Definizione di volgare illustre è un brano tratto dal De Vulgari Eloquenzia che adesso introduciamo e voi eventualmente terminerete di leggere a casa. Dobbiamo anzitutto dire questo. Qual è il testo, il libro da cui è tratto questo brano?
È tratto, dicevamo, dal De Vulgari Eloquenzia. Si tratta di un trattato dedicato al volgare ma scritto in latino. Il motivo è questo, che questo libro doveva convincere gli studiosi, gli intellettuali, che occorreva utilizzare e dare dignità.
al volgare e ricercare il volgare illustre. Adesso questo lo vedremo in modo particolare nel brano che leggeremo o inizieremo a leggere a casa. Ecco, infatti il De Vulgari Eloquenzia illustra una tradizione poetica all'interno della quale si colloca, crea la prima storia della letteratura in volgare, fa una storia della lingua, addirittura partendo dalla lingua originaria, la lingua della Bibbia, quindi l'ebraico, che si è poi suddivisa a causa dell'episodio della torre di Babele in molteplici idiomi, e poi andando avanti fino a quelle che sono le lingue nobili. dice Dante, sono le lingue materne, cioè le lingue che noi apprendiamo da nostra madre. E quindi il volgare, ad esempio, il volgare toscano, così come la lingua doc, la lingua doil, al contrario ci sono delle lingue che sono un po'costruite a tavolino, artificiose, non naturali, non materne.
E questo è il latino. Quindi questo è un trattato che deve servire proprio a questo. Cioè a dimostrare... La grande dignità del volgare riesce a scrivere solamente due libri invece di quattro.
Come abbiamo visto già con il convivio, probabilmente la stesura della Divina Commedia poi prenderà un po'tutto il tempo. suo lavoro e quindi non potrà dedicarsi anche a questa opera. Usa consapevolmente il volgare, dicevamo, è importante perché scrivendo testi in volgare ci rivolgiamo, come abbiamo visto con il convivio che effettivamente era scritto in volgare, ad un pubblico più vasto contro la tradizione dell'epoca che vedeva nel latino la lingua della cultura.
Lui con questo trattato vuole dimostrare proprio che anche il volgare è una lingua della cultura, anzi addirittura in un certo senso più nobile del latino stesso. Lo scrive più o meno negli anni che vanno tra il 1304 e il 1307, quindi più o meno anche negli anni in cui abbiamo visto che aveva scritto il Convivio, per approfondire le teorie linguistiche. E'in latino perché si rivolge ai letterati, quattro dovevano essere i libri. Ma in realtà ne scrisse solo uno e mezzo.
Nel primo libro c'è la teoria del linguaggio. La lingua volgare naturale materna segue l'uso, è variabile, mentre invece la lingua artificiosa detta grammatica, il latino, una lingua convenzionale, è molto più statica. Ecco, poi proseguendo nel suo discorso dice, analizza un po'anche i vari tipi di volgare e dice che effettivamente...
ci sono stati due volgari abbastanza importanti nella storia già della lingua italiana cioè il siciliano che era illustre perché c'era una corte e il bolognese perché ha ispirato la grande poesia stilnovistica e invece disprezza molto i dialetti, cioè la lingua troppo municipale ad esempio di Guitone d'Arezzo. Però poi arriva, ecco arriviamo al punto, arriviamo al brano che noi adesso stiamo per leggere appunto alla pagina A197 e A198, esatto, in cui individua, definisce In cosa consiste questo volgare illustre, definizione del volgare illustre e quali sono, non solo, sono quattro oggetti, quali sono le caratteristiche del volgare che sono sintetizzate da quattro oggetti. Gli anticipiamo, illustre, cardinale, aulico e curiale.
Ho detto anche regale e curiale. Alla ricerca del volgare. Ecco, lui ci rappresenta questa ricerca come se fosse la caccia ad un animale. In particolar modo, una battuta di caccia quindi, in particolar modo la pantera.
Infatti dice... Dopo che abbiamo cacciato per Monti Boscosi e Pascoli d'Italia e non abbiamo trovato la pantera che bracchiamo, la pantera che bracchiamo in realtà è un'immagine, una metafora, del volgare illustre che noi stiamo cercando, per poterla scovare proseguiamo la ricerca con mezzi più razionali, sicché applicandoci con impegno possiamo irretire, cioè catturare attraverso le nostre reti, totalmente con i nostri lacci, la creatura che fa sentire il suo profumo ovunque e non si manifesta in nessun luogo. Il volgare illustre. Ecco, secondo i bestiari medievali, infatti, la pantera ha un alito così profumato che riesce ad attirare a sé gli altri animali, ma anche molto agile, veloce, e quindi sfuggente. Ecco, quindi...
Il volgare illustre è così, sì, percepiamo che c'è, fa sentire questo profumo, insomma, ma nello stesso tempo non riusciamo ad afferrarlo. Ebbene, dobbiamo riuscirci, dobbiamo partire alla caccia del volgare. gara illustre.
Riprendendo dunque le nostre armi da caccia affermiamo che in ogni genere di cose ce ne deve essere una in base alla quale paragoniamo e soppesiamo tutte le altre che appartengono a quel genere e ne ricaviamo l'unità di misura. Ecco dobbiamo... Dobbiamo trovare un termine di paragone, dobbiamo trovare un punto di riferimento, ci dice Dante.
Così, in quanto operiamo in assoluto come uomini, c'è la virtù, intendendola in senso generale, secondo la quale infatti giudichiamo un uomo buono o cattivo. In quanto operiamo come uomini di una città c'è la legge, secondo la quale un cittadino è definito buono o cattivo. In quanto operiamo come uomini dell'Italia ci sono alcuni semplicissimi tratti di abitudini, di soppesare e misurare le azioni degli italiani.
Ma le operazioni d'Italia, bensì comuni a tutte, e fra queste si può a questo punto individuare quel volgare di cui più sopra andavamo a caccia, che fa sentire il suo profumo in ogni città, ma non ha la sua dimora in alcuna. E tuttavia può spargere il suo profumo più in una città che in un'altra, come la sostanza semplicissima, Dio, dal sentore di sé, più nell'uomo che nella bestia, che nel minerale, in quest'ultimo più che nell'elemento semplice per l'elemento semplice si intende l'acqua, l'aria e il fuoco e nel fuoco più che nella terra la quantità più semplice l'unità si fa sentire più nei numeri dispari che nei pari e il colore più semplice, il bianco, si rivela più nel giallo che nel verde cioè dice praticamente Dante attraverso tutte queste riflessioni noi troveremo il volgare e il lustre e non è detto che lo troviamo in un posto piuttosto che in un in un altro, lo possiamo trovare in una città ma anche in altre città, certamente ci sono però dei luoghi o ci sono delle persone in cui si mostrerà particolarmente questo volgare illustre e quindi lo vedremo per esempio ci sono dei poeti che anche se abitano in diverse città si esprimono in questa lingua, il volgare illustre Ecco dunque che abbiamo raggiunto ciò che cercavamo. Definiamo in Italia volgare, illustre, cardinale, regale, curiale, quello che è di ogni città italiana e non sembra appartenere a nessuna, in base al quale tutti i volgari e i municipali degli italiani vengono misurati, soppesati e comparati.
A questo punto corrisponde con ordine le ragioni per cui chiamiamo con gli attributi di illustre, cardinale, regale e curiale questo volgare che abbiamo trovato, procedimento attraverso il quale ne facciamo parte. E faremo risaltare in modo più limpido l'intrinseca essenza. Ecco quindi, essenzialmente, nella tradizione poetica che va dai poeti siciliani fino a Dante stesso, è riconoscibile il volgare. Ma adesso per capire bene questo volgare illustre, di che cosa si tratta, Dante riflette sui quattro aggettivi, diciamo le quattro caratteristiche, lo rendono alto e nobile. E in primo luogo dunque mettiamo in chiaro cosa vogliamo significare con l'attributo di illustre, perché definiamo quel volgare come illustre, in vero, quando usiamo il termine illustre intendiamo qualcosa che diffonde luce e che investito dalla luce risplende chiaro su tutto.
Ecco, quindi anzitutto questo volgare illustre perché diffonde la luce e rende luminosi anche quelli che lo usano. ed è a questa stregua che chiamiamo certi uomini lustri o perché illuminati dal potere diffondono sugli altri una luce di giustizia e carità o perché i depositori e depositari di un alto magistero sanno altamente ammaestrare come Seneca e Numa Pompidio ora il volgare di cui stiamo parlando è vestito da un magistero E'chiaro, è evidente che la prima caratteristica è questa. Questa lingua rende, illumina anche quelli che la usano. È alta, è nobile, è illustre, proprio se vogliamo dall'etimologia di questo termine, ci fa capire che ha a che vedere con la luce, cioè che illumina.
Che possieda un magistero che lo innalza e manifesto, dato che lo vediamo, cavato fuori come da tanti vocaboli rozzi che usano gli italiani, da tante costruzioni intricate, da tante desinenze erronee, da tanti accenti campagnoli, emergere così nobile, così limpido, così perfetto e così urbano, quindi tipico della città urbana, come mostra Naucino Pistoiese e l'amico suo nelle loro canzoni. Ecco qui, è un modo un po'particolare che ha Dante per parlare di se stesso, quindi non so, con un po'di modestia se vogliamo, questa volta non si autocita. Ma dice che il volgare illustre, ad esempio, lo si può vedere e trovare proprio nelle poesie di Cino da Pistoia e dell'amico suo. E chi è l'amico suo?
È Dante stesso. Come a dire, noi, io e Cino da Pistoia abbiamo scritto delle poesie che proprio utilizzano questa lingua, questa lingua illustre. Che abbia poi un...
Un potere che lo esalta è chiaro. E quale maggior segno di potere della sua capacità di smuovere in tutti i sensi i cuori degli uomini, così da far volere chi non vuole e disvolere chi vuole, come ha fatto e continua a fare. Ecco quindi, la dimostrazione è questa, che quando noi leggiamo, ad esempio, le poesie di Cino da Pistoia ed è il suo amico, quindi le poesie anche di Dante, riconosciamo che sono chiare, semplici, che appartengono a Dio. ad una lingua che non ha niente di municipale, dialettale, regionale capite?
che anche sollevi in alto l'onore che dà salta gli occhi forse che chi è a suo servizio non supera in fama qualunque re marchese, conte e potenti e quindi attenzione, Dante scrive queste cose quando è già nell'esilio perché abbiamo detto dal 1304 al 1307. E quindi è davvero, da un punto di vista politico-economico, l'ultimo degli uomini. Eppure è riconosciuto da tutti ed è apprezzato da tutti. da tutti, più di qualsiasi re, marchese, conte potente, solo e semplicemente perché usa questa lingua, che è una lingua nobile, è una lingua gentile. Non c'è nessun bisogno di dimostrarlo.
E quanto renda ricchi di gloria i suoi servitori, noi stessi lo sappiamo bene, noi che per la dolcezza di questa gloria ci buttiamo dietro le spalle l'esilio. E adesso lo dice chiaramente. Quindi, questa gloria letteraria, poetica, l'utilizzo di questa lingua... mi permette anche di essere superiore alla condizione tremenda che sto vivendo, la condizione di esiliato.
Per tutto ciò ha buon diritto che dobbiamo proclamarlo illustre e questa è la prima caratteristica. Seconda caratteristica, e non è senza ragione che freggiamo questo volgare illustre del secondo attributo, per cui cioè si chiama cardinale. Come infatti la porta intera va dietro al cardine in modo da volgersi anch'essa nel senso in cui il cardine si volge, sia che si pieghi verso l'interno sia che si apra verso l'esterno. Così l'intero gregge c'è la massa. passa dai volgari municipali, si volge e rivolge, si muove e si arresta secondo gli ordini di questo, che si mostra un vero e proprio capofamiglia.
Quindi questo volgare, dicevamo, è un punto di riferimento. è il perno, il cardine attorno al quale tutti i volgari municipali ruotano. Non ha niente di rozzo, è un volgare, dicevamo, nobile, gentile, alto, elevato.
Pur essendo una lingua naturale, materna, dicevamo, acquisisce dei tratti che lo avvicinano anche al latino, lo rendono quindi alto, elevato, nobile. rispetto ad altre lingue. Infatti Dante continua in questo modo non strappagli ogni giorno i cespugli spinosi dalla selva italica è una metafora, è un'immagine per dire quindi che questo volgare illustre si distingue rispetto a a tutti i dialetti troppo municipali, dicevamo. Non innesta ogni giorno germoglie tra pianta e pianticelle? A che altro sono intenti i suoi giardinieri se non a togliere e inserire, come si è detto, e qui è un riferimento.
a quello che ha detto in precedenza per cui merita pienamente di freggiarsi di un epiteto così nobile quanto poi al nome di regale che gli attribuiamo il motivo è questo che se noi italiani avessimo una reggia esso prenderebbe posto in quel palazzo attenzione se con le prime due caratteristiche Ci siamo soffermati solo all'aspetto, se vogliamo, letterario, linguistico del problema. Con gli altri due, quindi regale e curiale, ecco che Dante utilizza degli aggettivi che hanno delle implicazioni politiche. Perché appunto è questo, Dante, ecco Dante, dopo lo vedremo anche nella Divina Commedia, è molto addolorato perché l'Italia è divisa.
L'Italia è tutta quanta sotto le lotte municipali, assoggettata da signori ambiziosi che portano avanti i loro progetti politici invece di un progetto politico comune. Ecco quindi perché adesso sintetizzando... No, abbiamo ancora tempo per leggere. Dicevamo, ecco perché questa lingua sarà la lingua dell'Italia una volta che l'Italia avrà una reggia.
Allora, dovete sapere che nei capitoli precedenti Dante aveva parlato del siciliano. E il siciliano aveva detto che era illustre, era la lingua di una reggia, la reggia di Palermo. Poi però, come ben sappiamo, il regno di Federico II... si è dissolto alla sua morte e quindi c'è un giudizio politico ben preciso.
La scomparsa degli svevi, grandi promotori di cultura, ha determinato una decadenza della Sicilia. Il siciliano non può più essere un punto di riferimento. Lo dice chiaramente, Dante nei capitoli precedenti dice il siciliano non merita assolutamente l'onore di essere preferito agli altri perché non si può pronunciarlo senza un'allegria.
una certa lentezza, ma poi soprattutto dicevamo c'è stata una decadenza politica. Ecco perché adesso auspica invece che ci sia una ripresa dell'Italia, che l'Italia abbia una reggia, ecco cosa indica con questa terza caratteristica. L'aspirazione è che l'Italia abbia un suo Stato unico. Se noi italiani avessimo una reggia, questo volgare prenderebbe posto in quel palazzo.
Razzo, perché se la reggia è la casa comune di tutto il regno, l'augusta reggitrice di tutte le sue parti, qualunque cosa è tale da essere comune a tutti senza appartenere in proprio nessuno, deve necessariamente abitare nella reggia e praticarla e non vi è altra dimora degna di un così nobile inquilino. Tale veramente appare il volgare del quale parliamo. Questo volgare è illustre quindi non solo perché è un punto di riferimento letterario, linguistico, ma anche politico. Qui addirittura...
Stiamo anticipando dei temi che noi affronteremo in quinta, quando parleremo dell'idea di nazione, manzoni eccetera, e diremo che la lingua è uno di quegli aspetti che accomuna un popolo, che fa sì che un popolo possa avere una nazione sua. E infine quel volgare va definito a buon diritto curiale, perché la curialità non è altro che una norma ben soppesata delle azioni da compiere. Ecco, il termine curia. etimologicamente si riferisce al senato quindi qua abbiamo un aspetto ancora una volta un aspetto politico il diritto ad esempio quindi c'è una valenza squisitamente politica anche in quest'ultimo aggettivo l'aggettivo curia Ne viene che tutto quanto nelle nostre azioni è soppesato con esattezza e viene chiamato curiare. Per cui questo volgare, poiché è stato soppesato nella curia più eccessa degli italiani, è degno di essere definito curiare.
Ma dire che è stato soppesato nella processa curia degli italiani sembra una burla, dato che siamo privi di una curia. Non abbiamo un senato, non abbiamo una magistratura che ci unifica. Ma è facile rispondere, perché se è vero che in Italia non esiste una curia, come quella del re di Germania, tuttavia non fanno difetto le membra che la costituiscono. E come le membra di quella curia traggono la loro unità, la curia tedesca, dalla persona unica del principe, così le membra di questa sono state unite dalla luce di grazia della ragione. Ancora una volta, grande valorizzazione dello spirito.
spirito italico, che purtroppo non si può esprimere, non si esprime, dice Dante, oggi come oggi, in un organismo politico unificato, ma che ha già dimostrato il suo valore a livello, dice Dante, della luce di grazia della ragione. E siamo uniti, ragazzi, perché abbiamo questa grandezza della ragione. a questa cultura speriamo che prima o poi possiamo essere uniti anche da un punto di vista politico.