Eccoci, buongiorno a tutti, siamo collegati dalla sala Buzzati, quindi dal Corriere della Sera, per questo nuovo incontro. Per cui ringraziamo la Fondazione Corriere della Sera e Selunga per questo nuovo incontro della serie. insieme per capire.
Oggi abbiamo due ospiti, quindi saluto subito Barbara Tamborini, psicopedagogista, e Alberto Pellai, psicoterapeuta dell'età evolutiva. Potete anche applaudire qua in sala. Da casa i ragazzi in classe la vedo più complicata ma da casa possiamo almeno li sentiamo e sciogliamo anche un po'la tensione.
Allora intanto buongiorno grazie per essere qui con noi so che abbiamo tantissime scuole collegate oltre a dei ragazzi che sono qui in sala ma insomma accoglieremo un po'le domande di tutti. Quindi a chi è qui con noi dico tranquillamente che insomma c'è la possibilità alzate pure la mano e abbiamo insomma i microfoni per farvi fare. delle domande a chi è collegato invece da casa dalla scuola so che stanno già arrivando delle domande perché le vedo qui quindi continuate a scriverci insomma tra poco poi le girerò ai nostri esperti oggi allora Inside out, riconoscere e comprendere le proprie emozioni.
Partirei con lei, dottor Perlai. Come si riconoscono le proprie emozioni e quali sono le nostre emozioni? D'accordo, intanto buongiorno a tutti e a tutte, sia le persone che sono qua sia le persone connesse.
Cominciamo a dire che noi siamo, tra gli esseri viventi, quelli... più privilegiati perché in comune con per esempio molte altre specie animali, i mammiferi, il nostro cane, il nostro gatto ha anche lui le emozioni e stamattina se voi avevate a casa un cane o un gatto voi uscite, lui vi rincorre e vi sta dicendo che è triste perché ve ne state andando via, quando sente la porta che si riapre e ritornate a casa vi corre incontro di nuovo e vi dice che è felice perché ha voglia di stare con voi. Quindi le emozioni le condividiamo con altre specie animali, ma proprio quello che c'è nel focus del nostro incontro di questa mattina, cioè riconoscere, comprendere, gestire, regolare i nostri stati emotivi, questa cosa gli animali non la sanno fare perché non hanno l'altro funzionamento che è il funzionamento cognitivo è la nostra capacità di produrre pensieri è la nostra capacità di dare parola a quello che sentiamo provate a immaginare un cane lupo che è programmato dall'evoluzione per difendere il suo territorio e tutte le mattine arriva il postino e lui per vent'anni consecutivi abbaia il postino Noi potremmo insegnargli con le parole che non c'è bisogno, che il postino non viene a invadere il tuo territorio, ma lui quella cosa non la comprende ed ecco perciò che tutte le volte che vede il postino lo pensa, non è che lo pensa, lo vive come un potenziale invasore e quindi reagisce facendogli vedere una reazione molto potente e molto violenta perché non sa regolare il suo stato emotivo e non sa...
reindirizzarlo con il proprio pensiero. Allora l'aspetto importante quando noi lavoriamo sul nostro mondo emotivo è da una parte capire di quali emozioni siamo fatti noi e dall'altra parte capire come noi esseri umani possiamo fare tesoro dei nostri stati emotivi e permettere alle emozioni di essere una grande risorsa per la nostra vita. e non invece un ostacolo o qualcosa che rischia di farci fare danni.
Se io penso al mio lavoro di psicoterapeuta, mi accorgo che a volte la rabbia è un'emozione che fa fare dei danni terribili. Si urla, si litiga, si fa la guerra, a volte addirittura ci si dà le botte in famiglia. Se un dodicenne sta giocando col suo videogioco, Il genitore dopo due ore gli dice adesso basta, bisogna studiare, ma il dodicenne va avanti a giocare.
A quel punto il genitore stacca la presa della corrente e interrompe il videogioco. Ecco, io non ho mai visto prima negli anni, fino a dieci anni fa, in questo momento può capitare che il dodicenne non riesce a non andare contro il genitore per attaccarlo fisicamente. Non succede a tutti per fortuna, ma...
Il tema è chiaramente molto arrabbiato e probabilmente nell'esperienza che ha vissuto per due ore la sua rabbia si è così sregolata che lui non riesce a gestirla e a controllarla e quindi diventa violento addirittura verso una persona che in realtà è la più protettiva della sua vita. Allora capite che quando noi agiamo le emozioni senza mettere al loro servizio il funzionamento del pensiero diventa un problema molto grande. Diciamo che in questa prima esplorazione ci conviene riflettere su quali sono le emozioni con cui noi, di cui noi veniamo dotati fin dalla nascita. Si chiamano emozioni primarie e si chiamano così perché non possiamo non sentirle.
E'come se dentro di noi ci fossero le app, 6 app già attive nel momento in cui veniamo al mondo e quelle orientano poi la nostra, fin da neonato, fin dal primo giorno della nostra vita, orientano il nostro modo di stare al mondo perché hanno un significato evolutivo. Cioè l'evoluzione, nell'arco di migliaia e migliori di anni, ha scritto nel nostro cervello le reti neuronali già attive dal primo giorno di vita per sentire e... connetterci con questi stati emotivi se voi avete visto inside out 1 il primo inside out 5 le conoscete già perché sono quelle che raccontano il mondo emotivo di Riley la protagonista e sono rabbia tristezza paura disgusto, gioia, sappiate però che dentro ad Inside Out ne manca una, non è stata messa l'emozione della sorpresa, quindi quando noi nasciamo abbiamo in dotazione sei emozioni che sono già lì, pronte per essere sentite e quindi pronte per darci una dimensione emotiva al nostro stare al mondo. E la prima riflessione che possiamo fare è che o l'evoluzione è sadica.
Ci ha messo quattro emozioni che ci danno disagio, ci procurano fatica, rabbia, tristezza, paura, disgusto. Non sono emozioni piacevoli, non ci forniscono la piacevolezza di stare al mondo. Ci danno disagio, ci danno sofferenza, ci danno dolore. Mentre le altre due emozioni, che sono gioia e sorpresa, sono emozioni, potremmo dire, belle, che ci fanno stare bene. E la domanda è...
Ma l'evoluzione è sadica, no? L'evoluzione è incredibilmente intelligente e ci dice che la sofferenza e il dolore in realtà è protettiva per la nostra vita. Io sono un medico e la cosa che accade è che quando un paziente arriva da me con un sintomo doloroso, io potrei fare due cose. Uno è dargli un antidolorifico, ti tolgo il sintomo. Due è invece capire...
qual è la causa di quel dolore. Se trovo la causa, il sintomo non te lo tolgo subito, ma risolvo il problema e tu domani non lo avrai più. Se ti do l'antidolorifico, domani tu avrai lo stesso dolore di oggi, forse addirittura di più, per il semplice motivo che quella causa che non è stata toccata si sarà ingigantita nelle 24 ore in cui io non ti ho fatto sentire che c'è un problema di cui ci dobbiamo. fare carico, no? Se invece io lavoro sulla causa, il dolore scomparirà più lentamente, ma in realtà risolvere la causa di quel problema ci permette di riconquistare un equilibrio molto importante per noi e per la nostra vita.
Allora, questa è una prima informazione importantissima, non dobbiamo mai rifugire dalle emozioni dolorose. Ma, proprio come c'è nel nostro titolo, dobbiamo riconoscerle e dobbiamo comprendere qual è il motivo per cui sono entrate nella nostra vita. Quello che possiamo dire è che l'evoluzione ci ha lasciato la rabbia perché la rabbia ci permette di combattere contro il nemico.
Quando noi siamo arrabbiati, se guardate, in modo automatico, senza pensarci su, noi ci mettiamo nel dispositivo del guerriero. Cioè ci viene da scringere i pugni, ci viene da alzare la voce, vuol dire che ci mettiamo in un assetto di guerra e la rabbia era importantissima per esempio per l'uomo primitivo, perché dopo che era uscito fuori nel mondo a cacciare l'animale da riportare a casa per sostentare la sua famiglia, un pericolo enorme era che c'erano altri uomini nascosti nel territorio. pronti a uccidere il cacciatore per prendersi loro la loro preda e quindi era un mondo di tutti contro tutti effettivamente le emozioni quando non sono regolate poi da un pensiero strategico che dice ma noi questo è quello che hanno fatto gli esseri umani grazie al pensiero ci hanno detto ma noi dobbiamo ogni giorno rischiare di essere mangiati dalla preda rischiare di essere uccisi dall'uomo che vuole rubare la preda che abbiamo cacciato qua non si vive più Ci conviene forse fare una società che ha delle regole dove noi non siamo così costantemente allertati o minacciati. Resta il dato di fatto che la rabbia è un'emozione potentissima perché il nostro cervello emotivo ci inonda di neuromediatori biochimici della rabbia, chiamiamoli così, che ci rendono molto più potenti e quindi ci preparano al combattimento uno scontro fisico, quello della persona arrabbiata.
Grazie al cielo poi noi esseri umani abbiamo inserito con questo meccanismo, invece che di dare botte a tutti, quando siamo arrabbiati usiamo strategie di gestione del conflitto, proviamo a spiegarci, proviamo a raccontarci, proviamo a dire, cerca di comprendere. le mie ragioni. Seconda emozione primaria è la paura. La paura è un'emozione salvavita meravigliosa perché è quell'emozione che quando l'uomo primitivo usciva fuori nella foresta per cacciare la preda, la preda era nascosta anche lei nella foresta per cacciare l'uomo primitivo. E quindi era pericolosissimo uscire fuori nel mondo.
La paura è stata la selezione di quelle reti neuronali che ti fanno sentire. un pericolo quando ancora non lo avverti, è proprio una funzione antifurto che si mette a suonare e ti dice guarda che c'è qualcosa che ti può fare molto male e quindi tu mettiti al riparo, ti devi proteggere, è chiaro che la paura non funziona invece se l'antifurto suona a vuoto, passa un gatto, suona l'antifurto di notte, tutti si attivano, magari c'è un ladro ma era solo un gatto, quindi è importantissimo mettere bene a fuoco. i sensori della paura perché altrimenti noi viviamo nell'ansia costante quell'ansia diventa una paura cronica quella paura può diventare esondante e abbiamo gli attacchi di panico l'attacco di per sé il panico è che se ci sta precipitando l'aereo su cui viaggiamo non possiamo non essere imparicati ma se noi siamo sull'aereo belli tranquilli con la nostra cintura allacciata abbiamo l'attacco di panico temiamo qualcosa che invece non avverrà, quindi troppa energia emotiva esondante che però non ha senso, la tristezza è l'emozione che proviamo nella perdita della relazione, la tristezza magari vi è capitato, un abbandono d'amore, un lutto, la tristezza è quell'emozione la più dolorosa in assoluto, perché l'evoluzione ce l'ha messa? Perché sapendo che è così doloroso perdere la vicenda, protettiva delle persone a cui vogliamo bene che ci vogliono bene faremo di tutto per tenerle vicino per non provare la tristezza e quindi diventeremo forti costruttori di buone relazioni che attenzione non vuol dire ingabbiare l'altro del team catena perché se te ne vai io divento triste ma vuol dire costruire con l'altro una relazione forte che è reciprocamente protettiva e dov'è io più te diventiamo un noi e se noi spezziamo quel noi è troppo dolorosa e questa cosa il neonato la sente già fortissima perché quando vede la mamma o il papà o chi si prende cura di lui che si allontana piange, quando vede la mamma o il papà che si avvicinano lui non sa dire che cosa gli succede ma esplode di felicità, diventa tutto rosso, si agita tutto dalla felicità, la felicità è proprio l'altro lato della felicità. la medaglia della tristezza, è la bellezza di avere accanto a noi persone che ci fanno sentire bene.
La sesta emozione, la quarta emozione è il disgusto, il disgusto era utilissimo in un mondo che non aveva i disinfettanti, i frigoriferi, era proteggersi da tutto ciò che ci avvelena e che è tossico, quindi uno dice che schifo e di solito lo dice rispetto a cose che ci possono aumentare. che possono aumentare il nostro rischio di ammalarci. Se vicino a te arriva una persona che è sei mesi che non si lava, tutto trascurato e trasandato, i tuoi sensi percepiscono una sensazione disgustosa, automaticamente tu te ne allontani. Sono tutti copioni che recitiamo senza pensarci su, e il motivo è che se uno non si lava, probabilmente è più facilmente portatore di germi, di virus, di microbi, e quindi tu ti... ti devi salvare dal rischio infettivo.
La felicità, la sorpresa invece è il contrario della paura, è l'altro lato della paura, cioè nell'ignoto c'è qualcosa che ci potrebbe fare male, pericoloso, d'altro canto nell'ignoto ci sono anche un sacco di cose che non conosciamo che possono essere attraenti. L'adolescenza è sempre stata un'età che ha generato un equilibrio sano tra paura e sorpresa. cioè nell'ignoto che ho davanti ci sono cose che mi possono...
sembrare molto spaventevoli, però al tempo stesso c'è un sacco di cose che mi attraggono, c'è tutto un mondo fuori da scoprire, c'è un potenziale primo amore da incontrare, c'è un amico o un'amica del cuore che potrebbero rendere bella la mia vita, quindi la sorpresa è proprio quell'emozione che ti spinge ad andare fuori casa e a cercare un ignoto che ancora non sai, ma che può mettere un sacco di meraviglia dentro la tua vita. Se però la tua uscita nel mondo fuori è spaventevole, cioè tu cominci a pensare che quando io esco gli altri mi guardano, mi trovano brutto, dicono che sono sfigato, potrebbero pensare che non valgo molto e comincia a venirmi addosso tutta un'ansia sulla mia uscita nel fuori perché potrebbe essere più fallimentare, più disagevole che pregevole, ecco che a quel punto... Uno rimane bloccato e si mette in una zona di protezione e di ritiro.
Ecco, questa è un po'la dotazione delle emozioni primarie con cui nasciamo e veniamo al mondo. Abbiamo trovato le nostre prime sei app, quelle con cui siamo nati. Dottoressa Tamburini, a questo punto, quindi individuate quelle che sono le nostre emozioni.
Come le parole possono essere uno strumento per riconoscerle, quindi per capirle, per affrontarle? Allora, un saluto anche da parte mia, sono molto contenta di essere qui con voi e anche collegata con tante scuole che stanno seguendo questa riflessione, sarà bello poi confrontarci insieme. Credo che alla luce della carrellata che abbiamo fatto un pochino sulla dotazione emotiva con cui nasciamo, aggiungiamo un'altra riflessione su il ruolo della parola come strumento che è dato a noi umani.
per lavorare sulle emozioni e di fatto le parole, credo se pensiamo alla nostra esperienza di tutti i giorni, sappiamo bene che possono essere uno strumento per fare cose meravigliose, quando riusciamo a usarle bene in un'interrogazione, se usiamo le parole giuste di sicuro abbiamo poi un riscontro positivo, se usiamo parole sbagliate che non abbiamo o che magari l'ansia non ci fa trovare, ecco di sicuro il risultato sarà meno positivo, ma anche nelle relazioni, nelle amicizie, nelle relazioni con adulti, nel lavoro, in un futuro, hanno un ruolo importantissimo. E partirei da leggervi un testo. Nello scrivere l'ultimo libro che è dedicato appunto alle ragazze, ho raccolto moltissime testimonianze, più di 450 scritti da tutta Italia e molte ragazze della vostra età e ragazzi.
hanno raccontato un pochino i loro vissuti rispetto ad alcuni temi. Leggo questa lettera che mi è arrivata che in qualche modo ci aiuta un po'a entrare nel merito e riflettere, aggiungere qualche riflessione su quanto è importante usare le parole bene. E vi leggo questo scritto.
Ricordo molto bene quando una sera di novembre io e il mio gruppo di amiche siamo uscite per passare un po'di tempo insieme. Eravamo sedute su delle panchine ed era il compleanno di una di noi, perciò tutte ci siamo vestite eleganti per festeggiare in modo semplice e tranquillo all'aria aperta. Non eravamo in una saletta, quindi tutti potevano unirsi a noi.
A metà serata arrivò un altro gruppetto che nonostante conoscevamo bene, ci siamo scambiate qualche parola. Tutto procedeva per il meglio. quando mi sono accorta dell'assenza di una mia amica. La cercai tra le persone che erano in piedi per parlare ma la vidi seduta sulla panchina mentre guardava il suo telefono. Quello che mi fece stranire di più non fu il fatto che si era isolata dal resto del gruppo ma che aveva la sua grossa giacca appoggiata sulle gambe e dato la grandezza di essa le copriva perfino la parte della pancia.
Andai direttamente da lei. Ma quando le chiesi il motivo per la quale aveva appoggiato proprio lì la sua giacca, cambiò argomento e dopodiché si alzò e raggiunse il nostro gruppo di amiche. Non mi ci volle parecchio tempo per capire cosa volesse nascondere e il motivo per il quale volesse farlo. Quella sera ricordo di essere stata molto diretta con lei, ma questo servì perché mi raccontò che voleva nascondere la sua vistosa cellulite che aveva sulle gambe.
Non solo perché il gruppo di amiche non aveva mai avuto un'amore per lei, petto appena arrivato aveva fatto battute squallide nei suoi confronti ma voleva nasconderlo anche a se stessa. Questo mi ha fatto capire quanto il parere degli altri influisca o danneggi i nostri tentativi di convivere con le nostre insicurezze perché con quel vestitino Perché con quel vestito l'ha scelto lei come ha scelto di indossarlo quella sera, perché era veramente bella, non solo ai nostri occhi, ma forse anche ai suoi. Bastò un solo commento inopportuno per far sì che quel vestito non venne mai più indossato. Ecco questa è una delle testimonianze, ne sono arrivate tantissime, dove di fatto l'esperienza di una parola detta in un momento...
Detta male, anche una parola bella, ma detta male può davvero toccarci dentro e può generare delle reazioni che ci paralizzano e ci mettono in discussione. Chi sta crescendo vive davvero un tempo delicato perché le cose vanno, è difficile per tutti sempre sentirsi adeguati, sentirsi a posto e noi abbiamo questa centralina emotiva all'interno, come ha detto Alberto, queste sei emozioni che... Ci aiutano e ci guidano, ci dicono in questa situazione puoi stare tranquillo, le cose vanno bene oppure ci fanno sentire in allerta.
Dentro di noi c'è proprio una sorta di strumentazione, una mappa che ci orienta per capire quando possiamo stare tranquilli e quando possiamo agitarci. E di sicuro le parole sono molto importanti perché ci aiutano un pochino, ci devono allenare a... imparare a raccontare agli altri, a condividere agli altri quello che ci succede dentro. Ecco, nella storia che abbiamo sentito, questa ragazza di fronte è bastato un commento per mandarla in crisi, ma come mai è successo questa cosa?
Probabilmente lei aveva già una sua insicurezza. Noi abbiamo quattro figli, due ragazze e due ragazzi, e ci accorgiamo davvero che... Oggettivamente adesso soprattutto per le ragazze sentirsi adeguate, sentirsi belle e piacevoli è davvero una battaglia impegnativa.
A volte mi capita di accompagnare qualche figlia a una festa, vedo soprattutto le ragazze ed effettivamente lo standard generale per sentirsi ok, vado bene è molto alto. Anche ragazze bellissime spesso raccontano di sentirsi costantemente non adeguate. con la necessità continua di cercare conferme e spesso trovare molte disconferme, magari dallo sguardo, da una parola. E questa cosa perché succede? Credo che nell'età della crescita sia normale vivere questo stato di stress, ma se lo stress diventa davvero perturbante e costante, allora c'è davvero qualcosa un po'da riaggiustare.
C'è proprio... la necessità di ritrovare delle sicurezze che ci facciano sentire più stabilmente al sicuro. Penso proprio che in qualche modo ci dice che oggettivamente noi dobbiamo costruire dentro di noi una sicurezza che ci permetta di vivere anche con meno ansia e meno stress magari una parola negativa. E come si fa a costruire?
questa sicurezza, perché a volte capita che magari anche ragazze non particolarmente belle o ragazzi non particolarmente, magari con un fisico un po'goffo, non particolarmente atletico, li vediamo e li vediamo molto sicuri di sé, capaci di stare in tutte le situazioni e se anche uno gli fa una battuta, noi vediamo che questa battuta non compremette il loro benessere e riescono a essere leggeri. Invece vediamo ragazzi perfetti e ragazze perfette che di fronte a una parola che un pochino va e tocca, che minaccia, li fa sentire minacciati, immediatamente si disorganizzano e diventano davvero, fanno fatica ad affrontare le situazioni. Allora la cosa che semplicemente introduciamo un pochino è ma come si fa a costruire dentro di sé questa sicurezza? Come possiamo diventare un pochino più sicuri? Un autore parla proprio di base sicura, vuol dire che se io dentro di me costruisco una visione, una mappa, mi metto degli occhiali che mi permettono di guardare il fuori con più sicurezza e come un ambiente nel quale di fatto non mi arriveranno sempre pericoli e minacce.
Io mi penso come una persona con i suoi pregi e i suoi difetti. Se qualcuno mi dice qualcosa, anche che magari non è proprio quello che vorrei sentirmi dire, non mi disintegro, riesco a rimanere in ascolto e ad aprirmi anche a una correzione. Come si fa a costruire questa sicurezza?
La risposta fondamentale è che questa sicurezza si costruisce nelle relazioni. Ecco, per esempio, avere un amico o un'amica del cuore è sicuramente un'esperienza molto solida. E l'altra fonte infinita di sicurezza è la relazione, la storia da cui venite.
Se siete cresciuti in una famiglia che, non con dei genitori perfetti, ma con dei genitori che sono riusciti in qualche modo a allenare la vostra capacità, di sentire le emozioni, perché le emozioni si sentono, non si ragiona, no? Le emozioni arrivano, a volte improvvisamente sentiamo che ci si accende un vulcano nella pancia e non sappiamo neanche bene perché. Magari uno ci dice una parola e noi siamo già arrabbiate, oppure siamo tristissime, oppure siamo felicissime, no?
E non capiamo bene perché. Ecco, abbiamo bisogno di un allenamento che inizia dal primo giorno di vita. Quando un bambino cade, se voi avete...
fratellini o sorellini, o vedete un bambino piccolo di due anni che cammina e improvvisamente cade, cosa fa? Subito si gira e guarda la mamma o il papà per capire cosa devo fare, non ha ancora capito se deve piangere disperato oppure se la mamma e il papà lo guardano e gli dicono dai, fanno un sorriso e sdrammatizzano, molto probabilmente, è chiaro se si è rotto la gamba, rimane giù per terra. Ma se semplicemente non si è fatto niente, guardando lo sguardo, ecco questo è l'ingrediente numero uno su cui mettere a fuoco, lo sguardo è uno strumento potentissimo.
Il bambino guarda lo sguardo del genitore e entra in una sintonizzazione emotiva e sincronizzazione, vuol dire che il tempo è perfetto, ci si guarda negli occhi, ci si intende. I cuori in qualche modo si parlano senza bisogno di parole e in quello sguardo il bambino costruisce dentro di sé una decodifica di quello che è successo. È chiaro che se un bambino è caduto così, non si è fatto niente, si gira verso il papà o la mamma e vede dei genitori disperati che subito aiutano, che dicono mamma mia come è successo ancora e vedono un genitore disperato, il bambino dentro di sé, quell'emozione confusa.
diventerà un'emozione che il centralino andrà in massima allerta e questa cosa se succede una volta va bene ma se tutte le volte si ripete una situazione del genere ecco chi sta crescendo dentro di sé metterà dentro una certa dose di sregolazione emotiva perché chi cresce ha bisogno di trovare un ambiente attorno a non ce li ha già gli strumenti per dare significato e dare consapevolezza alle emozioni ma ha bisogno proprio di costruirlo nella relazione con gli altri quindi ciascuno di noi questa cosa la fa ciascuno di voi anch'io ecco io avevo una mamma che di fatto era molto cioè aveva tante buone qualità ma di sicuro non era una che sdrammatizzava cioè se mi cadeva se cadevo la guardavo diciamo che non aveva spesso quest'ansia quindi Questa dimensione della gestione dell'ansia è come la sono dovuta costruire nel tempo. Ho fatto un po'più fatica a costruirmi anche come genitore. Ho incontrato poi Alberto perché noi nella vita siamo anche marito e moglie.
Alberto che è molto più tranquillo mi ha aiutato un po'a rafforzarmi in questa capacità rassicurante. E credo proprio che oggettivamente poi... Questo allenamento per diventare persone capaci di gestire questo vulcano che si accende nella pancia, noi dobbiamo fare allenamento di un'operazione, uso un verbo un po'complicato che provo negli ultimi, ancora qualche minuto per concludere questo discorso, l'azione che dobbiamo fare è integrare. Cosa vuol dire?
Vuol dire proprio collegare le emozioni che sentiamo con i pensieri. Se riusciamo a fare questa cosa, davvero, cioè non è che ci riesce sempre, no? Cioè a volte continueremo ad arrabbiarci e a provare emozioni focose. Possiamo tranquillizzarci che ci arrabbiamo anche da adulti.
Ci arrabbiamo anche da... cioè noi studiamo dalla mattina alla sera queste cose, proprio continuamente, giusto stamattina prima di venire ci siamo infuocati. Quindi sappiate che per quanto uno le studi poi la vita è sempre più dinamica e sorprendente. Però è proprio importante riuscire ad allenare la capacità di pensare, cioè noi sentiamo le emozioni che ci dicono qualcosa, se sentiamo una reazione emotiva vuol dire che ci sta succedendo qualcosa.
È proprio importante, dopo che abbiamo sentito... L'emozione, provare a collegare il pensiero, integrare vuol dire dare significato a quello che abbiamo sentito e provare proprio a costruire un pensiero che tiene insieme e che ci aiuta a costruire, a fare bene le cose. Ecco, come si fa a creare, ad allenare, ad integrare?
Sicuramente, quello che dicevo prima, le relazioni sono uno strumento importantissimo, quindi nel concreto Le cose che dobbiamo imparare a fare è rimanere sintonizzati, allenarci a parlare delle nostre emozioni. Questa cosa, quando cresciamo, non è sempre facile, soprattutto i ragazzi. Io credo che questa cosa mi rivolga soprattutto ai maschi.
Per loro, spesso, riuscire a raccontare le proprie emozioni, i propri pensieri, è davvero uno sforzo impegnativo. E a volte... La tentazione è quella di dire è così faticoso che non lo faccio, alla fine me la cavo da sola, me la cavo da solo. E io vi dico guardate che questo è proprio un tesoro importante, soprattutto non è un dono che cade dal cielo, cioè non è che un giorno succederà che improvvisamente diventerete capacissimi di raccontare quando state male se non lo avete fatto prima.
Quindi la cosa importante è iniziare a farlo, fa niente se lo fate male. se non trovate le parole, se quando magari all'inizio vi ascoltate dite mamma mia ma non si capisce niente, voi stessi a voi stessi, ecco non scoraggiatevi, cercate delle persone che sono capaci di ascoltarvi, capaci di essere lì con voi e provate, allenate questa capacità perché è troppo importante per la vita e credo che per riuscire a condividere con qualcuno le cose importanti prima cosa fondamentale da fare è guardarsi negli occhi e questa cosa credo proprio che sia l'elemento fondamentale per qualsiasi relazione di qualità. La seconda cosa non essere distratti purtroppo oggi siamo tempestati di distrazioni quando parliamo con qualcuno ci viene normale abbiamo sempre i cellulari in mano ed è naturale pensare di riuscire a fare tutto insieme quindi io magari sto parlando di qualcosa di importante e la persona, l'amico, l'amica che ho di vicino, mentre mi ascolta, intanto si guarda, risponde a un messaggio. Ecco, questa cosa compromette tantissimo, noi pensiamo di ascoltare, ma davvero questa cosa compromette moltissimo la sintonizzazione emotiva.
E se dobbiamo dirci delle cose importanti abbiamo bisogno di vedere che chi... ci guarda, è davvero lì con noi, ok? Se io adesso vi parlo è chiaro che se vedo i vostri occhi sento forte la capacità e la possibilità di dire cose anche importanti di me, no? Posso mettere in gioco qualcosa di me perché sento che ci siete, se mentre parlo vedo che uno sta facendo altro è chiaro che per me diventa più difficile condividere pezzi di me, quindi...
Questa cosa è fondamentale, allenatevi a guardarvi negli occhi, a essere sintonizzati, a non avere distrazioni mentre ascoltate qualcuno e credo che la cosa più bella sia uno scrittore, uno studioso proprio dei funzionamenti mentali diceva proprio la cosa più bella è quando abbiamo qualcosa che ci ha fatto stare male, qualcosa che ci tiene in agitazione come è stato nel caso della lettera che vi ho letto, questa ragazza che vive, si sente con le inadeguate, sente che il suo corpo è inadeguato, è poter avere qualcuno che mi sta vicino, a cui mi posso sentire proprio vicino, prossimo, mi può tenere la mano e insieme guardiamo la cosa che mi fa paura e mi fa star male. Ecco, in questa condivisione di sicuro le parole sono lo strumento più prezioso che abbiamo per provare a Elaborare un pensiero che ci aiuta ad andare oltre. Non c'è niente che non può essere affrontato e superato da una condivisione emotiva. Le persone che sanno condividere le proprie emozioni e sanno produrre pensioni sono persone che avranno sicuramente una vita più serena, più soddisfacente e vivranno relazioni positive con gli altri.
L'invito è proprio ad allenare questa capacità, il fatto che siete qui oggi e che stiamo riflettendo insieme è davvero un segno concreto per potenziare e valorizzare questo compito. Dottor Pellai, volevo partire proprio a questo punto da qui, cioè dal fatto di guardarsi in faccia. Le leggo una delle prime domande che sono arrivate. Liceo Regina Margherita di Salerno. I rapporti tra i ragazzi avvengono sempre più spesso attraverso scritte o chat sullo smartphone, non in presenza.
Questo influisce sull'empatia e sullo stringere delle amicizie reali, che poi abbiamo visto sono quelle che sono la mano che ci supporta, oltre allo sguardo, insomma, importante per andare avanti. Sì, credo che questa è una domanda importante oggi da porsi nel terzo millennio perché effettivamente noi abbiamo proprio cambiato il modo di stare in relazione, cioè quello che accadeva fino a direi più o meno intorno al 2000-2005 è che le relazioni avvenivano o stando a fianco dell'altra persona, cioè bisognava essere lì proprio coi corpi. O l'altro strumento che avevamo a disposizione era un telefono, un cellulare, cioè tu non sei qui con me, io ti posso chiamare e non c'era l'immagine, non c'era la videochiamata. La videochiamata è arrivata con lo smartphone, quindi la cosa che si poteva fare era parlare, essere in due luoghi diversi e usare la parola come mediatore della nostra relazione e della nostra comunicazione. Vuol dire che appartenevamo a una comunità reale, fatta di persone reali e che le relazioni erano contenitori nei nostri stati emotivi che lì dentro venivano contenuti o perché facevamo questo lavoro di starci vicino tenerci per mano, fare i gesti del conforto, ti abbraccio perché stai piangendo e sei triste quindi anche senza dirti niente ti sto vicino e ti contengo o perché usavamo la parola per mediare tutto quello che avevamo dentro e c'era bisogno di tirarlo fuori, di narrarlo.
Poi le cose sono drasticamente cambiate, anche qua è molto utile, secondo me, per voi ragazzi, capire che cosa è accaduto negli ultimi 15 anni. Se io come medico vado a guardare gli indicatori di salute mentale, in età evolutiva e in particolare in adolescenza, Quindi il vostro star bene o il vostro star male non rispetto al corpo, no? Ma rispetto a quello che avete dentro.
La cosa interessante è questa, per circa 30 anni, dal 1980 al 2012, gli indicatori di salute mentale in età evolutiva sono stati sempre molto stabili. Non vuol dire che non c'erano problemi, ma vuol dire che i problemi che c'erano quest'anno erano uguali a quelli dell'anno precedente. e mi facevano prevedere quelli che ci sarebbero stati l'anno successivo. Quindi tutto molto stabile. Nel 2012 invece c'è un'impennata della problematicità nell'area della salute mentale.
Uno dice un anno di crisi, rientra, invece no, nel 2013 la salute mentale peggiora ancora in età evolutiva. Nel 2014 peggiora ancora, nel 2015 peggiora ancora. Dal 2012 in avanti...
La salute mentale in età evolutiva non ha mai avuto una tregua, una pausa, un momento di ritornare in condizione. È sempre peggiorata. A quel punto le persone che si fanno le domande, gli scienziati dicono ma cosa caspita hanno messo nell'aria, nell'acqua, nel cibo, che ha causato su scala globale, proprio nel tempo tra gli 11 e 18 anni, un incremento così costante. dello star male nella vita, soprattutto proprio ansia, depressione e calo profondo dell'autostima e il danno, cioè l'elemento chiave che ha generato tutta questa inversione di rotta nel territorio della salute mentale è stato il cambiamento di quello che facevamo con la nostra scatoletta nera. Cioè questa roba qua nel 2010, nel 2011 era un cellulare e quindi serviva a comunicare, chiamavi e mandavi messaggi, punto.
Tra il 2010 e il 2012 la scatoletta nera è stata la stessa, ma oltre che comunicare ci ha permesso di navigare. Quindi improvvisamente noi abbiamo potuto in ogni momento, e quello anche osservandovi, vediamo che tanti di voi... Sono qua nella vita reale ma intanto sono anche dentro la loro vita virtuale, cioè provano a tenere in piedi due vite contemporaneamente.
Uno dice è una roba facile, se fosse una roba facile la vita virtuale sarebbe arrivata a supporto della vita reale e avrebbe migliorato gli indicatori di salute. Se invece questa roba qua non è facile, perché era già molto difficile abitare. la vita reale tra gli 11 e 18 anni improvvisamente devi tenere in piedi due vite e tra l'altro le due vite sono vite che a volte si integrano ma volte anche si danneggiano in un modo pazzesco chi di voi ha visto il ragazzo con i pantaloni rosa sa quanto vita reale vita virtuale sono entrate hanno fatto Se qualcuno di voi conosce la storia di Carolina Picchio, sa esattamente come il virtuale è entrato di prepotenza dentro alla sua vita reale e ha generato l'incapacità di stare dentro al reale. Quello che ha comportato il fatto che noi ogni giorno, in ogni minuto, possiamo tenere in piedi due vite ha avuto un impatto molto forte su quattro ambiti che sono Il sonno, qualità e quantità del sonno, molto molto peggiorata. In questo momento se voi guardate quanto dormite voi e lo comparate con quanto dormivano i vostri coetanei di 20, 30 o 40 anni fa voi scoprite che su 7 notti che dormivano loro voi ne dormite 5 barra 6, cioè perdete una o due notti a settimana.
So che sta roba poi uno dice, ma che palle, cioè già mia mamma, già mio papà, mi portano pure a scuola un dottore che mi dice, però riflettete su questo, cioè il sonno a che cosa serve? Serve a proteggere la salute del nostro corpo, delle nostre emozioni e tra l'altro è un potente amplificatore del vostro potenziale di apprendimento. Quindi se uno studia infame di sonno costante. Chiaramente fa enormemente più fatica, la fatica genera stanchezza, la stanchezza genera demotivazione a fare le cose nella vita, la demotivazione a fare cose nella vita genera poi un senso di disagio, di depressione, che guarda caso è una di quelle cose che è aumentata.
La seconda cosa che c'è un notevole depotenziamento dei funzionamenti cognitivi, il vostro tempo di attenzione, oggi è una sfida enorme. stare un'ora e mezza a sentire parole, non abbiamo video, non abbiamo attivazione, non abbiamo niente, per voi vuol dire andare davvero in una palestra che non è così frequente, in cui non è così frequente andare, cioè fare davvero uno sforzo cognitivo che è molto imponente. Il terzo aspetto è l'addiction, per quale motivo io non... Cioè, se ho il mio libro, lo leggo, poi lo chiudo e non ho la compulsione a non smettere mai di leggerlo, per quale motivo se invece sto facendo scrolling in un social o sto giocando a un videogioco, sono passate due ore e mezza e ora di dormire, però io non ce la faccio a staccarmi.
E questa roba qua ha tutto un correlato rispetto ai funzionamenti dopaminergici della nostra mente. che sono un po'la base di questo, ma il quarto aspetto davvero grande è proprio il focus della domanda cioè la deprivazione sociale Jian Tuan ha pubblicato un libro che si chiama Iperconnessi e ha misurato che cosa è accaduto all'adolescenza tra il 2012 e il 2016-2017 che è proprio quel quel quinquennio in cui il cellulare è diventato smartphone E lei fondamentalmente ha solo contato il tempo speso nei comportamenti della nostra giornata e ha detto la cosa che più connota il quinquennio 2012-2017 in adolescenza è che sono ridotte in modo molto significativo le ore nel mondo fuori, sono aumentate in modo molto significativo le ore nel mondo dentro, in particolare nella propria cameretta. E se voi ci pensate, questa è proprio una sorta di rivoluzione generazionale epocale. Cioè, 15 o 20 anni fa, i genitori, quando volevano castigare un adolescente, lo chiudevano in camera sua e gli dicevano vai lì e non uscire da lì fino a domattina.
E questa cosa faceva impazzire i ragazzi e le ragazze. Il litigio, il conflitto più grande. Nelle famiglie all'arrivo dell'adolescenza era voglio il motorino.
In questo momento le cose che accadono, il conflitto intorno al motorino, è rarissimo. È molto diminuita la richiesta dei diciottenni di dotarsi della patente. È come se il bisogno venisse sentito molto meno.
E la terza cosa è che se un genitore deve dare un castigo a un figlio, gli dice ti stacco il wifi. Ti porto via lo smartphone, devi andare nella... devi fare le cose dentro la vita reale e se ci pensate questa cosa racconta una trasformazione che ha cambiato in dieci anni il modo con cui l'adolescenza si era scrutturata invece in tutto il ciclo dell'evoluzione degli esseri umani. Cioè l'adolescenza è un tempo in cui tutta la tua programmazione biologica e mentale ti dice non puoi più stare nella tua zona di protezione devi buttarti fuori nel mondo e devi metterti alla prova Il più possibile nel mondo fuori ed ecco perché gli amici sono così importanti. Il bisogno di compagni di squadra, perché così senti la protezione, la condivisione, il tifo, il sostegno.
Se tu stai chiuso nel mondo dentro... è una roba che fa soffrire l'adolescenza perché tutta quella dotazione di un corpo che ha molte più competenze, diciamo una plus dotazione di energia emotiva che ti dice vai a cercarti quello che hai. che ancora non conosci, tutta sta roba viene compressa e repressa e effettivamente il nostro cervello non riesce a generare felicità e benessere dentro a questa trasformazione così rapida che gli chiederebbe di essere un altro cervello in questo mondo nuovo, con questo nuovo stile di vita, ma voi sapete che l'evoluzione ha bisogno di tempi lunghissimi per riadattare i suoi funzionamenti alle richieste del mondo nuovo. Grazie mille.
Vi leggo due domande che arrivano dal, ovviamente essendo collegati con tante classi, i ragazzi e anche gli insegnanti cercano di riportare insomma al loro vissuto normale nelle aule. Allora, immagino che sia un'insegnante, Maria Paola Giuliana del liceo statale Felice Pepino Impastato di Partinico. Molte volte i ragazzi non si aprono.
Cosa fare per stimolare il dialogo costruttivo in modo tale da far esprimere le loro emozioni? E poi invece qui sono i ragazzi che invece... cercano un aiuto l'istituto Follador de Rossi di Agordo le emozioni possono essere utili anche per memorizzare le cose che impariamo a scuola ok allora direi che sulla seconda risposta direi che assolutamente sì cioè se quando apprendiamo riusciamo anche a appassionarci a quello che stiamo studiando ecco di sicuro la speranza la possibilità se voi pensate ai vostri professori chi riesce in qualche modo a emozionarvi di sicuro stimola in voi molte più energie ecco questo non significa che tutti i professori debbano necessariamente essere Così, delle eccellenze, no? Degli attori di teatro che quando parlano tutti restano incantati perché ogni professore ha un suo stile, ha un suo modo, ma di sicuro chi riesce ad accendere delle emozioni, come, che cosa accende?
Se quello che sto studiando poi lo riesco ad accostare a qualcosa che riguarda la mia vita, ecco di sicuro questo accostamento, chi insegna materie tipo italiano di sicuro ha molti più strumenti per poi fare questo collegamento con la vita di tutti i giorni. Davvero questa emozione è difficile, io non sono esperta di matematica, ma è difficile emozionarsi magari per determinati argomenti e determinati contenuti, ma l'emozione comunque resta in gioco nelle relazioni col docente, cioè un docente di matematica nel far lavorare la classe, attivare, con ognuno di voi innesca un meccanismo, e gentilmente... offre degli stimoli, si aspetta da voi degli apprendimenti e in qualche modo vi fa sentire col suo stile che quello che fate è importante, prima di tutto per voi stessi e poi anche proprio per il raggiungimento degli obiettivi, quindi è fondamentale che i docenti sentano forte questa cosa, purtroppo noi adulti, io faccio un'auto accusa, a volte siamo stanchi e siamo demotivati soprattutto. nel dover tenere sempre viva questa energia di relazione.
Cioè arriviamo e magari un docente inizia con una classe nuova, vede dei ragazzi, li vede così, magari disinteressati, e dice mamma mia non ce la farò mai a coinvolgerli. E dentro a questa distanza rischiamo di andare un po'in autoprotezione, perché voi stessi siete un po'sulla difensiva e noi... Facciamo la stessa cosa, no? E quindi rischiamo di sprecare delle occasioni.
Io penso anche, se devo dire, all'opportunità delle gite, che il tempo della gita è un tempo meraviglioso, no? Dove l'apprendimento si integra le emozioni in un modo potenzialmente meraviglioso. Ma noi adulti siamo sempre più spaventati dal dire, ok...
Devo andare con questa classe una settimana in Spagna, a Barcellona. Ecco, se non ho la relazione con la classe, questa cosa per me è il p***o. peggiore degli incubi.
Quindi per arrivare a dire vado una settimana a Barcellona io devo essere entrato in relazione con la classe, mi devo sentire sicura, devo avere una certa prevedibilità per cui dico questa cosa me la sento. Ecco di questa relazione siamo responsabili noi adulti e voi ragazzi. In qualche modo io dico credo che sia importante che anche voi facciate, abbiate una funzione un po'rassicurante. Noi adulti non siamo delle macchine, abbiamo bisogno di, con i nostri pregi, con i nostri difetti, abbiamo bisogno di sentire che avete voglia di mettervi in relazione.
E noi adulti di fatto dobbiamo non stancarci mai di, anche nell'insegnare i docenti, nell'insegnare le loro materie, nel ricominciare ogni volta, di coltivare sempre quella passione, quella fiducia. che l'impegno poi porterà frutti. A volte questa cosa i docenti un po'e gli educatori la perdono, dobbiamo insomma in qualche modo cercare di tenerla viva e collegare sempre l'apprendimento con le emozioni, perché è chiaro che penso se dovessi chiedere a ciascuno di voi raccontatemi una lezione o parlatemi di un docente che questa cosa la fa bene, ognuno di voi potrebbe raccontare anche. Da chi ci ascolta avete subito in mente degli esempi, dire ecco questa cosa me la ricordo ancora, questo progetto che abbiamo fatto, questo percorso che ho fatto, questo incontro con questo docente, meraviglioso. Ecco, dobbiamo nutrirci di questi stimoli e sicuramente è importante.
Rispetto al fatto che gli adulti, i ragazzi non si aprono, io potrei dire i figli non si aprono. Le classi, le relazioni a volte sono un po'congelate, direi che, partirei dal dire che noi adulti dobbiamo dare un buon esempio, dobbiamo essere adulti che mostrano la capacità e la voglia di dare parola alle cose importanti, a volte succede che in classe sappiamo che è successo un fatto drammatico a qualcuno della classe, magari qualcuno ha perso una persona cara, ha avuto... una vicenda, ha vissuto una vicenda familiare che lo ha messo alla prova, lo sappiamo tutti e anche noi adulti abbiamo paura di toccare, di dare parola, di aprire perché poi diciamo e poi cosa succede, magari non sappiamo gestire, magari diciamo una parola sbagliata e questa cosa ci torna contro, ecco questa dimensione della paura non serve, noi adulti dobbiamo essere dimostrare che il potere delle parole, avere il coraggio delle parole e dare parole alle emozioni, prima di tutto alle nostre emozioni, dire quello che sentiamo e credo che in questo possiamo proprio dare il buon esempio nel dimostrarci capaci di anche sui temi, penso la sessualità è qualcosa che un po'ci spaventa e ci paralizza, a volte in classe si dicono delle battute.
Si usa la sessualità perché è facile, se diciamo qualcosa che tocca il tema della sessualità si fa in fretta a generare, a far ridere e a generare quel clima che magari però fa star male qualcuno. Allora noi adulti se sentiamo una parola che magari mette in imbarazzo qualcuno sul tema della sessualità è importante non far finta di niente. Far dire ad esempio, a me è capitato tante volte lavorando nelle classi, di dire ok magari qualcuno dice una battuta, allora dire scusami ho sentito che hai detto questa cosa, ma chi l'hai detta e già questa cosa genera immediatamente un certo, cambia il clima.
E dire ok hai detto questa cosa, allora io ti chiedo, guardandolo negli occhi, stai dicendo questa cosa a Paolo, ok guardalo negli occhi e prova a dirgli questa cosa davanti agli altri. E questa cosa immediatamente fa cambiare il clima, no? E poi magari dirà Paolo, ma Paolo, ma tu sentendoti dire questa cosa, che cosa pensi? E gli altri che cosa pensano?
Non è che tutte le volte si deve fare questo genere di attività, ma alcune volte è proprio importante, perché a volte dentro a delle parole dette per scherzo si generano delle sofferenze che vanno avanti. Io ho in mente in una classe, in una quinta elementare, Stavamo facendo un progetto su un tema dell'educazione affettiva, continuavano a parlare, a ridere, c'era proprio una difficoltà a lavorare, eravamo in 15 ma non si riusciva a far niente. A un certo punto, dopo parecchie richieste di capire ma perché continuate a ridere eccetera eccetera, è venuta fuori una questione che una ragazza Ha detto a un compagno di classe, guardando, dopo tanto, era dalla terza elementare che andava avanti questa situazione, e diceva, io sono stufa perché questo compagno all'intervallo viene e mi dà sempre delle pacche sul sedere, e per me questa cosa è insopportabile.
Questa cosa ha generato tutti, la sapevano tutti perché la vedevano tutti, ma nessuno aveva mai detto niente. Improvvisamente abbiamo detto, allora diglielo bene a questo compagno guardandolo negli occhi. Questa cosa ha cambiato completamente il clima.
Lei per la prima volta guardandolo negli occhi ha detto guarda se anche io rido questa cosa mi fa stare tremendamente male e adesso voglio proprio dirtelo bene. Io dalla terza sto troppo male perché questa cosa mi mette in imbarazzo, mi dà disagio. Ho sempre riso perché non ho mai avuto il coraggio di dirtelo guardandoti negli occhi.
Adesso te lo dico. Ecco questa cosa abbiamo sentito che... toglieva un peso enorme dalle spalle di questa ragazza che altrimenti lo manifestava in mille modi diversi e tutta la classe si è sintonizzata hanno incominciato nel momento in cui si è iniziata a usare le parole per dare i significati ai gesti tutti hanno detto hanno potuto rincontrarsi in un piano di realtà sintonizzate e sincronizzate e quella classe è cambiata da così a così questo È proprio importante allenarsi a farlo ed è davvero fondamentale. Noi adulti dobbiamo dare un po'l'esempio, non dobbiamo aver paura di fare errori, di sbagliare, ma dobbiamo in modo competente, perché chi educa deve avere delle competenze, delle capacità che sono sia anche di come siamo fatti, di come esseri umani, testimoniare questa forza. Farei la stessa cosa.
Una domanda da uno studente e un'altra immagino da un insegnante. Allora, Isa del liceo scientifico Oberdan di Trieste. La difficoltà di esprimere le proprie emozioni può essere legata al fatto che spesso gli adolescenti non vengono presi sul serio? E invece la terza BL del liceo Alfonso Gatto di Agropoli, come bisogna aiutare gli adolescenti? Esistono delle frasi che possono essere davvero empatiche?
Abbiamo un bigino al quale possiamo fare riferimento, non solo insegnanti, anche genitori. Allora, la difficoltà nel comunicare le proprie emozioni dipende in modo molto, molto potente da che probabilità sento che ciò che io andrò a dire ha un valore oggettivo per quello che ascolta. Quindi quanto l'altro è davvero insieme a me un contenitore relazionale capace di tenere dentro quello che faremo emergere.
Qua mi viene in mente una storia di una ragazza che ha chiesto una consulenza e era davvero tristissima, perché a lei è capitata questa cosa un pomeriggio, è capitato che il suo ragazzo era insieme non da molto tempo, le manda un messaggio e le dice io e te non stiamo più insieme. E poi basta, la blocca. ghosting mi hanno detto che è questa roba qua quindi lei è tristissima tristissima e dice chiamo la mia amica e chiama la sua amica e dice guarda sto così male o così bisogno di parlare di questa roba qua che vengo da te e quindi l'altra gli ha detto ti aspetto lei va dalla sua amica e va piangendo dalla sua amica e quindi si mette a parlare ma mentre lei parla la sua amica L'ascolta è lì proprio per lei, ma intanto fa milioni di cose sullo smartphone e lei in quel momento sente proprio che quella cosa non le serve a niente, cioè lei aveva bisogno proprio di un rispecchiamento totale e solo lo sguardo ci dà il rispecchiamento totale. Quindi quando lei arriva dice quello è il pomeriggio più brutto della mia vita perché io ho perso un ragazzo ma c'ero insieme con lui da pochi mesi, ma... Ho sentito che io ho perso la mia migliore amica quel pomeriggio, no?
Poi abbiamo riflettuto a lungo, abbiamo proprio capito che di questa cosa puoi parlare alla tua migliore amica, perché probabilmente lei neanche si è accorta di quello che è. Stavi provando tu, però qua dentro c'è la risposta, cioè non essere presi sul serio, vuol dire accorgerti che l'altro, la connessione emotiva è fatta di due parole chiave, sintonizzazione e sincronizzazione. Sintonizzazione vuol dire essere empatici, cioè sentire l'empatia, che è una competenza che non è una io me la invento, oppure io mi impegno adesso, divento empatico con te.
L'empatia è che si accendono contemporaneamente nei due cervelli dei neuroni che sono i neuroni mirror, si chiamano neuroni specchio e io improvvisamente sento di essere sentito dall'altro e la mia esperienza, quella del sentirmi sentito, è la cosa che genera un'intimità complessa. e competente. La seconda cosa è la sincronizzazione, cioè se io ho un'urgenza forte di essere sentito e vengo da te ma tu hai sempre da fare, dici no, ma guarda adesso non posso dopo, adesso non posso dopo, adesso non posso dopo, è chiaro che io non mi posso più immaginare che quello sia il contenitore relazionale in cui io porto il mio bisogno. Questo è proprio il tema. di cos'è una relazione di qualità.
Una relazione di qualità è quella relazione che sa generare sintonizzazioni e sincronizzazioni funzionali a sentire che io e te sappiamo essere un noi. Invece la seconda domanda era come bisogna aiutare. Se c'è un bigino di frasi che ci possono aiutare.
Ma diciamo che le due frasi... che servono è uno come ti senti, come stai, perché se non è detta a caso, cioè perché cosa abbiamo inventato noi esseri umani, come stai, bene, tu, bene, fine, e lì è chiuso tutto. È un po'come cosa hai fatto a scuola, niente, è uguale.
Esatto, il tema è ma come mai io rispondo bene quando magari dentro ho l'inferno? Perché do quella risposta? Perché penso che l'altro... non sia lì, quindi lavorare sul come stai è davvero tanto importante perché non può essere improvvisata quella domanda, se io non ho il tempo di stare con te nella tua risposta è meglio che non te lo chiedo, cioè sarebbe molto più onesto dire guarda mi piacerebbe tantissimo chiederti come stai, perché ho come l'intuizione che è un tempo faticoso, ma adesso non è il momento, però che ne dici che ne parliamo oggi alle due?
Lavorare sulla sincronizzazione quando intuisci che l'altro ha bisogno è molto importante. E l'altro aspetto fondamentale è dentro a una relazione dove le emozioni non sono sentite. E spesso noi facciamo danni perché allora che cosa facciamo con il nostro partner anche affettivo?
Gli diciamo sei un idiota. Non mi vuoi bene, cioè mettiamo sull'altro un sacco di etichette dove gli diciamo che lui è sbagliato e non gli stiamo raccontando invece qual è il nostro vero bisogno in quel momento. E quindi serve moltissimo dire all'altra persona con calma, devi stare lì e devi avere la capacità di ascoltare. Come mi sento?
Allora diventa molto importante in una relazione dove vogliamo mettere la connessione emotiva al centro, non parlare dell'altro e di quello che non sa fare con noi, ma parlare di noi e dell'urgenza, di dire ciò che di noi, ciò che di me, tu in questo momento non sai e non stai comprendendo. Questa cosa cambia completamente, guarda che... Mi sono sentito davvero triste, quasi disperato, quando tu ieri non ti sei accorto che io avevo bisogno di questo.
È tutto diverso fare sta roba piuttosto che dirgli tu non sei capace di volermi bene, perché quel dato lì lo fa solo sentire sbagliato, mentre l'altra conversazione gli fa vedere qual è il pezzo che ci serve per stare bene connessi. Invece c'è anche una domanda, qualcuno vorrebbe farvi una domanda un po'personale. Allora, la prima INF6, Magistri Cumacini di Como. Una domanda un po'personale, avete detto prima, avete fatto riferimento al fatto che avete dei figli.
Come parlate con loro dell'uso dello smartphone e avete dato delle regole sull'utilizzo? Insomma c'è poi anche tutto un impegno che è stato preso in questi tempi, in questi ultimi mesi, sull'utilizzo anche dello smartphone oltre una certa età. Io dico solo questa frase, oggi andrete a casa molto felici perché...
Vi siete, cioè vedrete la storia adesso che ve la racconterà Barbara, essere i nostri figli è un incubo quindi a voi è stato, è andata di sicuro meglio che i nostri quattro figli quindi avete già un vantaggio nella vita Prego Allora prima di rispondere esprimo un desiderio che a Manuela magari anche per chi è in sala visto che un po'di ragazzi sono in sala se anche voi, cioè se poi avete domande o come dicevi all'inizio credo sia possibile ma soprattutto anche pensieri che vi si sono accesi ascoltando e volete condividere qualcosa sarebbe davvero bello per noi ascoltarvi ecco questo è rispetto agli smartphone allora noi lavoriamo molto su questo tema in generale con i genitori e nelle scuole abbiamo scritto libri abbiamo scritto un libro giusto dà qualche indizio, ma è un po'velato, non so se riuscite a coglierlo. Ho sentito la vietata ai minori di 14 anni. Così. Così. Tanto per essere un po'passati avanti.
E questo non significa in nessun modo che noi siamo nemici della tecnologia, anzi, no, crediamo che la tecnologia sia uno strumento meraviglioso di connessione, di ricerca, di mettere in contatto persone lontane, di ampliare la comunicazione, eccetera. Però siamo forti sostenitori del fatto che uno smartphone educativamente, quello che noi diciamo ai genitori, per cui sappiate con chi state parlando, quello che noi diciamo tutti i giorni ai genitori è che sarebbe utile dotare un figlio di uno smartphone ad uso personale, vuol dire il mio che me lo porto in giro da tutte le parti, dopo i 14 anni. Questo non perché siamo dei... prestorici cavernicoli, ma perché anche le ricerche più delle neuroscienze più avanzate dicono che il possesso di uno smartphone ad uso personale e l'utilizzo per molte ore di social e videogiochi depotenzia lo sviluppo cognitivo e di tante funzioni, anche emotive, sociali, relazionali. E'chiaro che questa cosa no.
Non è una cosa che, cioè, se qualcuno di voi dite, pensa in questo momento, è giusto, io credo che non è normale, ecco, la cosa importante, voi naturalmente direte ma no, ma questa cosa è assurda, non ha senso, ed è giusto che la pensiate così. Credo però che valga la pena lasciare aperto un orizzonte di pensiero nel dire ma dietro a questa cosa, che cosa c'è, no? E soprattutto che...
potenzialità apre un'esperienza del genere? In casa nostra, per rispondere alla domanda personale, i nostri figli hanno avuto tutti lo smartphone dopo i 14 anni. La buona notizia è che sono rimasti vivi. L'altra cosa è che nessuno è stato contento, nessuno ci ha fatto l'applauso e ha detto, mamma, come siamo fortunati a essere nati in questa casa. Grazie che voi...
Noi siamo contenti, no, ci hanno fatto la lotta, la guerra ogni giorno, hanno detto ecco sempre a noi, non è possibile, erano quasi tutti, erano gli unici insieme a uno o due compagni, perché purtroppo poi avendo fatto amicizia con qualche altra famiglia, di fatto è successo che i loro amici, anche loro poi sono rimasti senza cellulare fino ai 14 anni. Questa cosa ha generato una lotta. Però una cosa positiva è che finiti i 14 anni, ti do subito la parola, compiuti i 14 anni è successo che parlando adesso con loro nessuno ci odia per questa cosa e quindi già un aspetto positivo. E la cosa che ci ha lasciato sorpresa è che rispetto al ripensare alla loro storia hanno in qualche modo visto il significato perché Non hanno avuto uno smartphone ma hanno utilizzato computer, hanno utilizzato un cellulare nostro per rimanere in contatto con tutti, quindi non sono rimasti esclusi dalla vita sociale, sono rimasti nel flusso, hanno imparato a utilizzare tutte le applicazioni, software e hanno lavorato a scuola con le tecnologie e ad oggi effettivamente ci hanno restituito che questo tempo senza smartphone di fatto è stato a...
un'opportunità e non un'oppressione. Ho aggiunto che un'altra cosa che è accaduta, un'altra regola di famiglia di quelle proprio è stata che non hanno acceso, non hanno avuto un profilo social personale prima dei 16 anni. In questo momento io vi potrei portare... Ho sentito qualcuno che stava per svenire!
Sono rimasti... per dirvelo con lo sguardo non del genitore, ma di uno che fa questo mestiere, hanno avuto sempre amici e amiche, abbiamo sempre avuto molti loro amici e molte loro amiche a casa, a pranzo, a cena, nel fine settimana e hanno avuto... storie d'amore iniziate, finite, eccetera, cioè non abbiamo minimamente sentito che questa cosa li ha penalizzati nella loro socialità e mi ha colpito molto, questo lo dico perché mi sono domandato se Alice avesse avuto i social già dai dieci anni, Alice quando ha sedici anni poi si è iscritta ai social, si è iscritta a Instagram, si è iscritta a TikTok, lei... Zona 18 anni, una mattina è tornata, è venuta in cucina dove stavamo facendo colazione, ci ha detto io ho deciso di togliermi da TikTok perché ho proprio riflettuto che negli ultimi mesi mi mangiava sempre più tempo e col senno di poi mi portavo a casa sempre meno da quell'esperienza.
Giuro che queste sono state le sue parole e io... Per quello che so di TikTok, so che in assoluto è la social media più dipendentigene, che genera più addiction in assoluto. Voi non avete idea di come venite profilati dentro.
Vi guarda addirittura la dilatazione e il riscringimento delle vostre pupille, a seconda dello stimolo, dell'immagine, del colore. Cioè voi venite profilati in ogni vostra reazione. In base a tutto quello che osservate, l'idea è quella di darvi sempre l'immagine, il video, la tipologia di contenuto che più vi tiene agganciati lì, quindi funziona proprio come un campo magnetico.
Ecco, la domanda che mi sono fatto io, ma se Alice fosse stata lì dentro già a 10 o 11 anni, a 18 anni avrebbe avuto questa consapevolezza su di sé? del dire saper scegliere ecco dopo che lei l'ha potuto sperimentare nessuno poi dopo i 16 anni le ha detto non devi andare lì non devi fare fai quello che vuoi ecco lei decidendo di fare quello che voleva ha preso questa decisione io non so dirvelo perché non ho la versione alice che a 11 anni entra dentro tik tok esserci entrata a 16 anni dentro di lei ha acceso a un certo punto la consapevolezza che tik tok davvero le rubava pezzi di vita invece che renderle la migliore. Non è il primo caso.
C'è una domanda? Abbiamo una domanda. Se c'è il microfono...
Eccolo qua. Giusto per facilitare. Anch'io, oddio, anch'io ho avuto il telefono a 13 anni per il Covid, ma io non avevo neanche il wifi, il computer in casa e...
Ora penso sia una scelta giusta da fare come genitori, ma volevo chiedere come si può gestire il rapporto di inferiorità che magari il ragazzo ha con il gruppo di pari da genitori, perché comunque io ero l'unica a non avere il telefono ed era molto difficile. Posso chiederti, scusami, è stato molto impegnativo rispetto a... Sì, perché... Cioè tu guardandolo adesso che sei più grande...
Io sono grata ai miei genitori per questa cosa perché penso mi sia stato molto utile, però è stato molto difficile magari anche nel ragionare su come uscire con i miei compagni perché io ero proprio abbastanza distaccata, c'era il gruppo di classe, delle medie, io non c'ero, poi i miei genitori avevano il telefono a tassi, quindi... È difficile. Difficile. Quindi volevo capire come da genitori si può gestire questo sentimento di inferiorità che un ragazzo può avere anche quando prende il telefono in futuro.
Grazie. Come ti chiami? Margherita. Grazie Margherita, grazie mille del tuo... E per aver rotto il ghiaccio qua in sala.
Ok, c'è qualcun altro che vuole intervenire? Margherita intanto... Io intanto vi leggo invece una domanda che se intanto qualcuno, se qualcun altro vuole intervenire, sempre una domanda relativa al Covid, qualcuno chiedeva, più di una persona, che cosa è cambiato nelle emozioni dei ragazzi dopo il Covid, nella gestione delle emozioni. Ok.
Altre domande, ragazzi? Anche se qualcuno vuole dire a Margherita, qualche risposta per Margherita, noi diremo la nostra, ma se qualcuno ha... Qualcuno si nasconde.
Io prendo le emozioni. Ok. Prego. Allora, io direi a Margherita che hai toccato proprio un tema che è di assoluta attualità, perché davvero questa... Questa dimensione è forse l'ostacolo più grande, è la fatica più grande sia per i ragazzi ma anche per i genitori rispetto alla possibilità di avere una scelta come quella che hanno fatto del dire io non do il...
il cellulare fino ai 14 anni fino ai 13 anni e come adulto mi devo convincere che non sto facendo del male a mia figlia mio figlio perché se io vedo che mia figlia e mio figlio è davvero vive questo che tu dicevi sentimento è in qualche modo di inferiorità no di esclusione è chiaro che nessun genitore vuole far soffrire un figlio no è proprio un tema molto molto attuale allora che risposte ci sono sono c'è una risposta istituzionale che è questa stanno crescendo sempre di più movimenti a livello nazionale di genitori che si mettono insieme perché se gli adulti sono sempre di più gli adulti che dicono questa cosa ha un valore questa scelta educativa ha un valore allora ci mettiamo insieme così non sono non c'è solo un genitore che porta avanti questa scelta ma se ce ne sono in una classe almeno 5, 10 ecco i ragazzi che vivono e subiscono tra virgolette questa decisione educativa non sono soli ma possono avere una comunità che condivide la regola come dire se c'è una legge, se c'è una norma se c'è un'indicazione allora diciamo che siamo meno soli, facciamo più squadre si chiamano patti digitali stanno nascendo in moltissime realtà territoriali dove la comunità firma un un patto e dice questa scelta la facciamo come comunità educante, sono moltissime le scuole che ad esempio danno regole chiare, dicono dentro la scuola lo smartphone non entra, ecco questa scelta è una scelta che già immediatamente risolve il problema ed è chiaro che genera un contesto, una situazione dove le regole sono date e chi si trova dentro, magari usano scuole che usano la tecnologia per la pre... ma non con lo smartphone personale ma con altri strumenti quindi questa è la domanda è la risposta poi la risposta più invece personale io credo che sicuramente è una partita difficile tu sei stata davvero brava cioè quello che mi viene da dire è che sei stata davvero brava e coraggiosa perché uno adesso l'hai raccontato a tutti e questo già dice alla fine fa vedere che questa fatica che ti sei portata dietro per pare tempo non ti ha spento ma è stata una fatica che magari ti saresti anche evitata ma che ha generato tante energie mentali tanti pensieri se tu sei arrivata adesso a condividere con gli altri e come l'hai condivisa ti hanno fatto un applauso questo ti dice che la tua fatica è stata una fatica generativa ecco mi verrebbe da dire che nella vita metterci via che a volte delle cose molto importanti le conquistiamo con una fatica pratica, ecco è un bel apprendimento perché le cose vanno così spesso nella vita delle persone, quindi effettivamente sicuramente in futuro speriamo che chi si trova nella tua situazione non sia solo, possa avere più strumenti per affrontarlo, ma mi viene da dire che comunque anche per te Testimonica è stata un'esperienza che ha generato valore. C'è una cosa che mi ha colpito di quello che diceva lei, che è il riferimento a come il consiglio che potete dare ai genitori per fare questo e lei non ha chiesto il consiglio che potete dare a noi ragazzi per superare.
questa cosa, ed è proprio forse il fatto di aver preso consapevolezza che di fatto è stata una rinuncia ma che l'ha fatta crescere, quindi che cosa possiamo fare per i genitori e non per i ragazzi che vivono questa situazione. sfigata ecco quindi mi sembra molto anzi complimenti mi aveva colpito volevo magari qua aggiungiamo anche un pezzetto che effettivamente io credo che il tema grande per noi genitori sia permettere a chi cresce dentro a un mondo che sia così virtualizzato di separare bene la vita reale dalla vita digitale, di non fare in modo... è stato molto promosso il concetto di on life, essere costantemente ibridi e muoverci da una vita all'altra.
Ecco, quello che ci dicono le neuroscienze è che questa roba non fa bene al nostro cervello in età evolutiva. Quindi, per esempio, quello che abbiamo fatto noi con i nostri figli è stato avere uno smartphone di famiglia che stava in cucina, dentro cui potevano avere i loro gruppi WhatsApp, cioè quella roba lì non era bloccata. ma era là, quindi devi andare in un gruppo, devi guardare cosa sta accadendo, devi prendere accordi, farlo dentro a WhatsApp, però poi quando esci fuori nel mondo, tu sei nella vita reale con te stesso che deve stare dentro alla vita reale.
Ed è chiaro che questo vuol dire rinunciare a tanti plus che avere in mano uno smartphone ti dà, ma vuol dire anche recuperare tanti altri plus che lo smartphone non ti può dare. E'interessante vedere, questo ha molto a che fare anche con la domanda che veniva, le emozioni dopo il Covid. Il Covid è stato chiamato la causa, un po'di tutti i mali, ma come vi ho detto prima, gli studiosi, gli epidemiologi che hanno guardato la situazione della salute in adolescenza hanno detto che la salute in adolescenza, quella mentale, ha cominciato a deteriorarsi nel 2012 e dal 2012 in avanti è sempre andato peggio.
Poi è arrivato il Covid, il Covid ha fatto deflagrare, cioè ha proprio frantumato una vulnerabilità, una fragilità che era andata sempre peggiorando. Quindi noi abbiamo visto anche dal punto di vista dei casi clinici, gli accessi al pronto soccorso, le ospedalizzazioni, gli eventi autolesivi, tutto molto peggiorato in quel momento, ma non è che è nato lì il disagio. Il disagio c'era molto prima.
Ma certo che il tempo del lockdown poi ci ha fatto vedere un'altra cosa. cosa, che il nostro cervello soffre tremendamente quando gli togli il contatto nella relazione reale con l'altro vivo e vero che sta accanto a te, gli spazi fisici in cui trovarsi, animarsi, aggregarsi e relazionarsi e la cosa che accade oggi e che per voi probabilmente potrebbe diventare, voi forse, non lo so cosa capiterà a voi ma... Tutto il mondo, anche alla luce di quello che noi abbiamo visto accadere nel tempo del Covid, oggi si domanda se per esempio la scuola superiore debba essere una scuola con lo smartphone o senza smartphone al proprio interno. Il concetto di scuola smartphone free è uno degli incubi, delle cappe nere che sta sulle vostre teste perché il mondo dice ma i ragazzi e le ragazze che vanno a scuola, che è il luogo...
di più ampia socializzazione che frequentano nella vita. Lì dentro ci stanno 5 ore, 6 ore, a volte alcuni ci stanno 8 ore. E'bene che quando stanno a scuola abbiano accesso all'oggetto smartphone oppure l'oggetto smartphone sia inaccessibile. Grandi dibattiti, in Italia avete sentito il ministro ha mandato la circolare scuole smartphone free fino ai 14 anni ed è stato molto letto anche in una prospettiva ideologica. Governo di Descra, Ministro di Descra, proibizionismo, divieto, nessuna voglia di educare.
Però è bene che voi sappiate che nel mondo le nazioni che hanno i sistemi scolastici più evoluti e più moderni, quelle che hanno anche digitalizzato tanto l'apprendimento, in realtà hanno stabilito che le loro scuole devono essere smartphone free non fino ai 14 ma fino ai 18 anni. E non stiamo parlando di nazioni regredite, stiamo parlando di Svezia, Norvegia. I vostri compagni finlandesi fanno scuola dalle 8 alle 16, vi dico la Finlandia perché è in assoluto raccontata come la nazione col miglior sistema scolastico del mondo. Quando entrano a scuola alle 8, ognuno ha un armadietto all'interno del quale deposita l'oggetto che viene chiuso lì. e verrà riprelevato un minuto prima di uscire.
L'intera giornata è immersiva nella vita reale. Vi dico anche che è stupefacente vedere che cosa è accaduto nelle scuole che l'anno prima... Non erano smartphone free e l'anno dopo lo sono diventate. Due enormi variazioni.
Prima, facendo rifare ai ragazzi dell'anno smartphone free gli stessi compiti in classe fatti l'anno prima dai loro coetanei, la media delle valutazioni si è incrementata in ogni disciplina dal 20 al 40%. Quindi o la generazione dell'anno dopo era nata più intelligente o sottoposta alle stesse prove, in deprivazione, attenzione non della tecnologia, la scuola era digitale, aveva tante tecnologie, ma sottoposta alla privazione dell'accesso all'oggetto, non lo possono tenere spento nello zaino, è lì e quindi a quel punto il cervello shifta e dice per tutto il giorno io quella roba non ce l'ho e quindi sta dentro dove lo metti. Seconda cosa, hanno fatto videoregistrazioni dei tempi informali della scuola, intervallo, mensa, e hanno visto un incremento incredibile delle competenze social, guardarsi negli occhi, parlarsi, ridere, inventarsi cose da fare durante l'intervallo, cioè era come se ritornasse l'infa vitale dentro la dimensione socio-relazionale.
Quindi in questo momento dico questa roba che può apparire... spaventosamente impopolare perché uno dice io se non ce l'ho mi viene l'ansia fear of missing out mi viene la percezione che mi togli un pezzo troppo perché mi limiti quella libertà però il dato di fatto è che non c'è una ricerca che dica che la scuola smartphone free danneggia le funzioni per cui noi andiamo a scuola al mattino tutti i giorni cioè apprendere e socializzare E tutte le ricerche ci dicono l'esatto contrario. Vuoi apprendere, vuoi socializzare, allora spera che la tua scuola diventi smartphone free.
Io avevo due ultime... stava partendo un applauso. No, non credo.
Ah, ok. Questo è un tema molto divisivo. Infatti sentivo...
Ho un'ultima cosa che volevo chiedervi perché non abbiamo ancora... non abbiamo più tantissimo tempo. Siamo a pochi giorni...
dalla giornata contro la violenza sulle donne. Io partirei dai titoli dei vostri due libri, ultimi libri, perché proprio sono riferiti alle ragazze e ai ragazzi. In particolare, Barbara Tamorini, ragazza mia, lettera alle donne libere di domani. Cosa vuol dire essere una donna libera domani? Cosa possiamo dire alle nostre ragazze per sentirsi libere?
Partendo forse... riportandoci alla stessa lettera di partenza forse. Io l'augurio che vi faccio di cuore, intanto vi ringrazio dell'attenzione e della pazienza, a voi e a chi ci sta seguendo, e l'augurio che faccio alle ragazze, rispetto proprio in questa giornata che arriverà, dove celebreremo proprio contro la violenza di genere, e credo che proteggersi dalla violenza di genere... Non può essere pensata come la costruzione di una bunker, di una barricata o di un rifugio dove mi chiudo dentro perché così tengo fuori tutti i pericoli. Non dobbiamo cercare di costruirci scudi o strumenti che ci proteggono da un fuori minaccioso indifferenziato.
Credo che riuscire a difendersi dalla violenza di genere... Vuol dire costruire dentro di sé strumenti di protezione che sono molto più sensibili, cioè rimanere fiduciosi nelle persone che incontriamo, nei nostri compagni di classe, nelle persone che incontreremo nella vita, avere questo sguardo positivo, no? Perché, grazie a Dio, la vita è piena di incontri e di possibilità e credo che questa fiducia va proprio coltivata.
E nello stesso tempo... Allenare quella capacità, partendo proprio da quello che diceva Alberto all'inizio, delle emozioni che sentiamo e la capacità di collegare le emozioni col pensiero, perché se noi impariamo ad usare bene le emozioni e il pensiero, allora abbiamo la capacità di capire quando una cosa è pericolosa e quando invece non lo è. Ecco, questa cosa la dobbiamo allenare tutti i giorni, costantemente. ascoltando le nostre emozioni, costruendo relazioni sane che ci fanno stare bene e soprattutto sapendo che quando una relazione ci fa stare sempre in apnea e ci sentiamo sempre insicuri, sempre in pericolo, ecco questo è un campanello d'allarme che vuol dire che l'amore non è stare sempre col fiato tirato e dire mamma mia chissà cosa mi succede, chissà cosa mi succede, se siamo sempre così ecco questo è un campanello che siamo dentro a qualcosa che... ci intrappola e non ci fa stare bene.
Allora dobbiamo davvero collegare il pensiero, cercare qualcuno con cui condividere queste nostre emozioni e provare proprio a ripartire, a ricostruire, a cercare relazioni che ci fanno sentire al sicuro, protette e ci fanno stare bene. Invece so che lei, dottor Perlai, voleva leggerci un pezzetto di cose che ai maschi nessuno dice. Sì, è un augurio, salto proprio tutta la parte teorica, è capitato nella vita di uno dei nostri figli che una sua compagna di scuola venisse uccisa in una strage familiare, quindi un dolore enorme, una fatica, un tunnel che voi potete davvero immaginare che cosa ha significato. Come papà, come uomo, come maschio mi sono detto ma cosa vuol dire cambiare i copioni e che cosa dobbiamo fare anche noi.
noi padri con i nostri figli per trasmettere un testimone che permette di stare dentro alle relazioni costruendo il bello e non generando costruzione non generando distruzione quindi ho provato in questo libro a dire le parole che i padri dovrebbero prima di tutto dire a se stessi e poi i propri figli e io vi saluto con il messaggio che ho scritto a mio figlio e che condivido con tutti voi ragazzo mio ti auguro che la vita sia generosa con te te nel tempo che hai davanti, ma soprattutto che tu sia generoso con la vita. Progetta ogni giorno ciò di cui la vuoi vedere ricca e fai di tutto per perseguirlo. Non credere che la felicità sia un diritto, ma trasformala in un dovere costante. Verso te stesso prima di tutto e poi verso chi ti vive a fianco. Non smettere mai di rendere il mondo un posto migliore di come lo hai trovato.
Fallo con i gesti. ma anche con le parole. Ama la competenza più della potenza e fa che il tuo successo sia la conseguenza del tuo agire, non la causa.
Tieni alto lo sguardo sugli altri, sulla natura, ma non smettere mai di guardarti dentro, di cercarti nella tua interiorità. È lì che ti devi affacciare e specchiare per comprendere chi davvero vuoi essere in questo tempo. tempo che hai davanti a te, è lì che ti auguro di trovare la parte migliore di te, quella parte curala e coltivala, amala sopra ogni cosa e poi fa ne dono la vita, se saprai essere generoso con la vita lei farà altrettanto, scoprirai anche nelle sue rughe il senso di tutto, questa cosa la vita me le ha insegnate anche e soprattutto attraverso te, abbi cura del tempo che ti è dato dell'amore che ti viene donato impara l'amore poi insegnalo e fanno e dono tutto il resto verrà da sé grazie allora io ringrazio barbara tamburini ringrazio alberto per lei e vi do appuntamento allora so che il ciclo dei nostri incontri continua il prossimo sarà con marco haine su identità e continuità insomma buona buona giornata buon pomeriggio pomeriggio anche a chi ci segue da scuola.