perché il suo canto deve essere libero. E questa cosa la vedremo poi. poi soprattutto con l'ode la caduta di Parini quest'anno.
Quindi il poeta è orgoglioso della propria libertà e disdegna quindi l'adulazione che invece è tipica dei poeti asserviti. Di nodi d'oro e di gemmati ceppi vede canforma i malseguiti amori. Ordiniamo, vede che i malseguiti amori, gli amori malseguiti, insomma gli amori inseguiti in valore, ha un forma di nodi d'oro e di ceppi, hanno forma di catene gemmate, però pur sempre catene sono. Insomma gli amori inutili, gli amori che non vanno a segno, sono come dei nodi che inviluppano o addirittura delle catene che legano l'uomo. Veran d'aquile artiglie che fur seppi l'autorità che ai suoi danno i signori.
Ecco, anche lì in questo vallone ci sono degli artigli d'oro. Che cosa rappresentano questi artigli d'aquila? Io ho capito che questi artigli furono l'autorità che i signori danno ai loro sottoposti e sono appunto artigli d'aquila per dire che uno poi diventa violento, diventa crudele, una volta che uno ottiene un po'di potere, ad esempio, subito lui infierisce contro quelli a sua volta sottoposti a lui.
I mantici... che intorno a un pieno igre sono i fumi dei principi e i favori che danno un tempo ai ganimè di suoi che se ne van col fior degli anni poi. Ecco, altri simboli si trovano in questo ballone.
ci sono dei mantici che hanno intorno i loro greppi, insomma i mantici che aspirano e soffiano aria per alimentare il fuoco, riempiono i greppi, cioè i pendis, scoscesi di questo vallone e che cosa sono? che cosa rappresentano? sono i fumi, quindi gli onori dei principi e i favori che loro danno ai loro ganimedi ecco ai loro favoriti infatti come sappiamo ganimede era favorito da Giove o Zeus come volete chiamarlo che l'aveva preso era un giovane troiano l'aveva preso dalla terra e l'aveva portato con sé alla sua corte, quindi sul monte Olimpo, così come Zeus Giove aveva il suo Ganimede, il suo coppiere preferito, il suo servitore preferito.
Così anche i principi, i signori, hanno i loro adulatori, servitori, che se ne vanno col fior degli anni poi. E'certo che Ganimede, molto amato da Giove, perché era un giovane fanciullo, quindi molto bello. Ma poi, se ne va col fior degli anni, una volta che uno, col passare della giovinezza, diventa molto meno bello e quindi meno gradito anche al suo signore. Ruine di città e di castella stavano con gran tesor qui vi sozzopra. Quindi, sempre in questo ballone, c'erano le rovine di grandi città, di castelli, i tesori che erano raccolti in queste città e in questi castelli, si trovavano qui sozzopra.
Sotto sopra, evidentemente c'è ancora qualche elemento un po'emiliano, ricordate che nell'Orlando innamorato c'era la presenza delle zeta, che erano molto presenti nel dialetto emiliano e romagnolo, e invece nell'Orlando furioso in genere vengono tolti questi elementi un po'dialettali. Domanda e sa che sono trattati... E'quella congiura che si malpar che si copra.
Domanda a San Giovanni Evangelista, dice che cosa sono tutte queste città? E allora San Giovanni Evangelista spiega che sono i trattati di alleanza o di pace, violati o infranti, che producono guerre e producono rovine. E'anche quella congiura che si malpar. Par che si cuopra, e anche le congiure che non si riesce a tenere nascoste, tanto che poi da queste congiure scoppiano periodi di anarchia o di discordie intestine.
Ecco, spiega un po'che cosa sono tutte queste cose che si trovano in questo vallone della luna. Vede serpi con faccia di donzella, di monetieri e di ladroni l'opera. Ecco, vede anche dei serpenti con la faccia di donzella. E qui viene in mente una delle volge che non abbiamo studiato, insomma noi dell'inferno, è quella dei ladri, è una volge in cui ci sono queste metamorfosi, ci sono queste trasformazioni. E il serpente rappresenta e simboleggia ad esempio l'opera dei ladri e dei falsari.
Ecco, per quanto riguarda i ladri abbiamo un'esplicita fonte dantesca, vi dicevo appunto nelle mani. ma le bolge, ad esempio nel 25esimo, mi sembra anche nel 24esimo, ci sia appunto questa bolge, la settima bolge dell'inferno, con i ladri trasformati in serpenti. Poi vide bocce rotte di più sorti, che era il servir delle misere corti, poi vide anche delle bocce di vetro, rotte, di svariate forme e dimensioni, ed erano appunto i servizi prestati nel tempo.
Degli adulatori Per vantaggio dei principi Insomma appunto i cortigiani Che cercano di ingraziarsi Abbiamo detto i loro signori Ma questa cosa qui È una cosa inutile Esattamente come una boccia di vetro Una boccia rotta Insomma termina In questa ottava 79 L'elenco proprio Di tutte queste cose spregevoli Che spesso fanno proprio gli adulatori E quindi l'uomo Grazie. La minestra è una gran massa vede e domanda al suo dottor chi importe. Ecco, vede una gran massa di minestre, brodi, zuppe, versate, sul terreno.
di questo pallone e chiede alla sua guida quindi a san giovanni l'evangelista cosa significa tutta questa brodaglia lele mosina e dice che si lascia alcun che fatta sia dopo Si tratta dell'elemosina che alcuni stabiliscono nel testamento perché si è fatta dopo la morte. Ecco, capite quindi cos'è l'elemosina fatta dopo la morte? È una cosa che uno fa proprio perché è un di più. Di vari fiori ad un gran monte passa, chebbe già buon odor, orputia forte.
Poi a Stolfo, e insieme con lui San Giovanni l'Evangelista, passano. quindi passano vicino a un gran monte di vari fiori, di svariati fiori che una volta profumavano ma adesso puzzano. E che cos'è quest'altro segno, quest'altro simbolo? Questo era il dono, se per or dir lece, che Costantino al buon Silvestro fece. Questo è il dono che Costantino fece a Silvestro, è un dono.
E'un dono che puzza subito perché è un dono sbagliato, è un dono fatto nel modo peggiore possibile. È la famosa donazione di Costantino, diciamo un falso, come ormai anche Ariosto sa bene dal momento che Lorenzo Valla, ormai quasi un secolo prima, aveva svergognato, aveva dimostrato, volevo dire, la falsità di questa donazione di Costantino. Ma rimane comunque nell'immaginario.
Il personale letterario nel bagaglio culturale rimane l'immagine che sarebbe stato l'imperatore Costantino a donare un terreno, un territorio al Papa e quindi in questo modo creando i presupposti per il potere temporale della Chiesa, che è qualcosa che puzza, perché è sbagliato. Abbiamo visto anche con Dante, è sbagliato che il Papa abbia un potere politico e anche un possesso, una proprietà. Vide gran copia di panie con visco, vide quindi una grande abbondanza di trappole ricoperte con il vischio.
Abbiamo già visto con voi il vischio, si invischiano gli uccelli, sembrava di aver letto con voi una cosa del genere qualche settimana fa. Che cosa rappresentano queste trappole piene di visco che servono per catturare il visco? E'un'altra cosa che si può fare, è scaturare gli uccelli, che erano donne le bellezze vostre, sono le vostre bellezze, sono come delle trappole in cui noi uomini scemi cadiamo senza neanche rendercene conto.
Lungo sarà se tutte in verso ordisco le cose che gli fur quivi dimostre. Se io dovessi raccontare, elencare tutte le cose che gli furono mostrate, quella è la forma forte del participio, mostre le cose che furono mostrate. Se le pagine furono mostrate ad Astolfo, non basterebbero proprio le pagine. Se è inverso, ordisco. Quindi dobbiamo anche dire una specie di ironico intervento dell'autore che dice qua sto, ordisco in versi, quindi sto realizzando dei versi, delle ottave, eccetera, per descrivere questo vallone della luna.
Beh, insomma, se dovesse... continuare a farlo, descrivendo tutto per filo e per segno continuerei ancora chissà per quanto che dopo mille e mille io non finisco dopo aver descritto mille e mille cose che si trovavano in questo vallone io non avrei ancora terminato e vi sono tutte le occorrenze nostre, insomma si trovano tutti quei beni materiali o spirituali di cui dopo averli perduti noi abbiamo bisogno grazie sulla pazzia non ve ne è poca ne assai che sta qua giù ne se ne parte mai ma sulla luna puoi trovare di tutto tantissime cose, mille, migliaia ma la pazzia non la trovi perché la pazzia la trovi qua sulla terra e ce n'è tantissima non se ne parte mai non va via mai dalla terra sta sempre qui bella abarbicata al terreno per dire insomma che tra noi uomini di pazzi ce n'è, ce n'è tanti e spesso spesso anche noi ci trasformiamo in pace Diciamo incidentalmente Quivi ad alcuni giorni e fatti suoi che egli già avea perduti si converse Vuol dire quindi che Astolfo si converse, cioè si rivolse a guardare ad alcuni giorni Giorni e fatti sui, cioè si volse a guardare quello che lui stesso aveva perso, il tempo che aveva perso, vi ricordate per esempio Dietro una magalcina, ricordate il brano che abbiamo letto. che se non era interprete con lui non discernea le forme lor diverse se non ci fosse stato San Giovanni l'Evangelista a spiegargli per filo e per segno lui non sarebbe stato in grado di riconoscerli dal momento che avevano mutato di forma le stesse cose che lui aveva perduto non le avrebbe riconosciute anche se era una roba sua perché qua è tutto simbolico quindi si è tutto...
trasformato a livello appunto di segno poi giunse a quel che par sì averlo a noi che mai per esso a Dio votino perse, senti mai qualcuno che fa una preghiera a Dio per favore Dio dammi un po'di ragionamento di ragione, di intelletto no, non faccio mai questa preghiera perché tanto non ne ho bisogno già è intelligente di mio e invece là ce n'era tantissimo grazie Io dico il senno, la ragione, e ne racquivi un monte, solo assai più che l'altre cose e conte. Qui c'era una montagna di senno, quindi di ragione, di ragionamento, di mente, di intelletto, perso dagli uomini, che era assai più, solo assai più, una montagna ben più alta rispetto a tutte le altre biche, cioè gli altri monti. mucchi che sono stati raccontati, quindi descritti fino ad adesso. Era come un liquore sottile e molle, ecco il senno, la ragione, si presentava lì sulla Luna come un liquido, un liquore sottile e molle, una sostanza liquida, poco consistente, instabile, delicata, quindi bisognava tenerla chiusa, in ampolle, ben chiusa e tappata, altrimenti sarebbe uscito. E'uscita fuori, atto a esalar, quindi pronto a esalar, a evaporare facilmente, se non si tienne ben chiuso.
E si vedeva raccolto in varie ampolle, quindi il senno della gente, degli uomini, era tutto raccolto lì sulla luna, in varie ampolle, chiuso nelle ampolle, qual più, qual men capace, atte a quell'uso. E c'erano delle ampolle più grandi e delle ampolle più piccole, che erano adibite. ha a questo scopo appunto quello di raccogliere il senno perso dagli uomini quella è maggior di tutte qual era l'ampolla più grande di tutte era quella evidentemente del paradino Orlando quella è maggior di tutte in che del folle signor Dalglante era il gran senno infuso quindi la più grande di tutte queste ampolle era quella nella quale in che era Si ritrovava il senno di Orlando, il signore d'anglante, infuso, quindi versato in questa ampolla più grande delle altre.
Vuol dire che Orlando aveva più ragione degli altri, più senno degli altri, però l'aveva persa, l'aveva persa tutta. Con quella storia di Angelica e di Medoro, si è andata tutto in fumo. E fu dall'altra e conosciuta quando... Aveva scritto di fuori Senno d'Orlando. E fu quindi facile riconoscerla in mezzo alle altre ampolle perché fuori c'era scritto il Senno d'Orlando, la ragione di Orlando.
E così tutte le altre avevano scritto anche il nome di color di chi fu il Senno. E così anche tutte le altre ampolle avevano scritto sopra il nome di colui di cui fu il Senno. cui fu il senno, cioè colui al quale appartenne quel senno che invece adesso era andato perso.
Del suo gran parte vide il Duca Franco, in realtà vide una bella ampolla anche piena del suo stesso senno, che aveva perso, anche Astolfo aveva perso il senno. Ma molto più maravigliarlo fenno, molti che gli credea che dramma manco non dovesse... ...dovessero averne, cioè lui vide anche il senno di molti, che egli credeva non dovessero averne perduto, neppure una goccia, perché a guardarli sembravano proprio delle persone ragionevoli. adesso vai a scoprire che sulla Luna ce n'è tanto del loro senno perso. Quindi vuol dire che non è che siano poi così tanto ragionevoli.
E qui vi denno chiara notizia che ne tenea un poco. E qui invece c'era il segno, la dimostrazione, era palese, evidente a tutti che ne avevano assai poco di senno perché l'avevano perso tutto che molta quantità ne era in quel loco perché lì ce n'era tantissimo ecco, adesso c'è una bellissima quartina quella finale del nostro brano di oggi che ancora, ecco, ripete questo altri altri che abbiamo visto anche nell'ottava ho detto quartina prima? evidentemente l'ottava, no? nell'ottava numero settantuno L'ottava 85 richiama l'ottava numero 72 per questa anafora di altri, altri, altri eccetera. L'anafora sottolinea proprio un mezzo espressivo, una figura retorica, che sottolinea come tutti gli uomini si perdono, tutti perdono qualcosa.
E tutti perdono quindi il lume della ragione, perdono il loro senno, o per un motivo o per un altro, ma tutti quanti perdiamo il senno, perdiamo la ragione. tutti noi, quindi non è una storia che riguarda solo gli altri questa, è una storia che riguarda anche noi in prima persona. Altri in amar lo perde, altri in onori, altri in cercare, scorrendo il mar, ricchezze.
Quindi attenzione, tutto ciò che noi riteniamo anche positivo, come i sentimenti, i valori, gli scopi della nostra vita, in realtà sono qualcosa che ci fa perdere proprio la ragione. Quindi per esempio gli innamoramenti, gli onori, Anche il cercare delle ricchezze, di arricchirsi scorrendo il mare, attraversando e sfidando il mare. Altri nelle speranze dei signori, altri perdono il tempo e quindi anche il lume della ragione a causa delle speranze riposte in vano nei principi, gli adulatori ad esempio. Altri dietro le magiche sciocchezze, dietro la magia che è irrazionale, altri in gemme perché vogliono accumulare tesori o pietre preziose.
Altri in opere di pittori, che collezionano quadri, e altri in altro che più d'altro apprezze, e altri nelle altre infinite cose che ciascuno apprezza e desidera più di altre. Di sofisti ed astrologhi raccolto, quindi vide anche a Stolfo molto senno di sofisti, quindi i filosofi, che noi crediamo e riteniamo che siano grandi ragionatori. In realtà...
In realtà ha perso gran parte del loro senno, anche nei loro ragionamenti, per non parlare degli astrologhi. E di poeti ancora ve n'era molto, ce n'era anche di poeti, con una specie di autoironia, anche questa molto moderna, molto interessante, Ariosto dice che ce n'è anche tanto di poeti di senno là sopra. Come dire che anch'io perdo il senno nella mia stessa opera letteraria, come abbiamo detto infatti, Orlando è uguale a tutti noi.
Fra Ruggero e Rodomonte. Ecco, non è usuale trovare sulle antologie il brano che narra della fine dell'Orlando furioso. Come finisce la battaglia di Parigi, la battaglia vittoriosa dei cristiani? Perché Orlando finalmente ha riavuto il senno, perché Astolfo gliel'ha fatto annusare, quindi diciamo così, dal naso, quindi la ragione è ritornata in lui.
E così Orlando ha ripreso le armi, e così i cristiani sono vittoriosi contro i musulmani. E Ruggero può sposare... C'è qualcuno che vuole rovinargli la festa, è Rodomonte, un guerriero musulmano, che compare proprio durante il matrimonio, proprio durante il pranzo di nozze, spesso nei romanzi cortesi, interveniva qualcuno a rovinare la festa e a sfidare uno dei commensali. E'Rodomonte che sfida a duello Ruggero perché lo ritiene un fellone, un traditore, perché si è convertito dal musulmanesimo a cristiano. E'un infedele, lo vuole uccidere, lo vuole ammazzare.
E Rodomonte è proprio bestiale come turno alla fine dell'Eneide di Virgilio, sfida a duello, e Enea lo trafigge senza pietà. Anche Ruggero alla fine trafigge senza pietà Rodomonte. E così termina il poema dell'Orlando Furioso. La prossima volta avremo un argomento totalmente diverso.
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