Con questa immagine della Pietà di Brera del 1460 circa ci siamo lasciati durante il nostro ultimo incontro parlando di Giovanni Bellini e della sua capacità di assimilare alcune delle indicazioni fondamentali in questo caso di Mantegna per poi però superarle. Quindi noi abbiamo già notato che se in quest'opera permangono una serie di durezze in qualche modo del disegno ascrivibili sicuramente al grande Mantegna o per esempio alcuna alcune caratteristiche dell'indagine così minuziosa di alcuni dettagli, si pensa ai riccioli per esempio di questo San Giovanni evangelista, però è anche vero che Bellini cede, in qualche modo rilegge queste caratteristiche di Mantegna alla luce di una dolcezza sia del colore che della luce che anche proprio delle caratteristiche somatiche dei personaggi, che sono personaggi di una serenità, di una semplicità, di una quotidianità molto molto accentuate che fanno di quest'opera appunto uno dei punti di snodo, cioè un momento nel quale Giovanni Bellini dopo aver conosciuto Mantegna se ne vale ma poi lo supera. Altro incontro fondamentale per Bellini sarà quello di Piero della Francesca, questa è un'altra delle opere celeberrime di Gian Bellino, la Pala di Pesaro del 1472-74 realizzata appunto a Pesaro e Pesaro. e questo lo sappiamo essere molto vicina ad Urbino, quindi per quanto non esistano documenti che testimoniano di un incontro fra l'opera di Fiorio della Francesca e quella di Giovanni Bellini, quindi di un viaggio di Bellini a Urbino, possiamo sicuramente ipotizzare un intervento di questo tipo.
Lo vediamo nella rigorosa composizione, nella forza strutturale, nella... tendenza al rigore volumetrico, a questa ricerca di chiarezza degli elementi che si trovano in quest'opera, anche un certo isolamento fra le figure che sembrano appunto doversi riferire proprio all'esempio Pierfrancescano. Ovviamente la prospettiva, il rigore prospettico è assoluto, basta notare appunto la fuga del pavimento, ma anche e soprattutto l'accordo di questo spazio misurato questo spazio finito equilibrato l'accordo fra lo sfondo appunto la dolcezza dello sfondo e le figure in primo piano con questa luce avvolgente e dorata sembra proprio potersi riferire all'esempio di Piero della Francesca vedete in questo caso quindi che agli elementi già recuperati dall'arte di Mantegna si va ad aggiungere qualcosa di nuovo qualcosa di nuovo che però anche in questo caso viene riletto alla luce delle caratteristiche che saranno tipiche di Giovanni Bellini, proprio per esempio una luce molto più dorata, molto più delicata e molto più avvolgente, che sì è una luce avvolgente come era quella di Piero della Francesca, ma qui non si permette mai di diventare una luce di afana, fredda, astratta.
Pensate ad esempio non solo alla luce ma anche ad elementi formali come questa sorta di trono che ha una cornice sfondata che dà sul castello di Gradara, che tra l'altro è stato riconosciuto appunto come uno di questi trono. una delle rocche vicine a Pesaro. Ecco questo sicuramente serve a monumentalizzare, ad isolare nello spazio le due figure del Cristo e della Vergine, questa incoronazione della Vergine, però non basta per rendere queste figure astratte e realistiche.
intellettualistiche come invece era capitato, abbiamo visto capitare, in alcune delle opere più celebri di Piero della Francesca. Quindi si mantiene comunque sempre una quotidianità, una volontà di normalità, potremmo dire, che sarà una delle matrici fondamentali di questo artista. Dunque abbiamo visto Mantegna da una parte, abbiamo visto Piero della Francesca e, se torniamo un attimo a Mantegna, Questo uso della luce così dolce che ritroviamo anche in quest'opera, quindi anche dopo il contatto con Piero della Francesca, è qualcosa che aveva caratterizzato questo artista anche prima della sua conoscenza, del suo incontro con Antonello da Messina, che abbiamo già detto essere fondamentale per addolcire la tavolozza, per rendere i suoi colori più fusivi, più vibranti rispetto appunto all'ambiente circostante.
Se noi guardiamo per esempio un confronto... abbastanza celebre, abbastanza semplice, fra questa orazione dell'orto di Andrea Mantegna del 55 e quest'altra orazione dell'orto, siamo ancora più o meno negli stessi anni, 59-60, di Giovanni Bellini, vedete come l'interpretazione di Giovanni Bellini sia un'interpretazione più quotidiana, più moderata, più dolce, sia da un punto di vista dei colori che proprio da un punto di vista della rappresentazione della linea. Vi faccio vedere ancora una volta Mantegna, vedete con questi colori acuti, potremmo dire, queste rocce spezzate, questo disegno insistito. Pensate per esempio agli angeli che vedete in alto a sinistra, che sono dei veri e propri putti incarnati con una muscolatura molto rilevata.
Dall'altra parte noi troviamo... Giovanni Bellini che evidentemente ha visto Mantegna che lo imita ma lo imita a suo modo, quindi basta guardare la dolcezza del colore delle nuvole o per l'appunto l'angelo in questo caso che sta di fronte al Cristo e che è appunto questo sì diafano, cioè addirittura quasi trasparente, uno spirito inconsistente. Certo rimangono ancora elementi tradizionalmente legati a Mantegna e attraverso Mantegna a Squarcione, per esempio guardate queste fieghe metalliche, questo panneggio che sembra quasi ragrumarsi. sul corpo dei tre personaggi addormentati e soprattutto del Cristo, ma indipendentemente da questi echi in qualche modo squarcioneschi e mantegneschi rimane appunto questa tendenza alla delicatezza, alla dolcezza, sia del colore che della linea. Ecco, questa dolcezza arriverà ai suoi esiti più spinti, possiamo dire più avanzati, nelle opere della maturità.
Qui siamo addirittura nel 1505, abbiamo fatto... un salto temporale enorme questa è la celebre madonna del prato e qui la linea di contorno praticamente è inesistente qui il colore avvolge completamente la figura le figure e le rende dolci e un'altra delle caratteristiche tipiche della fase matura appunto ma in generale dell'atteggiamento di Bellini nei confronti delle sue rappresentazioni sacre sarà proprio la normalità cosa che abbiamo visto anche per esempio nell'annunziata di Antonello da Messina, questa tendenza a creare delle figure non monumentali ma quasi tratte dal popolo, quasi popolarische, di una dolcezza che deriva proprio dalla loro naturalità, dall'essere persone comuni. Una dolcezza appunto che trova la sua risposta in questo uso del colore così sfumato, così tonale, così avvolgente, vi faccio vedere un altro esempio, qui addirittura, qui siamo un po' prima, nel 1502, ma insomma in questo battesimo di Cristo voi vedete nello sfondo questa fuga prospettica, perfetta peraltro, del paesaggio, ma un trattamento del colore di questo paesaggio che tende prima dai verdi, poi agli ocra, poi agli azzurri celesti, e poi con questo orizzonte ocra e giallo e sopra il cielo azzurro, che ci fanno pensare agli esiti molto più tardi della pittura veneta, siamo già ad una tavolozza, completamente fusiva. In questo caso la luce diventa un flusso trascorrente, qualcosa che serve fondamentalmente a fondere le figure con lo spazio, qualcosa di vibrante che mette le figure in primo piano in relazione costante con l'ambiente, con la luce circostante, sempre ricordando che la luce cambia in base alla stagione, all'ora del giorno, cioè c'è proprio un'attenzione di Giovanni Bellini per... questa luce dorata, un colore che li deriva evidentemente dalla tradizione veneta ma che è giocato attraverso gli esempi, per esempio soprattutto di Antonello da Messina, giocato in questa chiave calda, dorata, fusiva.
Ecco dicevamo Antonello da Messina, questa è la pala di San Giobbe di Giovanni Bellini, siamo nel 1486-1488, ovviamente l'incontro con Antonello da Messina sarà quello determinante, dopo abbiamo visto l'influsso molto... importante anche di artisti come Mantegna e di Piero della Francesca però il contatto con questo colore ad olio con questa tendenza alla fusione dei colori all'abbandono della linea di contorno sarà determinante per Giovanni Bellini e in questa tavola evidentemente lui riprende la Madonna di San Cassiano la tavola di San Cassiano la riprende sia nella struttura della sacra conversazione con questa Madonna elevata su un podio molto alto, un trono marmoreo molto alto, quindi atto a monumentalizzare questa figura, però figura monumentalizzata nella sua semplicità, nella sua dolcezza. Vedete che la figura della Madonna e del bambino ricordano molto da questo punto di vista la pala di San Cassiano proprio nella dolcezza, nell'estrema dolcezza anche delle fisionomie. Dolcezza che si rincontra anche nelle fisionomie dei Santi che stanno intorno al trono in sacra conversazione con questa corrispondenza di nudi, di questo San Girolamo nudo con questo perizoma da una parte e dall'altra parte il San Sebastiano, che abbiamo visto essere uno dei soggetti preferiti di questo periodo, proprio per la possibilità che conferisce agli artisti di dare saggi di nudo maschile.
In questo caso però vediamo un corpo perfettamente strutturato, ma strutturato attraverso la luce e l'ombra, non c'è più veramente nessuna... forma di linea di contorno, una luce avvolgente che parte da questo grande catino absidale fondo oro, quindi questo grande mosaico che richiama alla memoria appunto la tradizione bizantina e questa luce calda tipica, ricca, tipica delle chiese veneziane che guardavano evidentemente ad oriente. Qualcosa di molto simile a quello che ritroviamo in questa L'altra pala molto importante è il trittico dei frari dove possiamo vedere, cogliere insieme tutte le caratteristiche delle quali abbiamo parlato.
Qui evidentemente la luce è una luce che fa riferimento alla vibrazione luministica di Antonello da Messina ma sarebbe impossibile non notare un collegamento abbastanza chiaro, abbastanza evidente a Mantegna. Per esempio nella scelta di unificare lo spazio e di costruire questa sorta di trittico facendolo diventare un'altra. diventare molto più moderno, con una sorta di omaggio all'architettura contemporanea veneziana, con questo architrave incurvato che ci fa pensare alle opere di Mauro Codussi e di tanti altri architetti contemporanei di Giovanni Bellini, e con una carpenteria che appunto con questo architrave incurvato, con questi elementi decorati, corrisponde e dialoga con la parte dipinta, esattamente come abbiamo visto per... mantegna nella pala di San Zeno. Qui abbiamo figure, ovviamente il trittico più piccolo, quindi diciamo c'è una sintesi maggiore, ma una grandissima monumentalità data proprio dall'isolamento di queste figure che dialogano fra loro e dialogano con lo spazio, quindi non riescono mai ad arrivare a quell'isolamento, non vogliono, non arrivano mai all'isolamento che abbiamo visto in questo film.
essere caratteristico di certe opere di Piero del Francesca ma che utilizzano questa sorta di isolamento come un silenzio di meditazione. Quindi delle figure bagnate da una luce caldissima, anche qui abbiamo il fondo oro, anche qui appunto un riferimento chiaro all'architettura veneziana, pensiamo ai barbagli di luce d'oro, alla ricchezza impressionante dell'interno della Basilica di San Marco, tutti elementi che evidentemente valgono a comporre in una sola opera, quindi in una unità, caratteristiche che nel corso della vita Giovanni Bellini è riuscito a mettere insieme dagli esempi ai quali si è trovato a confrontarsi. Abbiamo detto quindi sicuramente Mantegna all'inizio, un superamento della linearità di Mantegna e però una ricerca di rigore volumetrico, di isolamento delle figure nello spazio che invece viene da Piero del Francesco e poi questa forte tendenza luministica. Abbiamo anche ricordato, e lo sottolineiamo, che caratteristica fondamentale di quest'artista è la grande apertura, cioè la volontà di confrontarsi.
Un artista sempre e comunque pronto ad accogliere qualsiasi novità, qualsiasi intuizione, tanto che negli anni Ottanta, Novanta e poi nel Cinquecento si confronterà tra gli altri anche come artista della generazione successiva, vale a dire Giorgione da Castelfranco che appunto proprio negli anni Ottanta era diventato artista. ufficiale della Repubblica Veneziana e Giovanni Bellini, pur essendo un maestro affermato e maturo, non si sottrae alla possibilità di confrontarsi, realizzando opere anche abbastanza enigmatiche. Qui siamo a una tavoletta veramente enigmatica, celeberrima, l'allegoria sacra, titolo che vuol dire tutto e non vuol dire niente, proprio perché nessuna interpretazione è riuscita a capire fino in fondo il significato di quest'opera. anche se sono stati evidentemente identifiati più o meno tutti i personaggi.
Ora a noi non interessa un granché il significato simbolico, ci interessa la fusione di tutti questi elementi, sicuramente l'enigmaticità della figura che lega appunto questa figura a Giorgione, sappiamo che Giorgione insomma è piuttosto noto anche perché le sue figure sono assolutamente enigmatiche, non si riesce a capire bene il significato fino in fondo delle sue composizioni, ma qui abbiamo questa luce calda, avvolgente che addirittura sembra quasi sfarinare, sfaldare il paesaggio che è un paesaggio naturalistico perfettamente impostato in chiave prospettica e prospettiva che si vede perfettamente nel piano in questa sorta di terrazza con questi quadroni, con questa... tarsia marmorea e quindi una serie di elementi anche di volumetria, di composizione che rimandano al rinascimento fiorentino e che mettono insieme appunto il rigore del rinascimento fiorentino con la dolcezza del colore, con la fusività del colore. Possiamo dire veramente che l'allegoria sacra segna un momento di passaggio che darà l'avvio alla grande pittura veneta con questo atteggiamento di macchia, di fusione dei colori che poi appunto con in particolare Giorgione da Castelfranco e poi con tutti gli artisti successivi tenderà a quella che verrà definita la pittura tonale che però affronteremo il prossimo anno.