Buonasera a tutti, grazie di avermi invitato a concludere questo ciclo di lezioni sui miti, all'interno del quale io, come dire, sono riuscito a trovare una collocazione proprio di sbieco, o almeno così credevo. Io naturalmente non sono un classicista, e anzi mi scuso fin d'ora con i colleghi che ne sanno più di me di letteratura classica e che mi sentiranno ripetere cose che sanno benissimo. Il mito dell'età dell'oro però...
È un mito appunto di tutte le epoche e che in particolare in epoca medievale ha avuto degli sviluppi politicamente interessanti. Non vi stupisca il fatto che io parli di sviluppi politicamente interessanti perché in realtà come vedremo già nell'antichità il mito dell'età dell'oro può avere una carica politica tutt'altro che indifferente. Il fatto sta che io pensavo che vi avrei fatto una lezione. essenzialmente di storia medievale ma poi naturalmente mettendomi a prepararla e tornando indietro nel tempo ho dovuto per forza provare a capire qualche cosa di quel periodo antico a cui i miei autori medievali attingevano e che loro conoscevano benissimo per filo e per segno quindi in realtà poi questa sarà davvero una lezione anche di letteratura classica anche se appunto lo scopo è di portare E vi farò poi pian piano a vedere gli esiti medievali di questo mito.
Allora, il mito dell'età dell'oro essenzialmente esprime in tutte le culture la sensazione del fatto che la vita umana è dura, tragica, si conclude con la morte, è una lotta continua, che nel mondo c'è il male. evidentemente l'umanità ha cercato di darsi una spiegazione, una giustificazione, una consolazione. È chiaro che quando si dice da sempre l'umanità ha cercato si rischia di dire una banalità senza fondamento, ma qui c'è qualcosa di vero invece, perché mentre classicamente nella nostra cultura il mito dell'età dell'oro si riporta alla letteratura greca, a Esiodo, in realtà In realtà poi miti analoghi sono saltati fuori dappertutto.
In tante culture umane lontane fra loro ci sono miti di questo genere che in sostanza dicono c'è stata un'epoca meravigliosa e beata in cui gli esseri umani erano felici. Ed essere felici poi è interessante, ogni cultura lo declina a suo modo, ma fondamentalmente le cose più ricorrenti sono, primo, non morire. arrivano, secondo non si ammalavano, terzo non dovevano lavorare, poi ci possono essere altre varianti, non pagavano le tasse, mi pare che nessun poeta antico si spinga fino a tirare fuori questo aspetto, ma appunto variazioni ce ne sono, ci può essere un empito religioso più o meno forte, ma voi capite a questo punto che allora anche il racconto biblico di Adamo ed Eva, paradiso terrestre, del giardino dell'Eden, rientra in quest'ambito.
Come ci rientrano miti o novelle o iscrizioni della Mesopotamia antica, iscrizioni sumere da cui vengono fuori appunto brani poetici che palesemente vanno in quella direzione. Possiamo dire a questo punto davvero che il mito classico dell'età dell'oro. Così come lo formula per primo Esiodo e così come innumerevoli poi autori greci e soprattutto latini lo riprendono, è la formulazione greca e latina di qualcosa che correva in tutto il mondo, diciamo in quel mondo del vicino oriente e del Mediterraneo antico di cui anche la civiltà greca fa parte.
E'una delle tante conferme se vogliamo che per capire... Per capire i greci è giusto. inquadrarli come la nostra scuola fa da sempre, in un contesto in cui si deve parlare di sumeri e si deve parlare di babilonesi e si deve parlare di egiziani, i greci non sono qualcosa d'altro, i greci sono uno dei popoli che vivono in quell'enorme crogiolo di idee e di miti.
Detto tutto questo, il primo che ha trasmesso fino a noi in modo ordinato, compiuto, mai più dimenticato dalla nostra civiltà, il mito dell'età dell'oro è Esiodo. prima di leggerlo in realtà mi rendo conto che no io credevo di esserci arrivato ma forse poi alla fine non sono stato così preciso il mito dell'età dell'oro dunque consiste nell'idea che mentre oggi la nostra vita è dura e si conclude nella morte e il mondo è travagliato dalla guerra c'è stata un'epoca in cui tutto questo non c'era esiodo lo presenta in modo particolarmente articolato e qui non lo seguiremo tutto perché Esiodo si inventa una successione di epoche, cinque epoche, dopo l'età dell'oro c'è l'età dell'argento, poi quella del bronzo, poi manca un metallo perché il ferro è la nostra epoca ovviamente, l'epoca della guerra e quindi mancandogli un metallo la quarta epoca la chiama in un altro modo l'epoca degli eroi, poi si torna ai metalli quinta epoca l'età del ferro. vi farò tutta questa successione perché in realtà quello che interessa in realtà a tutti dell'età dell'argento non importa niente a nessuno per esempio quello che importa a tutti quelli che riprenderanno questo mito è l'opposizione l'oro e il ferro un passato remoto felice e il presente che invece non lo è e dunque di esiodo non leggeremo tutte le cinque età ma leggeremo innanzitutto appunto l'età dell'oro che poi in realtà qualcuno sottilmente è andato a vedere, Siodo non dice l'età dell'oro, dice quello era una generazione d'oro, era una stirpe aurea quella, erano gli uomini di allora che erano d'oro, poi età dell'oro ci hanno pensato dopo, ma per noi è quello, è l'età dell'oro. Prima una stirpe aurea di uomini immortali fecero gli immortali che hanno le olimpie di More. Erano ai tempi di Crono, quando egli renava nel cielo, come dei vivevano, senza affanni nel cuore, lungi e al riparo da pene e miseria.
queste vecchiaia, ma sempre ugualmente forti di gambe e di braccia, nei conviti gioivano, lontano da tutti i malanni. Morivano come vinti dal sonno. E ogni sorta di beni c'era per loro. Il suo frutto dava la fertile terra senza lavoro, ricco e abbondante, e loro, contenti, sereni, si spartivano le loro opere. Ecco qui, come vedete, c'è già una variante rispetto al modello, per esempio, biblico, dove è fondamentale nell'idea dell'Eden il fatto che il Dio è un Dio.
che non c'è la morte, quei due erano immortali se non fosse venuto il serpente a tentarli, invece qui non si pretende tanto, nell'età del loro la morte c'era e però la morte è un problema centrale, avete sentito, morivano come vinti dal sonno, non si sono mai ammalati in vita loro e poi muoiono senza accorgersene, come ci si addormenta. Dopodiché vedete gli altri temi sono quelli che poi ritorneranno. il suo frutto dava la fertile terra senza lavoro.
Esiodo si incarna molto nel punto di vista degli uomini, ve lo dico perché poi vedremo che negli autori latini conta anche il punto di vista della natura in questo contesto. Per Esiodo non mi sembra molto importante, non è che si preoccupi del fatto che la natura sia o meno aggredita dall'uomo, no no, quello che conta è che l'uomo non deve fare fatica. oggi non è più così oggi progressivamente le cose sono andate peggiorando e adesso siamo nell'età del ferro l'età del ferro vuol dire la violenza E la violenza vuol dire l'ingiustizia. Questi sono i temi su cui si ferma di più Esiodo, che in tutta la sua opera mette molto al centro il tema della giustizia e dell'ingiustizia.
Della giustizia di che? Ed è la tracotanza umana che porta gli uomini a credere di poter fare tutto quello che vogliono, la hubris. Ecco, uno dei problemi di Esiodo è spiegare quello.
Com'è che non siamo capaci di vivere con giustizia? Eh, perché non siamo più quelli là. Quelli là d'oro erano capaci, noi siamo di ferro. Né il giuramento sarà rispettato, né lo sarà chi è giusto o dà bene.
Piuttosto l'autore di mali è l'uomo violato. lento rispetteranno la giustizia sarà nella forza e coscienza non vi sarà il cattivo porterà offese all'uomo buono dicendo parole di inganno e sarà spergiuro e dunque non rispetteranno i giusti i buoni quelli che mantengono la parola no rispetteranno e lui sta evocando dal di fuori questa storia umana ma in realtà sta dicendo adesso da noi Adesso da noi è così, adesso da noi è così, non rispettano chi è buono ma rispettano chi è malvagio, chi è violento. La giustizia, cos'è la giustizia?
È il diritto del più forte. E la coscienza? Niente.
La coscienza era una cosa dell'età del loro, adesso non ce la possiamo più permettere. Allora, il tema formulato così nella letteratura greca ritorna con un'altra cosa. una certa frequenza senza a dire il vero grandi variazioni è un po come se tutto sommato si fosse bloccato in questa forma senza portare a grandi elaborazioni che pure in potenza c'erano e ve lo anticipo perché poi tornerà fuori questo tema che sono i violenti che sono rispettati potremmo dire qualcosa di più che sono i violenti che comandano che sono i malvagi che comandano esiodo non lo dice espressamente ma ci va vicino e da questo voi lo vedete che conseguenze politiche si potrebbero tirar fuori, ma nella letteratura greca la cosa appunto non è particolarmente sviluppata. Per cui è poi nella letteratura latina che noi troviamo invece gli esempi di diversi modi di impostare questo discorso, di particolari che cambiando possono dare un significato diverso a questo mito. Ben inteso, a questo mito quando un autore decide di evocarlo perché il nostro tema è questo a un certo punto un autore un letterato decide di usare il mito dell'età del loro e i miti servono a questo ce n'è un'intera collezione tutti li conoscono ci sono tante varianti se ne possono inventare delle altre se si vuole ma l'importante è che tu che stai scrivendo un poema epico o un'invettiva una satira o una bucolica e tu decidi di usare quel tema e allora quello che a noi interessa è ma perché in quel momento quell'autore decide di usare proprio questo mito, a cosa gli serve e come lo modifica?
Nella letteratura latina c'è un momento in cui di colpo due grandissimi autori, quasi due gemelli nella considerazione della critica, Orazio e Virgilio, entrambi fanno un riferimento a... questo mito. Poi il mito tornerà molto nell'opera di Virgilio, il mito dell'età dell'oro, tornerà invece pochissimo in quella di Orazio, ma c'è un momento in cui entrambi, giovani ancora, lo usano.
Dico un momento, siamo intorno al 40 avanti Cristo, Cesare è stato appena ammazzato, c'è il secondo triunvirato, Ottaviano, Antonio e Lepido, c'è la guerra civile, una in corso e un'altra ben prevedibile per l'immediato futuro, non si capisce bene che cosa ne verrà fuori. In quegli anni sia Virgilio sia Orazio decidono di fare la guerra civile. fare un riferimento al mito dell'età del loro e da quello che ho visto io, ma posso sbagliarmi, gli studiosi tuttora non sono d'accordo sulla precedenza fra i due, su chi esattamente abbia scritto due anni prima dell'altro o un anno prima dell'altro. È interessante perché invece l'approccio di Orazio e Virgilio è completamente diverso. Orazio, questo non l'ho messo nei testi da leggere, me lo sbrigo più rapidamente.
stupidamente, Orazio negli epodi sostanzialmente usa il mito dell'età dell'oro in questo modo. Premessa, Esiodo, ve lo ricordo, aveva detto Età dell'oro, età dell'argento, età del bronzo. va tutto sempre peggio però poi c'è l'età degli eroi la quarta quella che non ha un metallo di riferimento e lì esiodo si era immaginato una specie di scappatoia l'età degli eroi è un'età di uomini grandi anche se ormai già decaduti non più d'oro però grandi e allora e allora gli dei li hanno voluti premiare e li hanno mandati tutti in un'isola dove vivono beati che non è come se fosse tornata l'età dell'oro ma quasi Queste isole dei beati sono un posto dove gli eroi della quarta età continuano a vivere quasi come nell'età del loro. Orazio riprende il tema e nella Roma della guerra civile e del secondo triunvirato sostanzialmente dice, qua sono costretto a parafrasare molto rapidamente e grossolanamente, in sostanza Orazio dice le cose vanno molto male. Ma ma...
molto molto male come sarebbe bello se tutti noi romani oppure forse sarebbe meglio che tutti noi romani ci imbarcassimo ce ne andiamo tutti alle isole beate perché qui a roma il futuro lo vedo nero è il mito dell'età dell'oro una variante un aspetto poi in realtà queste isole dei beati diventano un modo di dire per dire l'età dell'oro alla fine nessuno è più interessato a fare una grande distinzione lì si vive pacifici felici senza guerra, senza sofferenza e così via. Dunque la posizione di Orazio è il mito dell'età dell'oro, cosa mi fa venire in mente? Che sarebbe molto bello se potessimo scappare da Roma e rifugiarci nell'età dell'oro. Negli stessi identici anni Virgilio, quarta egloga, testo su cui non mi fermerò troppo perché è uno dei testi più...
più difficili, più discussi per l'interpretazione di tutti i tempi, credo, però prevede che un fanciullo nascituro porterà non solo la pace, ma proprio l'età del loro. Il grande ordine dei secoli nasce di nuovo e già ritorna la Vergine, ritornano i regni di Saturno, già la nuova progenie di Sion. scende dall'alto del cielo.
Tu, o casta lucina, proteggi il fanciullo che sta per nascere, con cui finirà la generazione del ferro e in tutto il mondo sorgerà quella dell'oro. Già regna il tuo Apollo. Ecco, vedete, intanto anche qua non è l'età dell'oro, tecnicamente è la generazione, la generazione del ferro, la generazione dell'oro. Un dettaglio, Saturno per i greci era Kronos, i latini decidono l'identificazione di Saturno con Kronos per cui nella letteratura latina dire il regno di Saturno vorrà dire automaticamente l'età del loro. Non mi fermo, ripeto, sull'identificazione di questo fanciullo, quella probabile e quelle impossibili che tuttavia hanno avuto grande spazio nella storia.
Sapete che per esempio i cristiani... scoprendo che Virgilio aveva scritto queste cose non molto prima della nascita di Cristo, a lungo si sono detti, ma evidentemente Virgilio aveva delle informazioni particolari e qui sta prevedendo quello che interessa a noi, perché in una prospettiva cristiana ovviamente il cambiamento, la cesura della storia del mondo sarà la nascita di Cristo. Virgilio non aveva verosimilmente in mente questo, però vedete c'è la guerra civile, non si sa ancora chi vincerà, Virgilio pensa di saperlo probabilmente e comunque ha fatto una scelta di campo, Orazio vorrebbe scappare verso le isole dei beati, Virgilio dice no no stiamo a Roma perché a Roma sta per tornare l'età del loro e a questo punto si mette a descrivere, questo anche lo volevo soltanto parafrasare e non leggere, Virgilio nella quarta egloga si mette a descrivere come sarà questa E'proprio come quella antica raccontata da Isiodo, la terra darà frutti senza bisogno di essere coltivata e il bestiame non c'è bisogno di allevarlo, la capra viene da sola con le mammelle gonfie a farsi suggere il latte. Gli animali saranno in pace, vedremo gli armenti tranquilli insieme al leone, capite le suggestioni bibliche che poi i cristiani ci hanno ritrovato anche qui.
Non ci saranno più serpenti o erbe velenose. Questo è un aspetto dell'età del loro che torna spesso. Per qualche ragione loro erano ossessionati da questi serpenti e da queste erbe velenose, per cui la loro idea di un mondo paradisiaco, una delle cose più importanti è che non ci siano i serpenti.
Anche qui voglio... capite le suggestioni bibliche che poi i cristiani ci troveranno. Poi è interessante perché Virgilio a questo punto fa anche lui una specie di salto, è come con Esiodo, è come se l'idea di una successione che va sempre nella stessa direzione non piacesse, adesso lui ha appena detto tornerà l'età dell'oro, già dimenticavo questo, tornerà, ci siamo talmente abituati perché poi lo vedrete battono tutti su questa gran cassa, ma in realtà Virgilio è il primo che dice torna, in tutta la letteratura greca nessuno si era sognato di dire torna un giorno l'età dell'oro, l'età dell'oro era laggiù.
sepolta nel passato, era una visione come dire sequenziale, invece qui Virgilio inventa questa cosa di cui capite il potenziale politico appunto, l'età del loro può tornare e poi però appunto dice se si tornerà ma ci sarà un momento di ripensamento, ci sarà ancora qualche avanzo del vecchio imbroglio che spingeva gli uomini a fare la sua vita, quindi qui Virgilio gli uomini gli uni contro gli altri pauca vestigia prisce fraudis il vecchio imbroglio e allora gli uomini cadranno di nuovo nella tentazione dice virgilio rifaranno le classiche cose che nell'età del loro non si fanno ve lo cito non per annoiarvi con questo andare avanti e indietro immaginato da virgilio ma perché è importante come lui esemplifica qui le classiche cose che nell'età del loro non si fanno l'uomo comincerà di nuovo a solcare il mare murare le città arare la terra queste sono le cose che noi facciamo nell'età del ferro e badate può non sembrare evidente qui ma c'è già qui e verrà fuori poi molto forte anche in altri poeti un'idea che invece è nuova dei romani che non c'era in esiodo nei greci L'idea che c'è qualcosa di malvagio, di crudele nel modo in cui noi aggrediamo il mondo. Ecco, i romani che hanno costruito un impero mondiale, che dominano dal loro punto di vista il mondo e che lo stanno civilizzando a modo loro, lasciando la loro impronta nel mondo, costruendo città tutte uguali e suddividendo le campagne con la centuriazione e impadronendosi dei mari. E nei loro poeti è come se ci fosse una cattiva coscienza che vede comunque una violenza che l'uomo fa al mondo. Il mare non è fatto per essere solcato, la terra non è fatta per essere arata.
E infatti Virgilio conclude, dopo questo soprassalto di ritorno al passato, all'età del ferro, dovuto all'avanzo dei vecchi imbrogli, dei vecchi inganni, però poi finalmente tranquilli. Ci aspetta davvero l'età del loro. Il suolo non sarà più aggredito dall'aratro, la vigna dalla falce, i buoi non saranno più assoggettati al gioco.
E ripeto, è come se si sentisse una parvenza di cattiva coscienza nei confronti. I verbi sono usati, sono verbi scelti non a caso, verbi che esprimono aggressione, violenza. violenza. La natura di per sé è pacifica finché l'uomo non comincia a violentarla. Pochi anni dopo, intanto si sta già capendo come va a finire, non è sicuro proprio quando scrive, se comincia prima finisce dopo, ma si sta capendo che Ottaviano viene fuori vincitore, però non è ancora così chiaro.
ancora Augusto, Virgilio scrive le georgiche e le georgiche naturalmente sono, come dire, hanno al centro proprio questo tema, l'agricoltura, la coltivazione, le tecniche umane. E devo dire, noi tendiamo sempre a prenderle come anche un'esaltazione della capacità umana di intervenire sulla natura e di farle produrre ricchezza. Però quando nelle georgiche Virgilio torna al tema dell'età dell'oro, ecco che risuona di nuovo un po'questa idea che le nostre tecniche, la nostra agricoltura, i nostri strumenti... sono comunque cosa di un'epoca di violenza. Prima di Giove Nessun colono lavorava la terra, nemmeno era lecito per legge divina delimitare o dividere con un confine il campo.
Tutto quello che raccoglievano lo mettevano in comune e la terra spontaneamente produceva tutto con molta liberalità, senza che alcuno lo sollecitasse. Giove aggiunse il nocivo veleno ai funesti serpenti e volle che i lupi vivessero di preda e il mare fosse agitato dai venti e fece cadere giù dalle foglie il miele e nascose il fuoco e fermò il vino che scorreva qua e là a rivoli affinché il bisogno, aguzzando la mente, Facesse nascere a poco a poco le varie arti e cercasse nei solchi la pianta del frumento e facesse venire fuori il fuoco nascosto nelle vene della selce. Allora, per la prima volta, i fiumi sostennero gli ontani scavati.
Allora il navigante determinò per le stelle numeri e nomi, le Pleiadi, le Iadi e la splendente Orsa di Licaone. Allora si apprese a catturare la selvaggina con trappole, a ingannarla col vischio e a circondare con mute di cani ampie coste di monti. Ed ecco già chi batte col giacchio il largo fiume cercando la profondità e chi trae dal mare le profonde reti. Allora la durezza del ferro e la lama della stridula sega, infatti...
prima spaccavano con i cunei la legna facile a fendersi. Allora le varie arti furono inventate. La tenace fatica e il bisogno che incalza nelle difficoltà della vita La vita vince ogni ostacolo. Cerere insegnò agli uomini l'agricoltura, che però era già allora come oggi soggetta alle malattie e infestanti varie. Cerere per prima insegnò agli uomini a lavorare la terra con l'aratro, quando già venivano a mancare le ghiande e i frutti della sacra selva, e Dodona non forniva più nutrimento.
Allora Virgilio, georgiche, l'età dell'oro nel senso più classico, qua implicazioni politiche non ce ne sono, almeno apparentemente, si parla del passato, non si prevede nessun ritorno e si parla del passato appunto in questa prospettiva che tendenzialmente nella prospettiva complessiva delle georgiche potrebbe sembrare anche qui di esaltazione comunque dell'ingegno umano. Però è come se il riferimento all'età dell'oro appunto portasse fuori... per forza qualche dubbio, qualche sfumatura. Perché Virgilio sente il bisogno di dire, dopo aver detto che Cerere ha insegnato all'uomo l'agricoltura, e subito lui ci inserisce che però già allora era soggetto alle malattie, alle piante infestanti, ai parassiti.
Ecco, perfino nel momento in cui Cerere la dona, come si dice di solito, all'uomo, l'agricoltura è già una cosa un po'malata in realtà. E tutti questi sforzi dell'uomo sono dovuti... solo al fatto che l'uomo vive male e deve cercare un rimedio e comunque batte, picchia, scava, trafigge, affonda, tira fuori, come il guerriero fa col suo avversario, così il contadino fa con la terra, il pescatore con il mare o con il fiume.
A questo punto il tema è ben consolidato, come vedete, ben chiaro. C'è un piccolo dettaglio, proprio all'inizio, che vi voglio richiamare di questa descrizione dell'età dell'oro delle georgiche. A parte il serpente, come avete visto c'è anche qua il serpente. E anzi è proprio molto particolare, i serpenti c'erano già nell'età dell'oro, però non erano velenosi. Giove, per pura cattiveria, gli ha voluto mettere il veleno, in modo che sia chiaro che non sia un serpente.
più nell'età del loro, ma non era questo il dettaglio che volevo sottolineare, era invece all'inizio, non solo nessuno lavorava la terra, ma nemmeno era lecito delimitare o dividere con un confine il campo. In altre parole non esisteva la proprietà privata. Questo può sembrare ovvio se uno ci pensa, certo se nessuno deve lavorare i grappoli ti cascano in bocca da soli e tuttavia sarà ovvio ma non era stato ancora detto chiaramente prima.
Virgilio qui lo dice chiaramente, una delle caratteristiche dell'età dell'oro è che non c'era la proprietà privata e mettevano tutto in comune. da qui che percorso potremmo fare, non lo faremo stasera, ma che percorso potremmo fare con l'età del loro che diventa punto di riferimento di un ideale comunitario o comunista. Ma invece faremo un altro percorso perché Virgilio continua a scrivere la politica romana va avanti, Ottaviano vince, stravince, diventa l'unico padrone dell'impero.
E Virgilio scrive l'Eneide. E scrivendo l'Eneide, Virgilio, nella Roma di Augusto, Virgilio si deve essere ricordato di quella volta, un po'di anni prima, che aveva accennato in quel modo poco chiaro. ritarro al fatto che comunque sì sì l'età del loro sta per tornare. Allora era il fanciullo che doveva nascere, adesso invece l'uomo della provvidenza c'è, è già qui, è già arrivato, è Augusto ed è già al potere.
Dobbiamo far passare la profezia che Augusto riporterà all'età dell'oro. Ma intendiamoci, che profezia? Augusto c'è già, siamo già nell'età dell'oro.
Guai a dire il contrario, ma come vedremo presto. resto con l'esempio di Ovidio, ma invece vogliamo fare una profezia, ecco allora che il tema dell'Eneide viene fuori perfettamente, l'Eneide si svolge tanto tempo fa e tanto tempo fa qualcuno profetizzava, la venuta di Ottaviano Augusto e con lui il ritorno dell'età dell'oro. E quindi Virgilio, nel sesto dell'Eneide, espressamente propone la profezia. Con Augusto tornerà l'età dell'oro. Questo, questo è l'uomo che odi presagirti spesso.
Augusto Cesare, stirpe del divo, che di nuovo porrà il secolo d'oro, un tempo nei campi del Lazio, regno di Saturno. E oltre Garamanti e Indi l'impero dilaterà. Lasciamo stare i Garamanti e gli Indi, cioè il fatto che naturalmente le conquiste di Augusto arriveranno oltre l'Etiopia, la Nubia, oltre l'India e così via. in realtà si sono un po'ridimensionate, ma questo non ha molta importanza. Quello che conta è la cosa espressa, chiara.
Con Augusto a Roma tornerà l'età dell'oro, non è Virgilio al tempo di Augusto che lo dice, lo si dice a Enea tanti secoli prima. E qui non è più la generazione d'oro, qui sì che c'è il secolo d'oro, perché la generazione sarebbe un po'un problema, gli uomini sono sempre gli stessi, siamo gli stessi che c'erano qua al tempo. tempo di Cesare e Pompeo, non siamo mica cambiati, tranne quelli che Augusto ha fatto ammazzare, ma di quelli è meglio non parlare troppo naturalmente. Dunque non siamo noi che siamo uomini diversi da prima, non si può più parlare di una generazione d'oro, di una stirpe d'oro. parlare di un'epoca d'oro, il secolo d'oro è nato, il secolo d'oro torna con Augusto e questo era il libro sesto dell'Eneide.
Poi Virgilio trova modo, più avanti, nel libro ottavo dell'Eneide, di tornare Stavolta non più nell'ambito di una profezia così ristretta, ma di fare il pezzo di bravura, di raccontare davvero com'era l'età dell'oro, quella antica. C'è solo un piccolo trucco, perché lui vuole sì raccontare un'età dell'oro. Ma insomma, quella di Esiodo, chissà chi riguardava, chi c'era a quei tempi qui da noi, ma nessuno probabilmente, non è questo il punto, bisogna parlare di un'età dell'oro del Lazio, perché è l'età dell'oro nel Lazio che Augusto ha riportato. E quindi l'età dell'oro antica, allora l'età dell'oro era il regno di Saturno, benissimo, ma poi Saturno è spodestato da Giove e vengono le altre età.
l'età dell'oro è finita, questo sarebbe il mito così come Virgilio l'ha trovato in biblioteca. E poi c'è invece il colpo di genio, no un momento, spodestato da Giove, Saturno dove è andato? Ma qui naturalmente è venuto qui nel Lazio e qui ha regnato e l'età dell'oro che in Grecia o chissà dove, questo qui non ci interessa, è già finita perché è arrivato Giove e invece da noi nel Lazio c'è ancora l'età dell'oro, età dell'oro specifica, locale, del Lazio sotto Saturno.
E qui Virgilio nell'ottavo dell'Eneide, come dire, si diffonde con gusto a raccontarla e noi ci presentiamo. prenderemo la libertà di leggervela nella traduzione di Annibal Caro. Eran qui nati ed eran fauni e ninfe e genti che di rovere e di tronchi nate, né di costumi, né di culto, né di tori a copiar, né di porviti, né d'altrarti o d'acquisto o di risparmio, avean notizia o cura. loro era di cacciagion, d'erbe e di pomi, e la loro vita aspra, innocente e pura. Saturno il primo fu chi in queste parti venne dal ciel cacciato e vi sascose.
E quelle rozze genti che disperse erano per questi monti, accolse e di e lor leggi onde il paese poi dalle latebre sue lazio non mossi dicono che sotto il suo placido impero con giustizia, con pace e con amore si visse un secolo d'oro. Infinché poscia l'età degenerando, a poco a poco si fe d'altro colore e d'altra lega. Quinci di guerreggiar venne il furore, l'ingordigia d'avere e le mischianze dell'altre gente, l'assalir gli ausoni, l'inondare i sicani. onde più volte questa che pria Saturnia era nomata ha con la signoria cangiato il nome. Come vedete qui siamo invece di nuovo, ripeto, in un pezzo di bravura letterario che apparentemente non ha implicazioni politiche particolari, è la descrizione dell'età dell'oro fatta ad ascoltatori i quali in un libro precedente sanno già ecco che l'età del loro tornerà questo non dimentichiamocelo si sa già che con augusto torna qui però apparentemente una descrizione neutra tranne per qualche dettaglio perché avete ben visto saturno arriva nel lazio e ci trova della gente particolarmente rozza che non sa niente e insegna alcune cose e insegnando alcune cose allora sì che c'è l'età dell'oro e la cosa principale che fa Saturno è che gli dà delle leggi, quindi nell'età dell'oro, almeno quella nostra italiana, è così o lo lasciamo perdere, non ne parla, ma nell'età dell'oro nostra romana c'erano e come le leggi, c'era un sovrano giusto e divino, Saturno, sì parlavo di Saturno ovviamente, non di quelli, certo, un sovrano giusto e divino saturno che ha dato leggi giuste e allora c'è stata l'età dell'oro questo fatto che ci fosse bisogno di leggi nell'età dell'oro io vorrei proprio vedere come avrebbe fatto virgilio a spiegarlo se qualcuno gli avesse chiesto di giustificare come mai c'era bisogno di leggi Ma non importa, a lui invece serve evidentemente che ci sia bisogno di leggi e notate che gli serve talmente tanto che si contraddice.
Una volta non avevi tutto sul computer per andare a ricontrollare al volo e nel libro settimo, quindi il libro precedente, gli era scappato di dire a Virgilio che al tempo di Saturno le leggi non c'erano, non c'erano né leggi né obblighi. Cioè il popolo di Saturno non aveva bisogno di leggi o di obblighi. Passato un po'di tempo, sta scrivendo il libro VIII, gli viene in mente che invece questa cosa delle leggi è meglio dirla.
L'età del loro prevede il sovrano, il legislatore, quello che dà le leggi. e fa molto bene a ricordarsene così poi non muore diciamo proprio nel suo letto ma insomma comunque non lo mandano in deportazione invece c'era un altro che questa cosa non l'aveva ben in capita ed era Ovidio, Ovidio che è più giovane e di un'altra generazione ma soprattutto ha un altro atteggiamento Ovidio, Ovidio è uno che parla troppo, che si lascia scappare troppe cose, che non riflette sempre sempre sulle conseguenze di quello che sta dicendo. Ecco io qui mi scuso con voi che vi perdete la citazione di Roberto perché Ovidio ha deciso di metterlo dentro all'ultimo momento e quindi non ho fatto in tempo a portargli la traduzione ma bisogna mettercelo perché si capiscono tante cose secondo me. Bene, Ovidio questo fatto che l'età dell'oro nella nuova versione di Augusto prevede che ci siano le leggi questo non l'ha capito. E nelle metamorfosi va giù deciso.
Per prima fiorì l'età dell'oro che senza giustizieri o leggi spontaneamente onorava lealtà e rettitudine. Quevindice nullo, sponte sua, sine legge. Allora non c'era bisogno dell'uomo della provvidenza che dava le leggi e le imponeva.
E queste sono quelle cose che era... meglio non dire probabilmente non c'era timore di pene né incise nel bronzo si leggevano minacce e chi è che fa incidere le cose nel bronzo e le espone in pubblico con i nuovi obblighi e con le ecco anche questo magari era meglio non dirlo né in ginocchio la gente temeva i verdetti di un giudice poi Ovidio va avanti fa anche lui il suo pezzo di bravura si assomigliano un po'tutti naturalmente e ormai sono le cose che sappiamo, non c'erano le mura delle città, non c'erano le armi e gli eserciti, non si navigava, i pini se ne stavano tranquilli in montagna anziché essere segati, scavati e rimontati per fabbricare le navi. C'è molto anche qui, veramente negli autori romani si ripete questa cosa, questo senso di una violenza fatta al mondo. dalle nostre tecniche.
Libera, non toccata dal rastrello, non solcata dall'aratro, la terra produceva ogni cosa da sé. E poi invece è venuta l'età del ferro e si sa cosa succede, ci mettiamo a navigare senza sapere dove si va perché in realtà poi appunto non c'è nessun trionfalismo in Ovidio, questi marinai che si imbarcano e vanno a perdersi. chissà dove, non è che siano appunto ammirevole ai suoi occhi. E poi, qui di nuovo, torna, c'era già in Virgilio, torna in Ovidio, la gente ha cominciato a fare i confini, a dividere il mio campo da quello del vicino. a inventare la proprietà privata con cura e poi ha violentato ancora la terra, scavar fuori i metalli, scavar fuori l'oro.
Non si pretese solo che la terra desse messi e alimenti, è una pretesa, ma si penetrò nelle sue viscere a scavare i tesori e così il ferro, l'oro e così via. Ovidio Questa forse è l'ultima imprudenza, ma ne aveva già fatte anche prima, per questo dico che evidentemente ce l'ha proprio nel carattere Ovidio. Non si ferma a riflettere sulle conseguenze di questi discorsi in una Roma dove ufficialmente è tornata l'età dell'oro.
Ben inteso, nemmeno Augusto, nelle sue res geste, arriva fino a dire io vi ho riportato l'età dell'oro. Però Virgilio sì. E in ogni caso invece Ovidio dice, ah certo, ars amatoria, aurea sunt vere nunc secula, qui mi spiace ma la metrica non è il mio forte, certo che questa è un'epoca d'oro, qualunque incarico tu desideri con i soldi lo ottieni, e anche le ragazze con i soldi ci stanno, più età dell'oro di così, con l'oro vai dappertutto.
e aveva fatto anche di peggio negli Amores Ovidio, ancora più giovane era. Negli Amores Ovidio aveva fatto un altro pezzo di bravura sull'età del loro, raccontando come andava Le cose sotto Saturno e non c'erano i metalli e non c'era l'aratro che incide la terra e non si confinavano i campi, tutte banalità, ben inteso a questo punto, d'accordo? salvo che lui lo esplicita, cosa è venuto in mente agli uomini di cambiare?
Tutta questa intelligenza che abbiamo sprecato per inventare altre cose, a nostro danno, contra te, sollers, hominum, natura, fuisti. La natura umana è di danneggiarci da soli, andando in cerca di cose che non ci servivano. E poi, attenzione, perché lui dice ovviamente anche qui banalità.
chi te l'ha fatto fare di cingere le città di Mura, chi te l'ha fatto fare di impugnare le armi, chi te l'ha fatto fare di invadere il mare, adesso dove vuoi andare? In cielo? Sarebbe anche giusto, conoscendoti vorrei andare anche in cielo, anzi dice l'imprudente Ovidio, ormai è così effettivamente, ormai al cielo ci siamo anche arrivati, c'è il tempio di Quirino, c'è il tempio di Eracle e adesso c'è anche il tempio di Cesare.
ecco che questo era meglio non dirlo probabilmente cesare è stato promosso fra gli dei è d'accordo ma sono cose su cui non è opportuno scherzare e poi sempre ovidio chiudo con lui questo pezzetto sempre ovidio sviluppa un discorso che finora abbiamo sentito poco sì certo con i soldi ti compri tutto benissimo metti insieme con i soldi ti compri tutto e il vecchio esiodo che che diceva oggi si rispettano soltanto i violenti, soltanto i forti, quindi non è soltanto una questione morale, è una questione sociale. Come è fatta la società? E Ovidio, siamo sempre appunto nei vecchi amores, Ovidio conclude dicendo, eh, gli onori te li danno i soldi, inde gravis iudex, inde severus eques.
Quando vedi il magistrato nella sua solennità che incarna i valori della Repubblica, quando vedi il cavaliere che si dà le sue aree con il suo anello, ecco, hanno comprato, hanno pagato per essere quello. Oggi si usa così. E vi sottolineo questo perché questo abbozzo di collegamento fra la fine dell'età dell'oro e la struttura sociale è una novità che invece vedremo, ammesso che mi resti del tempo.
che invece vedremo nelle fonti medievali. Salterei Tibullo che in fondo fa una cosa molto privata sul fatto che era così bello quando non si doveva navigare e a me adesso tocca imbarcarmi e non ne ho nessuna voglia. Mentre invece leggerei Seneca perché Seneca sviluppa... Dunque capite qual è la lettura che a prima vista mi è sembrata interessante di queste cose, da cui si potrebbero ricavare mille altre cose, ma la strada che mi è sembrato di percorrere è questa, il mito dell'età dell'oro può servire. per adulare l'imperatore che l'ha fatta tornare, oppure per dire si vede che non c'è più l'età dell'oro, si vede che la nostra società non è quella che dovrebbe essere, si vede che conta l'oro o che conta il ferro oggi.
Ecco, riflessione sulle strutture sociali, non ancora proprio sull'origine del potere, che è il punto a cui voglio arrivare poi parlando di Medioevo. Però Seneca ci va vicino. Seneca vive altri tempi. Si è visto cosa può essere l'impero. È imprevedibile.
Dipende. Dipende se hai Claudio o se hai Nerone. E Seneca nella Fedra torna sull'età dell'oro.
Dove? ai soliti luoghi comuni aggiunge qualcosina che finora forse c'era di meno. Prego. Sono certo che vivevano così gli uomini che la prima età generò insieme agli dèi.
Non conoscevano la cieca brama dell'oro, non avevano pietre maledette che dividessero a capriccio le terre tra le genti. Navi temerarie non solcavano i flutti, ciascuno conosceva solo la sua vita. solo il suo mare.
Torri e bastioni non cingevano le città, non c'erano soldati a brandire armi crudeli, né ordigni di guerra per abbattere a colpi di macigno le porte sbarrate. Non aveva padroni la terra, né soffriva la servitù dell'aratro, poiché i campi, per sé stessi fecondi, nutrivano genti senza pretese. I boschi offrivano ricchezze naturali, naturali rifugi le buie caverne. Quest'armonia, l'infrance, la febbre sacrilega del lucro, e l'ira sfrenata, la libidine che accende e travolge le menti. Sopravvenne la...
sete del potere che trassuda sangue, il debole fu preda del forte, la forza prese il posto del diritto e allora fu la guerra. Non so se sentite anche voi uno spostamento del tono. Certe cose sono esplicitate pur essendo ormai dei luoghi comuni. La terra che soffre, certo, ma qui vedete che linguaggio, non aveva padroni la terra.
né soffriva la servitù dell'aratro, dominum servizium. L'uomo ha schiavizzato la terra, nel linguaggio, nel latino di quell'epoca queste parole vogliono dire quello, e c'è chiaramente una connotazione. moralistica in questo e poi e poi c'è appunto la sete del potere ma nell'originale latino imperi sitis cruenta uno capisce perché i cristiani poi in seneca hanno trovato tante cose che anche lì gli suonavano bene penso a giovanni crisostomo che secoli dopo dirà la casa dell'imperatore sempre fradicia del sangue dei suoi suoi parenti.
Ecco questa connotazione per cui nasce qui per la prima volta esplicitata questa cosa nel contesto del contrasto fra età dell'oro e età del ferro l'idea che il potere è in sé il frutto delle pulsioni malvagie dell'età del ferro. Non per niente Virgilio che vedeva lontano aveva capito che il potere ci doveva già essere anche nell'età dell'oro altrimenti ci si metteva nei guai e però se tralascia Pasciquello invece viene a dire no, il potere, l'imperium è proprio il frutto di questa nostra epoca di ferro e di sangue. Poi a quelli che scrivevano queste cose ogni tanto gli arrivava l'ordine di tagliarsi le vene nel bagno, naturalmente, perché ufficialmente invece agli imperatori romani questa storia dell'età del loro che ritorna comincia a piacere enormemente.
Man mano che si procede generazione dopo generazione. la propaganda imperiale comincia a battere in modo sempre più sistematico, con me è tornata l'età dell'oro e si battono monete, il ritorno dei tempi felici, Commodo, se non sbaglio, si è lui, Commodo fa dichiarare al Senato che la vita sua di Commodo corrisponde a una nuova età dell'oro, cominciata quando lui è nato. i documenti pubblici devono riportare questa cosa, un po'come 1929, settimo era fascista, allo stesso modo nei documenti di Commodo, settimo della nuova età del loro. Costantino, con Costantino l'adulazione sfrenata dei suoi poeti insiste e batte su questa cosa, con te sono tornati i secoli d'oro, loro, loro, loro, per sempre d'ora in poi. Ci sono poeti meravigliosi di cui vorrei parlarvi ma vi parlerò pochissimo.
Optaziano Porfirio, uno dei poeti più strabilianti di tutti i tempi, capace di comporre un carme di venti versi in cui la prima lettera di ogni verso forma l'acrostico, sapete l'acrostico leggendo in verticale la prima lettera di ogni verso, fortissimus imperator. La quattordicesima lettera forma clementissimus imperator. rector, l'ultima lettera forma Constantinus Invictus.
Ma questo è il meno. Ci sono carmi in cui gli acrostici si leggono in verticale in greco, mentre il carme è in latino. Ci sono carmi in cui si possono leggere i versi a ritroso e conservano lo stesso significato.
Ci sono poesie a forma di altare, a forma di organo e poi ci sono questi versus in te. Contexti, queste frasi, anzi non frasi, poesie di senso compiuto inserite dentro un'altra poesia e che si possono leggere solo collegando le lettere, come nella settimana enigmistica, non so se avete presente, ma naturalmente non solo si possono leggere, ma formano per esempio un cristogramma e la parola Jesus. Perché da quando si è capito che i tempi d'oro li ha portati un imperatore cristiano, anche questo entra nella celebrazione.
Dunque un poeta di sbalorditiva bravura. È chiaro che sui contenuti diventa un po'ripetitivo, perché i contenuti sono l'ultima preoccupazione a questo punto. Bisogna farci stare una parola per cui la quattordicesima lettera del verso sia S. E quindi, in queste parole incrociate però, essendo i contenuti un po'ripetitivi, meglio non rischiare. Il tema...
Il secolo d'oro compare, se ho calcolato bene, in tre quarti dei carmi di Optaziano Porfirio. Ma naturalmente voi l'avete già capito, c'è sempre anche l'altro discorso, quello sovversivo, nascosto, sono cose che si leggono fra amici, quando sei sicuro che nessuno ti denuncia. e poi chissà come vengono tramandate, e poi qualcuno... Ecco, all'epoca di Costantino da un lato circolano i carmi figurati di Optaziano Porfirio e il ritorno del secolo d'oro, e dall'altra parte circola l'epigramma...
Epigramma che noi abbiamo grazie a Sidonio Apollinare, autore del V secolo, che ce l'ha conservato, due versi, è un distico. Lui lo attribuisce a Ablabio, prefetto del pretorio di Costantino, uomo di grandissima importanza, complice di Costantino in infinità di cose, ammazzato poi dai figli di Costantino subito dopo la morte del padre padrone. Ad Ablabio è attribuito l'epigramma.
anche qui purtroppo non so in che metrica sia, ve lo leggo in prosa, Saturni Aurea Secla, quis requirat sunt ec gemmea sed Neroniana, e cioè traducendo un po'all'impronta, ma chi ha bisogno dei secoli d'oro di Saturno? Questi nostri sono di pietre preziose, ma Neroniani, e allora ci sono tante cosine, pietre preziose. Una delle innovazioni di Costantino è la nuova insegna imperiale, il diadema, e cioè una banda che si porta sulla fronte, annodata dietro, su cui sono cucite pietre preziose. È largamente possibile che quando Ablabio dice i nostri tempi non sono mica solo d'oro, sono di gemme, abbia in mente quella cosa lì, per cui Costantino era stato criticato da qualcuno. Sono cose da re dei persiani, questi diademi, queste gemme.
e poi Neroniana certo se l'ha detto davvero a Blabio il quale morirà nella purga successiva ci sta nelle purghe precedenti di morti ce ne erano stati tanti fra gli altri la moglie di Costantino Fausta di cui non sappiamo perché l'ha fatta uccidere ma sappiamo che l'ha fatta uccidere non sappiamo come è morta ma secondo alcuni autori soffocata in un bagno bollente grazie Ma chi altri era stato soffocato in un bagno bollente? La moglie di Nerone. E quindi anche qui, Neroniana non vuol dire soltanto i tempi di un tiranno sanguinario, ma c'è un'allusione proprio precisa, specifica a uno specifico delitto.
Dopodiché, vi avevo promesso il Medioevo, me lo gioco in dieci minuti perché non vi posso trattenere più a lungo evidentemente, e però il Medioevo introduce una nota... nuova in questo tema che conosce benissimo perché poi è ripreso anche dagli autori cristiani, l'età dell'oro si trova nelle divine istituzioni di Lattanzio, insomma rimane sotto traccia per tanti secoli. Quando nasce la grande letteratura medievale in volgare nasce anche un nuovo interesse per il tema dell'età dell'oro e però a questi autori medievali, parlo soprattutto di autori francesi del XIII secolo, romanzieri, romanzieri di di romanzi cavallereschi, Romand della Rose, anche giuristi però se ne occupano, perché? Perché a loro non interessa tanto il tema della natura aggredita, violentata, la cosa che gli interessa, che percepiscono in tutta questa tradizione dell'età del loro è così si spiegano le disuguaglianze fra gli uomini, che agli uomini del medioevo è una cosa che interessa enormemente, molto di più di quanto non interessasse agli antichi apparentemente, i quali delle disuguaglianze anzi non mi risulta che si rompano la testa per capire come mai ci sono.
Nel Medioevo invece questa cosa è molto discussa e allora il mito dell'età dell'oro viene molto bene, ma può essere usato in due modi diversi, o meglio simili ma speculari. C'è una versione diciamo così Ottimistica, è vero, nell'età dell'oro gli uomini erano tutti uguali, non c'era la proprietà privata, non c'era neanche il potere, il re, la cavalleria, i nobili, questo lo riprenderanno anche i contadini rivoltosi poi nel corso del medioevo, quando Adamo zappava ed Emma filava, però c'è una versione, vi dicevo, ottimistica che dice, eh certo, però poi l'età dell'oro è finita, l'ancillotto in prosa per esempio. 220, ma anche certi trovatori provenzali già prima.
La nobiltà, la cavalleria, da dove vengono? Ebbè è chiaro, nell'età dell'oro non ce n'era bisogno, poi noi sappiamo che l'età dell'oro è finita e quindi, e quindi... sono venute fuori la violenza, l'invidia, l'avidità e quindi gli uomini hanno dovuto scegliere i migliori fra loro e affidargli la difesa collettiva. Questa è la cavalleria. Gli uomini hanno scelto in quei vecchi tempi i migliori e hanno deciso che ereditariamente avrebbero dovuto proteggere e difendere tutti gli altri.
Da qui viene la nobiltà, da qui viene la cavalleria della Francia del XIII secolo. dove il potere reggio si sta rapidamente rafforzando, un giurista, un grande giurista, Bomanuar, aggiungerà da qui viene il re. Perché c'è il re?
Perché gli uomini hanno deciso che ne avevano bisogno. Nel medioevo pochi credono che, tranne la propaganda ufficiale, proprio la più ufficiale, che il re l'ha messo lì Dio. Non basta, si vuole capirne di più.
Bomanuar, giurista del re, lo dice chiaramente. l'età del loro il re non c'era, ma poi è stato indispensabile perché la violenza degli uomini ormai gli impedisce di vivere bene se non c'è il re a governarli. E questo mito prende piede, si diffonde, ma comincia anche a essere raccontato in altri modi.
Io finisco su questo. Due modi di raccontare come sono nati il re e la cavalleria. dopo la fine dell'età del loro.
Il Romando e la Rose, forse il più grande best seller del medioevo, un libro diffusissimo, tradottissimo, che tutti conoscevano, che tutti avevano letto. Traduco rapidamente alcuni brani, è lungo, è un romanzo prolisso il Romando e la Rose, si diffonde sulle cose con molta calma e quando gli viene voglia di raccontare questa storia di come è nata la monarchia e la nobiltà la prende alla larga. C'era l'età del loro, loro e dice cari amici gli antichi vivevano pacificamente senza servitù e senza legami si facevano compagnia e non avrebbero hanno scambiato con qualcos'altro la loro libertà per tutto l'oro della rabbia. Erano liberi dunque, certo, perché erano uguali, poi non si viaggiava. E tutto quello che veniva fuori dalla terra lo mettevano in comune.
Rischet et tuite gaumant. Erano tutti ricchi ugualmente, allo stesso modo. Si amavano fra loro, andava dunque tutto bene. cosa è successo? È successo che sono venuti fuori i peccati, è venuta fuori l'avidità, l'orgoglio, l'imbroglio, l'inganno, poi è venuta fuori la povertà, che ci sono tutte personificazioni, è un linguaggio povero.
poetico che va per personificazioni. La povertà con suo figlio. Chi è il figlio della povertà? Il furto. E dunque con la povertà e col furto le cose si sono messe male e poi hanno cominciato a essere avidi d'oro, a frugare la terra.
Qui ricompare nel Romano della Rosa in pieno 200 il tema della violenza che l'uomo fa alla terra. Poiché avevano caro loro fecero scorticare la terra e le strapparono dall'interiora ciò che anticamente c'era sepolto e allora diventano invidiosi l'uno dell'altro e poi si suddividono le proprietà e mettono delle pietre di confine, fin qua ritroviamo tutte cose che abbiamo già visto e rivisto e quando mettevano queste pietre di confine si combattevano, si derubavano a vicenda i più forti e belli ebbero la parte maggiore, è già qui, quindi la ricchezza è perché quelli che hanno preso di più. Allora si resero conto che bisognava avere qualcuno che sorvegliasse il paese e che prendesse i malfattori e che rendesse ragione a chi aveva subito un torto.
e che nessuno lo potesse contraddire, allora si riunirono per scegliere. Un gran villano scelsero fra loro, il più assuto di quelli che c'erano, il più corpulento e il più grosso, e lo fecero principe e signore. E lui giurò che avrebbe osservato il loro diritto e che avrebbe difeso le loro case, purché ognuno di loro gli desse a sufficienza per vivere.
E così si misero d'accordo. E questo è il re, il villano più grande, grosso e membruto che hanno trovato. Però il re è uno solo e i malfattori sono tanti, benché sia grande, grosso e corpulento, lo picchiano. Allora dovete riunirsi di nuovo e trovare le risorse tassandosi, ecco le tasse le abbiamo iniziato a fare. l'inizio mai visto, qui ci sono, allora dovettero sottoporsi alla taglia, mettersi a tassa per fornire degli aiutanti al sovrano, gli donarono tributi e rendite e grandi proprietà.
Da lì venne l'inizio dei re e dei principi. Allora i re e i principi ammassarono tesori d'argento, d'oro e così via, forgiarono armi, eccetera. E poi bisognava cercare degli aiutanti.
aiutanti e tutti quelli che più degli altri avevano rubato, che si erano imposti, avevano dimostrato di saper usare le armi, allora quelli decisero di darli come aiutanti al re e così nacque la nobiltà. E la cavalleria. Ovvero, come dice un altro poeta, che adesso non sto a leggervi per non farla lunga, ma è l'autore di un poema veramente sovversivo del Trecento, Renard le Contrefè, del ciclo dei poemi della Volpe, Renard è il più politico di questi poemi, riprende lo stesso tema con una piccola variante, perché nel Romain de la Rose si prende un po'in giro la cosa, si ironizza, ma quello che importa è dire comunque il re...
abbiamo scelto noi, era necessario, c'è un patto. Il potere si fonda su un contratto sociale. Nel Trecento l'autore di Renato Controfei non ci crede per niente.
Lì è il diavolo che è venuto a suggerire agli uomini che in fondo questa loro eguaglianza non era poi proprio necessaria, che portava a disordine e che sarebbe stato meglio scegliere alcuni che pattugliassero armati per mantenere l'ordine. l'ordine, è il diavolo che ha messo in giro questa cosa e gli uomini peccatori ci sono cascati. E lì, dice l'autore di Renarlo e Controfe, nacquero appunto il re, la signoria, e questo ve lo leggo in antico francese e tanto lo capite lo stesso, e c'è le merderie che l'on nome che valerie. Grazie.